Il primo re crociato
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Il primo re crociato

La spedizione di Sigurd in Terrasanta

  1. 224 pagine
  2. Italian
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Il primo re crociato

La spedizione di Sigurd in Terrasanta

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Il re norvegese Sigurd Magnússon è stato il primo sovrano cristiano a visitare la Terrasanta dopo la conquista crociata di Gerusalemme. E la sua storia è unica nel panorama delle crociate medievali proprio per la sua provenienza: uno scandinavo, signore di un regno lontano in cui il cristianesimo si era affermato da appena un secolo. Un viaggio straordinario: dall'Inghilterra alla Spagna musulmana, dalla Sicilia a Gerusalemme e oltre, fino a Costantinopoli, in un susseguirsi di battaglie navali e assedi, prestigiosi incontri con re e imperatori e violenti scontri con nemici musulmani ma anche, all'occorrenza, cristiani. Un periplo del mondo allora conosciuto che, in cinque anni (1107-1111), condusse sessanta navi dagli estremi confini della terra fino al cuore della cristianità e da qui nuovamente in patria. Uno degli episodi meno conosciuti e più affascinanti della grande storia delle crociate che unisce ai tratti tipici delle scorrerie vichinghe (desiderio di avventura, di fama e di ricchezze) quella tensione spirituale di cui è permeata tutta l'epoca, e che farà guadagnare al suo giovane protagonista fama imperitura.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858144831

IV.
Nel cuore del Mediterraneo

1. Nell’antro dei ladroni

Sbaragliata la flotta saracena che a est di Gibilterra aveva tentato invano di sbarrare loro il passo, alla fine della primavera del 1109, dopo quasi due anni dalla partenza, Sigurðr e i suoi poterono finalmente addentrarsi nelle calde acque del Mediterraneo. Per chiunque procedesse dall’Atlantico verso il Medio Oriente, l’attraversamento delle Colonne d’Ercole da ovest a est era un fatto normale e anzi obbligato, ma in quel frangente esso assumeva una valenza anche simbolica: lì nel Nörvasund, il «Canale stretto» dove le acque oceaniche e quelle marine si incontravano mescolandosi, per i norvegesi si apriva una nuova fase del loro viaggio, non meno insidiosa della precedente e caratterizzata da incognite forse maggiori. Fino a quel punto, infatti, essi avevano percorso la «via dell’Occidente» (vestrvegr), itinerario noto e praticato dai loro antenati sin dalla metà del IX secolo, quando le prime navi vichinghe si erano affacciate minacciosamente di fronte alle coste iberiche; da lì in avanti si sarebbero invece spinti lungo rotte percorse da pochissimi altri scandinavi prima di loro. In effetti, dopo la spedizione di Hásteinn e Björn «Fianco di Ferro», che tra l’859 e l’862 seminarono il panico nella Spagna cristiana e musulmana, in Nord Africa, in Provenza e persino in Italia, non vi sono notizie di altri viaggi simili fino all’inizio del XII secolo, allorché il gruppo di Skopti Ögmundarson intraprese il «viaggio a sud» (1102-1107)1. Ciò naturalmente non significa che quel mare, le sue sponde e le sue genti fossero totalmente ignoti ai norvegesi (dopo tutto erano molte le vie terrestri alternative che dal Nord conducevano al Mediterraneo), ma è comunque probabile che le informazioni e i resoconti di prima mano a loro disposizione fossero limitati, dato l’esiguo numero di conterranei che li aveva preceduti su quella via. In questo senso, allora, il ritorno dei compagni di Skopti, che insieme a lui erano stati i «primi norvegesi a oltrepassare il Nörvasund», dovette essere decisivo non solo per spingere alla partenza Sigurðr e i suoi, ma anche per fornire loro notizie e informazioni sugli itinerari, i paesi e i popoli che avrebbero incontrato durante il loro imminente viaggio.
Secondo la versione della Heimskringla, passata Gibilterra i crociati avrebbero costeggiato a sud le sponde del paese chiamato Serkland («Terra dei saraceni»): questo toponimo, derivato forse dal nome etnico Serkir («saraceni»), in origine identificava un’area compresa tra il Mar Nero e il Mar Caspio, abitata da popolazioni prevalentemente arabe, ma dal XII secolo lo troviamo sempre più spesso usato per indicare sia la Spagna meridionale (al-Andalus) che le regioni nordafricane, distinte da quelle subsahariane dette invece Bláland («Terra degli [uomini] neri»)2. Tuttavia restare troppo a lungo nelle vicinanze del Serkland, cioè dei territori dell’impero almoravide, avrebbe esposto le navi al rischio di attacchi e imboscate nemiche, perciò i norvegesi piegarono quasi subito a nord, verso Formentera (Forminterra in norreno), l’isola più meridionale del gruppo delle Baleari. Il passaggio da questo arcipelago, situato a est delle coste iberiche e allora controllato dai musulmani, era motivato non solamente dal desiderio di ulteriore bottino, ma anche da ragioni pratiche: sin dall’antichità, infatti, agli occhi dei naviganti le coste settentrionali del Mediterraneo, caratterizzate da un’inclinazione elevata e dalla presenza di spiagge e calette, risultavano senz’altro più attraenti della sponda nordafricana, segnata da secche, scogli e banchi di sabbia. La navigazione, pertanto, doveva inevitabilmente orientarsi sulla cosiddetta route des îles o «rotta delle isole», un’antica via marittima che, come lascia intendere il nome, costeggiava le maggiori isole del Mediterraneo, Baleari comprese, evitando il più possibile il mare aperto e consentendo così una traversata relativamente sicura e veloce fino in Oriente3.
Stando alle saghe, quando i crociati arrivarono a Formentera la trovarono abitata esclusivamente da pirati «pagani», che usavano l’isola come base per compiere scorrerie contro i cristiani dei paesi vicini; tra loro vi erano sia saraceni (Serkir) che «uomini neri» (Blámenn, letteralmente «uomini blu»), cioè africani. Quello che accadde dopo è raccontato innanzitutto dagli scaldi e specialmente da Halldórr skvaldri, che inserì l’episodio in due distinti componimenti, il già citato Poema sul viaggio all’estero (Útfarardrápa) e il Canto sul viaggio all’estero (Útfararkviða). Di quest’ultimo, in particolare, sopravvive un’unica stanza, che recita:
Apparve Formentera
dinanzi alla prua
del «disturbatore della pace
impaziente in battaglia» [= guerriero].
Lì l’armata degli uomini neri
dovette soffrire
il fuoco e le lame delle spade
prima di incontrare la morte4.
La stanza non presenta particolari problemi di interpretazione, con un’unica kenning semplice («disturbatore della pace impaziente in battaglia»), priva di elementi mitologici e chiaramente riferita a Sigurðr. Ugualmente esplicita è l’allusione a uno scontro armato avvenuto tra i norvegesi e gli «uomini neri», scontro che nell’altro componimento di Halldórr è descritto in termini più elaborati:
«Tu che rafforzi in battaglia» [= guerriero]
dall’alto lasciasti scendere barche davanti
alla «scorciatoia della gigantessa»;
le gesta del signore [= Sigurðr] contro i saraceni sono diventate famose.
E tu, «intraprendente Þróttr
del frastuono dell’assemblea di Göndul»
avanzasti sul pendio verso l’affollata
caverna con i tuoi seguaci5.
Al confronto con la precedente, questa strofa è decisamente più intricata sia sul piano della costruzione che su quello dei riferimenti mitologici. Secondo Halldórr, Sigurðr («colui che rafforza in battaglia») avrebbe fatto calare delle barche davanti a una «scorciatoia della gigantessa», una kenning pressoché impossibile da decifrare se si ignora che, nell’antica mitologia nordica, questi esseri mostruosi erano strettamente connessi con il mondo sotterraneo. Difatti i giganti, oltre a essere «i primi abitatori del mondo, le forze del caos e dell’oscurità, i nemici degli dèi e al contempo i loro progenitori, i possessori di una saggezza antica e profonda»6, erano altresì associati al sottosuolo, a tumuli, rocce, colline e montagne, come rivelano alcuni loro epiteti quali bergrísar («giganti della montagna») e bergbúi («abitatore della montagna»)7. La «scorciatoia della gigantessa» è quindi una grotta o una caverna, davanti alla quale i norvegesi avrebbero fatto ...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. Introduzione
  3. I. Preludio
  4. II. L’avventura comincia
  5. III. Sulla via dell’Occidente
  6. IV. Nel cuore del Mediterraneo
  7. V. L’ombelico del mondo
  8. VI. La Regina delle Città
  9. VII. Epilogo
  10. Bibliografia primaria
  11. Bibliografia secondaria