1.
L’innamoramento romanzesco
Delimitazione di campo
Come è stato detto più volte, la letteratura occidentale a partire dal XII secolo – cioè dalla diffusione della lirica e del romanzo cortese – sarebbe inconcepibile senza il tema dell’amore, soprattutto, di quella categoria dell’amore denominata «amore-passione». Le nostre letterature degli ultimi nove secoli hanno attinto a piene mani dalla passione, nutrendone costantemente il nostro immaginario. Nell’incontrarci, innamorarci, corteggiarci, provare gelosia o lasciarci, non possiamo fare a meno di confrontarci continuamente con i tanti modelli – situazioni, ruoli, luoghi comuni, frasi a effetto – che le nostre letture ci hanno mostrato. Negli ultimi decenni, certo, è subentrato un inventario di modelli di maggior impatto per la nostra ricezione, il cinema; ma la letteratura continua ad avere un potere di suggestione ancora molto forte, che a sua volta si riflette massicciamente anche nell’immaginario cinematografico.
Madame Bovary continuava a cercare le situazioni e le emozioni vissute dalle eroine dei romanzi romantici; ma anche noi, come lei, non possiamo fare a meno di chiederci se le emozioni suscitate in noi da uno sconosciuto incontrato per caso siano o meno un «colpo di fulmine»...
Naturalmente, l’amore è stato ed è uno dei temi più discussi e studiati: studi filosofici, sociologici, psicanalitici, storico-letterari, di storia del costume o storia delle idee, e così via – una bibliografia esaustiva occuperebbe probabilmente un volume piuttosto pesante. Viceversa, l’innamoramento come tema e fenomeno a sé è relativamente poco studiato, e anzi raramente viene preso in considerazione tranne che nei saggi psicanalitici; come «soggetto», è assente da quasi tutti i repertori bibliografici. Va da sé che è assai arduo analizzare l’innamoramento come tema, prescindendo da quello dell’amore (e infatti, di amore e concezioni dell’amore bisognerà parlare spesso anche in questo saggio); e tuttavia, come vedremo, è possibile individuarne delle caratteristiche specifiche, degli elementi costitutivi e una sommaria tipologia: insomma, dei tratti che ci permettano di considerare l’innamoramento come un «tema» a tutti gli effetti.
Innanzi tutto, è necessaria e fondamentale una delimitazione di campo: che cosa intendiamo per «innamoramento»? La questione non è affatto oziosa, visto che le opinioni in proposito sono diverse: da chi considera l’innamoramento come un semplice «sinonimo» dell’amore, a chi lo intende invece come una «forma particolare», più dinamica e passionale, dell’amore, per finire con chi vede nell’innamoramento solo la «fase iniziale» dell’amore.
Partendo anche da considerazioni terminologiche – sia il francese tomber amoureux e l’inglese to fall in love, che l’italiano in(n)-amorarsi e lo spagnolo en-amorarse, sono dei verbi che contengono un’idea di movimento, di divenire – io mi atterrò piuttosto all’ultima di queste definizioni: intenderò dunque l’innamoramento come fase iniziale dell’amore, e più precisamente (dal momento che il concetto di «inizio» può anch’esso venire inteso più o meno estesamente) come il processo che porta l’individuo dall’«indifferenza» nei confronti di un altro, alla «presa di coscienza» del fatto di amarlo. Ho detto «presa di coscienza» non a caso: basterà che l’amante ammetta con se stesso di provare amore, e non sarà necessario che lo dichiari ad altri. Non è raro, infatti, che tale dichiarazione sia lungamente posticipata, o addirittura non giunga mai, e in questo caso ci troveremmo nell’imbarazzo di porre un termine al processo.
In questa mia scelta c’è naturalmente una certa dose di arbitrarietà, del resto inevitabile quando ci si trovi a dover analizzare un tema che non sia già stabilmente codificato e accettato. Tuttavia mi è parso che una delimitazione di questo tipo fosse la più semplice, oltre che la più funzionale per un’analisi comparativa ad ampio raggio.
In uno studio breve, e su un argomento tanto ricco di implicazioni, necessariamente molti aspetti importanti risulteranno assenti o insufficientemente approfonditi. Tra questi, forse il più ingiustamente trascurato sarà l’innamoramento femminile: incontreremo diversi innamoramenti di donne, ma non ci sarà un’analisi comparativa o un tentativo di costruzione di una tipologia specifica dell’innamoramento femminile. Una prima ragione di quest’assenza sta nella mia decisione di attenermi, tranne alcuni casi particolari, a testi il più possibile canonici, testi che tutti conoscono o dei quali abbiano sentito parlare, insomma dei classici, e il canone occidentale è senza dubbio un canone maschile. Gli scrittori sono in stragrande maggioranza degli uomini, e la letteratura è fortemente orientata sul protagonista maschile – le sue idee, le sue azioni, i suoi sentimenti, i suoi desideri – e tende a rappresentare il rapporto amoroso dal suo punto di vista. Una seconda ragione, dipendente dalla prima, è che il discorso sarebbe piuttosto complesso, e evaderebbe dai limiti di spazio e di argomento, coinvolgendo questioni di sociologia e psicanalisi letteraria, e analisi delle funzioni del testo. Bisognerebbe infatti distinguere tra innamoramenti femminili raccontati da scrittori uomini, e quindi proiezioni di un modello maschile della femminilità, e innamoramenti femminili raccontati da scrittrici; ma, anche in quest’ultimo caso, andrebbe verificato quanto abbiano inciso sulla rappresentazione femminile della donna i modelli dominanti nell’immaginario letterario, quelli appunto offerti dalla rappresentazione canonica maschile. La casistica è troppo vasta e soprattutto differenziata tra un secolo e l’altro, perché un’analisi comparativa possa essere affrontata seriamente all’interno di questo breve saggio.
La terza delimitazione di campo riguarda i generi letterari trattati: gli innamoramenti di cui parleremo provengono infatti quasi tutti da romanzi. L’esclusione della lirica e del teatro è dovuta alla scelta di privilegiare soprattutto l’aspetto narrativo dell’innamoramento: le motivazioni, le fasi di cui si compone, i ruoli dei personaggi, la durata, i rapporti con l’intreccio. Un taglio diverso – per esempio un’analisi dell’aspetto linguistico o stilistico, uno studio dell’ambientazione o dei simboli connessi all’innamoramento – naturalmente avrebbe portato a criteri di selezione diversi.
Ma come nasce, dunque, l’amore romanzesco, e perché?
Fenomenologia dell’incontro
Se l’innamoramento è un movimento che procede dall’indifferenza all’amore, il più delle volte quell’indifferenza iniziale coinciderà con il non conoscersi, e l’innamoramento comincerà appunto con il «primo incontro». In letteratura, la scena del primo incontro tra i due protagonisti della futura storia d’amore è una «scena chiave», dal carattere «quasi rituale», come giustamente è stato osservato dal critico ginevrino Jean Rousset (n. 1910) in un suo fondamentale studio – purtroppo non ancora tradotto in italiano – intitolato Leurs yeux se rencontrèrent (I loro occhi si incontrarono, 1981).
Rousset analizza un ampio catalogo di «primi incontri» romanzeschi, e ne costruisce una sorta di modello base, sul quale misura gli scarti o le trasgressioni di ciascun testo. Questo modello di primo incontro ideale prevede innanzi tutto una scenografia «fuori dall’ordinario», lontano dalla quotidianità. Il momento favorevole è di solito durante una festa, o un ballo; i luoghi più accreditati sono quelli «di passaggio»: strade, soglie, finestre, stazioni, eccetera. Per quanto invece riguarda la «messa in scena», Rousset individua nell’incontro tre fasi salienti, quasi sempre tutte presenti: l’«effetto» prodotto dalla vista dell’altro, lo «scambio» – che appunto consiste il più delle volte in quell’incrociarsi di sguardi che dà il titolo al saggio di Rousset – e il «contatto», non necessariamente fisico. Sotto quest’ultima categoria può rientrare infatti anche il saluto di Beatrice, o il fiore lanciato sul volto di Don José dalla gitana Carmen nel racconto omonimo (1845) di Prosper Mérimée (1803-1870).
Altri elementi topici della scena sono il «ritratto» dei due protagonisti, o almeno quello della donna; il «riconoscimento», ovvero la convinzione in uno o in entrambi di essersi già visti in passato (fenomeno legato a una concezione platonica dell’amore, e al principio dell’«affinità elettiva»); e il «mutamento» che a seguito dell’incontro si registra in uno o entrambi i protagonisti (i vari «Da quel momento non fui più lo stesso»).
Delle tre fasi individuate da Rousset, l’«effetto» è sicuramente quella sottolineata con più forza dagli scrittori, soprattutto quando si sta raccontando quel tipo di innamoramento definito «colpo di fulmine»: è dalle sensazioni prodotte da quel primo sguardo che prende avvio e si svilupperà l’amore; è la loro natura (dolore, gioia, stupore, spavento, ecc.) a impostare il tono di uno dei temi fondamentali dell’intreccio romanzesco. Uno psichiatra di buona volontà potrebbe provare a costruire una sorta di «psicopatologia dell’effetto», stendendo un catalogo dell’ampia gamma di reazioni possibili: dall’allegra logorrea di Romeo e Giulietta all’afasia della Fedra, nella omonima tragedia (1677) di Jean Racine, dall’inebetimento di Myškin nell’Idiota (Idiot, 1868) di Fëdor Dostoevskij all’estasi intellettuale di Gustav von Aschenbach nella Morte a Venezia (Der Tod in Venedig, 1912) di Thomas Mann. Ai due estremi del catalogo, porrei da un lato Anna Karenina, protagonista dell’omonimo romanzo (1878) di Lev Tolstoj, con la sua gioia solare e straripante attraverso lo sguardo o il sorriso, dall’altro il protagonista di Alla ricerca del tempo perduto (A la recherche du temps perdu, 1913-1922) di Marcel Proust (1871-1922), che al contrario collega l’origine dell’amore a sofferenza, angoscia, ansia.
È un catalogo, questo dei «primi incontri» e dei loro effetti, assai vasto, e che nel corso dei secoli è pian piano divenuto pressoché esaustivo, tanto che nel Novecento sempre più si tende ad evitare tale fase (ad esempio Beppe Fenoglio, in Una questione privata, 1963, riduce l’incontro a un flashback di poche righe, con l’ellissi dell’effetto), o ad affrontarla apertamente come un luogo comune, magari ricorrendo esplicitamente alla citazione, come in tanti romanzi postmoderni. Si cerca altrimenti l’originalità in virtuosismi ed esagerazioni, come fa il veneziano Tiziano Scarpa in Occhi sulla graticola (1996), che fa entrare in scena la sua eroina nel bel mezzo di un attacco di dissenteria sotto lo sguardo esterrefatto del protagonista, o il torinese Alessandro Baricco in Seta (1996), che si affida all’enfasi degli a capo.
Per trovare degli effetti ancora in grado di stupire degli smaliziati lettori occidentali di storie d’amore, bisognerà forse cercare più lontano, in culture diverse dalla nostra o in letterature più giovani e vivaci, come nel realismo magico sudamericano. Per terminare questa fenomenologia, uno splendido esempio potrebbe essere l’effetto prodotto su Ulises dall’incontro con la giovane prostituta Eréndira, nell’Incredibile e triste storia della candida Eréndira e della sua nonna snaturata (La increíble y triste historia de la candida Eréndira y de su abuela desalmada, 1972) del premio Nobel colombiano Gabriel García Marquez (n. 1928):
Quando Ulises tornò a casa coi ferri per potare, sua madre gli chiese la medicina delle quattro, che era su un tavolino poco discosto. Non appena egli li toccò, il bicchiere e la boccetta cambiarono colore. Poi toccò per pura sbadatezza una brocca di vetro che era sulla tavola con altri bicchieri, e anche la brocca divenne azzurra. Sua madre lo osservò intanto che prendeva la medicina, e quando fu sicura che non era un delirio del suo dolore gli domandò in lingua guajira:
«Da quando ti capita?»
«Da quando siamo tornati dal deserto» disse Ulises, pure in guajiro. «E solo con le cose di vetro.»
Per dimostrarlo, toccò uno dopo l’altro i bicchieri che si trovavano sulla tavola e tutti assunsero colori differenti.
«Queste cose succedono solo per amore» disse la madre. «Chi è?»
Dei due modi di innamorarsi: il colpo
di fulmine e l’innamoramento lento
Quanto a Emma, lei non si chiese mai se lo amasse. L’amore, era la sua convinzione, doveva arrivare tutto d’un colpo, con grandi tuoni e lampi – uragano celeste che piomba sulla vita, la sconvolge, strap...