1.
Fuga dalla Svizzera
1.
L’ultimo messaggio – a distanza di un mese dal precedente – di Marchesi alla Direzione Nord del PCI è del 17 novembre. Il senso è questo: avevo predisposto «ogni cosa» per rientrare (dunque, con suoi mezzi e senza l’appoggio del partito) con destinazione Milano («costà»), ma dieci giorni fa (8 novembre) «per iniziativa del Governo italiano e per tramite degli Alleati» mi si è prospettata la possibilità di «essere inviato tra breve a Roma», e «che mi tenessi quindi pronto alla partenza»; anche col consenso dei compagni, ho deciso di accettare; ho valutato che era bene che «uno dei nostri» (cioè lui stesso) fosse presente nella «missione» composta di personalità italiane (fuorusciti), da far rientrare dalla Svizzera, organizzata dal governo Bonomi; comunque è «sempre mia ferma intenzione» (successivamente) «trasferirmi nelle zone dell’Italia occupata» (cioè tornare al Nord: era ciò che aveva insistentemente chiesto, senza successo, alla Direzione); in ogni caso «il compagno M. che ci rappresenta alla delegazione [luganese] del CLNAI» potrà sostituirmi.
«Marchesi alla Direzione del PCI
17 Novembre. Cari Compagni, avevo già deciso e fissato ogni cosa per il mio ritorno costà, quando – in data 8 novembre – mi giunse un comunicato della Legazione di Berna, con cui mi si avvertiva che “per iniziativa del Governo italiano e per tramite degli Alleati” potevo essere inviato tra breve a Roma e che mi tenessi quindi pronto alla partenza. Seppi poi che insieme con me altri avevano ricevuto il medesimo avviso (Gasparotto, Facchinetti, Gallarati Scotti, Mazzoni, Carnelutti!!, Jacini) [segue nota in basso: da oggi Einaudi, Boeri e Colonnetti]. Anche per le pressioni dei compagni ho risposto che mi tenevo pronto alla partenza, previo avvertimento alle autorità svizzere circa un mio eventuale ritorno, giacché è sempre mia ferma intenzione trasferirmi nelle zone dell’Italia occupata. Data la pluralità e la varietà dei componenti missione, ho dovuto anch’io riconoscere che la presenza di uno dei nostri sia necessaria a complemento e garanzia di informazione e di sincerità politica. Per la mia corrispondenza con voi e per ogni possibile contatto con gli alleati farà le mie veci l’ottimo compagno M. che ci rappresenta alla Delegazione del C.A.I. [cioè il CLNAI] ed è pienamente esperto dei problemi e delle condizioni locali».
Consideriamo i tempi, il contesto e la genesi di questa lettera. Come sappiamo, almeno dal 18 agosto, Marchesi aveva posto al partito il problema del suo rientro nel Nord Italia e aveva chiesto aiuto in tal senso senza ottenere mai risposte a tono. Anche dopo la vicenda dell’Ossola (motivo di ulteriore attrito) le sue pressioni in tal senso erano state vane. Nel frattempo, dal versante CLN veneto e Partito d’Azione (essenzialmente Meneghetti) erano venute (ingenue) proposte senz’altro premature: è ormai assodato, sarai prefetto di Padova. S’intende dopo la Liberazione, considerata ottimisticamente imminente laddove il peggio – l’ultimo colpo di coda nazifascista, con gli arresti a raffica compreso quello dello stesso Meneghetti – era ancora di là da venire, e la Liberazione sarebbe sopraggiunta solo qualche giorno dopo il 25 aprile ’45. Su altro versante la conversazione con Roseberry doveva aver sortito un qualche effetto negli ambienti degli Alleati gravitanti su Lugano, se la fedele e acuta osservatrice Wanda Diena scrive il 19 ottobre a Franceschini – cioè due giorni dopo il colloquio con Roseberry –: «Qui si parla tra gli Alleati dell’Avv. [= Marchesi] come di uno dei grandi uomini di Stato futuri».
2.
Chi non gradisce tutto questo e tiene Marchesi a distanza, se non in una sorta di limbo (dal punto di vista della gerarchia di partito), è la Direzione, cioè la Direzione Nord. Non va dimenticato infatti che gli uomini con cui Marchesi ha trattato e continua a trattare in questi mesi non sono i dirigenti nazionali che fanno politica di governo nell’Italia centro-meridionale sotto tutela alleata (Togliatti in primis), ma appunto «Milano», la Direzione Nord: Longo, Secchia (forse Amendola, non più Li Causi spedito dalla primavera ’44 in Sicilia), coloro cioè che da molto presto avevano sentenziato su di lui: «non ha personalità di partito» e perciò «non va proposto a ministro».
Nonché ministro – si direbbe –, neanche prefetto di Padova! La vicenda, molto indicativa, ci è nota grazie all’impegno di Franceschini nel salvare i documenti di quegli anni. È conservata infatti, nell’archivio Franceschini sulla Resistenza, una importante, amplissima relazione redatta da Giorgio Diena, in quel momento a Padova, il 20 ottobre ’44 (indirizzata alla sorella Wanda ma ovviamente anche, o soprattutto, a Franceschini in quanto perno della rete FRAMA), nella quale un intero, istruttivo capoverso è dedicato alla questione: «Bisogna che tu sappia alcuni fatti avvenuti in questo periodo: il CLN veneto ha dovuto formare la lista delle cariche come d’obbligo da recenti disposizioni. Antenore [= Meneghetti] ed il fratello di Angelo hanno patrocinato la nomina di Marinuzzi [= Marchesi] a prefetto. I suoi compagni si sono decisamente opposti con un netto rifiuto. Tutti gli altri hanno insistito, ma invano. Un articolo che io non ho mai letto con programma di colore [?] gli è valso l’unanime riprovazione di tutti i colleghi intellettuali. La Direzione [del PCI], ne parlavamo ieri con Ettore, svaluta il suo valore, e non lo tiene in gran considerazione anche in conseguenza del fallimento della sua missione [si intende: in Ossola]. Avrà qui delle sgradevoli sorprese con conseguente suo irrigidimento nella tendenza estremista». Nel seguito della lettera, Diena spiega alla sorella che anche i complimenti degli Alleati sono insinceri e conclude: «Meglio sarebbe fare di tutto perché egli [Marchesi] rimanga lassù e in tal senso dovresti adoperarti».
Eppure, al tempo della missione Roseberry, gli Alleati avevano cercato lui per ‘sondare’ il PCI. Non si conoscono reazioni della Direzione all’invio (20 ottobre) del verbale Roseberry (che comunque Marchesi ha prudentemente diramato anche in altre direzioni per cui lo troviamo anche nell’archivio Franceschini e nell’archivio Todaro Faranda). È poco dopo quella data che Marchesi deve aver deciso autonomamente di accettare il rientro in Italia poiché in questa lettera del 17 novembre scrive che l’8 novembre già tutto era predisposto («fissato ogni cosa») per il suo rientro. Forse con la rete FRAMA, visto che ne fa edotta la Direzione soltanto a cose fatte.
3.
Effettivamente si era mosso in autonomia, e riteneva di aver conseguito qualche risultato in questo suo progetto di rientrare...