Maledetta domenica...in cucina!
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C'è molto più di quanto appaia a una prima occhiata, in qualsiasi cucina: si parla tra sé e si spadella, si ascolta il proprio umore e si cerca un coperchio. Imbandire tavolate scintillanti di leccornie è il vostro più grande desiderio ma non sapete cucinare nemmeno le uova strapazzate? I vostri amici sono soliti presentarsi alla vostra porta inattesi, spesso di domenica, e preferibilmente ore pasti, mandandovi nel panico? Queste pagine sono perfette per voi.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858122709

Maledetta domenica... in cucina!

Cucinare per farsela passare

Forse non c’è bisogno di dirselo, ma si sente. Alcune mattine, soprattutto quelle della domenica, sembrano beckettiane. Il sole sorge per poi tramontare, alla fine, sul niente di nuovo. Il sonno non è stato quello agognato durante la settimana, anche l’insonnia si è rivelata deludente. Non ha recato né pensieri, né fantasmi. Nel giorno ancora acerbo, il cielo già si annuncia basso e pesante, maturo di grigiore. Di coltivare il vuoto non se ne parla: la famiglia è allertata, se vi scoprono a ondeggiare sull’amaca della vostra incertezza potrebbero venire fuori mille bisogni e richieste o, peggio ancora, subitanei programmi di felicità: cercar funghi nel parco, inaugurare la nuova ciclabile. Cominciare a cucinare, a programmare di farlo, ancora in pigiama, allora è un buon rimedio. Anche perché forse la vostra pancia comincerà a imparare a convivere con voi. E il vogatore in cui inciampate è solo la reliquia di un’altra vita; la racchetta, il reperto archeologico di quando v’illudevate di poter vivere anche sotto rete. Quanti compagni di doppio hanno vanamente continuato a telefonarvi? Mentre i fornelli, le bottiglie, gli ortaggi stamani si risvegliano con voi. Non terapia, riscatto.
E poi l’attività concentrata, vera o apparente che sia, ci porta fuori da noi stessi. È un usbergo contro le microdepressioni festive e i vittimismi tardivi (chi ha tempo di farvi del male? forse solo il colesterolo che ha i ritmi d’un bradipo maturo). Dunque far da mangiare può offrirsi come difesa dalla televisione, dai giornali, dal mondo, calandosi, speleologo domenicale, in una camera iperbarica di parole: la cucina. È già una bella conquista, così, potersi coltivare il proprio isolamento, cucinando da soli, per gli altri o anche solamente per sé. Ma non in emergenza o in affanno, non per vincere la solitudine bensì per conquistarla e preparare qualche sorpresa concreta a chi verrà dopo l’una. Fatti, non parole.
Prima regola, cominciamo ad agire in pigiama e pantofole1 dopo una leggera colazione, perché la tentazione del brunch è da evitare. Iniziamo intorno alle dieci, ma già pronti ad armarsi, fra due orette, di un long drink: quando scocca la campana interiore del mezzogiorno dobbiamo trovare ad aspettarci almeno un Bloody Mary o mezza bottiglia di Sauvignon, accampando la ragione del lavoro manuale. Eviterei, solo per ora, il Martini cocktail troppo esaltante in solitudine. E poi uno di solito non basta mai. Se volete abbandonarvi ai languori, ancora sulla tolda del mattino, infilate nel lettore un Chet Baker d’annata: I care, in cui la voce, soffusa di grazia, gareggia in dolcezza e abbandono con la purezza del suo flicorno e della sua tromba.

Bloody Mary

Sarebbe estivo, ma è un ottimo viatico anche per l’inverno. Se non volete passare i pomodori, dopo aver tolto loro la buccia sbollentandoli, prendete del succo già confezionato, possibilmente non molto acquoso. Sciogliete il sale nel succo di mezzo limone, 5 gocce di tabasco, uno spruzzo di Worcester Sauce. Aggiungete nello shaker 2/3 di succo di pomodoro e 1/3 di vodka con molto ghiaccio. Agitate con movimento caraibico alla Tito Puente: la musica è interiore. Quella esteriore, per rimanere sul jazz, è il crescendo di Milestones, dell’omonimo miliare Miles Davis. Servite con uno o più gambi di sedano in bicchiere altissimo: avete ancora un bel pezzo di giorno davanti.
CONSIGLIO provate anche la variante dell’aggiunta di qualche fetta di cetriolo e un po’ di zenzero in polvere.
Opterei per un monopiatto, il che significa antipasto, primo, secondo e terzo in una botta sola. Naturalmente chi ha cura di sé può prepararsela come «long antipasto» con il Bloody Mary in un perfetto matrimonio anglomediterraneo: dunque subito una pietanza notissima, amata, ma in parte desueta qual è la mozzarella in carrozza.

Mozzarella in carrozza

Tagliate via la crosta a 8 fette di pane bianco in cassetta (prendetelo dal panettiere) e riempitele con fettine sottili di mozzarella fior di latte e 4 acciughe sott’olio sminuzzate da distribuire bene all’interno. Passatele in 4 uova intere sbattute con l’aggiunta d’un cucchiaino di latte. Non esagerate con il ripieno, pressate bene i bordi e poi immergetele nell’olio caldo (per me extravergine d’oliva; ma di semi di arachidi è più leggero). Aspettate qualche minuto e rigirate. Togliete il pane con la schiumarola, sgrondando bene, appoggiate su carta gialla o quella più comune da casa che si trova in rotoli e salate (poco).
CONSIGLIO levare il pane appena dorato.
TRUCCO la mozzarella va delicatamente strizzata. I perfezionisti vanno avanti nella compilation di Peppino di Capri fino a Tu si ’na malatia e la sentono a ripetizione per tutta la preparazione.
Una deliziosa variante più leggera, perché aggira il fritto, è quella dei crostini di mozzarella.

Crostini di mozzarella

Sempre pane in cassetta, tagliato in due a mo’ di triangolo e riempito con fettine di mozzarella. Schidionate 8 di questi triangoli con degli spiedini di legno e metteteli in forno a 160°C dopo aver leggermente imburrato una pirofila. Mentre cuociono, pestate o sminuzzate 4 acciughe sott’olio e mischiate a 100 g o poco più di burro fuso. Quando il pane s’imbiondisce e la mozzarella ormai langue, levateli dal forno e buttateci sopra la salsa. Abbondate con quest’ultima e niente sale.
CONSIGLIO poiché la mozzarella fuoriesce inevitabilmente e si attacca al fondo – con il risultato che quando si prende il crostino si rischia di smontarlo –, serrare il più possibile i pezzi di pane, magari con un ulteriore spiedino, tenere le fette al centro e imburrare generosamente la pirofila.
DA BERE per entrambi i piatti, un vino rosso che contrasta una certa ricchezza dei fritti o dei burri. Oggi il Lambrusco ha giustamente ritrovato la sua dignità: ci vuole un’ultima annata di «Concerto» di Ermete Medici (RE), a base essenzialmente di uva salamino, di buona struttura e persistenza.
Può essere un piatto...

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