Uno su quattro
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Uno su quattro

Storie di ragazzi senza studio né lavoro

  1. 128 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Uno su quattro

Storie di ragazzi senza studio né lavoro

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Informazioni sul libro

Sono il 29% dei ragazzi italiani tra i 18 e i 24 anni. Un milione e duecentomila giovani italiani non studiano e non lavorano. Ma le statistiche ci forniscono numeri disincarnati. Questo libro prova a partire dalle persone, dalle loro storie. Dai nomi e dai cognomi di cinque ragazzi, dai loro numerosi, tenaci tentativi di dare un senso alle loro giornate. Ogni storia raccontata è un grido d'accusa.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788858136751
Argomento
Economics

Capitolo 1.
Crotone. Storia di Fabrizio De Leo,
scrivano, corriere, lavapiatti.
E di un pollo andato a male

Arriva ogni sabato, verso sera, il momento in cui devi guardarti allo specchio. E vedere chi sei.
– Ultimamente sono stanco anche di presentarmi, dice Fabrizio a quell’ora.
– Presentarti?
– Sai nelle situazioni pubbliche? Certe volte mi invento di essere un pubblicitario. Oppure racconto che sono un freelance. Ma freelance di che?
Da quasi tre ore stiamo girando in auto come se ci fossimo persi dentro alla città. Quartiere Gesù. Stadio Ezio Scida. Ancora l’ospedale, lo stesso benzinaio dell’Agip di via 25 Aprile. Giriamo in tondo mentre viene buio. E per una specie di forma di autodifesa che ti impone sempre di cercare una consolazione, fra tutte le cose che potrei dire mi viene in mente la più stupida.
– Ma l’amore, almeno?
– Le ragazze mi danno il visualizzato. Leggono il messaggio. Tu vedi che l’hanno letto. Però non rispondono.
– Perché?
– Non guadagno, non interesso. Non ricordo più nemmeno il profumo di una donna.
Statale Ionica 106. Odore di immondizia marcia. Un albergo sventrato. La Bottega della Bufala. Tre ragazze nigeriane stanno facendo autostop sul ciglio della strada, proprio nel punto in cui la carcassa di un cane randagio obbliga tutti a rallentare. Adesso viaggiamo in silenzio. Con la radio in sottofondo. Non sappiamo più cosa dire. Ogni viaggio in auto assomiglia sempre a una seduta psicanalitica.
– È brutto quando torni a casa e per cena c’è solo pane.
Fabrizio tiene gli occhi al finestrino, lato montagne. Abita su quel versante.
– Anzi, no – si corregge con lo stesso tono monocorde. – La cosa peggiore in assoluto, la più brutta di tutte, è quando tuo padre ti guarda come se fossi un fallito.
– Che lavoro fa tuo padre?
– Ora nessuno. Però è stato il proiezionista alla sala Raimondi. Ha ancora il tesserino. È stato uno dei migliori.
– E dopo?
– Poi è andato a lavorare in un autosalone di Catanzaro, fino a quando ha chiuso. Scriveva anche canzoni molto belle. La mia preferita si intitola La partenza.
Alla radio trasmettono Jovanotti. Oh, vita!
– E tu?
– Io cosa?
– Tu cosa fai?
– Mi alzo alle 6, leggo un libro, porto il caffè a mia madre, prendo il pullman e cerco di stare fuori tutto il giorno.
Piove dall’altra notte. Spilli fitti. Pozzanghere marroni. Il cielo adombra il mare. In centro alla baia di Crotone, due piattaforme per l’estrazione di gas metano occupano l’orizzonte. La spiaggia è deserta e sulla passeggiata puoi incontrare solo un ragazzo pakistano con il suo carretto, con sopra cover per l’iPhone e cavetti telefonici a 2 euro l’uno. Sta al riparo sotto una mantellina di plastica trasparente, completamente sfocato sotto la luce debole di un lampione.
Poco più avanti, in direzione del porto, c’è la statua in memoria di Rino Gaetano. Bisogna andare a vederla: è circondata da una colonia di gatti e da qualche bottiglia di birra vuota.
Rino. I capelli lunghi. La tuba in testa. Suona ancora l’ukulele. Ogni giorno. Ogni notte. Per sempre. E da qui aveva incominciato. Era nato in questa casa davanti al mare, il 29 ottobre 1950. Un bambino del Meridione italiano, che avrebbe imparato bene tutto quello che c’era da sapere. Che poi, è esattamente tutto quello che vale ancora adesso: «Chi vive in baracca, chi suda il salario. Chi ama l’amore e i sogni di gloria...».
Crotone è la città italiana con la più alta percentuale di disoccupazione giovanile: 65,1%. In tutta Europa nel 2017 solo altri due posti hanno fatto registrare dati peggiori. Ma sono Ceuta e Melilla, enclave spagnole in Marocco, due città europee in terra d’Africa. Mentre questa è Italia, Europa. Questa è Calabria, Magna Grecia, Kroton, Crotone. La capitale dei Neet.
Questi siamo noi.
Al Bar Florida servono quegli aperitivi con cannucce colorate accompagnati da canestri ricolmi di patatine svuotate direttamente dal pacchetto. È in piazza Berlinguer, a metà del lungomare, davanti a una fila di palme rinsecchite e un parcheggio vuoto.
Con Fabrizio ci fermiamo a parlare qui. Non c’è alcun dubbio sul fatto che questo, e nessun altro, sia il posto giusto per incominciare il viaggio.
– Il mio primo lavoro è stato lo scrivano per un tipo che faceva denunce.
– Lo scrivano?
– Esattamente. Lui buttava giù il testo a penna, ma non sapeva usare il computer. Il mio compito era trascrivere. Non capivo molto bene quella roba, secondo me era un po’ strana: fogli del catasto, dati anagrafici, numeri, indirizzi. Quel signore si faceva i cazzi degli altri, in parole povere. Era una cosa grottesca, alla Gogol’. Andavamo in biblioteca al pomeriggio. Lui si sedeva accanto a me e dettava lentamente con la voce da prete. Io battevo al computer, cercando di non farmi troppe domande. Ma sentivo che controllava alle mie spalle. Avvertivo la sua ansia. Ogni tanto mi parlava nell’orecchio: «Fabrizio, madonna mia, ti prego». Faceva un lungo respiro affannato, tipo un rantolo da moribondo, che concludeva, immancabilmente, così: «Una virgola sbagliata e quelli ci inculano!». È stata la vera lezione – dice Fabrizio. – Siamo andati avanti così per sei mesi. Per ogni pagina, mi dava 1 euro.
Fabrizio De Leo ha una faccia da ciclista in salita. Anche adesso, però, seduto a un tavolino del Florida. Pallido. Naso affilato. Gli occhi marroni come il cuoio quando si consuma. Figlio del proiezionista Giulio De Leo e della donna delle pulizie Gianfranca Stabile, all’età di 26 anni si ritrova già qualche capello grigio sulle tempie. Ha preso il diploma all’Istituto tecnico Sandro Pertini, prima di iniziare la sua carriera di lavori assurdi. Il fratello maggiore lavora saltuariamente in un negozio di elettrodomestici. E tutti quanti i componenti della famiglia De Leo, lui, il fratello Damis, la madre Gianfranca e il padre Giulio – entrambi ormai disoccupati – avrebbero da pagare il mutuo della casa in cui vivono in località Poggio Pudano, alla periferia sud della città. Ma non ci riescono da cinque anni.
– Quando hai smesso di fare il trascrittore?
– Appena ho trovato un lavoro in subappalto per un corriere molto importante, grazie a un amico di un mio amico. Il tipo diceva di essere assunto, ma non ce la faceva a sbrigare tutte le consegne. Ogni sera mi dava l’appuntamento per il giorno dopo. Faccio un esempio: alle 9 in via Matteotti angolo via Libertà. Salivo sul furgone di nascosto e stavo in mezzo ai pacchi. Durante i tragitti, leggevo. Aiutavo a scaricare la merce. Prendevo 5 euro al giorno.
– Altri lavori?
– Raccoglitore d’arance. Taglialegna. Cameriere al Gambero Rosso per 20 euro al giorno di paga. Libraio alla Mondadori, ma solo per la scolastica. Il Call Center Abramo, che qui è una specie di istituzione. Per due anni il mio compito è stato vendere promozioni telefoniche della Tim e nel conteggio finale, fra chiamate positive e negative, arrivavo a guadagnare 300 euro al mese. A gennaio del 2015, con il mio amico Giuseppe, sono andato a Roma per tre mesi a vendere pubblicità per il sito di una radio che mi sembra si chiamasse Roma Web Channel. Ma era una truffa così grande che il titolare, quello che ci aveva fatto il colloquio di assunzione, non aveva nemmeno i soldi per pagarci il viaggio di ritorno. Ci ha liquidato con 50 euro trattandoci come dei pezzenti. Ricordo quella notte sul pullman, attraverso l’Italia, come una delle notti più tristi della mia vita. Avevo le lacrime agli occhi. Tornavamo indietro. Mi sentivo davvero un fallito. Ma stavo male anche perché a Roma, in Sinagoga, avevo conosciuto una ragazza di nome Leah, e una notte avevamo dormito vicini. È stata una delle cose più emozionanti che mi siano mai successe. Te lo giuro. Qui a Crotone puoi scordarti un’esperienza del genere, e...
– Perché non hai continuato a studiare?
– Perché mio padre ha perso il lavoro nell’estate in cui volevo iscrivermi alla facoltà di Lettere a Cosenza. Per un po’ ho frequentato un corso di scenografia a Catanzaro, ma poi anche il costo del biglietto del treno è diventato un problema.
Fuori adesso è buio. Di un buio che non lascia punti di riferimento. Fabrizio, appena si ricorda di se stesso, si difende con uno di quei sorrisi preventivi con cui tappezza le sue giornate. Come se dovesse sempre chiedere scusa per quello che non è. Per quello che non riesce ad essere. Ed anche per quello che gli passa nel cuore. Ma all’improvviso una vampata di luce gli incendia lo sguardo e lo scuote, un fulmine rabbioso che scarica giù mille scintille.
– Scusa se mi permetto – dice con la voce un po’ traballante. – Adesso posso fartela io una domanda? Perché continui a chiedermi se è vero quello che ti sto raccontando della mia vita? Non capisco. Sei aggiornato su come funziona qui al Sud? No, perché, scusa, venite con le vostre domande di cui conoscete già benissimo le risposte. Con questa faccia incredula. Sembra che voi del Nord entriate in un mondo parallelo.
Il cameriere porta due birre. Una media chiara e una piccola rossa, mentre i ragazzi iniziano ad affollare il locale.
Fabrizio non è molto a suo agio. Si guarda intorno. Fa sempre attenzione a quelli che entrano. Ogni tanto lancia un cenno di saluto, ma è un saluto muto, goffo, uno di quei gesti fraintendibili che si possono raccogliere e anche lasciar cadere. Allora ripenso a quello che mi aveva detto in auto, sulla sua stanchezza di presentarsi. Sulla fatica nel pronunciare anche il suo nome.
– Qui al Florida vengono soprattutto quelli che hanno successo – dice Fabrizio. – Io non ci vengo quasi mai. A Crotone per essere un re devi guadagnare 500 euro al mese. Con quella cifra sei stimato, uno da sposare. Ti indicano sul lungomare il sabato sera, mentre vestito bene ti prendi una birra al bancone e ti metti in mostra con la tu...

Indice dei contenuti

  1. Prologo
  2. Capitolo 1. Crotone. Storia di Fabrizio De Leo, scrivano, corriere, lavapiatti. E di un pollo andato a male
  3. Capitolo 2. Ostia. Storia di Micaela C. Del panico all’improvviso. Di un fidanzato musulmano. E del giorno in cui ha guadagnato di più in tutta la sua vita
  4. Capitolo 3. Storia di F. In un posto che non si può dire. E della paura di perdere tutto, anche se stessi
  5. Capitolo 4. Pontelangorino, Ferrara. Storia di Denis, giocatore di pallone con le gambe magre. Bocciato in prima media nel piccolo paese teatro di un duplice omicidio
  6. Capitolo 5. Torino. Storia di Ernesto. Di un lavoro da stagista all’Ikea e della rabbia che non c’è
  7. Conclusioni
  8. Ringraziamenti
  9. Ultime notizie dalla battaglia