La burocrazia
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La burocrazia

Natura e patologie

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La burocrazia

Natura e patologie

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È innegabile che la burocrazia ha avuto a volte degli effetti nefasti, tuttavia non bisogna dimenticare che è stata parte fondante della modernizzazione della società e dello Stato.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788858107737
Categoria
Sociologia

II. La burocrazia nel tipo ideale weberiano

Come si è appena detto, il fenomeno burocratico si presenta in fasi storiche lontane le une dalle altre, entro sfere sociali diverse come la politica, la religione, l’economia, la scienza. Le varie fasi e sfere, nonché numerosi altri aspetti del contesto sociale (per esempio il livello di alfabetizzazione della popolazione o la misura in cui i processi produttivi e di scambio di un paese utilizzano il denaro) configurano il fenomeno burocratico in modi assai differenti, ciascuno dei quali si presta a ricerche storiche più o meno approfondite e circostanziate in ragione della quantità e qualità della documentazione disponibile.
I risultati di tali ricerche (in questo come in altri casi) si prestano a loro volta a operazioni intellettuali diverse, in particolare di natura sociologica. Quelle in cui Max Weber si impegnò maggiormente, in alcune fasi del complesso rapporto che il suo itinerario di studioso ebbe con la disciplina della sociologia, consistono principalmente nella elaborazione consapevole di «tipi ideali». Si tratta di insiemi di tratti concettuali a un livello più o meno alto di astrazione, espressamente costruiti per cogliere l’elemento caratterizzante di una molteplicità di configurazioni concrete relative a un determinato tema ricorrente dell’esperienza storica. Nel caso della burocrazia, il tema è l’affidamento della gestione amministrativa di rapporti di potere a un insieme specializzato e internamente articolato di pratiche, risorse e personale, più o meno espressamente costruito nell’intento di massimizzare l’affidabilità, l’efficacia, la prevedibilità, la programmabilità e l’economicità appunto dell’amministrazione.
L’aggettivo «ideale» non deve far pensare che Weber raccomandi l’insieme concettuale in questione come intrinsecamente preferibile e superiore agli altri alla luce di determinati valori. Esso implica, semmai, che quell’insieme concettuale è stato costruito in maniera da accentuare le specifiche potenzialità che caratterizzano un determinato modo di affrontare un certo tema ricorrente dell’esperienza storica, anche se queste potenzialità non si realizzano in tutte le manifestazioni concrete di quel particolare modo.
Pertanto, il «tipo ideale» weberiano di burocrazia stilizza ed estremizza ciò che è concettualmente costitutivo del modo burocratico di strutturare l’amministrazione e orientarne le attività, anche se i suoi tratti non si ritrovano concretamente – tutti in maniera espressa e compiuta – in alcun sistema amministrativo storicamente dato. Nell’elaborare questo particolare tipo ideale Weber privilegia espressamente il modo in cui esso si è venuto realizzando nelle grandi burocrazie moderne (a cominciare da quella prussiana e tedesca) che approssimano per quanto possibile il ‘modello’ stesso di burocrazia.
Si può ragionevolmente sostenere, per contro, che il grado di approssimazione a quel modello raggiunto nell’Italia unitaria, e rappresentato concretamente nelle strutture e nei processi burocratici che tuttora la caratterizzano, è notevolmente inferiore a quello di altri paesi con cui sotto altri aspetti l’Italia si può comparare. È probabile che nel ripercorrere qui di seguito i vari tratti del modello il lettore italiano sia colpito più dalla distanza che dalla prossimità tra le sue esperienze personali, quotidiane, del modo burocratico di amministrare (specie nella sfera pubblica) e i tratti costitutivi del tipo weberiano. In qualche misura ciò si verifica anche in altri paesi, proprio per via della natura «ideale» del modello di Weber. Ma non è questa la sede per discutere approfonditamente le particolarità del caso italiano, salvo trattarlo occasionalmente come fonte di esempi.

Tratti fondamentali degli assetti burocratici in «Economia e società»

Le due versioni principali del «tipo ideale» di burocrazia si trovano entrambe nel capolavoro postumo di Weber, lasciato incompiuto: Wirtschaft und Gesellschaft – Economia e società (30). Una versione si trova nella prima parte, messa a punto da Weber nel 1920, poco prima di morire; la seconda, postuma, apparve nella seconda parte dell’edizione di WuG curata nel 1922 dalla sua vedova, e successivamente in quelle edite dopo la seconda guerra mondiale da Johannes Winckelmann, tra cui quella tradotta in italiano a cura di Pietro Rossi, e pubblicata nel 1961 (31).
La prima versione ha il vantaggio di rappresentare il più maturo punto di vista dell’autore sul tema; la seconda è però tematicamente assai più ricca ed esplora aspetti che Weber intendeva probabilmente affrontare più esplicitamente nel prosieguo dell’opera. Tra le due versioni esistono differenze non insignificanti; il discorso che segue, comunque, utilizza entrambe le versioni, ed è completato da alcune osservazioni di carattere concettuale sul fenomeno della burocrazia suggerite da altri testi di Weber.
La burocrazia «ideal-tipica» weberiana, dunque, è un insieme di assetti che attivano e controllano le pratiche amministrative proprie di un ente politico o di altra natura. «È costituito da funzionari l’apparato amministrativo tipico di enti razionalmente organizzati, che questi siano politici, ecclesiastici, economici (specialmente quelli capitalistici) o d’altro genere». L’analisi weberiana tuttavia si concentra soprattutto sugli assetti burocratici tipici degli stati moderni, che sono quelli che qui ci interessano.

Continuità dell’operazione

Gli assetti in questione operano continuativamente. In linea di principio le posizioni che li compongono vengono occupate da una ordinata successione di funzionari; nel caso restino temporaneamente vacanti, si provvede a nominare dei supplenti. Le attività di tali funzionari danno luogo alla redazione di provvedimenti e altri documenti scritti, che rimangono in possesso non del singolo funzionario ma dell’unità organizzativa di cui fa parte; vengono così a costituire la memoria operativa dell’unità stessa, e la fonte a cui si riferisce il frequente richiamo a «precedenti».
Un apporto significativo della continuità burocratica è suggerito dall’espressione «ordinaria amministrazione». Anche in momenti in cui la gestione degli affari pubblici nel suo aspetto propriamente politico incontra delle discontinuità particolarmente marcate (poniamo, per l’avvento di una nuova maggioranza di governo) si ha l’impressione che la macchina statale, per il bene o per il male, continui ad operare. Mantenendo costanti certe caratteristiche dell’ambiente pubblico, il sistema burocratico consente anche ai soggetti privati, in maggiore o minore misura, di gestire la propria «ordinaria amministrazione» in base ad aspettative consolidate. E se le contingenze politiche mettono in forse queste aspettative, allora, in parole povere, sono guai seri.
Le attività amministrative vengono svolte da singoli individui (i funzionari) anziché da corpi collegiali, e sono orientate al compimento di doveri d’ufficio piuttosto che all’obbedienza prestata a comandi ad hoc dei superiori. I funzionari si assumono tali doveri volontariamente, in base a un rapporto di natura contrattuale, da cui possono sempre recedere di propria iniziativa. Possono invece esistere limitazioni considerevoli all’interruzione del rapporto da parte dei vertici dell’ente amministrato.
Le persone che vengono a ricoprire determinate posizioni, lo fanno non su elezione ma in base a un ordinato procedimento di nomina; funzionari che fanno già parte dell’amministrazione accertano obbiettivamente le qualifiche professionali degli aspiranti alla nomina, esaminando i loro titoli di studio e il risultato di esami e concorsi espressamente banditi e organizzati.
I funzionari vengono compensati per le loro attività con regolare stipendio, la cui entità corrisponde alla rispettiva posizione gerarchica. Questa varia nel corso della carriera in base a vari criteri: l’anzianità di servizio, alla quale si presume corrisponda l’acquisizione delle capacità professionali richieste da posizioni più elevate; la verifica da parte dei superiori di come chi aspira a una promozione abbia in precedenza esercitato i propri compiti; i risultati di concorsi interni.
L’ammontare dello stipendio, a ciascun livello, è determinato anche dalla considerazione di quale somma sia necessaria perché il funzionario acquisisca e mantenga uno status sociale confacente al suo ufficio. Ci si attende che a sua volta tale status orienti e motivi l’attività professionale del funzionario anche con riferimento al prestigio sociale che condivide con altri appartenenti al ceto dei funzionari del medesimo livello, oltre che al fine di conservare la propria posizione e realizzare aspettative di carriera, nonché dando espressione alla sua dedizione all’interesse pubblico e alle fortune dell’ordinamento politico.
Normalmente il funzionario non esercita altre attività professionali per l’intera durata della sua vita lavorativa. Al termine di questa riceve un trattamento di quiescenza corrispondente al livello di retribuzione precedentemente raggiunto.

Messa al bando degli interessi personali del funzionario

Esistono significativi filtri istituzionali tra gli interessi privati del funzionario e quelli pubblici che devono orientare la sua attività di servizio, per assicurare che entrino in gioco esclusivamente gli interessi pubblici. In particolare, nell’espletamento delle sue attività il funzionario si serve di risorse materiali (e di informazioni) che non gli appartengono personalmente, e del cui uso e mantenimento è responsabile di fronte ai superiori. Le facoltà che esercita, compresa quella di emettere ordini e di esigerne l’esecuzione – se necessario coattivamente –, gli vengono conferite solo nella misura in cui sono rilevanti e appropriate in vista dei suoi doveri di ufficio. Non devono far parte della retribuzione del funzionario i proventi eventualmente generati dalla sua attività di servizio (ad esempio, l’esazione di multe), che devono invece essere messi a disposizione dell’ente a cui appartiene. Il luogo in cui svolge le sue attività di ufficio deve essere nettamente separato dalla sua sfera domestica. Il funzionario non è il proprietario della posizione che occupa, non può trasmetterla in eredità né altrimenti disporne.
Sostanzialmente ci si attende che nella sua attività professionale il funzionario non si lasci influenzare da interessi e preferenze di carattere personale, salvo che per le sue aspettative di carriera. Non può lasciarsi influenzare da appartenenze e solidarietà private, di carattere familiare o d’altro genere, per significative che siano nella sua esistenza personale. Non può ispirarsi alle proprie private preferenze di natura politica o morale, dare priorità a valori che gli sono propri in quanto persona. Come Weber ripetutamente scrive, il funzionario deve eseguire la sua attività professionale sine ira ac studio, senza dare corso alle proprie avversioni o attaccamenti.

Le regole come componente essenziale dell’agire amministrativo

Quella attività deve invece corrispondere a criteri generali e impersonali dell’agire amministrativo, la conoscenza dei quali, debitamente accertata, qualifica un determinato individuo per una determinata posizione. Il lavoro d’ufficio deve per quanto possibile costituire la ragionata, e se necessario espressamente motivata, applicazione di quei criteri alle circostanze con cui l’attività deve fare i conti, in base all’assunto che essi sono validi e vincolanti in quanto mirano all’interesse pubblico.
L’attività amministrativa viene dunque svolta in base a regole. Weber dice che l’amministrazione burocratica è «un insieme organizzato e continuativo di atti d’ufficio che osservano regole». Ma questa formula rischia di nascondere la complessità del fenomeno. Innanzitutto, ci sono regole e regole. Ci sono quelle di natura giuridica, dettami generali validi in quanto prodotti e promulgati in base a specifiche procedure vincolanti. La loro violazione impedisce che si producano determinati effetti di natura appunto giuridica, o comporta l’applicazione di sanzioni da parte di personale specializzato. Ci sono poi norme di natura tecnica, di contenuto estremamente vario, l’inosservanza delle quali produce automaticamente effetti negativi: un eccesso di spesa o di sforzo, la mancata o difettosa realizzazione dello scopo, o addirittura il verificarsi di effetti avversi.
Per mettere in risalto la differenza tra questi due tipi di regole, valga la seguente osservazione. La validità delle regole giuridiche alla fine dei conti viene accertata quando un professionista del diritto – solitamente, un giudice – viene convinto da discorsi presentati da altri professionisti del diritto (un pubblico ministero o un avvocato). Viceversa, se nella costruzione di un ponte vengono ignorati determinati princìpi d’ingegneria, a un certo punto il ponte crolla per conto suo, e nel crollo non interviene il discorso di altri ingegneri.
C’è una frase nella seconda parte di WuG (dove sono raccolti gli scritti meno recenti di Weber sul tema della burocrazia) che indica chiaramente la dualità di cui stiamo parlando: «Per noi è decisivo che in linea di principio dietro ogni atto di autentica amministrazione burocratica giace un sistema di ‘ragioni’ [Gründe], che comporta o sussunzione sotto norme, o ponderazione [Abwägung] di fini e mezzi» (30: p. 565; 31: vol. II, p. 293). Le ragioni si possono ricondurre non soltanto alla scienza giuridica, ma anche a quella amministrativa e a quella finanziaria (30: p. 552; 31: vol. II, p. 272).
La conoscenza di regole, giuridiche o tecniche che siano, non è la sola componente conoscitiva dell’attività amministrativa, che richiede anche la conoscenza delle circostanze di fatto, ovvero della situazione a cui applicare quella attività. Nell’ambito del diritto, un brocardo medievale esprime con efficacia questa differenza: Jura novit curia. Narra mihi factum, dabo tibi jus («Le leggi le conosce il tribunale. Raccontami il fatto, e ti darò il diritto»). L’attività amministrativa, dunque, da un lato deve identificare, interpretare e applicare dettami del diritto o regole d’altra natura; dall’altro, deve farlo in vista delle condizioni di fatto su cui l’attività deve incidere, le necessità e le opportunità che la situazione presenta, e orientarsi in base a considerazioni di fattibilità, efficienza, economicità.
Weber indica questa diversità dei criteri di orientamento dell’attività professionale del funzionario là dove scrive che l’amministrazione pubblica nel suo insieme deve farsi carico «del razionale perseguimento di interessi previsti da direttive dell’ordinamento, all’interno dei vincoli posti da regole giuridiche, e in base a princìpi dichiarati in termini generali» (30: p. 125; 31: vol. I, p. 213). Qui le regole giuridiche appaiono come vincoli che l’attività amministrativa deve osservare, non come le sue sole determinanti.
Si può anche ricordare, in questo contesto, la distinzione proposta da Luhmann tra due modi fondamentali di programmare l’azione amministrativa: programmazione condizionale (se si verifica la situazione A, allora l’unità amministrativa deve svolgere le attività x, y, z; se si verifica B, allora l’azione da intraprendere è f, g, h) – e programmazione di scopo. Come esempio di questo secondo modo di programmare Luhmann cita una direttiva impartita dall’autorità politica a tutto un complesso di assetti amministrativi: Accrescere la capacità di produrre acciaio nel paese del 30 per cento entro i prossimi sei anni! Se l’azione amministrativa sia conforme a un programma di questo genere risulterà a suo tempo dal successo o insuccesso dell’intrapresa.

Complessità degli assetti burocratici

Fin qui, alla luce del «tipo ideale» di burocrazia weberiano, ci siamo chiesti che cosa esso comporta per l’attività professionale del singolo funzionario. Ma la posizione che questi occupa fa parte di un insieme di posizioni, la cui caratteristica principale è la complessità. Esso presenta una struttura differenziata, che dà luogo a una consapevole divisione del lavoro amministrativo, e al suo interno presenta due tipi di differenziazione: gerarchica (o verticale) e funzionale (orizzontale). Quanto alla prima, nell’esercizio della sua attività professionale il funzionario spesso ha facoltà di dare disposizioni vincolanti a funzionari sottoposti, o di impartire comandi a membri del pubblico. Deve, a sua volta, rispettare l’autorità di funzionari a lui superiori, eseguirne le direttive e osservare la disciplina che essi impongono. In questo senso le burocrazie sono differenziate gerarchicamente, e in ragione di ciò rappresentano anche, per il singolo funzionario, un possibile percorso di carriera. Grazie alla sua struttura gerarchica, inoltre, un ente burocratico può attivare una molteplicità di soggetti, che talora svolgono tutti gli stessi compiti ma in località e con tempi diversi, malgrado ciò imponendo loro una certa unitarietà e uniformità alle attività richieste.
Veniamo ora alla differenziazione funzi...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione. Come amministrare?
  2. Parte prima. Sviluppo e natura del modello burocratico
  3. I. La componente burocratica della modernizzazione politica
  4. II. La burocrazia nel tipo ideale weberiano
  5. Parte seconda. Patologie burocratiche
  6. III. Difficoltà e limiti della burocratizzazione
  7. IV. L’auto-referenzialità degli apparati
  8. V. Il sovvertimento del «rapporto di agenzia»
  9. VI. Aspetti burocratici di altri contesti organizzativi
  10. Parte terza. L’offensiva neo-liberale contro le burocrazie pubbliche
  11. VII. La dimensione burocratica delle imprese private
  12. VIII. Aspetti ideologici del discorso neo-liberale
  13. IX. Valori civili messi in forse
  14. Bibliografia
  15. L’autore