Manifesto socialista per il XXI secolo
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Manifesto socialista per il XXI secolo

  1. 304 pagine
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Manifesto socialista per il XXI secolo

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Informazioni sul libro

Irriverente, chiaro e divertente. Un invito irresistibile a unirci alla lotta per la costruzione di un futuro veramente democratico, unica vera speranza in questi tempi complicati.Naomi Klein

Una lettura essenziale per tutti coloro che vogliono costruire una nuova società, fondata sui bisogni delle persone e non sui profitti per le élites.Owen Jones

Un racconto che mostra il socialismo del futuro.Guido Liguori, "il manifesto"

Un SOS per salvare quello che resta di un sogno socialista andato in pezzi, ma anche un'occasione per ripensare il passato alla luce dei fatti del presente e in vista del futuro.Marzia Apice, "Ansa"

Bhaskar Sunkara torna a parlare di socialismo, una parola che ha perso nel tempo il fascino e la potenza originari. È un socialismo per il XXI secolo che sceglie come campo di battaglia quello dei diritti – il diritto alla casa, al lavoro, alla scuola, all'educazione e alla salute – e ha come obiettivo l'uguaglianza economica e la lotta contro tutte le forme di oppressione.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858146941
Argomento
Economia

1.
Un giorno nella vita
di un cittadino socialista1

Sto scrivendo questo libro nel 2018. Pertanto se un giorno, in futuro, ne troverai una copia polverosa, devi sapere che Jon Bon Jovi è il musicista più popolare e acclamato dalla critica di quest’epoca. Detto questo, tentiamo un esperimento mentale.
Poniamo che tu sia un grande fan di Bon Jovi (e in effetti perché non dovresti esserlo?). Sei alla ricerca di un lavoro e scrivi una lettera a Jon Bon Jovi e alleghi anche il tuo curriculum. E lui è così gentile da mandarti una lettera di referenze per lavorare nella sua ditta di famiglia di sughi per pasta. Come ogni lettore contemporaneo sicuramente saprà, negli Stati Uniti i condimenti per la pasta del marchio Bongiovi sono considerati tra i migliori. Pieno di orgoglio, cominci a imbottigliare una specialità italoamericana come la salsa “Classic Curry”.
Ti pagano 15 dollari all’ora e lavori dalle 9 alle 17 ogni giorno. Non è il massimo, ma hai le bollette che si accumulano e spendi soldi in strani hobby: è sempre meglio che rimanere disoccupato e doverti attaccare al wi-fi del tuo vicino Fred, un pediatra che ha divorziato due volte e che piange alla fine di The Blind Side.
Bongiovi è ancora un piccolo marchio, nonostante la qualità dei suoi prodotti. Hai ricevuto un veloce addestramento per imbottigliare e sigillare i sughi nella maniera più efficiente. È monotono, ma tutto il resto è ok. Prendi in simpatia i tuoi colleghi e ti fai degli amici.
Nel corso dei mesi, te la cavi sempre meglio. Può sembrare una cosa sciocca, ma sei orgoglioso del tuo lavoro. Credi nel “Classic Curry” e nella sua capacità di portare gioia e soddisfazione ai clienti. Vai anche d’accordo coi tuoi capi: è una fabbrica alimentare, mica un covo dickensiano di sfruttatori... Quando sei triste, il tuo caposquadra ti chiede cos’è che non va e cerca di tirarti su il morale. A volte dopo il lavoro Mr. Bongiovi – il titolare dell’impresa, ossia il padre di Jon – regala ai suoi dipendenti il biglietto per una partita dei Trenton Thunder, una squadra di baseball di seconda categoria.
Nel tuo primo anniversario in ditta, ti metti a fare i conti. Imbottigliavi cento bottiglie di sugo all’ora, adesso la tua media è arrivata a 125. Sei orgoglioso e lo fai sapere ai tuoi capi. Ti rispondono che sanno quanto sei in gamba e apprezzano davvero il tuo lavoro. Arrivano a nominarti “Impiegato del mese”. Li ringrazi, ma suggerisci che forse sarebbe più giusto se ti pagassero il 25 per cento in più, per il tuo aumento di produttività.
I tuoi superiori ci pensano sopra e ti ricordano che l’economia è in recessione e molte persone sono alla ricerca di un lavoro. Citano anche la dichiarazione d’intenti della società: un sugo innovativo un giorno potrebbe cambiare il mondo. Il brand Bongiovi non è quello di una manifattura alimentare: è una cultura, un ethos, una fede, uno stile di vita.
È difficile controbattere e vorresti lasciar cadere la cosa e tirare avanti con la solita paga. Ma per fortuna i tuoi capi finiscono la loro tiritera con un compromesso: ti pagheranno 17 dollari all’ora e se continui a fare un buon lavoro c’è una promozione che ti aspetta.
Non riesci a trattenere l’entusiasmo. Sei così felice che la tua collega Debra ti dice: “Ehi, sei davvero raggiante!”. E tu le dici che hai avuto un aumento a 17 dollari. Lei esita solo per un istante, poi si congratula, ma c’è qualcosa che non va.
Più tardi, quello stesso giorno, passi dal reparto etichettatura e vedi Debra in lacrime. Da Bongiovi gli occhi del personale sono sempre un po’ acquosi come conseguenza della grande quantità di curry che viene incenerito, ma stavolta sembra una cosa diversa.
“Ehi, non è che per caso avete visto un film sportivo del 2009 scritto e diretto da John Lee Hancock con una recitazione strappalacrime di Sandra Bullock?”.
The Blind Side? Sì, ma in realtà piango perché lavoro qui da tre anni e guadagno solo 13 dollari all’ora”.
Imbottigliare sughi non è più difficile di etichettarli e questa disparità di trattamento ti offende. Prometti di parlarne con il dirigente.
È quel che fai il giorno dopo: “Sentite, so di essere una sorta di privilegiato qui dentro, grazie alla mia personalità. Ma è davvero ingiusto che Debra sia pagata così tanto meno di me, per fare sostanzialmente lo stesso lavoro”. I tuoi capi ti dicono che in realtà non sei affatto un privilegiato: a dire il vero tutti pensano che sei un tipo strano. Ti spiegano che la differenza di paga si basa sul fatto che il vecchio lavoro di Debra era pagato 7,50 dollari all’ora. Lei ha cominciato a lavorare lì per 11 dollari all’ora, che era già un bel progresso. Inoltre lei non ha mai chiesto un aumento, come hai fatto tu.
Le informazioni sembrano dettagliate. Allora vai avanti e chiedi se anche lei può ricevere un aumento. I dirigenti dicono che a loro piacerebbe tanto ma i tempi sono duri e, per essere franchi, Debra non è così produttiva come altri suoi colleghi. Non possono concedere a tutti un aumento. Ti informano anche che una grande azienda rivale sta acquisendo fette di mercato tagliando i costi del lavoro e abbassando i prezzi dei propri condimenti. “La miglior cosa che possiamo fare per Debra è assicurarci che abbia un lavoro per gli anni a venire”. Sembrano voler stare sul punto, così getti la spugna e dici a Debra che hai fatto del tuo meglio.
Ma da Bongiovi quel che è successo a Debra innesca un cambiamento: i dipendenti si incontrano dopo il lavoro per parlare delle paghe e delle condizioni di lavoro all’interno degli impianti. Ci tengono all’azienda ma vogliono ottenere dei vantaggi, come i giorni di malattia pagati. Quegli incontri si moltiplicano e alla fine i lavoratori formano un sindacato.
Il sindacato ottiene dei risultati, ma gli anni a venire sono duri per il mercato dei sughi per pasta al curry. In India – terra di curry, pomodori e manodopera a basso prezzo – la concorrenza è ben posizionata per sconvolgere quel settore. Corre voce che l’azienda sarà venduta o che i lavori verranno esternalizzati, ma la direzione non si esprime. Alla fine Mr. Bongiovi affronta gli speculatori: abbiamo obiettivi a lungo termine, crediamo nei sughi per pasta, ma soprattutto crediamo nelle persone.
Le cose dovrebbero cambiare per restituire competitività al marchio Bongiovi, ma il contratto sindacale limita le scelte di Mr. Bongiovi. Lui ama i suoi dipendenti ma a volte bisogna tagliare una gamba per salvare una vita. Senza la libertà di poter licenziare in maniera unilaterale i lavoratori in eccesso, Bongiovi escogita un altro piano: ottiene una linea di credito da suo figlio Jon e la usa per rinnovare i macchinari della fabbrica.
All’inizio il nuovo sistema è benvenuto: imbottigliare i condimenti per la pasta è un lavoro duro e il nuovo sistema è semiautomatico. Se prima producevi un centinaio di barattoli all’ora, hai pensato che adesso potresti farne anche duecento. Ma questi cambiamenti invece di semplificarti la vita rendono il tuo lavoro più difficile. I tuoi capi sono amichevoli come sempre, ma sono essi stessi esposti a enormi pressioni. Dicono che ognuno deve produrre 250 barattoli all’ora perché il prezzo dei sughi sia competitivo, poi arrivano a chiedere 300 barattoli. L’azienda prova anche a estendere il tempo per l’imbottigliamento: prima tagliano la pausa pranzo, poi allungano di un’ora l’orario di lavoro.
Il sindacato non cede su quest’ultimo punto, ma i dipendenti vogliono evitare disagi all’azienda e dimostrano quanto la forza lavoro statunitense possa essere produttiva. E poi sarebbe terribile per i leader sindacali se un impianto chiudesse pochi anni dopo aver tesserato i lavoratori: chissà quanti lavoratori in altre aziende sarebbero scoraggiati a sindacalizzarsi.
Così adesso ti senti indifeso. Prima di lavorare in un sistema tanto impegnativo già ti sembrava di non avere voce in capitolo su come girano le cose ed eri stanco di sentirti ripetere ogni giorno cosa fare. Sai che la tua azienda si trova in una posizione precaria, ma sai anche che i responsabili sono pagati cinquanta volte più di te. Lavorano davvero cinquanta volte di più? E in fondo anche tu sapresti fare il loro lavoro.
Alla fine di ogni giornata di lavoro ti senti esausto, fisicamente e mentalmente, e non riesci a fare le cose che amavi fuori dal lavoro: scrivere, nuotare, contrarre un prestito a nome del gatto del tuo vicino Fred. Pensi di licenziarti, ma senza una famiglia o dei risparmi alle spalle è impossibile.
Chi ti ha messo in questa situazione? Jon Bon Jovi? Quegli indiani fissati col curry?
La risposta non è chi ma che cosa: il capitalismo. Il capitalismo non è i beni di consumo che usiamo ogni giorno, anche se queste merci (salviette umidificate, tabacco o parrucche) sono prodotte in luoghi di lavoro capitalisti. Il capitalismo non è neanche lo scambio di merci e servizi attraverso un mercato. I mercati esistono da migliaia di anni ma, come vedremo, il capitalismo è uno sviluppo relativamente recente.
Il capitalismo è diverso, perché è un gioco a cui non scegli di partecipare: devi farne parte se vuoi sopravvivere. I tuoi antenati erano contadini, ma non erano meno ingordi di te. Avevano il loro piccolo pezzo di terra e ci seminavano quanti più semi possibile. Mangiavano una parte del raccolto e poi lasciavano una fetta di quel che rimaneva a un signore locale per evitare di essere uccisi. La rimanenza finiva spesso in città, per essere venduta al mercato2.
Ma tu, proletario del sugo per pasta, ti trovi di fronte uno scenario differente. Puoi scrivere sul tuo profilo Tinder che ti occupi di cibo sostenibile a chilometro zero, ma non possiedi la terra. Tutto quel che hai è la tua capacità di lavorare e svariati effetti personali che avevo elencato qui di seguito in dettaglio ma che il mio editor ha rimosso.
Non è poco. Eri uno studente nella media, sei uno che lavora sodo, sai pensare in maniera creativa e sei in grado di risolvere problemi. Ma queste capacità non bastano, non ti danno quel che serve per sopravvivere. È qui che arriva Mr. Bongiovi.
In virtù del possesso del luogo di produzione, il padrone ha qualcosa che serve a ogni aspirante impiegato. Senza terra da seminare la tua forza lavoro da sola non produrrà alcun bene. Così affitti te stesso a Mr. Bon...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. 1. Un giorno nella vita di un cittadino socialista
  3. Parte prima
  4. 2. I becchini
  5. 3. Il futuro che abbiamo perso
  6. 4. I pochi che hanno vinto
  7. 5. Gli dèi caduti
  8. 6. La rivoluzione del Terzo mondo
  9. 7. Il socialismo e gli Stati Uniti
  10. Parte seconda
  11. 8. Il ritorno di una vecchia idea
  12. 9. Come vinciamo
  13. 10. “Credimi, posso volare”
  14. Ringraziamenti