Indagine sul futuro
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Indagine sul futuro

  1. 176 pagine
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Indagine sul futuro

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Prevedere il futuro è impossibile. Chi poteva lontanamente prefigurare centocinquant'anni fa la diffusione delle automobili? Cent'anni fa l'avvento del personal computer? Cinquant'anni fa la capillare dominazione di internet? Il lungo termine, come amano dire gli economisti, è sempre capricciosamente diverso da come ogni generazione se lo immagina. Ma è proprio un economista a tentare con questo libro l'impresa, non quella di fare esercizi di futurologia, ma quella di cercare di articolare il futuroin alcuni campi del sapereinterrogandone i più autorevoli esperti: dalla scienza all'istruzione, ai computer sempre più intelligenti, all'economia, ai media, all'urbanistica, al clima.

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788858148709
Argomento
Economia

1.
Passato, presente, futuro

Trattandosi di un libro dedicato a investigare il futuro, ho voluto aprirlo con un racconto di fantasia, anzi di fantascienza. In realtà il racconto non è propriamente nello stile della science fiction classica degli anni Cinquanta; piuttosto vorrebbe iscriversi nel filone della cosiddetta fantascienza sociologica, affermatasi negli Stati Uniti un po’ dopo, nel corso degli anni Sessanta. È più una parabola che una novella, funzionale allo sviluppo tematico del libro. Tuttavia viene raccontata una vera storia (anche se, speriamo, non una storia vera), che confido interesserà i lettori più sognatori.
Forse la fantascienza è un genere narrativo passato di moda. Certamente è molto cambiata da quella classica a cavallo delle due metà del secolo scorso, giunta in Italia ai tempi in cui ero ragazzo e mi ci appassionavo. Negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento era molto in voga perché i formidabili progressi del pensiero scientifico nella prima metà del secolo erano sotto gli occhi di tutti, visibili nella vita quotidiana, che iniziava a essere stravolta dalle novità tecnologiche discendenti da quei progressi. L’invenzione più stupefacente e terribile di tutte, la bomba atomica, incombeva come una minaccia sulla sopravvivenza stessa dell’umanità, ma al tempo stesso l’anelito verso il futuro e verso le meraviglie che scienza e tecnica promettevano dava gioiose speranze anche ai ceti medi delle nostre società. Nel racconto precedente è stato rammentato un famoso autore di science fiction di quegli anni, Isaac Asimov.
In quel periodo, nella letteratura per ragazzi di origine americana era consueto descrivere, e illustrare con disegni, molti scenari futuribili. Erano semplici estrapolazioni del presente di allora: automobili volanti, la conquista dello spazio e le colonie sulla Luna e su Marte, automi-camerieri che avrebbero sollevato le madri di famiglia dalle incombenze domestiche. Scenari costruiti con i materiali fantastici a quel tempo disponibili. Quindi destinati a essere smentiti anni dopo dal futuro realizzato, almeno nella forma ingenua in cui venivano rappresentati.
La letteratura di fantascienza cominciò a cambiare dopo il primo passo sulla Luna di Neil Armstrong. Il compimento della più importante fra le grandi promesse del progresso scientifico, la conquista del candido astro che aveva fatto perdere il senno ai poeti di ogni epoca, insieme con la fine di quello che per l’Occidente si rivelerà essere stato il ventennio d’oro del progresso economico inarrestabile e dell’avvento del benessere di massa, contribuirono a trasformare quel genere letterario. Presero a diffondersi romanzi distopici, ambientati in un futuro remoto e in luoghi terrestri devastati da una qualche calamità del passato, coincidente di norma col futuro prossimo dell’autore e dei suoi lettori. Oppure storie di mondi lontani, grandi guerre e grandi saghe. Un itinerario psicologico ed emotivo che nel cinema portò in poco più di dieci anni dall’utopia tecnologica e morale di 2001: Odissea nello spazio all’incubo tetro di Blade Runner. È comunque curioso ricordare come entrambi i film collocassero le loro storie fantastiche in un futuro che oggi è già trascorso: il 2001 nel primo caso (33 anni dopo l’uscita del film), il 2019 nel secondo (37 anni dopo). Un futuro considerato lontanissimo, in cui nessuno degli scenari descritti si è comunque poi avverato.
Perché il futuro, quello remoto, il lungo termine come amano dire gli economisti, è sempre capricciosamente diverso da come ogni generazione se lo immagina, soprattutto da quando, negli ultimi due secoli, scienza e tecnologia ne sono diventate artefici. Chi poteva lontanamente prefigurare centocinquant’anni fa la diffusione delle automobili? Cent’anni fa l’avvento del personal computer? Cinquant’anni fa la capillare dominazione di internet? Certo, nel lontano 1865 Jules Verne, visionario romanziere francese, scrisse in Dalla Terra alla Luna di un tentativo di allunaggio, anticipando la storia di oltre cent’anni. Ma riuscì solo a pensare a un gigantesco cannone che sparava un gigantesco proiettile. Non potevano venirgli in mente i progressi della missilistica del secolo successivo. L’immaginazione umana, anche quella di un artista, usa ciò che vede intorno a sé, non riesce a concepire l’inconcepibile.
Nonostante la difficoltà di prevederlo, ci s’interroga spesso sul futuro. La frequenza e l’intensità di questo interrogarsi dipende però dall’età anagrafica di chi lo fa. Bambini e adolescenti, che pure sono destinati a forgiare il futuro, sono di quest’ultimo largamente inconsapevoli, si affrettano incontro agli anni che li aspettano spinti solo dal proprio slancio vitale. Chi ha abbandonato da poco l’adolescenza ma non ha ancora un lavoro guarda al futuro con speranza o, più spesso, con preoccupazione, almeno in alcuni paesi e da quando la crisi ambientale che attanaglia il mondo è divenuta evidente. Chi è in età adulta è invece concentrato sul presente, su ciò che può fare per guadagnarsi da vivere e tirar su una famiglia; ove mai pensi al futuro lo fa occasionalmente e in modo strumentale, non per speculazione filosofica, a meno che non sia un filosofo di mestiere. Invece, a mano a mano che si avanza nell’età il pensiero di ciò che il futuro possa riservare, alla propria vita ma anche a tutta la specie umana, torna insistentemente in mente. Se non si è ancora vecchi al punto da non provare più per il futuro alcun interesse, la curiosità su che cosa possa accadere nei successivi anni o decenni può diventare acuta, quasi morbosa, e prendere la forma di una domanda: che cosa mi perderò?
Scoprire oggi che cosa ci perderemo quando saremo morti è quasi impossibile, nessun contemporaneo può svelarcelo per intero, il futuro non è la semplice continuazione del presente e del passato. Ciò che possiamo ragionevolmente fare è cercare di intravedere alcune linee di tendenza che dal presente vanno verso il futuro, consapevoli che il mondo fra venti o trent’anni è almeno in parte imperscrutabile con le abilità cognitive e i saperi di oggi: anche se qualche linea di tendenza fin da ora visibile potrà radicarsi e divenire mainstream, potranno anche tranquillamente affermarsi condizioni oggi totalmente invisibili nel modo di vivere e di organizzarsi in comunità degli esseri umani di quel tempo futuro. Nel bene come nel male: potrebbe, all’estremo, non esserci più il pianeta Terra, o anche la sola specie umana.
Facciamo un esempio. Una domanda che viene occasionalmente formulata oggi riguardo allo stato della tecnologia, oggetto di dibattito fra studiosi, è se quello che stiamo adesso attraversando sia un altro cambio di paradigma tecnologico oppure no. Ci si riferisce al fatto che negli anni Novanta c’era già stato un cambio di paradigma tecnologico: dall’elettricità e dai suoi usi, che avevano dominato il mondo nei cent’anni precedenti, alle cosiddette tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Information and Communication Technologies, ICTs), simboleggiate dal personal computer. Ci si chiede se la digitalizzazione di ogni cosa, l’uso universale e pervasivo di internet, non sostanzino un altro paradigma.
In realtà le tecnologie dominanti hanno la proprietà di restare centrali per un lungo periodo. L’elettricità ha svolto il suo ruolo trainante per più di un secolo. Se adesso stessimo vivendo una ulteriore rivoluzione tecnologica, dopo quella che già avvenne negli anni Novanta, sarebbero passati solo trent’anni. È probabile che siamo ancora dentro il paradigma delle ICTs ma che questo stia avendo una evoluzione ad albero: dal tronco principale stanno nascendo molti rami. E che tuttavia il principio alla base delle ICTs – la forte riduzione dei costi di trasmissione dei dati anche a distanza molto grande – rimanga tuttora valido e innervi tutti gli sviluppi tecnologici recenti, dall’«internet delle cose» alle biotecnologie. Questi, per quanto sembrino distanti da ciò di cui stiamo parlando, sono essi stessi figli della possibilità di scambiarsi dati in quantità enorme e a costi limitatissimi.
Di tutto questo e di altro si parlerà nei capitoli successivi. Sarà una vera indagine sul futuro, sebbene non sistematica, apparentemente zigzagante fra terreni distanti fra loro. Passeremo infatti in rassegna alcuni fra i campi principali in cui il futuro si può articolare, disegnando una mappa di ciò che si annuncia oggi in ciascun campo per gli anni a venire. Non tutti gli aspetti della vita e del mondo di domani verranno toccati: non basterebbe un’enciclopedia, neanche di quelle novecentesche, sterminate. Saranno affrontati soltanto alcuni temi apparentemente più incerti e, quindi, più interessanti.
Come in ogni indagine che si rispetti saranno anche sentiti dei testimoni: personaggi, noti e meno noti, esperti di diversi campi, che abbiano opinioni rilevanti sulle tendenze che dal presente portano al futuro.
Comincio la serie dei miei confronti con la più giovane dei miei intervistati, Beatrice Polacchi. Beatrice è una fisica dell’Università La Sapienza di Roma, esperta di «informazione quantistica». Alla fine del suo percorso in un liceo classico romano, da cui si è maturata con 100 e lode, era incerta sulla strada da intraprendere: andava bene, anzi benissimo, in tutte le materie e aveva due diversi interessi, uno per la storia antica e la lingua latina, l’altro per le discipline matematico-fisiche. Dopo qualche tentennamento, ha deciso che queste ultime dovessero essere la sua strada. Dopo le lauree triennale e magistrale in fisica, sempre nel minimo dei tempi e col massimo dei voti, ora è impegnata in un dottorato. E ha solo 24 anni!
Ci siamo incontrati di persona in un caldo pomeriggio di settembre 2021. Le riassumo senso e ambizioni di questa indagine, ripetendo in parte cose da me già scritte nell’email con cui le ho proposto questo scambio. Il mio scopo è quello di raccogliere da chi ha un terzo dei miei anni opinioni e umori sul futuro lontano. Quel futuro che io non vedrò e a cui lei forse non sta neanche troppo pensando, impegnata com’è a progettare il suo personale futuro prossimo. Tuttavia la sua età non basta a renderla interessante ai miei occhi: conta di più il fatto che lei sia avviata a diventare una scienziata (già lo è, invero) in uno dei campi in cui pare che il futuro segnerà i maggiori avanzamenti e le più stupefacenti trasformazioni rispetto al presente. Dunque il suo pensiero non è solo fresco, come i suoi pochi anni, è anche informato.
La mia prima domanda è la più banale che si possa immaginare, ma corrisponde a una mia autentica curiosità: prevale in te, cara Beatrice, una visione nera, catastrofica, del futuro, come quelle di certa narrativa distopica; oppure una visione rosea, ottimistica, di progresso continuo e inarrestabile? La domanda è retorica, mi aspetto da lei una risposta chiara orientata all’ottimismo. La ottengo, ma molto meno netta ed entusiastica di quel che mi sarei aspettato.
«Prima della pandemia – mi dice – avevo tutta un’altra idea del futuro. La pandemia ha rappresentato una specie di spartiacque per la mia vita, per quanto la parte già trascorsa di questa sia breve; mi ha fatto venire tanti dubbi sul futuro. Continuo a nutrire fiducia nel genere umano e nella scienza. Anche di fronte a fatti e comportamenti esecrabili, penso sempre: va bene, ma sono fatti circoscritti, sono comportamenti di minoranze. In particolare, ho fiducia nella scienza come generatrice di progresso per il genere umano. Io stessa spero di diventare una scienziata e contribuire a questo progresso. Tuttavia, la tecnologia mi dà qualche preoccupazione in più. Soprattutto osservando come ci andiamo isolando, astraendo dal mondo reale».
Chi si sta isolando? chiedo io. «Un po’ tutti. I più giovani innanzitutto, ma non solo. Prendiamo Facebook. Io non mi considero più appartenente alla fascia giovanile propriamente detta, eppure Facebook non è il mio social, è usato da gente più grande di me. Che però convoglia attraverso quel mezzo gran parte della propria socialità: dibatte, commenta, con frasi corte e pensieri apodittici, non argomentati, come la triste vicenda dei no vax sta dimostrando. Mi piacerebbe una tecnologia che ripristini un migliore equilibrio fra la virtualità e la realtà».
«Gli esseri umani si adattano – prosegue –, non esiste uno scenario solo negativo, il genere umano si adatterà e prevarranno nel futuro condizioni frutto di questo adattamento. Ciò su cui occorre fare perno per favorire il progresso in ciascuna comunità è la cultura, l’educazione dei ragazzi. Parlo in particolare degli adolescenti, a cui la scuola non solo deve fornire un’istruzione di più alta qualità migliorando i programmi, ma che deve educare ad avere più civili e fruttuosi rapporti fra loro stessi. I programmi dal canto loro vanno più orientati a raccontare il passato, dunque allo studio della storia, e a sviluppare il pensiero critico. Troppi ragazzi fanno fatica a usare la logica, e questo li porta a non fidarsi della scienza».
Un’altra domanda che faccio a Beatrice Polacchi è questa. Anche se tu ti occupi di quantum computing, sicuramente butti un occhio sugli sviluppi di molti altri campi della scienza e della tecnologia. Secondo te, fra i tanti, quali sono i filoni di ricerca più promettenti nel futuro?
«Quantum information è sicuramente un buon candidato alla palma di filone più promettente, e non lo dico solo perché è il campo che ho scelto, l’avrei detto anche se mi occupassi di astrofisica o di filologia romanza. Promette di aumentare a dismisura la capacità computazionale delle nostre macchine, presupposto di molti avanzamenti in altri campi, usando i principi della meccanica quantistica, scoperti un secolo fa. Molte risorse vi vengono impiegate in tutto il mondo, ma c’è bisogno di un numero crescente di ricercatori che vi si appassionino, che più in generale si appassionino alla computer science, sia quantistica sia classica. Poi direi l’ingegneria biomedica, uno dei principali terreni applicativi della fisica oggi. Ancora, tutte le branche dell’ingegneria legate al tema della sostenibilità: ricicla...

Indice dei contenuti

  1. La legge zero
  2. 1. Passato, presente, futuro
  3. 2. Scienza e trasmissione dei saperi
  4. 3. Macchine viventi
  5. 4. Chi produrrà, come e per chi
  6. 5. Informazioni ed emozioni
  7. 6. Dove vivranno gli umani
  8. 7. Il pianeta Terra: inferno o paradiso
  9. Epilogo
  10. Ringraziamenti