1900. Inizia il secolo
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1900. Inizia il secolo

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1900. Inizia il secolo

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Il secolo appena trascorso si è chiuso nel caos e l'inizio del nuovo si annuncia drammatico. La pistola di Gaetano Bresci spezza la vita di Umberto I, colpevole di aver decorato con la gran croce quel Bava Beccaris che aveva sparato sulla folla di Milano. Potrebbe essere l'inizio di una catastrofe politica e sociale, invece è l'avvio di un nuovo corso di politica liberale.Intanto in Europa impazza la bèlle epoque. A Parigi si inaugura l'Esposizione universale, i trecento metri di ferro della Torre Eiffel sfidano il cielo, l'edificio a lungo più alto al mondo è il monumento al trionfo del progresso, della ragione e della libertà. Sotto scorre il traffico di una metropoli i cui destini di sviluppo sembrano inarrestabili. Solo qualche avanguardia ascolta la profezia della prossima apocalisse della modernità, partorita dalla mente offuscata di Nietzsche, e invoca una guerra per rigenerare la società corrotta e senza ideali. Intanto in Italia il nuovo bussa alle porte tra contrasti insanabili. Al decollo industriale, all'avanzata politica e sindacale del proletariato, al rinnovamento culturale fanno da contraltare manifestazioni di dissenso e rigurgiti di violenza: i primi scioperi generali, la nascita del socialismo rivoluzionario e del nazionalismo imperialista, l'emigrazione di massa, la guerra libica. Poi, fatalmente, lo schianto. Nel 1914 un conflitto terribile, una 'grande guerra', una 'guerra mondiale'. Che fare? Intervenire o restare neutrali?

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Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788858105283
Argomento
Storia

1900. Inizia il secolo

di Emilio Gentile

1. All’alba di un secolo mondiale

Siamo agli inizi del XX secolo. Siamo nell’anno 1900 o, se preferite, siamo nell’anno 1901. Questa precisazione potrebbe sembrare ovvia, se non fosse che alcuni storici sostengono che il Novecento è iniziato nel 1870, mentre altri storici sostengono che il secolo chiamato Novecento è iniziato nel 1914.
Un secolo si compone di cento anni, questa è la classificazione convenzionale, così come è convenzionale il sistema metrico decimale. Non c’è un metro lungo e un metro breve. Per convenzione un secolo corrisponde a un periodo di cento anni: così è nella lingua inglese century o nella lingua tedesca Jahrhundert. Ma nei paesi di predominante religione cattolica, il significato di secolo può essere anche ‘epoca’: in questo caso possiamo dire che un’epoca comincia prima o dopo l’inizio convenzionale del secolo. Ma in questo caso, se diciamo che il XX secolo inizia nel 1870 o nel 1914, commettiamo uno di quei gravi delitti di cui noi storici spesso ci macchiamo: la prevaricazione sui posteri. Vale a dire che a noi non interessa se i contemporanei hanno celebrato, come inizio del XX secolo, l’anno in cui loro sono stati protagonisti del passaggio da un secolo all’altro: sono gli storici a decidere quando inizia un secolo. E allora, per rimanere nella scia degli storici che decidono quando inizia il XX secolo, diremo che il XX secolo è iniziato nel 1776, con la Rivoluzione americana, perché oggi viviamo nel 2008, e lo Stato egemone nel mondo sono gli Stati Uniti. Abbiamo così un lunghissimo secolo bicentenario dominato dalla storia americana.
Per evitare di rimanere prigionieri della elastica variabilità della dimensione di un secolo, atteniamoci alla scansione convenzionale. Il Novecento inizia nel 1900 o nel 1901. Accettando questa convezione, ci atteniamo a un dovere degli storici: non prevaricare sugli esseri umani del passato e ascoltare innanzitutto la loro voce. Essi hanno molto da dire sull’inizio del XX secolo. Mai in altre epoche i testimoni di un passaggio di secolo si sono così impegnati a riflettere sul significato di questo passaggio, come coloro che hanno vissuto la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.
Per seguirmi in questo tentativo di ascoltare le voci del passato, invece di prevaricarle con le nostre interpretazioni, occorre fare uno sforzo: dimenticare di essere nati nel Novecento e fingere di non sapere già che cosa è stato il XX secolo.
Immaginiamo di essere agli inizi del Novecento. Alle spalle abbiamo l’Ottocento, davanti a noi abbiamo un nuovo secolo di cui non sappiamo nulla. Siamo a Parigi nell’aprile 1900. Si inaugura l’Esposizione Universale. Le esposizioni universali sono un’invenzione dell’Ottocento per celebrare le conquiste della modernità. La prima, in Europa, è organizzata a Londra nel 1851. Parigi ha celebrato nel 1889 il centenario della Rivoluzione francese con una esposizione universale simboleggiata dalla Torre Eiffel per glorificare l’era del ferro e dell’acciaio. Allora fece scandalo, oggi, aprile 1900, è divenuta simbolo di Parigi. Un’altra importantissima esposizione universale si era svolta a Chicago nel 1892, per celebrare il quarto centenario della scoperta dell’America. Le esposizioni universali sono la celebrazione del ‘nuovo’. Colombo ha scoperto un nuovo mondo, la Rivoluzione francese ha iniziato un nuovo mondo. Alla chiusura dell’esposizione del 1889 la Francia prende l’impegno di salutare l’inizio del XX secolo con un’altra esposizione universale, ancora più grandiosa, per offrire la testimonianza visibile dei grandi progressi che erano stati fatti nel corso dell’Ottocento.
The Wonderful Century, il secolo delle meraviglie, così si intitola un libro del biologo darwinista Alfred Russel Wallace, pubblicato nel 1899. Nulla di quello che si scopre, che si conquista nel corso del XIX secolo ha precedenti nella storia umana. «Senza precedenti»: è la formula che accompagna ogni commento alle conquiste della modernità avvenute nel corso dell’Ottocento. Il poeta francese Charles Péguy ha detto: «In questi ultimi trent’anni abbiamo visto e vissuto prodigi tali che non hanno riscontro in nessun’altra epoca della storia umana fin dalla nascita di Cristo».
Le rivoluzioni economiche, politiche, sociali, tecnologiche, dei trasporti che si compiono nel corso dell’Ottocento, e soprattutto nella seconda parte, hanno cambiato radicalmente la storia dell’umanità, come mai è accaduto in nessuna delle rivoluzioni precedenti. E questa consapevolezza è nei contemporanei. La nuova divinità che è esaltata nell’esposizione di Parigi è l’elettricità. Il principale palazzo dell’esposizione è il Palazzo della elettricità: una nuova energia, misteriosa, che cambia completamente il senso della vita perché materialmente e simbolicamente rappresenta il trionfo della luce sulle tenebre, della scienza sull’ignoranza, del progresso sulla miseria. Come persone che vivono il passaggio del secolo, dobbiamo sentire l’entusiasmo, l’emozione, lo stupore, la vertigine dei contemporanei, quando di notte hanno visto illuminarsi le loro strade e piazze. È importante che noi immaginiamo di sentire queste stesse emozioni così come le sentivano quanti vivevano con entusiasmo l’avanzata di un progresso tecnico senza precedenti, che ha reso il mondo più piccolo. I contemporanei del 1900 sanno già che sta iniziando un secolo ‘mondiale’, perché il mondo è diventato più piccolo grazie ai trasporti più veloci per mare e per terra. Grazie al telegrafo e al telefono, tutto ora può essere ricevuto simultaneamente in pochissimo tempo. E se Jules Verne aveva immaginato il giro del mondo in ottanta giorni, per celebrare l’inizio di un nuovo secolo ci sono degli avventurosi che lo fanno in sessanta giorni, in cinquanta giorni, e già pensano a quando potranno compierlo in un solo giorno.
C’è un enorme entusiasmo per il progresso, che non è soltanto conquista tecnologica, ma è il nuovo senso della vita di una umanità che sta uscendo dalla barbarie della miseria e dalla minaccia quotidiana della morte. Il ministro Alexander Millerand, inaugurando l’Esposizione Universale di Parigi, annuncia: «Mentre crescono all’infinito l’intensità e la potenza della vita, la stessa morte indietreggia davanti alla marcia vittoriosa dello spirito umano, il male afferrato alle sue origini, isolato cede ed ecco che compare all’orizzonte l’epoca felice nella quale le epidemie che devastavano le città e decimavano i popoli non saranno più che dei ricordi spaventosi, come le leggende del passato».
La popolazione cresce rapidamente. L’Europa ha più che raddoppiato in un secolo la sua popolazione, da 180 milioni a circa 400 milioni. Le città in cui viviamo si affollano continuamente: non è un fatto astratto, statistico, è un fatto materiale. I nostri spazi si restringono, anche se le città si allargano. La folla. La massa. È in questo periodo, fine Ottocento, inizi Novecento, che si comincia a parlare di questa nuova protagonista della storia: il potere non è più dei sovrani, ma è del popolo, non il popolo astratto degli ideologi, ma un popolo fisicamente presente attorno a noi, come folla e come massa. Le città con oltre 100.000 abitanti si moltiplicano, il fenomeno dell’urbanizzazione diventa l’espressione simbolica, per tutti più evidente, di un radicale cambiamento del senso della vita per una umanità che per millenni aveva vissuto di caccia, di pesca e di agricoltura, isolata nei propri villaggi, ignara del mondo oltre l’orizzonte del proprio villaggio, e che ora comincia a vivere in città, nelle città delle industrie, dei trasporti rapidi e delle rapide comunicazioni.
È un cambiamento radicale. L’entusiasmo per il progresso fa pensare che si possa sconfiggere anche la morte. Se la popolazione italiana, quella europea e anche quella mondiale, crescono in maniera vertiginosa, non è solo perché si prolifica di più, ma perché si muore di meno, e si muore di meno perché le scoperte scientifiche, la medicina, l’igiene diventano le nuove divinità che scacciano la morte, sconfiggono la morte. Queste nuove divinità vengono celebrate raffigurandole nello stile dell’art nouveau, lo stile di astrazione floreale che esalta il senso primaverile della vita. È lo stile gioioso col quale sono decorati gli ingressi alla metropolitana di Parigi, inaugurata in occasione dell’Esposizione Universale per un percorso iniziale di 13 chilometri. È il senso entusiasta del nuovo che esalta la nascita del nuovo secolo. L’aggettivo ‘nuovo’ lo si ritrova ovunque, nelle arti, nella letteratura, nella scienza, nella tecnologia, nella medicina, nella moda. Nuovo significa moderno, la modernità è la novità e il nuovo senso della vita e del mondo.
L’uomo moderno vince la natura con il treno, con la macchina a motore a scoppio, con la nave a vapore. Attraverso queste nuove forze motrici sono abolite le distanze e il pianeta è unificato. Ecco perché si crede, agli inizi di questo secolo, che sarà il secolo del progresso per l’unificazione dell’umanità, per la pace dell’umanità. Nel 1899 si è riunita la prima Conferenza dell’Aia per discutere sulla possibilità di una pace universale. E colui che ha preso l’iniziativa è Nicola II, zar di tutte le Russie. Ha letto i sei enormi volumi sulla guerra futura, scritti dal finanziere polacco Ivan Bloch.
Sono volumi che analizzano tutte le armi moderne, mettono in rapporto la possibilità della guerra con le risorse economiche, con le conoscenze mediche e così via. Bloch conclude che una guerra futura sarà di grandi dimensioni e di grandi orrori, e non avrà né vincitori né vinti, ma sarà un disastro universale. Sarà una guerra lunga, logorante, combattuta in trincee, con milioni di morti, senza nessun risultato positivo per l’umanità. E dunque, poiché una guerra futura sarebbe così mostruosa, la guerra futura non ci sarà, perché non ci può essere gente così insana da scatenare questo mostro.
Si inneggia alla pace, all’inizio del Novecento. E tutti in Europa deprecano la brutalità della guerra che la Gran Bretagna sta conducendo contro le piccole repubbliche dei Boeri nell’Africa del Sud. E invece applaudono all’unione delle forze europee che, insieme agli Stati Uniti e al Giappone, hanno posto fine alla violenta rivolta dei Boxers in Cina contro gli stranieri. La concordia delle grandi potenze sarà una garanzia di pace nel mondo. Si costruiscono armi da guerra sempre più potenti, affinché il rischio di una guerra fra le grandi potenze sia sempre più lontano. Si prepara la guerra perché si vuole la pace. L’industriale Nobel ha deciso che uno dei premi da lui istituiti per celebrare le conquiste dell’umanità deve essere dedicato alla pace. Il Premio Nobel per la pace è conferito nel 1907 all’italiano Teodoro Moneta.
È diffusa l’idea, all’inizio del nuovo secolo, che il progresso continuerà senza ostacoli. È diffusa la fiducia che il secolo appena iniziato sia una nuova primavera per l’umanità, alla quale seguirà una rigogliosa estate di pace e prosperità. Allora tutti si abbracceranno, tutti si ameranno, non ci saranno più ingiustizie, non ci saranno più disuguaglianze sociali, il progresso della conoscenza risolverà tutte le miserie e l’intelligenza degli uomini razionali – tali devono essere soprattutto coloro che guidano i popoli – impediranno al mostruoso armamentario di guerra, che l’ingegno ha scoperto, di mettersi in opera e di distruggere l’umanità e il mondo in cui viviamo.
Mi guardo intorno, all’inizio del Novecento. Ovunque ci sono teste coronate: re, regine e imperatori. Viviamo in una Europa monarchica, con solo tre repubbliche: la Repubblica francese, la Repubblica svizzera e la Repubblica di San Marino. Interamente repubblicano è solo il continente americano, dagli Stati Uniti alla Terra del Fuoco. Nel 1901 muore la regina Vittoria. Il suo regno ha fatto epoca. L’imperatrice delle Indie è simbolo della dedizione coniugale, della virtù, della moralità, della rispettabilità borghese. È l’etica borghese che finalmente prevale sui libertini aristocratici. È una forza morale che l’Ottocento lascia al Novecento, tenendo saldi i pilastri della moralità, della rispettabilità, dell’amore per il lavoro, per il risparmio, per la famiglia. Il progresso non potrà che essere inevitabile.
C’è questa speranza anche in Italia, all’inizio del nuovo secolo. È diventata uno Stato nazionale unificato solo da quarant...

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