Stanislavskij
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Stanislavskij

Dal lavoro dell'attore al lavoro su di sé

  1. 184 pagine
  2. Italian
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Stanislavskij

Dal lavoro dell'attore al lavoro su di sé

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A chi serve il sistema Stanislavskij? Si afferma, generalmente, che serve all'attore di ispirazione naturalista. Questo libro consente invece di ampliare la risposta in due direzioni. La prima è quella del 'lavoro dell'attore'. Quale che sia la sua poetica o il suo stile, il sistema serve all'attore per conquistare la 'credibilità': che non vuol dire verosimiglianza naturalistica, ma corpo-in-vita, come ha chiarito l'Antropologia Teatrale di Eugenio Barba. La seconda direzione è quella del 'lavoro su di sé'. Il sistema costituisce oggettivamente – in parte oltre le intenzioni dello stesso Stanislavskij – uno yoga per il lavoro su se stessi. Da Stanislavskij prende avvio il lavoro di Jerzy Grotowski, che appunto usa l'arte dello spettacolo come 'veicolo'.

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Trasmettere l’esperienza. I libri di Stanislavskij

Della ricerca di Stanislavskij sappiamo sostanzialmente attraverso i due libri che scrisse e riuscì ad approntare per la stampa, in vita: La mia vita nell’arte e Il lavoro dell’attore su se stesso, l’autobiografia e il libro sul sistema. Nella Mia vita nell’arte, l’autore racconta di sé in prima persona. Nel Lavoro dell’attore su se stesso, a raccontare in prima persona è Kostia Nazvanov, immaginario allievo di una scuola di recitazione diretta dall’immaginario maestro Arkadij Nikolaevič Torzov. Kostia è incaricato di tenerne il giornale di bordo. Il libro si propone come un diario; capitoli e paragrafi sono giornate con tanto di data, in testa. Ci sono altri allievi, e Torzov è contornato da collaboratori e assistenti, ma il vero dialogo è tra Torzov e Kostia, cioè tra Stanislavskij-vecchio-maestro, nella persona di Torzov, che in russo assona con «creativo» com’era diventato Stanislavskij; e Stanislavskij-giovane-allievo, nella persona di Kostia, com’era stato Stanislavskij quando lo si poteva chiamare con un diminutivo.
In questo capitolo si parla dei due «libri in vita» di Stanislavskij e della loro doppia vicenda editoriale, tra America e Russia. Un filo importante della biografia, dal 1924 alla morte, ma soprattutto la storia di come si costruì, gradualmente e per gran parte inconsapevolmente, il segreto dei libri di Stanislavskij: che consente loro di non essere solo discorso scritto da studiare e capire ma di essere anche organismo vivo, del quale fare esperienza.
Il verbo che si lega a «segreto» è svelare. Ci vuole un attimo a tirar via il velo che copre, ma ci vogliono tempo e fatica per trovare il lembo da tirare. D’altra parte, sono proprio questo tempo e questa fatica a fare la consistenza del segreto, che riempie il profilo altrimenti vuoto dell’identità.

1. Preliminari

Ora quando mi volto indietro a guardare la via percorsa, tutta la mia vita nell’arte, mi viene voglia di paragonarmi a un cercatore d’oro, cui tocca dapprima peregrinare a lungo nelle boscaglie impenetrabili per scoprire i luoghi dove si trova il minerale aurifero, e poi lavorare centinaia di quintali di sabbia e di pietre per separare alcuni granelli del nobile metallo. Come un cercatore d’oro, io posso trasmettere ai posteri non la mia fatica, le mie ricerche e privazioni, le gioie e le delusioni, ma soltanto il prezioso minerale, che ho estratto. Tale minerale, risultato delle ricerche di tutta la mia vita, non è altro che il mio cosiddetto ‘sistema’1.
Tutta la vita, Stanislavskij sognò di trasmettere per iscritto la sua esperienza, il «cosiddetto ‘sistema’». Ma come? Non certo – come avverte nella dichiarazione che chiude l’autobiografia – ripercorrendo tutte le sue peregrinazioni, ma neppure riducendo il sistema a una serie di risultati senza ricerca, come un «ricettario di cucina» per chi si limiti a prendervi ricette.
Come sistematizzare la sua conoscenza senza farne un sistema: fu questo il problema di Stanislavskij scrittore.
Cominciò ad affrontarlo almeno fin dal 1906. Seduto sullo scoglio in Finlandia, definisce le «pietre di fondamenta» del sistema, e comincia a metterle nero su bianco. Scrive la moglie Lilina all’amica attrice Olga Knipper Čechova: «Sta seduto in camera in penombra, scrivendo e fumando tutto il giorno. Mi sembra che stia scrivendo cose molto interessanti, dal titolo ‘Abbozzo di un manuale di Arte drammatica’»2.
Questo «abbozzo di manuale» non lo dette alle stampe. Non poteva, né allora né dopo, pubblicare un manuale sul sistema. Sarebbe stato come ridurlo ad un ricettario di cucina: risultati senza ricerca. Ma questo, Stanislavskij non lo sapeva ancora con chiarezza. Vuole scrivere e pubblicare, ma non sa come. Nel dubbio, si limita a non scrivere; o meglio, a non pubblicare ciò che scrive. Sul sistema, specie sull’onda dei successi del Primo Studio, intanto scrivono altri, contro il suo esplicito divieto, e spesso senza sapere. Se ne lamenta Vachtangov, commentando un articolo di Michail Čechov, e soprattutto il pamphlet del 1916 di Fëdor Komissarževskij3. Se ne lamenta indirettamente lo stesso Stanislavskij. Dopo la rivoluzione «si creò la mania dell’insegnamento – dice – e furono proprio gli artisti di scarso talento» a dedicarvisi4. Scrivere sul sistema è diventato urgente. Stanislavskij sa che deve farlo, ma non sa ancora come. Con quest’idea e questo problema in testa, parte per la tournée euro-americana. È il 4 settembre 1922.
In quegli anni Stanislavskij è una celebrità internazionale e può dunque contare su una vasta diffusione delle sue eventuali opere. Ma l’Unione Sovietica non aveva sottoscritto la Convenzione internazionale sui diritti d’autore e pertanto, come cittadino sovietico, Stanislavskij non avrebbe potuto riscuotere i diritti per le vendite all’estero dei suoi libri, né lo avrebbero potuto i suoi eredi. L’Unione Sovietica non offriva, a causa della grave situazione economica, prospettive di mercato interno, e il rublo non aveva corso all’estero. Per giunta, Stanislavskij aveva un pressante bisogno di danaro, per il figlio Igor, ricoverato in un sanatorio svizzero proprio all’inizio del viaggio, oltre che per risanare le dissestate finanze del Teatro d’Arte. Non c’era altro da fare se non separare l’edizione in russo dall’edizione in inglese (o in altra lingua occidentale), dandone il copyright ad altro titolare, e sottraendo in tal modo l’edizione estera dalla legislazione sovietica.
Fu quanto Stanislavskij fece – o lasciò che si facesse – in modi e con progettualità diversi, per entrambi i suoi libri.

2. America e Russia. Storia di due edizioni

Insieme alle grandi prove sulla scena, l’America dunque vuole un libro, ed è disposta a pagare molti dollari. Stanislavskij propone un volume sul sistema, ma questo progetto, presentato in due forme diverse, viene respinto. Ciò che il pubblico vuole, gli dicono, è un’autobiografia densa di aura d’artista. Controvoglia e pressato da mille impegni, Stanislavskij si accinge al lavoro.
Questo libro non desiderato, scritto per danaro e per un pubblico impreparato, questo libro inizialmente del tutto estraneo al suo progetto di scrittura, sarà invece l’avvio alla soluzione del problema di come sistematizzare la sua conoscenza senza farne un sistema.
L’équipe di lavoro è quanto mai eterogenea e precaria. Uno Stanislavskij demotivato che dètta alla segretaria, un emigrato russo dall’incerta qualifica – Aleksandr Koiranski – che, a suo dire, aiuta l’autore a selezionare e sistemare il materiale, un sedicente allievo del grande attore russo Aleksandr Lenskij nonché dell’ex allievo del Primo Studio Rikard Boleslavskij – J. Robbins – che traduce man mano che gli arrivano i testi. Alcune pagine del libro, pare, fu direttamente Koiranski a scriverle5.
Comunque, My Life in Art – questo il titolo dell’autobiografia americana – esce nell’aprile del 1924. Danaro a parte, Stanislavskij ne è insoddisfatto. Anche come sequenza di fatti, è affrettata, inesatta, condizionata dalle esigenze di un pubblico che gli è estraneo, come estranea gli è la lingua inglese. Già sul Majestic, la nave che lo sta portando a casa, riprende in mano il testo e comincia a sistemarlo per un’edizione in russo. Continuerà a farlo, con il competente e appassionato aiuto di Ljubov’ Gurevič, l’amica critica e studiosa di teatro. Taglia, riscrive parti, altre ne scrive ex novo, assesta l’ordine dei capitoli, elimina aneddoti e aggiunge riflessioni. Il lavoro durerà fino ai primi mesi del 1926; la pubblicazione è del settembre dello stesso anno.
Nell’ultima pagina della Mia vita nell’arte – indicheremo le edizioni russe con i titoli in italiano – subito dopo aver esposto le articolazioni previste per il sistema...

Indice dei contenuti

  1. Stanislavskij maestro
  2. Trasmettere l’esperienza. I libri di Stanislavskij
  3. Tra corpo e anima. Il sistema di Stanislavskij
  4. Oltre la «vita nell’arte». 1917-1926
  5. La rivoluzione della musica
  6. Il metodo delle azioni fisiche
  7. Oltre la «vita nell’arte». 1926-1938
  8. Stanislavskij tra «bios» e valore
  9. Stanislavskij e il «teatro laboratorio»
  10. Bibliografia