Il governo dei giudici
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Il governo dei giudici

  1. 104 pagine
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Il governo dei giudici

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«L'indipendenza è divenuta autogoverno. Familismo ed ereditarietà hanno aumentato separatezza e autoreferenzialità. Ci si attendeva razionalità e si è avuto populismo giudiziario. Ci si attendeva giustizia e si sono avuti giustizieri».

La situazione della giustizia in Italia è peculiare. Da un lato si assiste a una dilatazione del ruolo dei giudici, dall'altro a una crescente inefficacia del sistema giudiziario. Molti osservatori concordano sul fatto che la magistratura sia diventata parte della governance nazionale; che vi sia una indebita invasione della magistratura nel campo della politica e dell'economia; che in qualche caso la magistratura cerchi persino di prendere il posto della politica, controllando anche i costumi, oltre ai reati, proponendosi finalità palingenetiche delle strutture sociali, stabilendo rapporti diretti con l'opinione pubblica e con i mezzi di comunicazione. In questo contesto, le procure hanno acquisito un posto particolare, tanto che molti esperti parlano di una 'Repubblica dei PM', divenuti un potere a parte, con mezzi propri, che si indirizzano direttamente all'opinione pubblica, avvalendosi della 'favola' dell'obbligatorietà dell'azione penale, utilizzando la cronaca giudiziaria come mezzo di lotta politica e trasformando l'Italia in una 'Repubblica giudiziaria'.

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788858148594
Argomento
Economia

Parte seconda.
Il governo dei giudici in Italia

1. La magistratura al centro dello spazio pubblico

La magistratura italiana è al centro dello spazio pubblico, eppure è in crisi. Riferendosi ad essa, nel dibattito pubblico vengono usate espressioni come protagonismo e populismo giudiziario, ma anche autoreferenzialità e chiusura corporativa.
Si registra una giuridicizzazione della vita pubblica, un’esplosione del diritto giurisprudenziale, una dominanza delle decisioni dei magistrati. Questi detengono l’uso della forza legittima, hanno il potere ultimo sulle persone e sulle cose, perché possono limitare la libertà delle prime con il carcere e il possesso delle seconde con il sequestro e la confisca. Dunque, controllano i due beni essenziali della vita e, insieme con questi, anche la reputazione delle persone. Inoltre, godono dell’appoggio di forze politiche che per questo loro ruolo vengono chiamate giustizialiste. Esercitano, quindi, un condizionamento della vita pubblica.
Il corpo dei magistrati non è soltanto il giudice ultimo della virtù delle persone, ma svolge anche altre funzioni: gestisce strutture e procedure che riguardano l’amministrazione della giustizia, è presente nei vertici dell’esecutivo (ad esempio, nei gabinetti ministeriali), rappresenta interessi del corpo degli appartenenti.
Tuttavia, la magistratura non svolge in maniera soddisfacente la sua funzione principale, quella giudicante, e l’altra funzione, quella requirente (l’accusa), e gode di sempre minore apprezzamento sociale. È sempre in ritardo e ha accumulato un enorme arretrato (quasi sei milioni di procedure), con conseguenze gravi per il rispetto della legalità. Abusa delle misure cautelari in carcere, dell’uso delle intercettazioni, della cosiddetta obbligatorietà dell’azione penale, delle modalità dell’inchiesta (e la conseguente «gogna giudiziaria»), dell’uso del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, delle «esternazioni».
L’immagine pubblica del magistrato, quello giudicante e il procuratore, dopo aver raggiunto, dagli anni ’90 in poi, un diffuso e spesso ingiustificato prestigio (il giudice come angelo sterminatore della corruzione), è oggi, da qualche tempo, nettamente declinante: scarsa fiducia del pubblico nella sua imparzialità ed obiettività; imprese in balia delle procure e giudici che «soffocano l’economia»; comportamento riprovevole di alcuni magistrati, che dànno l’impressione di potersi permettere nell’esercizio delle funzioni pubbliche loro affidate tutto, o quasi (scarsa produttività, carriere parallele, legami con giornalisti e protagonismo nei media, intrighi, lotta tra correnti e gruppi di potere per l’assegnazione dei posti, vendette, familismo, rancori), abusando anche dell’organo diretto a salvaguardare l’indipendenza, il Consiglio superiore della magistratura. Secondo un sondaggio condotto il 15 maggio 202142 si è registrato in breve tempo un crollo della fiducia dell’opinione pubblica nella magistratura, passata dal 68 per cento del 2010 al 39 per cento del 2021. Tale crollo è dovuto ai tempi lunghi della giustizia per il 24 per cento, alla presenza di magistrati politicizzati per il 17 per cento e a sentenze discutibili per il 16 per cento. Con la conseguenza che un potere chiamato a difendere i diritti dei cittadini appare esercitato in modo tanto arbitrario da richiedere che i cittadini si difendano da esso.
Dunque, la magistratura appare al centro di una contraddizione: ha un posto dominante nello spazio pubblico, ma non gode della fiducia della collettività, anzi appare come la funzione pubblica meno efficace.
In questa seconda parte, dedicata all’Italia, illustro il ruolo della magistratura nello spazio pubblico e, dopo aver passato in rassegna i dati principali, esamino i tre diversi ruoli dei magistrati (amministratori, giudici e procuratori), la posizione della magistratura nel sistema politico, la conquista da parte delle procure di un potere autonomo e le conseguenze di tutto ciò sul sistema politico e sulla giustizia43.

2. La crisi della giustizia: opinioni e dati

La crisi della giustizia italiana è segnalata da molto tempo. Nel 1968, Cesare Castellano ne attribuiva le cause all’incertezza del diritto, alla lentezza delle procedure giudiziarie e al loro alto costo44. Più tardi, nel 1991, Giuseppe Di Federico indicava la lunghezza dei processi e l’ammontare dell’arretrato come le cause di questa crisi45. Nel 1997, Carlo Nordio riteneva che la giustizia fosse «fallita» per poca chiarezza delle leggi, lentezza dei processi civili e abuso delle intercettazioni e segnalava come «la magistratura, principalmente quella requirente, [avesse] assunto, di fatto, un potere esorbitante e tentacolare»46. Più tardi, nel 2015, Piero Tony scriveva che la magistratura è «corporativa e politicizzata, vistosamente legata ai centri di potere»47. Franco Coppi nel 2019 lamentava il «degrado» del processo, osservava che «l’attuale codice [...] sembra favorire le lungaggini» e concludeva notando il «momento buio che sta attraversando la giustizia in Italia»48. Più tardi, ancora Carlo Nordio ha parlato di «deplorevole sfacelo» della giustizia49. Giovanni Maria Flick ha osservato che «la giustizia è in crisi da tempo» e che «la magistratura sta dando uno spettacolo penoso di sé», lamentando la frantumazione correntizia, l’autoreferenzialità e il protagonismo50. Lo stesso autore ha attribuito la causa di questo stato di cose al fatto che «la magistratura ha ritenuto di dover perseguire anche i costumi»; e al metodo delle intercettazioni con cui «si fa la pesca a strascico»51. Da ultimo, Giovanni Verde ha notato che «stiamo trasformando il nostro sistema di democrazia parlamentare in un sistema largamente governato dai giudici» lamentando un «eccesso di giustizia» che potrebbe arrecare danno alle nostre istituzioni democratiche. Secondo Verde, la magistratura è divenuta «un potere che desume da sé stesso la sua legittimazione»52.
Questi giudizi critici sono confermati dai dati statistici53. In Italia vi sono 11,5 magistrati per ogni 100mila abitanti, mentre in Francia ve ne sono 10,9 e in Germania 24,5. Il numero dei pubblici ministeri in Italia, per 100mila abitanti, è di 3,7; in Francia di 3; in Germania di 7,1. Dunque, dal punto di vista degli addetti, tra Italia e Francia non vi sono grandi differenze. Una forte differenza si riscontra, invece, nei livelli retributivi: i magistrati italiani iniziano a lavorare con un livello retributivo quasi doppio di quello dei loro colleghi francesi e tedeschi e terminano con un livello da due a quattro volte superiore.
Un’altra grande differenza riguarda il numero degli avvocati. L’Italia ha 388,3 avvocati ogni 100mila abitanti, mentre la Francia ne ha solo 99,9, e la Germania 198,9: l’Italia, cioè, ha quasi il doppio degli avvocati rispetto alla Germania, quasi quattro volte il numero degli avvocati della Francia.
Il bilancio della giustizia italiana non ha subito diminuzioni nell’ultimo decennio, anzi è cresciuto più del doppio rispetto alla Francia e alla Germania. Il costo della giustizia per abitante è pari a 100 euro in Italia, a 75 in Francia e a 150 in Germania. Come nel caso degli addetti, così anche per le risorse finanziarie non vi sono differenze di rilievo tra due Paesi come Italia e Francia.
Una forte anomalia si nota se si considerano in termini comparativi domanda e offerta di giustizia. Il numero di nuovi casi portati all’attenzione delle corti ogni anno era di 2600 ogni 100mila abitanti, nella media europea (dati al 2014). Nell’ultima parte del secondo decennio del secolo, le nuove iscrizioni sono andate vistosamente decrescendo. Ma il calo della litigiosità è un sintomo di sfiducia nella pos...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Parte prima. La giudiziarizzazione della politica
  3. Parte seconda. Il governo dei giudici in Italia
  4. Ringraziamenti