Introduzione alla semiotica dei nuovi media
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Introduzione alla semiotica dei nuovi media

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Introduzione alla semiotica dei nuovi media

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Multimedialità, interattività, usabilità, comunicazione mediata dal computer; e ancora, blog, comunità virtuali, videogiochi, web 2.0, social media: i nuovi media incidono sulla vita delle persone, sulle loro relazioni, sul modo in cui stanno in società. Questo libro è un utile strumento didattico che introduce ai concetti, alle teorie e agli strumenti metodologici indispensabili per orientarci nel mondo in continua trasformazione dei nuovi media.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858111482

1. Semiotica dei nuovi media:
teorie, metodi e oggetti

1.1. Che cos’è la semiotica dei nuovi media

L’espressione semiotica dei nuovi media indica una disciplina relativamente giovane: in Italia risalgono alla fine del 2001 i primi insegnamenti universitari che portano questo titolo, e solo a partire dal 2003 uscirono le prime pubblicazioni sistematiche sull’argomento1. Prima di quegli anni l’espressione non era mai stata usata né in Italia né in contesti internazionali, anche se diversi studiosi avevano già usato teorie, concetti e strumenti di area semiotica nell’ambito di ricerche sull’interazione fra persone e macchine2. Nel tempo la situazione è cambiata, come dimostra il fatto che l’Istituto dell’Enciclopedia Treccani ha deciso di introdurre la voce «Semiotica dei nuovi media» (cfr. Cosenza 2009), ma il lavoro di approfondimento da fare in questo campo è ancora molto.
La giovinezza della disciplina è anzitutto legata a quella degli oggetti di cui si occupa. Fu più o meno a metà degli anni Novanta, infatti, dopo la nascita del Web (avvenuta fra il 1991 e il 1992) e in concomitanza con la diffusione su larga scala dell’accesso a Internet nei paesi occidentali, che l’espressione nuovi media cominciò a circolare in ambito sociologico (cfr. Van Dijk 1999). Essendo all’epoca già radicato l’uso del termine media per indicare i mezzi di comunicazione di massa, l’etichetta nuovi media iniziò a riferirsi agli strumenti digitali e alle reti informatiche, nella misura in cui questi sono usati, appunto, come mezzi di comunicazione di massa.
La semiotica dei nuovi media, dunque, è essa stessa relativamente nuova, e lo è per due ordini di ragioni: alcune empiriche e una di principio. Le ragioni empiriche sono quelle cha ho appena detto. La ragione di principio si annida nel nome stesso della disciplina: in quanto relativa ai nuovi media, questa semiotica sarà destinata sempre a rincorrere il nuovo e a proporsi come nuova, anche quando le ragioni empiriche della sua novità saranno venute meno, come in parte è già accaduto negli ultimi dieci anni.
Scrivere un manuale di semiotica dei nuovi media, ovvero un testo che aspiri ad avere i caratteri della semplicità, della sistematicità e, nei limiti del possibile, della esaustività, è quindi arduo – come fare qualunque cosa nell’ambito dei nuovi media – perché implica cercare di afferrare qualcosa che mentre scrivi sta già cambiando o è addirittura già cambiato. Non solo: implica affidarsi a un mezzo – il libro, non importa se a stampa o in formato elettronico – che per le consuetudini di questo tipo di prodotti editoriali è destinato ad avere una certa stabilità: dovrebbe durare almeno due o tre anni prima di potervi rimettere mano. Ma per i nuovi media è una durata enorme.
Per ovviare almeno in parte a questo problema, cercherò di focalizzare, nel variegato mondo dei nuovi media, i concetti e i temi che dai primi anni Duemila in poi sono stati i meno transitori e più trasversali, nell’idea che possano esserlo anche nei prossimi anni e che dunque questo manuale possa fungere da orientamento anche rispetto a ciò che verrà, stimolando ricerche e applicazioni future.
Cominciamo col definire che cos’è la semiotica dei nuovi media, vale a dire quali oggetti studia, con quali metodologie e applicando quali teorie e concetti semiotici. E partiamo dalla prima parola che compare nell’etichetta «semiotica dei nuovi media», per poi procedere cercando di focalizzare quali siano i nuovi media di cui la semiotica si dovrebbe occupare.
Nella sua accezione più generica il termine semiotica indica una riflessione il più possibile sistematica sui segni, le leggi che li regolano, i loro usi nella comunicazione, e può essere generale o specifica.
Una semiotica generale è una riflessione di carattere filosofico, che pone concetti e costrutti teorici per rendere ragione di fenomeni di significazione e comunicazione apparentemente disparati. È quindi una forma di filosofia del linguaggio, ma se ne distingue perché:
1) non ha carattere aprioristico ma empirico, in quanto si nutre dell’esperienza di semiotiche specifiche;
2) generalizza i propri concetti in modo da definire non solo le lingue naturali e i linguaggi formalizzati, come fa la filosofia del linguaggio, ma anche le forme espressive non verbali, quelle non del tutto codificate, alcuni processi cognitivi fondamentali, e i segni non prodotti intenzionalmente per comunicare ma interpretati come tali da qualcuno per qualche ragione.
Una semiotica specifica fornisce la grammatica di un particolare sistema di segni, cioè fa ipotesi sul sistema di regole che lo governa, ne descrive l’organizzazione, e su questa base spiega e cerca di prevedere i comportamenti di coloro che usano quel sistema di segni. Sono semiotiche specifiche anzitutto la linguistica, che studia le lingue naturali, quindi le semiotiche del testo che si sono progressivamente sviluppate e assestate nella seconda metà del Novecento, applicando a diversi mezzi di comunicazione, considerati come testi, concetti e metodi della semiotica generale, o elaborando concetti e metodi nuovi e contribuendo così ad arricchire la teoria generale. Sono semiotiche specifiche, ad esempio, la semiotica della pittura, della musica, del cinema, del teatro, della televisione, della pubblicità, della moda, del fumetto, e così via, che hanno contribuito, in vari modi e misure, a definire interi ambiti della semiotica generale, dalla teoria della narratività alla semiotica visiva, dalla sociosemiotica alla semiotica delle passioni3.
La semiotica dei nuovi media è dunque una semiotica specifica che studia i nuovi media trattandoli come testi. Ma quali sono le teorie generali a cui fa riferimento, quali le metodologie che adotta, quali i testi che trova nel mondo dei nuovi media?
Come sa chiunque abbia un minimo di familiarità con la semiotica, la molteplicità di teorie che la caratterizza è tale che essa va pensata più come un campo disciplinare, che come una disciplina, ossia più come l’insieme di materie che si possono insegnare in una scuola o in un dipartimento universitario, che come una singola materia di studio. Non tutte le teorie e i concetti semiotici, ovviamente, si applicano a tutti gli oggetti di analisi: è compito di ogni semiotica specifica scegliere di volta in volta gli strumenti teorici e concettuali che più le si addicono e, se non li trova, contribuire a costruirne di nuovi. La situazione si complica ulteriormente quando gli oggetti con cui una semiotica specifica ha a che fare sono la combinazione di molte forme di comunicazione diverse, come accade con i nuovi media, che sono quasi sempre multimediali nel senso che vedremo nel § 1.4.
Espliciterò la teoria che di volta in volta sarà più proficuo chiamare in causa per analizzare questo o quel nuovo medium, man mano che procederò nell’esposizione: saranno coinvolti principi e concetti tratti dalla teoria hjelmsleviana, dalla semiotica narrativa di Algirdas J. Greimas, da quella interpretativa di Umberto Eco, dalla teoria dell’enunciazione, dalla semiotica visiva, dalla sociosemiotica, e da alcune semiotiche specifiche, come quella degli oggetti. Cercherò infine di chiarire il più possibile i vari concetti nei contesti stessi in cui li userò, senza presupporre troppe conoscenze teoriche preliminari.
È inevitabile però, data la vastità e complessità del campo semio­tico, che qualche tema o concetto debba in parte essere dato per scontato, o approfondito in altra sede. Rinvierò per questo, di volta in volta, ai testi introduttivi e agli approfondimenti più opportuni. È chiaro che, a seconda del livello di competenze semiotiche pregresse che una persona possiede, la lettura di questo libro potrà essere più o meno consapevole; ma si può ottenere già un buon risultato se lo si abbina a un manuale di introduzione alla semiotica e alla semiotica del testo, come (in ordine di uscita della prima edizione): Volli (2000), Pozzato (2001), Magli (2004), Traini (2006), Pisanty e Zijno (2009), Pozzato (2013). Cercherò comunque di fare in modo che anche chi è a digiuno di semiotica possa seguire proficuamente il mio discorso, nella speranza di fargli venire un po’ d’appetito.

1.2. L’analisi semiotica

Anche se le teorie che compongono il campo semiotico sono molte e disparate, la semiotica di ispirazione strutturalista ha elaborato una metodologia unitaria, per approfondire la quale rimando a Magli (2004), Traini (2006, parte prima), Pozzato (2013). Mi limito qui a riprendere alcuni concetti generali di questa metodologia, che permettono di comprendere in via preliminare cosa vuol dire fare analisi semiotica di un testo e considerare ogni nuovo medium come un testo.
1.2.1. Che cos’è un testo. Nella seconda metà del Novecento la linguistica e la semiotica hanno spostato progressivamente l’attenzione sulla nozione di testo, al punto che si è parlato di «svolta testuale». Ne nacquero la linguistica testuale e la semiotica del testo.
In generale, spostare l’attenzione verso il testo vuol dire spostarla verso unità di analisi superiori non solo alle singole parole (e ad altre entità subfrasali come articoli, pronomi, sintagmi nominali), ma superiori anche alle frasi e agli enunciati, intesi, questi, come frasi prodotte da qualcuno in qualche contesto comunicativo concreto.
La vocazione generale della semiotica l’ha indotta ad ampliare il concetto di testo fino a renderlo quasi onnicomprensivo. In prospettiva semiotica, infatti, sono testi i miti e i racconti di folclore, i testi scritti (racconti, romanzi, poesie, articoli, sceneggiature), i testi visivi (dipinti, stampe, pubblicità a stampa, fotografie, manifesti), i testi audio (brani musicali, canzoni, trasmissioni radiofoniche), gli audiovisivi (lungometraggi, cortometraggi, spot, trasmissioni televisive, videoclip), i testi multimediali (on-line e off-line), gli ambiti istituzionali e ciò che vi accade in modo codificato e rituale (tribunali, scuole, aule universitarie), e perfino le pratiche sociali e le interazioni fra individui meno formalizzate.
Dal punto di vista semiotico è dunque testo qualunque porzione di realtà:
1) che sia dotata di significato per qualcuno;
2) di cui si possano definire chiaramente i limiti, per cui si riesce a distinguere il testo da ciò che ne sta fuori;
3) che si possa scomporre in unità discrete, secondo più livelli gerarchici di analisi, dal più concreto (che sta al livello più superficiale) al più astratto (che sta al livello più profondo);
4) che si possa scomporre secondo criteri oggettivabili, vale a dire basati su motivazioni e argomentazioni che si possono rintracciare nel testo stesso (cfr. Lotman 1980; Fabbri e Marrone, a cura di, 2000, pp. 8-9).
1.2.2. La descrizione e i suoi livelli. L’analisi semiotica dei testi non ha nulla a che vedere con indagini sociologiche volte a calcolare percentuali e statistiche, né mira a definire le condizioni che i testi dovrebbero rispettare per essere, a seconda dei casi e dei tipi di analisi, più o meno comprensibili, o pragmaticamente efficaci, o esteticamente validi, e così via. In altre parole, il metodo analitico della semiotica, come quello della filosofia del linguaggio, non è quantitativo ma qualitativo, non è normativo ma descrittivo.
A differenza della filosofia analitica del linguaggio, però, il metodo semiotico non è aprioristico. Infatti, mentre il filosofo analitico parte spesso dall’analisi dell’uso ordinario di alcune espressioni linguistiche, supponendo che corrisponda a quello condiviso dalla maggior parte delle persone che parlano una certa lingua, e poi si muove all’interno di questa supposizione, il semiologo considera sempre il testo o la pluralità di testi che sottopone ad analisi come un banco di prova empirico che può confermare o confutare dall’esterno le ipotesi che formula su quei testi e le generalizzazioni o le teorie che ne ricava.
L’analisi semiotica è dunque un’operazione di smontaggio, di scomposizione di un testo in elementi pertinenti più piccoli ma anche più generali, vale a dire ricorrenti sia in quel testo sia in altri. L’analisi poi procede aumentando progressivamente il grado di generalità e astrazione dei suoi concetti o, come si dice in semiotica usando una metafora spaziale, scendendo via via dalla superficie del testo (la sua manifestazione) alla profondità del testo: si passa cioè dalla superficie discorsiva particolare e concreta, in cui ogni testo mostra la sua unicità, a livelli di analisi sempre più profondi, vale a dire sempre più generali e sempre più astratti (perché possono rendere conto anche di molti altri testi, oltre a quello analizzato). L’individuazione di diversi livelli gerarchici di significato, dalla superficie di un testo a livelli sempre più profondi di astrazione e generalizzazione, è una delle caratteristiche fondamentali che distinguono il metodo semiotico da quello filosofico-analitico, linguistico e sociologico.
1.2.3. Il sistema e l’enciclopedia. In quest’operazione di smontaggio analitico e stratificato, la semiotica cerca le regole e i significati generali profondi che governano un testo, e li confronta con quelli reperibili anche in altri testi e nella cultura – storicamente, socialmente ed economicamente determinata – in cui il testo è immerso.
Lo strutturalismo ha insegnato alla semiotica che i significati e le regole non stan...

Indice dei contenuti

  1. 1. Semiotica dei nuovi media: teorie, metodi e oggetti
  2. 2. Interfaccia, interazione, interattività
  3. 3. Usabilità
  4. 4. Linee guida per l’analisi dei siti web
  5. 5. La comunicazione interpersonale mediata da tecnologie
  6. 6. Il Web 2.0
  7. Riferimenti bibliografici