V.
Itinerari regionali
«Il nord e l’est della Gallia, con la Renania, così come una parte dei territori del sud della Germania, colonizzati dai Franchi, gli Alamanni e i Bavari pagani, avevano visto il cristianesimo eliminato o ridotto a poca cosa. Sarebbero occorsi quattro secoli – dal V all’VIII – per riguadagnare o guadagnare questi paesi alla religione cristiana, di professione cattolica»
F.L. Ganshof, Histoire des rélations internationales,
I, Le Moyen Âge, Paris 1953, 13
È quasi unanime l’ammissione che quantomeno nel Nord-Est della Francia e nella regione del basso corso del Reno la cristianizzazione stentò assai a farsi strada. In questo capitolo intendiamo sondare se e come in un arco cronologico che va grosso modo dal V al VII secolo, in svariati luoghi delle Gallie e in altre aree dell’Europa tardo- e post-romana, siano riconoscibili gruppi pagani: sopravvissuti o ‘riattivati’ grazie ad interscambi religiosi con migranti pagani che occuparono comunitariamente nuovi spazi o si disseminarono in piccoli aggregati nel territorio. Non ammontavano a grandi numeri né quasi mai rappresentarono una causa di disordine pubblico per le autorità ma, come ormai il lettore sa, non è questa l’angolazione principale del presente libro.
Il passo in epigrafe di François L. Ganshof implica che − a seguito di quella che il medievista belga definisce una ‘colonizzazione’ da parte di alcune popolazioni pagane − diverse regioni dell’Occidente latino non si cristianizzarono, o comunque si decristianizzarono. Lo studioso indulgeva a qualche meccanicismo ed esagerazione, vero è però che nel pieno del V secolo vi era, ed era sensazione evidente che vi fosse, un buon numero di nativi e barbari (anche se di rado identificabili sul piano etnico-culturale) ancora lungi dall’essere convertiti.
Per Salviano di Marsiglia, ad esempio, il mondo poteva essere rappresentato secondo la divisione tra pagani, cristiani ed eretici. Lo stesso autore insisteva su come nel Nord Africa cartaginese la resistenza opposta alla devozione cristiana sia dalla gentilitas, sia da quei cristiani solo di nome capaci ancora di avvicinarsi agli altari maleodoranti (Il governo di Dio 8, 11-13), si concentrava intorno a divinità dal venerando passato, come la celebre, diabolica, Celeste, la punica Tanit. Non diversamente da larga parte della patristica e agiografia tarda, in un passo della Vita di Martino scritta da Sulpicio Severo (22, 1) gli dèi pagani sono una manifestazione demoniaca di Satana, il quale coincide con essi per poi sorpassarli in efficacia pratica e onnipresenza nelle menti delle persone266.
Un’altra fonte fededegna come Avito di Vienne, nel periodo in cui Clodoveo andava maturando la propria conversione, scriveva al sovrano alludendo a externi quique populi paganorum (Avito, Epistole 42, 11 ed. Malaspina). Il passo nel quale si trova questa frase, conclusivo dell’epistola, così come l’allusione più in alto nella stessa lettera a un populus captivus salvato da Clodoveo, sono stati letti al fine di comprendere se al re era già stato impartito il battesimo, in un’ottica di propaganda filomerovingia e antiariana da parte del vescovo o nel quadro di una battaglia ideologica che riutilizzava i modelli romani per sostenere l’espansionismo franco. La definizione di externi non può essere sollecitata troppo, ma potrebbe riferirsi all’opera missionaria alla quale il re merovingio avrebbe dovuto ormai dedicarsi, presso formazioni barbare rimaste nell’ignoranza propria di chi non aveva avuto accesso alla Rivelazione (in naturali adhuc ignorantia constitutae); quelle d’oltre Reno o anche presenti in regni confinanti come quello burgundo: una realtà quest’ultima religiosamente composita, tra l’altro caratterizzata da una tenace minoranza di bonosiani, cristiani anomali che propugnavano che Cristo pur assumendo natura divina fosse figlio adottivo di Dio (adozionismo), ai quali pure le fonti attribuiscono poco raccomandabili usanze di tipo tribale. Dallo stesso testo è quanto mai evidente che servirà l’intervento divino per trasmettere con la mediazione del sovrano la fede alla gens dei franchi ancora largamente pagana267.
1. Eliminare gli idoli ma recuperare edifici e spazi di culto: strategia di conversione per la Britannia (e per altrove)
In una celebre lettera indirizzata da papa Gregorio Magno a un tal abate Mellito, che si stava dirigendo da Roma verso la Britannia per raggiungere il missionario Agostino, si leggono alcuni enunciati preziosi per il nostro discorso (Gregorio Magno, Epistole 11, 56 = Beda, Storia ecclesiastica degli inglesi 1, 30). Nell’ottica del papa essi avevano l’intento di fornire istruzioni pratiche a chi era destinato a operare nell’isola, alcune parti della quale avevano subito un forte processo di decristianizzazione a seguito dell’arrivo degli angli e dei sassoni, mentre altre non erano mai state raggiunte prima di allora dal messaggio evangelico. Inoltre riflettevano anche il pensiero del ‘console di Dio’ – così fu soprannominato Gregorio nella sua epigrafe funeraria – su come procedere in generale per trasformare gli spazi urbani e rurali ancora all’oscuro della parola di Dio e facilitare la trasmissione del Verbo alle popolazioni locali:
non si distruggano i luoghi di culto di quel popolo, ma soltanto gli idoli che vi si trovano; si consacri dell’acqua e se ne aspergano quei luoghi; siano costruiti degli altari e vi si pongano delle reliquie. Se questi templi sono ben costruiti, è opportuno che vengano riconvertiti dal culto degli dèi alla venerazione del vero Dio, in modo che gli abitanti del posto, vedendo che i templi non vengono distrutti, liberino il proprio cuore dall’errore e si rechino ad adorare il vero Dio in quei luoghi che sono loro ben noti. Poiché poi essi hanno la consuetudine di immolare molti buoi in sacrificio agli dèi, anche in questo caso è opportuno che la vecchia festa pagana si trasformi in una festa cristiana. [...] non sacrificheranno più gli animali al diavolo, ma lo faranno per mangiarli a lode di Dio, e renderanno grazie a Colui che dona ogni cosa per quel cibo che li sazia. Se viene concesso loro qualche piacere esteriore, essi potranno più facilmente aderire alle gioie interiori.
Non vi è dubbio infatti che è impossibile, in quelle anime ancora primitive, cancellare di colpo tutte le vecchie consuetudini: anche chi vuol salire fino alla vetta procede con piccoli passi, non con salti. [...] È necessario, fratello carissimo, dire tutto questo al mio confratello Agostino, perché egli, che si trova a operare in simili situazioni, valuti bene come agire. Dio ti custodisca incolume, figlio amatissimo (trad. di P. Chiesa).
Questo passo denota capacità di osservazione da antropologo ante litteram, oltre che lucidità politica: Gregorio conosce, come è ovvio, la vocazione sacra di determinati spazi, si direbbe numerosi, e rileva come sia utile dal punto di vista vuoi liturgico vuoi economico (qualora siano ancora materialmente solidi) mantenerli in tale loro funzione, beninteso dopo averli riadattati; teorizza inoltre la tolleranza come migliore e indolore strumento di evangelizzazione268. Nella prassi non si trattava certo di una novità – la transizione da ‘tempio a chiesa’ essendo universalmente diffusa nel tardoantico, sebbene secondo dinamiche che rimangono ancora da approfondire –, mentre appare abbastanza peculiare l’elaborazione concettuale gregoriana in questa sede, anche in quanto ritrattazione ragionata rispetto ai suggerimenti dati ad altri corrispondenti attivi in Britannia. Diversamente, il Venerabile Beda, nel racconto della conversione del re Edwin di Northumbria (vissuto dal 584 al 633) e dei suoi maggiorenti, nel quale è presentato un paganesimo anglosassone praticato presso templi e altari, ricorda il gran sacerdote, primus pontificum, Coifi, incendiario, furioso, nella sua brama da neofita distruttiva di edifici di culto, dei quali andava in cerca nello Yorkshire (Beda, Storia ecclesiastica degli inglesi 2, 13; cfr. 2, 15)269. Anche i canoni sinodali anglosassoni di VIII secolo, come a Clofesho in Mercia nel 747, assumono posizioni molto severe nel confronto delle forme di idolatria e dei sacrifici.
Come è noto, ed è un punto sul quale non ci soffermiamo, un atteggiamento di prudenza, anch’esso finalizzato alla trasformazione culturale delle popolazioni, caratterizzò le modalità con le quali i padri della Chiesa post-costantiniana incentivarono nel campo scolastico la frequentazione dei centri di studio episcopali e, più importante, delle scuole municipali laiche: nel rispetto dei canoni degli autori classici e in parte delle discipline tradizionali, si intendeva ridefinire pian piano i metodi, criticare o espungere i riferimenti alle aberrazioni delle divinità, introdurre nomenclature ed eserciziari costruiti su figure e scritture cristiane270.
2. Nuclei forti delle minoranze pagane: aree intorno al basso corso del Reno, Frisia
Due principali gruppi di franchi, tradizionalmente definiti salii e ripuarii, nel primo quarto del V secolo occuparono settori di una certa ampiezza della Gallia nord-orientale (cfr. II.3). Padre di Clodoveo, il primo re abbastanza ben documentato proveniva dalla parte dei franchi salii e si chiamava Childer...