Vite di artiste eccellenti
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Vite di artiste eccellenti

  1. 288 pagine
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Vite di artiste eccellenti

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Dall'antica Grecia a oggi sono moltissime le donne che hanno dipinto, scolpito, decorato. Tanti dei loro nomi sono finiti – ingiustamente – nell'oblio. È arrivato il momento di raccontare un'altra storia dell'arte.

Già nell'antica Grecia esistevano artiste donne, che hanno decorato palazzi e lasciato tracce del loro lavoro. Durante il Medioevo, per lo più considerato un periodo nel quale le donne non godevano di alcun rilievo nella società, molte opere sono nate grazie alla manualità femminile, che si poteva esprimere soprattutto nei conventi. L'esplosione dell'arte al femminile risale però al Rinascimento, quando alcune artiste sono arrivate a occupare posti di rilievo nelle corti più prestigiose d'Europa godendo di una fama pari ai propri colleghi uomini. Bisogna attendere la fine dell'Ottocento per vedere alcune artiste esporre nelle mostre accanto a pittori uomini: spesso si tratta di compagne di artisti famosi, altre volte di donne capaci di imporre la propria personalità oltre al proprio talento. Sono le apripista di un fenomeno che nel corso del XX secolo diventerà inarrestabile: le artiste firmeranno i manifesti delle avanguardie storiche e saranno sempre più protagoniste, finché nella seconda parte del secolo supereranno i propri colleghi in quanto a fama e quotazioni sul mercato. Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori è il titolo della celeberrima opera di Giorgio Vasari che, nel Rinascimento, ha costituito un vero e proprio canone. Oggi Costantino D'Orazio rende onore alle tante 'eccellenti artiste' di cui i canoni si sono troppo spesso dimenticati.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858146118
Argomento
Arte

Visionarie.

Quelle che hanno vissuto e lavorato nel XX secolo sono sempre più artiste senza uomini. Non hanno bisogno di un maschio accanto per definirsi, per dare corpo alla propria ricerca e procurarsi uno spazio di manovra nel mondo dell’arte. Sono artiste indipendenti, che possono eventualmente sentire l’esigenza di contribuire ad un manifesto, ma sono protagoniste di un percorso autonomo che giunge anche a realizzare opere pubbliche di rilievo, senza nulla invidiare ai colleghi uomini. Le protagoniste dei primi anni del secolo non erano giunte a tanto. In fondo, pur se autrici di vite ribelli e controcorrente, Tamara, Frida o Gala hanno sempre sentito l’esigenza di avere un uomo forte accanto. Le loro vite coniugali si sono svolte tra pressioni psicologiche dei mariti e fughe in avanti delle consorti, decise a produrre una rottura profonda nelle relazioni paludate e convenzionali che si sono definite tra uomo e donna nel corso dei secoli. Le artiste hanno sempre cercato un proprio spazio indipendente nella vita di coppia, nel quale poter esercitare la professione che nasceva da un’urgenza interiore. A partire dagli anni Trenta, possono farlo anche senza il consenso di un uomo. Sono padrone della propria carriera.
A ben guardare, è questo l’atteggiamento che dal punto professionale assume Benedetta Cappa quando entra in contatto con i Futuristi.

L’ostinazione di Benedetta Cappa (1897-1977)

Se c’è un’avanguardia che è passata alla storia per essere interventista e machista, questo è proprio il Futurismo. «Noi vogliamo glorificare le belle idee per cui si muore e il disprezzo per la donna», si legge nel primo Manifesto Futurista pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti su «Le Figaro» a Parigi nel 1909. Eppure, nel giro di circa dieci anni assistiamo ad un progressivo ammorbidimento di queste posizioni del leader del movimento. Molti suoi compagni futuristi pensano che sia tutta colpa di Benedetta Cappa, la cui frequentazione nasce da un incontro fortuito e sboccia in un matrimonio. Quando l’artista vede per caso la ragazza nello studio del collega Giacomo Balla con l’affaccio su Villa Borghese, lei fa breccia nel suo cuore ed entra prepotentemente nella sua vita. Benedetta, vent’anni più giovane di lui, non era nuova alla costruzione di un rapporto di complicità con pittori più grandi di lei. Poco tempo prima s’era aperta le porte dell’atelier di Balla dopo averlo incrociato nel parco.
Non so se mia madre sia stata più una letterata o un’artista [...] l’amore per la pittura era cominciato per lei intorno ai vent’anni. Un giorno passeggiando per Villa Borghese aveva incontrato Balla. Lui, col suo cavalletto, stava studiando le rifrazioni della luce fra gli alberi [...]. Si misero a parlare e Balla la invitò al suo studio. Lei andò e divenne sua allieva1.
Così racconta quell’episodio Ala, una delle tre figlie della Cappa e Marinetti. Benedetta conquista Marinetti non solo con la sua bellezza innocente, ma con le sue parole. Malgrado la giovane età, fin da subito dimostra di sostenere una conversazione intellettuale con lui. Dopo il primo incontro presso l’atelier di Balla, fa arrivare al suo nuovo amico un disegno dal titolo Psicologia di 1 uomo, a metà tra l’ironia e il severo giudizio sul genere maschile. Al centro campeggia un cerchio con la scritta «vuoto», dalla quale si dipartono delle punte, unite da alcune parole: sensualità, orgoglio, materialismo e ambizione. La firma è tutto un programma: «Benedetta fra le donne, parolibera futurista». In pochi tratti irriverenti la ragazza ha descritto l’animo spregiudicato degli uomini, ridicolizzandoli con ironia. Senza scomodare il femminismo, si tratta di una presa di posizione che l’artista affermerà a più riprese nella sua carriera, sottolineando gli interessi fin troppo opportunistici della mente maschile da cui si distingue profondamente l’anima spirituale della donna, che la natura ha reso creatrice di vite umane.
Il suo carattere deciso conquista Marinetti. Nel 1920 i due si sposeranno: da quel momento Benedetta apporrà la sua firma su molti manifesti futuristi, contribuendo in modo determinante ad arricchire la sfera emozionale del movimento.
Dal caos delle nuove sensibilità contraddittorie, nasce oggi una nuova bellezza che, noi Futuristi, sostituiremo alla prima, e che io chiamo Splendore geometrico e meccanico. Questo ha per elementi essenziali: l’igienico oblio, la speranza, il desiderio, la forza imbrigliata, la velocità, la luce, la volontà, l’ordine, la disciplina, il metodo; il senso della grande città; l’ottimismo aggressivo che risulta dal culto dei muscoli e dello sport; l’immaginazione senza fili, l’ubiquità, il laconismo e la simultaneità che derivano dal turismo, dall’affarismo e dal giornalismo; la passione per il successo, il nuovissimo istinto del record, l’entusiastica imitazione dell’elettricità e della macchina; la concisione essenziale e la sintesi; la precisione felice degl’ingranaggi e dei pensieri bene oliati; la concorrenza di energie convergenti in una sola traiettoria vittoriosa2.
È il Manifesto della sensibilità futurista, apparso sulla rivista «Lacerba», dove la parola «sensibilità» è frutto del lessico di Benedetta.
È determinata la ragazza, non c’è impresa che le sembri impossibile, troppo rischiosa o poco adatta a una donna. Quando nel 1931 il marito le propone di unirsi alla prima spedizione sull’Etna insieme ad Enrico Prampolini, promossa dallo stesso artista con alcuni scienziati allo scopo di costruire nuovi osservatori, Benedetta accetta e collabora allo studio delle luci del vulcano per la realizzazione dei bozzetti scenografici per uno spettacolo futurista.
Il 2 ottobre 1932 pubblica il suo Progetto futurista di reclutamento per la prossima guerra che propone l’inversione del criterio di età nella leva militare, iniziando dai più anziani.
Bisogna rovesciare il sistema della leva militare facendola partire dalle classi sessantenni e cinquantenni. Seguiranno le quarantenni e le trentenni.
Questa leva futurista ha per vantaggi principali:
1. Conservare per il dopo guerra della patria vittoriosa il maggior numero di giovani e conseguentemente annullare la crisi dei giovani combattenti spostati.
Supponendo, con un paradosso, che la guerra futura distrugga tutti i combattenti delle prime classi mobilitate rimarranno alla Patria tutti i giovani.
2. Valorizzare patriotticamente i vecchi offrendo loro una morte utile e gloriosa sul campo di battaglia invece della triste morte in letto.
Tanto più che la guerra futura areoplanica chimica e automobilistica non esigerà gli sforzi muscolari delle marce e degli assalti, mentre esigerà il coraggio cosciente dell’uomo vissuto.
3. Riservare le classi giovani per l’urto finale e definitivo della guerra quando gli eserciti sono esausti e sfiniti dalla stanchezza.
4. Eliminare il problema della gelosia dei giovani al fronte e delle loro donne insidiate dai quarantenni e cinquantenni rimasti nelle città.
Nasceranno molti più figli alla Patria e in fatto di donne sole non rimarrano che le non più giovani.
Questa leva fascista futurista che non esclude il volontario di ogni età, permetterà alle classi vittoriose del Carso del Piave e del dopo guerra di battersi una seconda volta per l’Italia.
Credo utile discutere questa magnifica idea patriottica che sarà forse in un primo tempo derisa e poi lodata come avviene spesso alle nostre originalissime idee futuriste3.
Come in ogni sua opera, l’artista si firma con il solo nome di battesimo, per cancellare dalla sua identità pubblica qualsiasi riferimento alle figure maschili della sua vita, il padre e Marinetti. Le proposte contenute nel suo manifesto, motivo di scandalo e proteste pubbliche, dimostrano come l’artista non ami i proclami irruenti e teatrali dei suoi colleghi futuristi: desidera piuttosto argomentare le sue idee, adducendo anche motivazioni sensate a livello sociale e soluzioni a livello tecnico. Estrapolata dalle dinamiche belliche, la sua mozione potrebbe anche avere un senso, soprattutto se guardata dal punto di vista femminile. Chi mai si è preoccupato in tempo di guerra della solitudine delle donne?
Il Progetto svela anche l’attenzione che Benedetta riserva alle nuove tecnologie, soprattutto agli aeroplani, che costituiranno una sua grande passione.
Nell’ottobre del 1934 viene inaugurato il Palazzo delle Poste a Palermo: nella sala conferenze sono esposti cinque pannelli della Cappa raffiguranti Le comunicazioni terrestri, marine, aeree, telegrafiche, radiofoniche. Sono dipinti enormi, in cui le macchine si muovono verso l’alto, esaltando il potere dell’intelligenza e della capacità umana, che produce macchine formidabili. Attraverso colori tenui – azzurro, verde e giallo – l’artista riesce a trovare una strada personale nel complesso linguaggio futurista. Dopo aver sperimentato la rappresentazione del dinamismo della natura e delle persone, giunge ad una ve...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Pioniere. VII sec. a.C. - V sec. d.C.
  3. Silenziose. VI-XVI secolo
  4. Coraggiose. XVI-XVIII secolo
  5. Autorevoli. XVII-XVIII secolo
  6. Rivoluzionarie. XIX secolo
  7. Libere. XX secolo
  8. Visionarie.
  9. Compagne
  10. Contemporanee
  11. Aperture