Essenza della religione
eBook - ePub

Essenza della religione

  1. 124 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

«Il sentimento di dipendenza dell'uomo è il fondamento della religione; l'oggetto di questo sentimento di dipendenza, ciò da cui l'uomo dipende, e si sente dipendente, non è però altro, originariamente, che la natura. È la natura il primo, l'originario oggetto della religione, come è abbondantemente dimostrato dalla storia di tutte le religioni e di tutti i popoli.»(Essenza della religione, § 2)

Scritto nel 1845, Essenza della religione appariva nel 1846 nella rivista "Die Epigonen" e, nello stesso anno, nei Sämmtliche Werke, I, curati dallo stesso Feuerbach.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Essenza della religione di Claudio Cesa, Ludwig Feuerbach, Carlo Ascheri in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Filosofia e Storia e teoria della filosofia. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858145630

L’Essenza della religione

Il presente lavoro è il «trattato» al quale io avevo fatto riferimento nel Lutero, che non si presenta però nella forma di un trattato, ma di pensieri liberi e autonomi l’uno dall’altro. Il tema di cui essi trattano, o, almeno, il punto da cui prendono le mosse, è la religione, la religione, però, il cui oggetto è la natura, dalla quale io ho fatto astrazione sia nel Cristianesimo che nel Lutero – e dovevo, dato l’oggetto della mia ricerca, farne astrazione, perché il nocciolo del cristianesimo non è il Dio nella natura, ma il Dio nell’uomo.

1.

L’ente diverso e indipendente dall’essenza umana o Dio (di cui si è trattato nella Essenza del cristianesimo) – l’ente che non ha essenza umana, proprietà umane, individualità umana – questo ente non è altro, in verità, che la natura12.

2.

Il sentimento di dipendenza dell’uomo è il fondamento della religione; l’oggetto di questo sentimento di dipendenza, ciò da cui l’uomo dipende, e si sente dipendente, non è però altro, originariamente, che la natura. È la natura il primo, l’originario oggetto della religione, come è abbondantemente dimostrato dalla storia di tutte le religioni e di tutti i popoli.

3.

L’affermazione che la religione sia innata nell’uomo, sia naturale, è falsa se sotto il termine generico di ‘religione’ si vogliono far passare le rappresentazioni del teismo13, quelle cioè della vera e propria fede in Dio, ma è invece perfettamente vera se per ‘religione’ non si intende altro che il sentimento di dipendenza – il sentimento o la coscienza dell’uomo di non esistere, né di poter esistere, senza un ente che sia altro, diverso da lui, di non dovere a se stesso la propria esistenza. In questo significato la religione è, per l’uomo, altrettanto necessaria quanto la luce per l’occhio, l’aria per i polmoni, il cibo per lo stomaco. La religione prende a cuore e professa ciò che io sono. Ma io sono soprattutto un ente che non esiste senza luce, senza aria, senz’acqua, senza terra, senza cibo, un ente dipendente dalla natura. Questa dipendenza è inconscia e irriflessa nell’animale, e nell’uomo nel suo stadio animale; farla giungere al livello della coscienza, rappresentarsela, considerarla, riconoscerla, tutto ciò viene espresso con la formula «innalzarsi alla religione». Così, ogni forma di vita è dipendente dall’alternarsi delle stagioni, ma soltanto l’uomo celebra questo alternarsi in rappresentazioni drammatiche, in celebrazioni solenni. Ma queste celebrazioni che non esprimono e non rappresentano altro che l’alternarsi delle stagioni o delle fasi lunari sono le più antiche, le prime, le autentiche professioni religiose dell’umanità.

4.

L’uomo determinato, questo popolo, questa stirpe non dipende dalla natura in generale; non dalla terra in genere, ma da questo suolo e da questo paese, non dall’acqua in genere, ma da quest’acqua, da questo fiume, da questa fonte. L’egiziano non è egiziano fuori dell’Egitto, né l’indiano è indiano fuori dell’India. L’uomo universale fa oggetto di culto la sua essenza universale, che egli considera Dio: e con lo stesso diritto, con pieno diritto gli antichi popoli – limitati nella loro visuale, attaccati al loro suolo con corpo e anima, e che ponevano la loro essenza non nel loro essere uomini, ma nella loro determinatezza di popolo e di stirpe – pregavano quindi, come se fossero entità divine, i monti, gli alberi, gli animali, i fiumi e le fonti del loro paese, perché tutta la loro esistenza, tutta la loro essenza si fondava soltanto sul modo con cui era costituito il loro paese, la loro natura.

5.

È una idea fantastica quella per cui l’uomo avrebbe potuto innalzarsi sopra lo stato bestiale soltanto ad opera della provvidenza, per l’assistenza di forze «superumane», quali sono gli dèi, gli spiriti, i geni, gli angeli. È peraltro vero che l’uomo non è diventato ciò che è per sé solo e per opera propria; aveva bisogno, per questo, del sostegno di altri enti. E questi enti non erano creature soprannaturalistiche e immaginarie, ma enti reali e naturali, e non superiori, ma inferiori all’uomo – come del resto dal basso e non dall’alto, non dai vertici, ma dalle profondità della natura viene tutto ciò che sostiene l’uomo nel suo agire conscio e volontario, in quello che, solo, è chiamato comunemente umano, vengono tutte le sue doti e le sue buone disposizioni. Queste entità ausiliatrici, questi spiriti tutelari dell’uomo erano, in particolare, gli animali. Solo per mezzo degli animali l’uomo si sollevò sopra lo stato animale. Solo sotto la loro protezione e con la loro assistenza poté prosperare la messe della civiltà umana. «Il mondo si regge per l’intelligenza del cane – si dice nello Zend-Avesta, e più precisamente nel Vendidad, che ne è la parte notoriamente più antica e più autentica14 –; se esso non vigilasse le strade, i ladroni e i lupi ruberebbero tutto.» Da questa importanza che gli animali avevano per l’uomo, soprattutto agli inizi della civiltà, trae la sua piena giustificazione il culto di cui essi erano oggetto. Per l’uomo gli animali erano indispensabili, necessari; da essi dipendeva la sua esistenza umana; e ciò da cui dipende la vita e l’esistenza dell’uomo è da questi considerato Dio. I cristiani non hanno più la natura come oggetto di culto: ma ciò deriva unicamente dal fatto che, per la loro fede, la loro esistenza non dipende dalla natura, ma dalla volontà di un ente indipendente da essa; – essi peraltro considerano divino questo ente, e lo pregano come l’ente supremo, soltanto perché lo ritengono l’autore ed il sostegno della loro esistenza, della loro vita. Così il culto di Dio dipende unicamente dal culto che l’uomo ha per se stesso, è soltanto una manifestazione di esso. Se io ho scarsa considerazione per me o per la mia vita – in origine e di solito l’uomo non fa differenza tra sé e la propria vita – come dovrei esaltare e pregare ciò da cui dipende questa vita miserabile e spregevole? Nel valore che io attribuisco alla causa della vita è quindi oggetto della coscienza soltanto quel valore che io attribuisco inconsciamente alla mia vita, a me stesso. Quanto più è alto il valore della vita tanto più crescono in valore e in dignità i dispensatori dei doni della vita, gli dèi. E come potevano gli dèi risplendere nell’oro e nell’argento finché l’uomo non conosce il valore e l’uso dell’argento e dell’oro? C’è una bella differenza tra la pienezza vitale e l’amore per la vita dei greci e lo squallore della vita, il disprezzo che per essa hanno gli indiani; ma quale differenza, anche, tra la mitologia greca e le favolose narrazioni indiane, tra l’olimpico padre degli dèi e degli uomini e il grande opossum indiano, o il serpente a sonagli, il gran padre degli indiani!

6.

I cristiani si allietano della vita tanto quanto i pagani, ma le loro preghiere di gratitudine per i piaceri della vita sono dirette in alto, al padre celeste; essi muovono ai pagani il rimprovero di idolatria proprio per il fatto che questi ultimi si arrestano, nel loro rendimento di grazie e nelle loro preghiere, alla creatura, senza innalzarsi alla causa prima, all’unica autentica causa di tutti i benefici. Ma devo io la mia esistenza ad Adamo, il primo uomo? Lo venero come mio padre? E perché non dovrei arrestarmi alla creatura? Non sono anch’io una creatura? Forse che per me – che non ho origini tanto lontane, per me, questo ente determinato e individuale – non è causa ultima la causa prossima, questa causa determinata, individuale come me? Forse che la mia individualità, inseparabile e indistinguibile da me e dalla mia esistenza, non è dipendente dalla individualità di questi miei genitori? Se io continuo ad andare a ritroso non finisco col perdere ogni traccia della mia esistenza? Non c’è forse qui un punto limite, un punto nel quale l’andare a ritroso deve arrestarsi? Il primo inizio della mia esistenza non è forse assolutamente individuale? Sono stato io forse concepito nello stesso anno, nella stessa ora, nello stesso stato d’animo, e, per farla breve, nelle stesse condizioni interiori ed esteriori nelle quali è stato concepito mio fratello? Forse che anche la mia origine non è mia propria, individuale, proprio come la mia vita è mia senza alcun dubbio? Devo io forse far arrivare il mio amore filiale fino ad Adamo? Nemmeno per sogno. Io ho tutte le ragioni di fare oggetto di devozione religiosa, perché cause della mia esistenza, soltanto gli enti a me più prossimi, questi miei genitori.

7.

Esiste soltanto nel pensiero, nella rappresentazione dell’uomo quella serie ininterrotta delle cosiddette cause (o entità) finite che gli atei di un tempo consideravano indefinita, e i teisti invece finita – e lo stesso vale per il tempo, nel quale, senza pause e senza differenza, un momento si dispone dietro l’altro. Nella realtà la noiosa univocità di questa serie causale viene interrotta e tolta dalla differenza, dalla individualità delle cose, che è qualche cosa di nuovo, di autonomo, di unico, di definitivo, di assoluto. È vero che quell’acqua che la religione naturale considerava divina è una sostanza composta, derivata da ossigeno ed idrogeno – ma essa è ad un tempo una natura nuova, eguale solo a se stessa, originale, nella quale le proprietà dei due elementi sono per se stesse scomparse, sono tolte. È vero che la luce lunare, quella che il pagano nella sua ingenuità religiosa venera come una luce che abbia in sé la sua fonte, è derivata – ma essa è ad un tempo diversa dalla diretta luce solare, è una luce con propri caratteri, modificata dalla resistenza della luna – una luce, insomma, che non sarebbe se non esistesse la luna, e la cui peculiarità soltanto in quest’ultima ha la sua radice. È vero che il cane, che, per la sua vigilanza, la sua devozione e la sua fedeltà viene invocato dal parso nelle sue preghiere come un ente benefico e quindi divino, è una creatura naturale, che non è ciò che è da sé e mediante se stesso; ma è pur vero che è soltanto il cane, questo ente, e non altro, a possedere quelle venerabili proprietà. E io devo, per queste proprietà, volgere lo sguardo alle cause prime e universali, e voltar le spalle al cane? Ma la causa universale è, indifferentemente, sia la causa del cane, amico, che del lupo, nemico dell’uomo, il cui esistere, ad onta della causa universale, va da me soppresso se io voglio conservare il mio proprio esistere, che ha una più alta legittimità.

8.

L’essenza divina che si manifesta nella natura non è altro che la natura stessa che si manifesta, si mostra e si impone all’uomo come un ente divino. Gli antichi messicani avevano, tra i loro molti dèi, anche un dio15 del sale. Questo dio del sale ci svela in modo nettamente sensibile l’essenza del dio della natura in genere. Il sale (salgemma) ci rappresenta, nelle sue utilizzazioni economiche, terapeutiche e tecnologiche quell’aspetto utile e benefico della natura che è tanto esaltato dai teisti; nell’impressione che esso esercita sull’occhio e sull’animo, nei suoi colori, nel suo splendore, nella sua trasparenza ci rappresenta la bellezza di essa, nella sua struttura e forma cristallina l’armonia e la simmetria, nella sua composizione da elementi opposti la connessione degli elementi opposti della natura in un tutto – una connessione che i teisti hanno sempre preso per una prova irrecusabile dell’esistenza di un reggitore della natura che fosse diverso da essa, perché, per ignoranza della natura, non sapevano che ad attrarsi, e a congiungersi, senza interventi esterni, in un tutto, sono proprio gli elementi e le sostanze opposte. Ma che cos’è allora il dio del sale? È forse il dio la cui sfera, il cui esistere, la cui rivelazione, le cui virtù, le cui proprietà sono contenute nel sale? Esso non è altro che il sale, quel sale che per le sue proprietà e le sue virtù appare all’uomo come un ente divino, il che vuol dire benefico, splendido, prezioso e ammirevole. Omero chiama espressamente «divino» il sale. Come dunque il dio del sale è soltanto l’impressione e l’espressione della divinità o della natura divina del sale, così anche il dio del mondo o della natura in generale è soltanto l’impressione e l’espressione della divinità della natura.

9.

La credenza che nella natura si esprima un ente diverso dalla natura stessa, che la natura sia penetrata e dominata da un ente diverso da lei, questa credenza è fondamentalmente identica con quella per cui spiriti, demoni, diavoli si manifestano, almeno in certe situazioni, per mezzo dell’uomo, e lo possiedono – è, di fatto, la credenza che la natura sia posseduta da un ente estraneo, da una sorta di spirito. E si può ben dire che, in questa prospettiva, la natura sia davvero posseduta da uno spirito, ma questo spirito è lo spirito dell’uomo, la sua fantasia, il suo animo, che si introduce involontariamente nella natura, e fa di essa un simbolo e uno specchio della sua essenza.

10.

La natura è non soltanto l’oggetto primo e originario della religione – essa ne è anche lo stabile principio, il sottofondo permanente, anche se non palese. La credenza che Dio, anche se esso viene rappresentato come un ente soprannaturale e diverso dalla natura, abbia un’esistenza indipendente da quella dell’uomo, che sia, come dicono i filosofi, un ente oggettivo, ha la sua radice solo nel fatto che in origine è considerato Dio l’ente oggettivo, l’ente che esiste fuori dell’uomo, cioè il mondo, la natura. L’esistenza della natura non si fonda, come si illude il teismo, sull’esistenza di Dio – nemmeno per sogno, è proprio il contrario: l’esistenza di Dio, o piuttosto la fede nella sua esistenza, ha il suo unico fondamento nell’esistenza della natura. Tu sei costretto a pensare Dio come un ente esistente soltanto perché sei costretto dalla natura a presupporre alla tua esistenza e alla tua coscienza l’esistenza di essa – e il primo concetto base di Dio non è appunto nient’altro che questo, che esso è l’esistenza che precede la tua, che ne è il presupposto. In altri termini: nella credenza che Dio abbia esistenza fuori del cuore e della ragione dell’uomo, che esso esista e basta, indipendentemente dal fatto che l’uomo sia o non sia, lo pensi o non lo pensi, lo desideri o non lo desideri, in questa credenza, o, piuttosto, nell’oggetto di essa tu non hai in testa alcuna essenza ch...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Nota bio-bibliografica
  3. L’Essenza della religione