Geopolitica del diritto
eBook - ePub

Geopolitica del diritto

Genesi, governo e dissoluzione dei corpi politici

  1. 176 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Geopolitica del diritto

Genesi, governo e dissoluzione dei corpi politici

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

A dispetto dell'immagine corrente della globalizzazione giuridica, l'uniformità senza confini degli ordinamenti che sembra caratterizzare il mondo contemporaneo non azzera il peso delle diverse tradizioni giuridiche: le diverse immagini della 'legge' continuano a segnare differenze, scarti che interrompono lo spazio globale. Persino lo stile, i linguaggi e le modalità di legittimazione della giustizia divengono, seppur in modo più sotterraneo e indiretto, elementi pregnanti di una nuova 'geopolitica', gli strumenti culturali di una lotta per l'egemonia dei modelli giuridici. In particolare due forme della legge si stagliano ancora nel mondo e nell'Occidente: quella anglo-americana della 'legge orale' e quella continentale della 'legge scritta'. Si tratta di due forme antitetiche, che marcano una profonda dualità dell'Occidente.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Geopolitica del diritto di Pier Giuseppe Monateri in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Diritto e Storia giuridica. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788858107980
Argomento
Diritto

1. Spazi e genealogie

La geografia della legge

La teoria dei ‘sistemi di legge’ tenta di suddividere il mondo in un numero relativamente contenuto di modelli di organizzazione giuridico-politica delle società umane. Il problema è, quindi, quello del ‘raggruppamento’ delle organizzazioni sociali in base ad un qualche principio che permetta di ‘rappresentare’ la realtà globale del pianeta in relazione alle leggi che lo governano. Naturalmente, nel momento stesso in cui viene prodotta una ‘mappa’ degli ordinamenti locali, essa si presenta a sua volta come un ordinamento di senso del mondo. Anzi, da questo punto di vista è abbastanza chiaro come essa si presenti quale ordinamento degli ordinamenti, in quanto conferisce ad una particolare legge ‘locale’ un quadro di senso generale che, localizzandola, la individua in relazione ad un contesto che le fornisce un ‘senso’.
In definitiva, questo tentativo cerca di realizzare una ‘geografia’ dei ‘corpi’ politici, delle loro relazioni reciproche e del loro governo.
La potenza impressionante di una scienza del diritto comparato appare, quindi, quella di poter produrre un quadro mondiale del senso delle leggi, mediante una sorta di geografia spaziale, che poggia in realtà o sulla morfologia dei sistemi, o sulla loro genealogia, o su un qualche altro criterio di raggruppamento che diviene poi inesorabilmente anche un criterio di significazione e di giudizio.
Innanzitutto, viene in considerazione quel giudizio che fa di un determinato ordinamento il ‘tipo’ rappresentativo di un dato gruppo. In questo modo, infatti, una determinata organizzazione della legge e del giudizio finisce per rappresentare – e quindi dotare di senso – anche altri sistemi oltre il proprio. Se diciamo, ad esempio, che l’Inghilterra è il modello rappresentativo della ‘famiglia’ di common law, finiamo per dipingere il diritto australiano con i colori del diritto inglese, non solo denotandone le specificità come scarto dal modello, ma anche riempiendone le lacune della nostra conoscenza con quanto sappiamo del diritto inglese. Come sempre, il rappresentante finisce per stare al posto del rappresentato, e quest’ultimo è colto solo attraverso la figura del primo. In definitiva, una teoria dei sistemi di legge finisce inevitabilmente per produrre una doppia gerarchia connessa ad una mappa. Una gerarchia mondiale delle ‘grandi famiglie’ di organizzazione giuridico-politica del globo, ed una gerarchia interna a ciascuna di esse tra il tipo ‘rappresentante’ e i sistemi rappresentati.
Non sfuggirà al lettore quanto tutta la terminologia sia, appunto, quella della visualizzazione dei sistemi giuridici rappresentati come ‘grandi uomini’ riuniti in famiglie con un loro portavoce. Il mondo invisibile e inanimato della legge si anima così di ‘leviatani’ che nascondono la loro artificialità dietro l’immagine tranquillizzante di una riunione di famiglia. In tutti i sensi qui evocati, il problema scientifico della ‘classificazione’ diventa tutt’uno con il problema politico della spazialità globale e con la questione della sua rappresentabilità visiva. In quale modo si possono quindi raggruppare i sistemi di legge?
Da questo punto di vista è interessante notare come la comparazione delle leggi abbia prodotto delle rappresentazioni fondate su elementi disparati.
Esmein14 soleva suddividere il mondo della legge in un gruppo romanistico, uno germanistico, uno anglosassone, uno slavo e uno islamico. Il criterio esplicito di Esmein era quello della originalità: occorre individuare quei sistemi che presentano una concezione particolarmente originale della legge. Perciò la concezione romana, germanica, islamica e così via, gli apparivano come tipi ideali storicamente realizzati che potevano venire presi in considerazione per la costruzione di una teoria globale della legge sulla terra. Il romanticismo implicito in questa teoria dell’originale legislativo appare oggi evidente, dal momento che il concetto stesso di ‘originalità’ può difficilmente essere staccato dal contesto romantico in cui ha assunto il suo pieno significato moderno.
Il punto essenziale, però, è che un tale sistema proiettava esplicitamente la condizione nomica di uno spazio globale costruito sul diritto interstatuale europeo nella sua appropriazione degli spazi politici globali, fino al punto di includere la legge islamica come l’unica legge originale non europea che veniva presa seriamente in considerazione. D’altronde, all’epoca l’Impero ottomano costituiva una delle grandi potenze considerabili ‘europee’, e la Turchia stessa veniva indicata come «il vecchio malato d’Europa». In sostanza, dal punto di vista politico il criterio scientifico di Esmein non faceva che rispecchiare il concerto delle potenze europee nella loro suddivisione del pianeta in sfere di influenza politico-culturali. Inoltre, è di tutta evidenza come nella sua opera il riferimento al diritto romano valesse in relazione alla Francia, come suo reale erede storico legislativo moderno, per cui l’insieme dei diritti del pianeta terra finiva per essere quello della Francia, della Germania, della Russia, dell’Inghilterra e in parte degli Stati Uniti, e quello dell’Impero ottomano; cioè quello delle grandi potenze politiche egemoni della sua epoca.
Naturalmente, in questa classificazione non residuava alcuno spazio né per l’Africa né per l’Estremo Oriente. Nonostante la sua originalità, la concezione cinese della legge non veniva neanche rappresentata, visto che la Cina era in realtà uno spazio aperto alla colonizzazione europea, mentre il Giappone si apprestava appena ad entrare nel consesso delle grandi potenze. Atteso che queste grandi potenze erano, in realtà, gli attori del diritto internazionale, la scienza del diritto comparato non faceva che rappresentare la dimensione culturale delle condizioni di un diritto internazionale eurocentrico quale legge globale del mondo, i cui portatori erano non tanto gli Stati, ma proprio le grandi potenze, cioè quegli Stati che agivano in modo egemonico all’interno di costellazioni di Stati minori, ridotti al rango di loro vassalli.
Questa unione del diritto internazionale e del diritto comparato non era una mera questione di ‘rispecchiamento’ scientifico dei rapporti di potenza politici, ma una vera e propria costruzione intellettuale a base spaziale concreta, che dava al mondo il senso che esso effettivamente aveva in termini di raggruppamenti e ordinamenti umani. In un certo senso essa era quindi vera, e ciò nel senso storicamente condizionato che può qui avere il termine ‘verità’. È di estremo interesse per noi notare come il senso del diritto interstatuale europeo delle grandi potenze nella loro proiezione globale avvenisse attraverso il dispositivo romantico dell’originalità. La pretesa al dominio nel campo della legge non passava solamente attraverso il mondo materiale dei rapporti di forza, ma anche attraverso la storia dello spirito. Quei sistemi potevano vantare una legittimità culturale che derivava loro dal rappresentare tappe originali nella storia dello spirito nel campo del diritto. Questa pietra angolare della originalità spirituale copriva naturalmente tutte le difficoltà interne del sistema di rappresentazione. Che cosa si intende precisamente per ‘slavo’? Esiste una cultura anglosassone? Come mai alcuni raggruppamenti seguono il parallelo della lingua, mentre altri seguono quello della religione, come nel caso dell’Islam? E che criterio è, allora, quello del richiamo al diritto romano, che come tale non appartiene né alla lingua, né alla religione?
Una netta consapevolezza geopolitica del problema della classificazione delle leggi, che rappresentava in realtà la ragione reale per cui il sistema di Esmein aveva un preciso senso storico, fu sviluppata da Lévy-Ullmann15 nella sua distinzione tra un gruppo ‘continentale’, un gruppo dei paesi ‘anglofoni’ e un gruppo dei paesi islamici. Questo nuovo tipo di classificazione mostra appieno la sua valenza ordinamentale del mondo in senso spaziale e geografico nel distinguere la legge del continente da quella anglofona. È chiaro che la classificazione di Lévy-Ullmann non può reggere dal punto di vista di un criterio scientifico unitario: una caratteristica geografica come ‘il continente’ è contrapposta al criterio della lingua inglese e della religione islamica. Ma il problema non è mai quello della coerenza astratta dei principi scientifici. In realtà, questa classificazione individuava innanzitutto l’esistenza di una relazione profonda tra modelli – tenuti distinti da Esmein – come quello romanista, slavo e germanista, in quanto si trattava di ‘leggi della terra’, del continente. Ovvero di essere delle forme di organizzazione che traevano dal «suolo» il loro proprio principio di ordine e di classificazione.
Lévy-Ullmann non ebbe il coraggio, se si vuole, di contrapporre alla legge della terra una speculare e inversa legge del mare, o della talassocrazia, in quanto legge di grandi spazi imperiali. All’epoca l’Impero britannico avvolgeva l’intera massa euro-asiatica mediante i suoi possedimenti africani, indiani, ed estremo-orientali, connessi fra loro proprio dal controllo dei mari. Anche gli Stati Uniti rappresentavano una massa continentale, ma non quella massa del ‘continente’ che aveva il significato politico specifico di indicare l’Europa – Francia, Germania e Russia – con le sue propaggini peninsulari rappresentate dall’Italia, dalla Spagna, dalla Grecia e dai paesi scandinavi. Inoltre, gli Stati Uniti, proprio in quanto collocati in un ‘altro mondo’, non potevano prescindere dal mare per il loro intervento in altri scacchieri, e quindi traevano da questo il loro senso nomico. Questa concezione fa ancora della ‘terra europea’ il centro stesso del globo, in quanto è per il dominio su questa terra che si combatte la lotta mondiale tra i vari sistemi della legge e della politica.
In questo modo, peraltro, si spiega la ‘strana’ suddivisione di Lévy-Ullmann, che situa a parte il sistema islamico. Lo spazio globale islamico rappresenta invero una intersezione di continenti che spezza la geografia europea, e per la quale i punti classici europei di suddivisione del mondo – come lo stretto di Gibilterra, o lo stretto dei Dardanelli, o le montagne del Caspio – non hanno semplicemente alcun senso di cesura, ma semmai di collegamento. All’interno di questo spazio islamico una suddivisione di Africa, Asia ed Europa non si pone come rilevante, e ciascuno dei punti di rottura europei, che segnano delle fratture nel mondo, rappresenta in realtà un possibile punto di unione. La penisola del Sinai e lo stretto lembo di terra che la unisce all’Egitto è per un europeo uno spartiacque fra continenti, ma non è altro che una via di comunicazione dal punto di vista islamico, così come i Dardanelli non sono affatto una cesura, visto che Costantinopoli rappresenta invece un punto di passaggio. Lo spazio islamico ha quindi caratteristiche sue proprie, ed una sua propria logica di unione e di separazione degli spazi, che gli forniscono un senso nomico rispetto alla struttura spaziale del pianeta che trascende – se è lecito dirlo – la stessa religione che ne rappresenta il collante culturale. Non era quindi affatto scorretto, dal punto di vista della logica profonda della geopolitica, procedere come faceva Lévy-Ullmann a individuare tale spazio come autonomo.
Naturalmente, lo stesso potrebbe dirsi per la Cina, dal momento che il suo principio di classificazione degli spazi non è quello europeo. La lingua cinese distingue non 4 punti cardinali, ma 5 localizzazioni, facendo riferimento al ‘centro’, chung, in modo autonomo rispetto al nord, est, ovest e sud. Tutto ciò appare semplicemente illogico allo spirito ‘scientifico’ della geografia europea, ma dischiude la denominazione stessa della Cina come Regno del Centro, rispetto al quale tutti gli altri domini, politici e giuridici, si possono ontologicamente porre soltanto come periferici. La Cina, però, non poteva entrare nelle considerazioni ‘comparatistiche’ di Lévy-Ullmann appunto per la stessa ragione per cui non entrava in quelle di Esmein: essa non era una grande potenza in senso europeo, e non era quindi un attore della scena politica internazionale, o del sistema di conferenze legali che organizzavano il mondo attraverso accordi navali, postali o telegrafici, o accordi sul commercio, sulla cambiale, e sull’assegno. Essa, quindi, non poteva aspirare ad un posto autonomo nella considerazione dei sistemi di legge. Il suo spazio rimaneva uno spazio aperto alla conquista europea, e in cui poteva valere la legge europea se vi veniva importata, o se casi di conflitto riguardavano degli europei.
Non è senza significato che nel 1913 un autore svizzero come Sauser-Hall16, che in seguito condusse anche l’arbitrato sul contenzioso di guerra tra Stati Uniti e Germania occidentale, cercasse di implementare questa spazialità delle grandi potenze, anche con riferimento ad altri criteri di classificazione. Egli cercò, infatti, di fondare la propria teoria della pluralità degli ordinamenti sull’ambiguo concetto di ‘razza’. Per noi, oggi, è difficile capire la fortuna di questa categoria, date le esperienze della Seconda guerra mondiale, a meno di ricordare la scivolosa natura del termine, che all’epoca trascendeva la biologia e anche la genetica. Il concetto di ‘razza’ si presentava infatti come essenzialmente insidioso e pericoloso, e basti per ciò qui ricordare come i nazisti stessi identificassero una razza ‘slava’ in contrapposto ad una razza ‘germanica’, fino a trattare i prigionieri di guerra slavi in modo differente dai prigionieri di guerra anglosassoni; e come si affacciasse il concetto, insostenibile quanto gli altri, di una razza ‘giapponese’. La distinzione tra slavi e germani è la spia di un senso oscuro, ma sicuramente geopolitico della ‘razza’. Tale concetto è stato insomma un concetto ‘estetico’, politico e culturale, carico di conseguenze negative, e, purtroppo, così ampiamente condiviso da essere stato utilizzato anche per classificare i sistemi giuridici.
Sauser-Hall proponeva di rifarsi alla ‘razza’, giacché era solo «all’interno di ciascuna razza» che si poteva constatare una «evoluzione giuridica particolare». Qui abbiamo nuovamente a che fare con concetti del romanticismo politico, visto che si...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. Introduzione. Legge, rappresentazione e politica
  3. 1. Spazi e genealogie
  4. 2. Leggi e corpi politici
  5. 3. Fratture e redenzioni
  6. Conclusioni. Oltre l’origine