Dall'ipertesto al Web
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Dall'ipertesto al Web

Storia culturale dell'informatica

  1. 234 pagine
  2. Italian
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Dall'ipertesto al Web

Storia culturale dell'informatica

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La parola 'ipertesto' è oggi associata a uno dei fenomeni più rilevanti della contemporaneità, il Web. Eppure, quando Ted Nelson la coniò negli anni Sessanta, le sue teorie, che prefiguravano un nuovo supporto di scrittura, una nuova pratica di lettura e soprattutto un nuovo rapporto tra autore e lettore, vennero considerate idealistiche e visionarie. Paola Castellucci ripercorre la storia dell'ipertestualità, le cui tappe fondamentali hanno contribuito a definire l'identità stessa dell'informatica in quanto disciplina autonoma rispetto alle altre aree scientifiche.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858114872

1. Ipertesto e Web

1. La parola «ipertesto»

Ogni giorno milioni di persone in tutto il mondo si collegano alla Rete digitando un indirizzo preceduto dalla sigla http (Hyper Text Transfer Protocol) e raggiungono siti le cui pagine sono scritte in html (Hyper Text Markup Language). La sigla http viene addirittura inserita per default dal sistema se si dimentica di digitarla; la parola hypertext è cioè parte del sistema, è uno dei suoi comandi. Ogni giorno milioni di persone ripetono come in un tam-tam planetario la parola «ipertesto». La parola echeggia nel mondo. E talmente riempie il mondo che si è oltrepassata la soglia della consapevolezza: è così presente da non essere più percepita. Ormai è una sigla, come mille altre nel mondo dei computer, ed è difficile che venga intesa come una parola.
Chi viene a conoscenza adesso della parola «ipertesto» lo fa solo in modo indiretto: se è utente del Web gli capiterà di imbattersi nel concetto di ipertestualità. Ma ipotizziamo un utente che voglia essere più consapevole. Anche se dovesse trattarsi di un frequentatore abituale della Rete, percepirà come inusuali proprio le lettere corrispondenti a ht, dal momento che, viceversa, sa a cosa corrisponde p (protocollo) e t (protocollo di trasferimento, di comunicazione, come ftp, a cui è abituato da tempo, sin dalla metà degli anni Settanta). Gli risulterà invece piuttosto eccentrico il riferimento a «testo», e dunque a «testualità»: una presenza spuria, l’intromissione di una parola che di norma appartiene al mondo delle discipline umanistiche. Certo, esiste il «formato testo», l’estensione «.txt». Ma cosa è che rende un testo iper? Ipotizziamo il percorso che potrebbe fare un utente che volesse capire meglio la specifica ht. Restando collegato in Rete consulterà un motore di ricerca, verosimilmente Google, che lo rimanderà a Wikipedia e lì leggerà:
L’ipertesto è una struttura informativa costituita di un insieme di testi o pagine leggibili con l’ausilio di un’interfaccia elettronica, in maniera non sequenziale, per tramite di particolari parole chiamate collegamenti ipertestuali (hyperlink o rimandi), che costituiscono una rete raggiata o variamente incrociata di informazioni, organizzate secondo diversi criteri, ad esempio paritetici o gerarchici, in modo da costituire vari percorsi di lettura alternativi.
Tutte le pagine di un sito web come ad esempio Wikipedia, compresa questa, funzionano con i princìpi dell’ipertesto.
Il sistema d’ipertesto più conosciuto e più ampio è certamente il World Wide Web di Internet, che utilizza il linguaggio html (HyperText Markup Language) per definire all’interno del testo istruzioni codificate per il suo funzionamento (pagina consultata nel luglio 2007).
A quel punto inizierà per l’utente una ricerca, per l’appunto ipertestuale, per recuperare in Rete informazioni su ht, ipertesto. Sarà questo un percorso che lo porterà a ritroso: l’utente ha già usato molte volte Google e Wikipedia ma adesso viene a sapere che Google e Wikipedia sono ipertesto. E ancora, viene a scoprire che anche il Web è ipertesto, anzi, che la parola esisteva prima del Web. Ma quanto prima? Leggerà, sempre su Wikipedia, la storia: all’inizio dovrà districarsi fra una serie di nomi, probabilmente mai sentiti prima, e verrà condotto molto indietro nel tempo rispetto al qui e adesso tecnologico del Web. Verosimilmente, scartando le date troppo lontane, inizierà il suo percorso di conoscenza dalla nascita della parola:
Secondo Ted Nelson, che coniò il termine hypertext nel 1965, la definizione riveste un significato più ampio, coinvolgendo qualsiasi sistema di scrittura non lineare che utilizza l’informatica.
Adesso l’utente ha raggiunto le informazioni base: il conio della parola «ipertesto» risale al 1965 ad opera di un tale Ted Nelson. Occorre allora colmare un divario molto ampio: dagli inizi degli anni Sessanta, momento del conio della parola, agli inizi degli anni Novanta, quando nasce il Web. Bisogna cioè ricostruire il percorso che ha condotto la parola «ipertesto» a prendere forma nell’applicazione tecnologica più conosciuta del momento, il Web.
Se adesso ci interessa la storia dell’ipertesto è perché il Web, l’ipertesto globale, ha dato visibilità al concetto. Per ricostruire la storia della parola «ipertesto» occorre dunque che l’utente della Rete segua un percorso a ritroso: dall’esperienza diretta – ossia dall’uso del Web – alla ricerca in Rete di informazioni sul Web, di informazioni meta. Si passa pertanto dall’uso, alla consapevolezza circa l’uso. È un processo questo che riguarda in generale la Rete. Da quando, solo negli ultimi anni, la Rete non è più un luogo privilegiato di ambienti di ricerca ad alto potere economico e tecnologico ma si configura come un fenomeno di massa, il rischio di appiattimento critico è altissimo: l’utente può essere indotto a ritenere che tutto si identifichi con il Web, che tutto sia nato con il Web, e che si tratti solo di un oggetto d’uso, e per giunta un oggetto appena inventato, privo di storia, privo di parole spese per sostenerlo. L’utente della Rete tende cioè a ritenere il fenomeno «ipertesto-Web» come un’unica entità; inoltre lo considera contemporaneo al momento in cui è diventato di massa, e pertanto sposta la datazione molto avanti nel tempo, intorno agli anni Novanta1. Tutto ciò nell’ipotesi che l’utente si ponga problemi di datazione, problemi di consapevolezza storica2. Cosa di per sé insolita perché comunemente gli oggetti tecnologici vengono percepiti come oggetti anonimi: ossia non vengono ricordati in associazione al nome del creatore, dell’inventore; e inoltre vengono percepiti in quanto espressione del qui e dell’adesso, e non come prodotti storici, prodotti culturali, cosa che in effetti sono. La storia di un fenomeno tecnologico – come in questo caso la storia dell’ipertesto – non è l’istantanea dell’oggetto già creato; dovrebbe invece cercare di mettere in evidenza proprio il lungo e faticoso processo creativo, un percorso che porta memoria di una storia personale e collettiva: una storia culturale3.
È pertanto verosimile che l’utente rimarrà stupito quando apprenderà che la parola che lui identifica con «Web» – ossia, appunto, «ipertesto» – non è un sinonimo; e, per giunta, è stata coniata più di quaranta anni fa, quando il Web e ogni sua componente tecnica ancora non esistevano. Se questa storia lo dovesse appassionare, dovrà procedere ancora a ritroso, dovrà uscire dall’ambiente di Rete e cercare ulteriori informazioni nel mondo pre-Web, quello della carta stampata. Il passo più opportuno da compiere è certo la consultazione di dizionari4.
Innanzi tutto va sottolineato come «ipertesto» venga attestato molto tempo dopo il conio. Ad esempio in Italia, uno strumento ad alto valore normativo quale il Vocabolario della Lingua Italiana Treccani e in particolare il volume II, D-L, pubblicato nel 1987, non attesta il termine. Sono passati, come ormai sappiamo, ventidue anni dal conio. Ma la fortuna critica di un termine è legata alla sua possibilità di incidere come scuola; deve cioè essere sostenuto da una comunità intellettuale che faccia da garante rispetto all’autorevolezza e alla possibilità di durata del termine: un pensatore isolato, un pensatore non inserito in una scuola, non ha l’autorevolezza per far accettare un nuovo termine5. E Ted Nelson, almeno fino alla data in questione – il 1987 – era certo un isolato, se non un eccentrico o addirittura un emarginato, come avremo modo di verificare procedendo nella storia dell’ipertesto. Pertanto, il suo neologismo conquista tardi lo status di lemma.
Un nuovo termine, se non adeguatamente sostenuto da una comunità intellettualmente potente (ossia proprio la comunità che controlla l’ingresso o meno di un nuovo termine all’interno del lessico intellettuale, più ancora che della lingua in uso), non viene attestato, e dunque non ha visibilità. Un termine che è testimonianza solo di una moda passeggera non viene incluso in un dizionario come quello che stiamo considerando; e il sospetto che termini legati al mondo delle macchine, dell’informatica, siano espressioni effimere, legate anche a mode giovanili, è sempre elevato. Nello stesso periodo, ossia a fine anni Ottanta, «ipertesto» non è infatti testimoniato nel prestigioso Devoto-Oli, Nuovo vocabolario illustrato della lingua italiana; e neppure nel Gabrielli, Grande dizionario illustrato della lingua italiana, dove compaiono invece «iperspazio» e «iperrealismo». Anche nelle edizioni di fine anni Ottanta del Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, «ipertesto» non è attestato, mentre compaiono altre nuove parole costruite con il prefisso iper: «iperspazio» e «ipernucleo» (nuovi termini sostenuti dalla comunità dei fisici); «iperrealismo» (termine sostenuto dalla comunità degli storici dell’arte); «ipermercato» (termine sostenuto dalla comunità degli economisti).
A distanza di un decennio, il termine compare invece in un dizionario che, come viene sottolineato sin dal titolo, si propone di mettere in rilievo fenomeni linguistici della modernità. Nel Grande dizionario della lingua italiana moderna, 1998, leggiamo infatti:
ipertesto: s.m. 1) Nella critica letteraria, insieme di più testi affini considerato come un unico testo. 2) Informatica. Insieme di informazioni suddivise in più blocchi di testo, note, illustrazioni, ecc. non collegati in modo sequenziale ma secondo gerarchie e connessioni logiche che l’utente può percorrere variamente. Sul modello dell’inglese hypertext.
La prima accezione si riferisce al contesto della critica letteraria; la seconda al contesto informatico. Nella prima accezione, la descrizione sembra rispecchiare più il concetto di intertestualità (per come lo intende Roland Barthes, ossia di macrotesto, di uno o di più autori, o perfino di un’intera tradizione letteraria); un concetto quest’ultimo, certamente con molti punti di affinità ma che non coincide letteralmente con ipertestualità. In questa accezione, il termine «ipertesto» viene pertanto riferito implicitamente a una scuola ormai riconosciuta e autorevole, appunto quella dello strutturalismo (si consideri poi che negli stessi anni, anche George Peter Landow, uno dei massimi interpreti dell’ipertestualità, effettivamente collega il concetto di ipertesto con lo strutturalismo, cfr. cap. 4).
Va notato inoltre che viene proposta come prima accezione quella legata alle discipline umanistiche (la priorità è implicitamente data a text); mentre l’accezione informatica appare come seconda. L’informatica è al momento ancora un ambito disciplinare giovane rispetto alla critica letteraria e dunque meno autorevole per ergersi a garante dell’introduzione del nuovo termine nel dizionario. Da notare, infine, che non viene fatto alcun riferimento al Web: l’oggetto nuovo, anzi, come direbbero i dizionari di un tempo, novissimo, evidentemente non viene ancora ritenuto sufficientemente autorevole per entrare nel lessico canonizzato. In questa scelta interviene la stessa cautela nell’acquisizione di nuovi termini che già aveva tenuto in attesa per anni «ipertesto».
Nella definizione viene riportato il termine originale, hypertext; dunque l’ipertesto viene percepito come un prodotto di importazione. Anche Tullio De Mauro nel Grande dizionario italiano dell’uso, 1999, sottolinea l’origine all’interno della cultura anglofona; ma ormai il termine sembra essere parte anche del più recente panorama nazionale: la prima attestazione del vocabolo a lemma viene segnata alla data del 1988, e ne viene testimoniato l’uso nell’inserto Tuttoscienze di «La Stampa» (1996); e su «L’espresso» (1997). Viene così fornito un indizio importante, ossia che il termine rimanda principalmente al contesto contemporaneo e scientifico:
1) ts informatica. Complesso strutturato di informazioni testuali, contenute in un sistema informativo, unite fra loro da rimandi e collegamenti logici che consentono una consultazione secondo percorsi non sequenziali.
2) ts letteratura. Nella critica letteraria, insieme di più testi affini cons...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. 1. Ipertesto e Web
  3. 2. L’ipertesto negli anni Sessanta
  4. 3. L’ipertestualità prima dell’ipertesto
  5. 4. L’ipertesto dal Cd al Web
  6. 5. L’ipertesto oltre il Web