Il governo di sé stessi
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Il piacere è un bene o un male? Platone, Aristotele, Speusippo, Platone: Enrico Berti entra nelle stanze della prima scuola di filosofia in Occidente, l'Accademia di Platone, eccezionale laboratorio di ricerca del bene comune per rispondere a questo semplice e fondamentale quesito umano.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858123485
Argomento
Filosofia

Il governo di sé stessi

1. La relazione tra il bene e il piacere

Ora ad alcuni pare che nessun piacere sia un bene, né per sé, né per accidente (dato che piacere e bene non sono la stessa cosa), ad altri che alcuni piaceri lo sono, ma che molti sono ignobili, e inoltre vi è una terza posizione tra costoro: anche se tutti i piaceri sono un bene, ugualmente non è possibile che il sommo bene sia piacere1.
Queste parole, contenute nel VII libro dell’Etica Nicomachea – che è con tutta probabilità un trattato dell’Aristotele più maturo, quasi sicuramente rispecchiante un suo corso tenuto nel Liceo –, possono sembrare dettate dal metodo che il filosofo raccomanda per l’etica all’inizio dello stesso libro, secondo cui, a proposito di qualunque argomento, si devono anzitutto esporre i “pareri” (ta phainomena), cioè “le cose dette” (ta legomena) dagli altri, per poi discuterli e vedere che cosa di essi può essere accettato e che cose deve essere invece rifiutato, a seconda che si accordi o meno con gli endoxa, cioè con le opinioni largamente condivise che devono stare alla base dell’etica, o almeno con la maggior parte di queste o con le più importanti2. Una simile impressione è certamente fondata, anzi è senz’altro vera, ma non è tutta la verità, perché con le parole sopra riportate Aristotele riecheggia un dibattito che si è svolto alcuni anni prima nell’Accademia di Platone, di cui la trattazione del piacere contenuta nell’Etica Nicomachea, sia nel libro VII che nel libro X, è la ricostruzione.
La prova più significativa dell’esistenza di tale dibattito è il Filebo di Platone, dialogo sul piacere, in cui è contenuta una polemica contro l’edonismo, cioè contro la filosofia che identifica il piacere col bene supremo, polemica che per molti anni fu considerata diretta contro Aristippo, il discepolo di Socrate fondatore della scuola cirenaica, il quale notoriamente identificava il bene supremo col piacere3, ma che invece in tempi più recenti è stata riconosciuta come diretta contro Eudosso di Cnido, il grande scienziato che, come sappiamo, frequentò l’Accademia tra il 355 e il 350 a.C., il quale pure sosteneva l’identificazione del bene supremo col piacere4. Nel Filebo inoltre sono contenute, come vedremo tra poco, allusioni ad una posizione diametralmente opposta a quella di Eudosso, che in base alle indicazioni fornite da Aristotele è possibile riferire a Speusippo, di cui del resto si sa che scrisse un dialogo Sul piacere, andato perduto. Platone, nel dialogo in questione, dedicato anch’esso al piacere, sembra prendere una posizione intermedia tra le due appena riportate, pur avvicinandosi più a quella di Speusippo. Tutte e tre queste posizioni, quella di Eudosso, quella di Speusippo e quella di Platone, sono esposte da Aristotele nell’Etica Nicomachea, con dovizia di argomenti a favore dell’una e dell’altra.
Sappiamo inoltre che lo stesso Aristotele scrisse, come Platone e Speusippo, un dialogo Sul piacere – quasi sicuramente giovanile, come la maggior parte dei suoi dialoghi, cioè composto nel periodo da lui trascorso nell’Accademia prima della morte di Platone –, le cui tesi è probabile che siano riecheggiate da quelle sostenute dallo stesso Aristotele nell’Etica Nicomachea, se è vero – come la critica più recente è unanime nel ritenere – che tra il periodo trascorso nell’Accademia e il periodo più maturo dell’insegnamento di Aristotele nel Liceo non ci furono grosse differenze dottrinali5. Siamo dunque in condizione di poter ricostruire, sulla base delle due trattazioni del piacere contenute nell’Etica Nicomachea, il dibattito svoltosi nell’Accademia prima della morte di Platone, dibattito suscitato probabilmente da una presa di posizione autorevole di Eudosso di Cnido, cui si contrappose Speusippo col suo dialogo Sul piacere, nel quale intervenne Platone col Filebo, assumendo una posizione intermedia tra i due primi intervenuti, ma più vicina a Speusippo, e nel quale intervenne infine anche il giovane Aristotele col suo dialogo Sul piacere, assumendo invece, come vedremo, una posizione più vicina a quella di Eudosso, anche se non coincidente del tutto con quest’ultima.
Non c’è bisogno di sottolineare l’interesse che un simile dibattito presenta anche per la cultura attuale, che specialmente nelle società più sviluppate ha compiuto un’autentica riscoperta del piacere, dopo secoli o forse millenni di condanne, dovute a varie forme di rigorismo, religioso o laico, ma al tempo stesso non può nascondere il dubbio che il piacere possa essere anche un valore ambiguo, non necessariamente il valore supremo. L’opinione dei più grandi filosofi e scienziati Greci, che si confrontano direttamente tra di loro su questo problema, può costituire indubbiamente un elemento di carattere razionale da tenere presente anche nella situazione attuale.

2. Eudosso: il piacere è il bene supremo

Eudosso riteneva che il piacere è il bene, perché diceva di vedere che ogni essere, sia razionale che privo di ragione, tende al piacere; che in ogni caso ciò che è oggetto di scelta è conveniente, e lo è massimamente l’oggetto più importante; e che l’essere tutti portati verso il piacere indica che esso è per tutti il bene supremo (ariston), perché ciascuno si procura ciò che è bene per lui, come ad esempio il cibo, e quindi ciò che è bene per tutti, e che tutti perseguono, è il bene6.
In questo brano è riportata la tesi generale di Eudosso, ossia l’identificazione del piacere col bene supremo, che gli viene attribuita mediante la menzione esplicita del suo nome – cosa non frequente nei testi antichi – a testimonianza di un ascolto diretto dello scienziato di Cnido da parte di Aristotele (non risultano infatti scritti di Eudosso sul piacere), ascolto che poté aver luogo solo quando Eudosso si trattenne per qualche tempo nell’Accademia di Platone, partecipando anche ad altri dibattiti, quello sui movimenti dei pianeti e quello sull’esistenza delle Idee.
A proposito dei movimenti dei pianeti, Aristotele aderiva, sia pure con alcune integrazioni, alla teoria delle sfere omocentriche, introdotta da Eudosso, riconoscendone l’indiscussa autorità in materia di matematica e di astronomia. A proposito, invece, della dottrina delle Idee, Aristotele rifiutò la proposta di Eudosso, cioè la “mescolanza” tra Idee e cose sensibili, che pure andava nella stessa direzione di quella che sarebbe stata la posizione aristotelica. Ora, a proposito del piacere, Aristotele, pur non condividendo per intero, come vedremo, la tesi di Eudosso, la prende molto sul serio e all’esposizione di essa aggiunge un commento molto lusinghiero nei confronti della persona dello scienziato, cioè:
Tali argomentazioni trovavano credito più per la virtù dei costumi di Eudosso che non per se stesse, infatti si credeva che egli fosse temperante in modo particolare, e quindi non si credeva che dicesse ciò per amore del piacere, ma perché le cose stessero davvero così7.
È evidente l’intenzione di Aristotele di distinguere l’edonismo “filosofico”, cioè ragionato, di Eudosso, da quello che potremmo chiamare l’edonismo volgare, di chi esalta il piacere solo perché ne è avido. Non è detto che quest’ultima pos...

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