La morale della natura
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La morale della natura

  1. 176 pagine
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La morale della natura

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Ciò che è naturale è anche «buono»? Il buon selvaggio, l'ordine della natura, la legge naturale: senso comune e filosofia cercano spesso il bene morale nella natura. Una mappa dei principali appelli alla natura e dei loro usi più comuni, dalle biotecnologie ai diritti civili.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858122723

1.
La tentazione della natura

Nature, consistent and august,
Can’t teach us what to write or do;
With Her the real is always true,
And what is true is also just.
W.H. Auden
The Cave of Making, Postscript, 1965
Cos’hanno in comune il parlamentare conservatore che si oppone all’allargamento dell’istituzione del matrimonio alle coppie non eterosessuali, il militante no global che contesta la diffusione degli organismi geneticamente modificati e il gay che difende la legittimità del suo orientamento sessuale? Con buona probabilità tutti e tre argomentano la bontà delle loro idee e delle loro scelte facendo ricorso a una qualche nozione di «natura». Forse il politico conservatore si appella all’idea che esista una sola «famiglia naturale» e che solo questa, proprio perché naturale, sia l’unica moralmente ammissibile e in grado di costituire il nucleo fondamentale di una società ben ordinata. L’attivista no global, da parte sua, probabilmente afferma che c’è un ordine della natura che andrebbe rispettato e che un’agricoltura «non naturale» può causare danni gravi e irreversibili agli esseri umani e all’ambiente. Il gay può difendere i suoi gusti e il suo orientamento, sostenendo che sono nella «sua natura». I protagonisti di questi esempi, per nulla immaginari, sono certamente lontani tra loro per convinzioni politiche e morali. Eppure tutti fanno appello all’idea che esista un ordine naturale al quale fare riferimento per sapere ciò che è moralmente buono.
Questi sono esempi di come, nella discussione pubblica, persone provenienti da posizioni anche molto distanti ricorrono all’idea di natura per argomentare la bontà delle proprie posizioni. Di esempi come questi se ne potrebbero fare molti altri, e spesso basta sfogliare un quotidiano per averne un’ampia casistica. Infatti, molto spesso le discussioni in etica fanno appello alla natura come termine di riferimento per decidere ciò che è moralmente buono e ciò che non lo è. Un’osservazione attenta del modo in cui le persone discutono delle proprie convinzioni morali non può che farci notare quanto quella di «natura» sia un’idea profondamente incardinata nel nostro sentire morale. Il suo impiego nella discussione pubblica è solo la manifestazione più visibile di un uso che permea quotidianamente la vita morale delle persone. Tutti noi probabilmente abbiamo almeno una volta giudicato un comportamento o una pratica richiamandoci alla natura.
Spesso questo ricorso non è del tutto esplicito, ma si manifesta come una sorta di istintiva ripugnanza per qualcosa che ci appare nuovo e diverso. Pensiamo, ad esempio, alla reazione che molti possono provare dinanzi alla prospettiva che un giorno un essere umano nasca dopo una gestazione in un utero artificiale (una cosiddetta gravidanza ectopica). Prima ancora di pensare agli eventuali rischi per chi nascerà o ai possibili benefici per le donne e gli uomini che non potrebbero procreare in modo diverso (e per gli stessi bambini che altrimenti non potrebbero nascere), molti probabilmente esprimono perplessità (se non vero e proprio disgusto) dinanzi a un evento che appare così «innaturale». Da tale perplessità molti avranno derivato un dubbio circa l’opportunità di far nascere in questo modo un essere umano, se non una vera e propria condanna morale. Il senso di ripugnanza che in alcune persone può generare la possibilità di una gravidanza in condizioni così diverse da quelle che siamo abituati a pensare come naturali è un esempio di come il senso comune incorpori l’idea di natura e di come essa si traduca in giudizi di approvazione e disapprovazione morale.
Tuttavia, non è solo il senso comune a ricorrere all’idea di natura; la storia delle idee filosofiche è costellata di teorie e di argomenti che, in vari modi, sviluppano la relazione fra il bene morale e la natura. Non ci interessa qui stabilire in che modo il senso comune abbia incorporato le tradizioni dell’etica filosofica e viceversa, ma ci limitiamo a constatare la massiccia presenza nella tradizione etica occidentale dell’idea di natura. Di questa idea non dobbiamo solo rilevare la presenza, ma anche evidenziare l’autorevolezza. In genere l’appello alla natura tende ad avere la funzione della carta vincente. Sostenere qualcosa come «giusto perché naturale» ha una presa immediata sull’uditorio. L’idea di natura esercita una profonda attrazione e funziona egregiamente come strumento per convincere, in virtù dell’autorevolezza morale che sembra caratterizzarla. Tale idea ha grande influenza sul modo in cui le questioni morali vengono affrontate nella vita privata degli individui e nello spazio pubblico. La natura rappresenta una «tentazione» ricorrente per l’efficacia e l’autorevolezza che sembra in grado di attribuire agli argomenti morali.
Nel presente lavoro ci occuperemo di come viene dato seguito a questa tentazione. Analizzeremo, cioè, alcuni dei più diffusi e influenti modi di mettere in relazione la natura con il bene morale. Chiameremo questo tipo di relazione «appello alla natura». Un appello alla natura è un argomento con il quale si cerca di mostrare che un certo tipo di azioni, di pratiche o di istituzioni sono moralmente apprezzabili perché corrispondono a un ordine o a una legge della natura. I modi di fare appello alla natura sono molti e variegati. Al di là di alcune somiglianze, gli appelli alla natura possono essere molto diversi. Il politico conservatore, il no global e il gay che abbiamo usato come esempi si richiamano alla «natura», ma quasi sicuramente con tale termine si riferiscono a cose anche molto diverse.
Qui proveremo a chiarire queste diversità, prendendo in considerazione ed esaminando separatamente i principali tipi di appello alla natura. Non si tratterà, tuttavia, di una rassegna meramente descrittiva. Cercheremo infatti di elaborare una sorta di mappa concettuale dei modi in cui tale nozione si presenta in etica. Nell’elaborare questa mappa mostreremo anche le difficoltà e le contraddizioni in cui si cade ricorrendo all’idea di natura. Si tratterà, quindi, di una mappa critica, la quale, però, non ha lo scopo di mostrare che qualsiasi uso di natura è inadeguato. Al contrario, cercheremo di mostrare come un incontro fra le scienze (in particolare quelle della vita) e l’etica filosofica possa risultare fertile nell’elaborazione di un’idea di «natura umana» che abbia implicazioni significative anche per i nostri discorsi morali.
Nel Capitolo 2 cominceremo la nostra analisi con un esame di quella che possiamo definire la forma più radicale di appello alla natura. Si tratta della tesi secondo cui, in qualche modo, «vivere secondo natura» renderebbe superflua la stessa riflessione morale. Questa idea prende corpo nell’esaltazione della «vita selvaggia» come la forma di vita più autentica per gli esseri umani. Il protagonista di questa tesi è il «buon selvaggio», un tipo di essere umano che in passato ha abitato molte pagine letterarie e filosofiche e che oggi ritorna nelle discussioni sui presunti mali della civilizzazione e dello sviluppo tecnologico. La discussione di questa idea ci porterà a definire il campo dell’indagine successiva. Fornendo argomenti per contestare l’idea che ci sia un primato della vita selvaggia sulla civiltà, rileveremo al tempo stesso che la vita morale è parte integrante del processo di civilizzazione. Gli ulteriori appelli alla natura che prenderemo in esame escluderanno questa contrapposizione fra stato selvaggio e civiltà, e presupporranno l’idea che la pratica della moralità sia parte integrante ed essenziale dei processi di civilizzazione umana.
Vedremo, quindi, come la pratica della morale sia caratterizzata dalla disponibilità ad argomentare le proprie ragioni e le proprie idee circa il bene morale. Proprio a partire da questo carattere argomentativo della moralità cercheremo di capire i motivi della fortuna dell’idea di natura nel discorso morale. Nel Capitolo 3 ci chiederemo perché, almeno apparentemente, quelle fondate sulla natura ci possano sembrare «buone ragioni». Sembrano tali – vedremo – perché l’idea di natura ben si presta a soddisfare alcuni dei requisiti costitutivi dell’argomentazione morale. La natura, infatti, si presenta come un «orizzonte stabile» in grado di fornire autorevolezza, oggettività e universalità ai giudizi morali. Quando affermiamo che una certa cosa è moralmente buona in senso oggettivo, intendiamo che è buona indipendentemente dalle nostre inclinazioni soggettive in merito. Pertanto, se affermiamo che una certa cosa è buona perché risponde a un ordine naturale, stiamo connettendo la bontà morale a qualcosa che è stabile, permanente e indipendente dall’arbitrio e dalla scelta umani.
Chi si appella alla natura elabora argomenti morali in cui questa è presentata come una giustificazione a sostegno delle proprie convinzioni morali e delle proprie scelte. Esamineremo tre grandi famiglie di appelli alla natura, cioè di modi di giustificare le norme morali ricorrendo all’idea di natura. Vedremo, anzitutto, quell’argomento che identifica la natura con la «normalità» (Capitolo 4). Affronteremo, in secondo luogo, l’appello alla natura come a un «ordine saggio» da rispettare, pena nefaste conseguenze per gli esseri umani (Capitolo 5). Infine, esamineremo quell’appello che più di ogni altro è presente nella discussione filosofica e pubblica: la teoria della «legge naturale» che è incorporata nel magistero della Chiesa cattolica (Capitolo 6).
L’esame che condurremo ci porterà a concentrarci su una particolare accezione dell’idea di natura: la «natura umana». Attraverso una descrizione di come gli esseri umani sono fatti – come ragionano, quali sono i loro bisogni ecc. – si può cercare di comprendere cosa è il bene morale. È la strada che viene percorsa dalla teoria della legge naturale. Per mezzo della natura umana, questa teoria persegue un duplice obiettivo: spiega come è possibile che gli esseri umani siano capaci di vita morale e, a partire da questa spiegazione, mostra qual è il bene morale.
Il metodo che adotteremo nel presentare i diversi tipi di appello alla natura (e in particolare l’idea di natura umana) risponde a una generale istanza di «naturalizzazione», termine con il quale indicheremo un approccio al ragionamento filosofico (in particolare a quello filosofico-morale) che istituisce alcuni vincoli per l’argomentazione. Come avremo modo di mostrare più analiticamente, riterremo che nel lavoro filosofico (così come nel ragionamento di senso comune) si debbano privilegiare argomenti che chiamano in causa fatti che sono disponibili alla conoscenza di tutti i fruitori (reali e ipotetici) di quegli stessi argomenti. L’opzione in favore della naturalizzazione non è una semplice questione di gusti in fatto di stili filosofici. Questa opzione è una conseguenza della logica stessa del ragionamento morale. La pratica della moralità – cioè di organizzare la propria condotta secondo idee del buono e del giusto – è caratterizzata dalla disponibilità a fornire ragioni per le proprie scelte. Gli argomenti che incorporano fatti evidenti e disponibili a tutti sono molto migliori di quelli che non lo fanno.
Un appello alla natura che si fondi su un’idea di natura che non presenta questi caratteri di evidenza e disponibilità cade in un paradosso. Un appello del genere, infatti, pretende di fornire una base solida e universale per spiegare la moralità e per fondarne le norme, chiamando in causa una natura identica e comune a tutti. Tuttavia, se la nozione di natura non è basata su fatti evidenti e disponibili, non c’è alcuna prova che essa abbia questi requisiti di stabilità e condivisione. La naturalizzazione è un metodo per evitare questo paradosso. Una nozione di natura naturalizzata, infatti, è accessibile e disponibile alla verifica.
Come vedremo, la natura umana che è chiamata in causa dalla teoria della legge naturale non resiste all’istanza di naturalizzazione. Essa, cioè, è una descrizione della natura umana che non è confermata da quelli che sono oggi i migliori strumenti a nostra disposizione per conoscere cosa sono gli esseri umani. Fra questi ci sono le scienze della vita, grazie alle quali abbiamo buone spiegazioni di come si è formata la specie Homo sapiens, di quali sono le sue caratteristiche e del perché queste si sono evolute. Tali spiegazioni, nella cornice dell’evoluzionismo darwiniano, possono essere d’aiuto alla ricerca filosofica nel tentativo di trovare una risposta alla domanda sul perché gli esseri umani siano capaci di vita morale, in un modo empiricamente informato. Possiamo, cioè, provare a elaborare una vera e propria «genealogia naturalizzata della morale».
Questa possibilità apre nuovi interrogativi e nuove strade per l’impiego della natura in etica. Le scienze della vita, infatti, possono aiutare a dare risposta alle domande teoriche circa l’origine e la natura dell’etica. Occupandoci di questa risposta, nei Capitoli 7 e 8, ci chiederemo se l’immagine naturalizzata della natura umana possa contribuire non solo alla nostra comprensione del fenomeno della moralità, ma anche all’argomentazione morale, ovverosia alla comprensione di cosa è moralmente buono. Ci chiederemo, cioè, se oltre a essere rilevanti per la metaetica (la ricerca sulla natura dell’etica), le conoscenze biologiche e neuroscientifiche sull’Homo sapiens possano trovare posto anche nell’etica normativa. A questo interrogativo daremo una risposta affermativa, seppure con alcune limitazioni.
Nell’Epilogo, al termine del nostro percorso, elaboreremo una breve analisi circa la presenza degli appelli alla natura nell’etica pubblica, cioè nel processo di discussione ed elaborazione di leggi e norme che influenzano i diritti e gli obblighi di tutti i cittadini. Quando entrano nella scena pubblica, infatti, gli appelli alla natura non sono solo oggetto di una discussione teorica come quella che condurremo nelle pagine che seguiranno. Quando i governanti, i capi religiosi e i responsabili dei mezzi di informazione si appellano alla natura, non è in corso solo un dibattito filosofico sulla coerenza e sulla validità degli argomenti. A essere in discussione sono i diritti di tutte le cittadine e i cittadini e la forma che può prendere o meno la nostra convivenza civile. Come cercheremo di mostrare, in una società liberale e democratica, nel momento in cui si tratta di riconoscere i diritti degli individui, fare appello alla natura è una tentazione che sarebbe opportuno evitare.

2.
Bontà selvaggia

Le persone colte pensano sempre di dovere proteggere
la natura, benché ne siano completamente soggiogate.
Bernhard 1981, p. 200

2.1. Paradisi perduti

Il primo uso della natura in etica che prendiamo in esame è un’idea che ha avuto una certa fortuna nella storia del pensiero morale e, ancora oggi, è presente in vari modi nel senso comune. Si tratta dell’idea che l’autentica vita morale possa essere sperimentata solo in una condizione non artificiale e non civilizzata. Esisterebbe, infatti, una condizione di vita «selvaggia» che non è contaminata e corrotta dalla civiltà e nella quale gli esseri umani possono dare seguito alle loro inclinazioni naturalmente buone, generose e pacifiche.
Potremmo considerare questo tipo di appello alla natura come il più «radicale». Nelle accezioni che esamineremo in seguito, infatti, la natura assume il ruolo di fondamento e giustificazione delle norme morali (nella forma, ad esempio, «X è buono perché naturale»). Nella declinazione che esaminiamo ora, invece, la natura non è concepita come un modello di riferimento per le norme o come un ordine soggiacente alla realtà alla quale gli esseri umani dovrebbero uniformarsi. La natura, piuttosto, è pensata come una condizione originaria, nella quale gli esseri umani possono sperimentare un’esistenza autentica. In un certo senso, potremmo ritenere che la condizione selvaggia naturale renda superflua buona parte della moralità. Nella condizione selvaggia gli esseri umani non devono imporre a ...

Indice dei contenuti

  1. 1. La tentazione della natura
  2. 2. Bontà selvaggia
  3. 3. Le ragioni della natura
  4. 4. Naturale normalità
  5. 5. Naturale saggezza, umana stoltezza
  6. 6. L’idea di legge naturale
  7. 7. Etica e biologia
  8. 8. Cervelli morali
  9. Epilogo. La natura in una società liberale
  10. Cos’altro leggere
  11. Bibliografia
  12. Ringraziamenti
  13. L’autore