I disturbi alimentari
eBook - ePub

I disturbi alimentari

  1. 264 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Le pratiche e le tecniche psicoterapeutiche per affrontare le principali patologie legate all'alimentazione. Secondo le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la terapia cognitiva è il trattamento psicoterapeutico migliore per i disturbi alimentari. È un metodo di cura che nella formula standard privilegia il trattamento della sopravvalutazione del peso e dell'aspetto corporeo nella costruzione dell'autostima e per combattere il timore pervasivo di non essere perfetti in ogni aspetto della vita. Il libro propone una variante originale del trattamento cognitivo dei disturbi alimentari con un modello che aggiunge alle normali componenti tre nuovi bersagli terapeutici: il primo è rivolto a sedare i processi di rimuginio; il secondo si concentra sulla tendenza patologica a controllare non solo l'alimentazione ma ogni aspetto della vita; l'ultimo è invece teso a intervenire sulle esperienze relazionali, in particolare quelle che riguardano le critiche e i commenti subìti da parte delle figure di riferimento, come per esempio i genitori. Il nuovo approccio permette di migliorare la comprensione della patologia dei disturbi alimentari e incrementare l'efficacia del trattamento. Il volume raccoglie riflessioni e analisi di un pool internazionale di esperti della materia.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a I disturbi alimentari di Giovanni Maria Ruggiero, Sandra Sassaroli, Rossella Guerini in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Psychology e Clinical Psychology. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858116081

Capitolo 1. Bisogno di controllo, compulsione al controllo e tendenza al rimuginio nei disturbi del comportamento alimentare

di Sandra Sassaroli e Giovanni Maria Ruggiero
Il tema del presente capitolo è l’ipotesi del controllo e del rimuginio (worry) nei disturbi alimentari, il loro ruolo psicopatologico, nonché il retroterra teorico che ci ha indotto a focalizzare l’attenzione su questi due aspetti del pensiero negativo. Il capitolo è scritto secondo un approccio puramente cognitivo-comportamentale. Da un punto di vista cognitivo, la sintomatologia dei disturbi alimentari può essere ridotta a un’eccessiva preoccupazione per il tema della perfezione, dell’autostima e del controllo e a un legame peculiare tra tali credenze cognitive e le condotte alimentari. Soggetti con disturbi alimentari sono spesso alla ricerca del controllo (Bruch 1973, 1982). Il senso di controllo è spesso ottenuto attraverso il costante monitoraggio di un certo parametro, quale può essere la percezione corporea nel panico, il pensiero intrusivo nell’ossessività e così via. Nel caso dei disturbi alimentari un simile parametro sembra consistere in preoccupazioni legate al cibo, al peso e alla forma corporea (Fairburn, Harrison 2003). Come spiegato da Slade (1982), le restrizioni alimentari incrementano il senso soggettivo di esercitare il controllo. Inoltre controllo, perfezionismo e bassa autostima sono tutte forme di una tendenza nevrotica al pensiero negativo. Di conseguenza è naturale domandarsi se il rimuginio, che è la forma più tipica di pensiero negativo, sia presente nei disturbi alimentari. Una parte del capitolo si focalizzerà specificamente sul problema della relazione tra controllo e stress, fattore che frequentemente diminuisce il livello di controllo percepito in soggetti affetti da disturbi alimentari. Per tale ragione, lo stress è spesso un evento precipitante nello sviluppo di un disturbo alimentare.

Il controllo nei modelli cognitivi

La credenza nella necessità di controllo deriva dal più generale concetto psicologico di controllo, che è stato definito come l’avvertire una relazione tra uno stato intenzionale e un esito esterno o interno (Seligman 1975). Skinner (1996) lo ha chiamato «senso di controllo» e lo ha ricondotto alla valutazione da parte di un individuo del livello di controllo disponibile in un contesto.
Nel modello clinico cognitivo il tema del controllo si connette tanto a capacità di autoregolazione di stati interni quanto a quella di influenzare eventi esterni. La sensazione di avere il controllo si associa a uno stato di benessere psicologico (Steptoe, Appels 1989), mentre l’incapacità di esercitare un controllo cognitivo ed emotivo costituisce un fattore fondamentale nell’insorgenza di disturbi emotivi. Nel suo noto saggio Langer (1975) ha mostrato che individui non affetti da disturbi emotivi tendono a sovrastimare la misura in cui esercitano il controllo su eventi e situazioni, spesso ritenendo di avere un buon controllo perfino su una situazione che di fatto è governata dal caso.
Thompson (1999) sottolinea che ci sono alcuni fattori che incoraggiano un giudizio di accresciuto controllo. Tale ipotesi è confortata da un’affascinante serie di studi. Per esempio, Langer (1975) ha dimostrato che alcuni individui tendevano a rifiutare l’opportunità di scambiare un biglietto scelto personalmente, anche se tale scambio avrebbe verosimilmente incrementato le possibilità di una vincita. Probabilmente, l’atto di scegliere personalmente un biglietto è legato a un senso di controllo, che è attraente e convincente sul piano emotivo. D’altro canto, un biglietto non scelto personalmente è privo di questa qualità emotiva, anche se, da un punto di vista strettamente razionale, accresce le nostre possibilità di vittoria.
Tuttavia gli individui non manifestano una tendenza indiscriminata a sovrastimare il proprio controllo percepito. Infatti, è probabile che tali individui considerino il controllo da loro esercitato come maggiore in quei contesti caratterizzati da coinvolgimento personale, familiarità, preveggenza dell’esito desiderato e una focalizzazione sul successo. Il coinvolgimento personale si riferisce a situazioni in cui gli individui sono agenti attivi e non spettatori passivi. Per esempio, guidare un’automobile può stimolare un senso di controllo maggiore di quello che si prova nell’essere un passeggero su un aereo. La familiarità si riferisce al fatto che quando le circostanze sono ben note all’agente, quest’ultimo può facilmente percepire un controllo maggiore sugli eventi. La preveggenza dell’esito desiderato pone in rilievo l’importanza di avere un’idea chiara dell’esito desiderato durante i compiti. Questa chiarezza in merito all’esito produce negli individui un maggiore senso di controllo. Infine, la focalizzazione sul successo si contrappone alla focalizzazione sulla perdita e il fallimento. Se il compito è finalizzato a ottenere un successo piuttosto che a evitare un danno, il senso di controllo è più elevato.
Tutti questi fattori menzionati sono essenziali alla comprensione della ragione per cui in molti disturbi emotivi è presente una tipica percezione di un controllo insufficiente. Per esempio, soggetti affetti da disturbi emotivi tendono a sottovalutare la propria capacità di controllare eventi e sentimenti. A dire il vero, almeno nel caso della depressione, sarebbe più corretto dire che gli individui depressi tendono a esibire una valutazione realistica del loro controllo sugli eventi esterni, mentre individui non depressi tenderebbero invece a sovrastimare il proprio controllo (Alloy, Abramson 1979). Questi dati inducono a ipotizzare che sia all’opera una salutare esigenza di sovrastimare il controllo in particolari condizioni, quali una situazione familiare, una forte focalizzazione sul successo, situazioni in cui l’esito desiderato è già ben noto e quelle in cui si portano avanti azioni in prima persona. In tali condizioni sovrastimare il controllo è tendenzialmente conveniente e ragionevole da un punto di vista pragmatico, quantunque non sia razionalmente corretto. D’altro canto, individui depressi non riescono a prendere le distanze da un pessimismo realista, anche quando questo risulti dannoso.
Gli individui depressi non sono i soli ad avvertire il senso pessimistico di un controllo insufficiente. Anche gli ansiosi possono sperimentare lo stesso disagevole sentimento. Nel loro caso la mancanza di controllo è connotata dall’ansia delle possibili conseguenze della perdita di controllo. Esiste, infatti, un nesso logico tra credenze cognitive concernenti il controllo insufficiente e sentimenti ansiosi. Gli ansiosi presentano molti dei fattori elencati da Thompson (1999). Concentrano il loro senso di controllo non già sul successo ma sulla perdita, l’evitamento, il pericolo e il danno. Inoltre manifestano uno scarso senso di coinvolgimento personale nell’ansia connessa alle situazioni, nonché idee confuse circa l’esito di eventi paventati (Barlow 2002). Molti modelli teorici e ricerche empiriche hanno concettualizzato e indagato l’ansia in quanto percezione di assenza di controllo. Soggetti che soffrono di disturbi d’ansia giudicherebbero il mondo pericoloso e loro stessi come vulnerabili, considerando insufficiente il livello di controllo da loro esercitato su eventi esterni o reazioni interne (Barlow 2002; Basoglu, Mineka 1992; Foa, Zinbarg, Rothbaum 1992; Mineka, Zinbarg 1996; Rapee et al. 1996; Shapiro, Astin 1998, p. 23). Barlow (2002) propone che la percezione di una mancanza di controllo su minacce «esterne» (per esempio, eventi, oggetti o situazioni che incutono timore in qualsiasi individuo) e/o il controllo su reazioni corporee ed emotive «interne» negative sono fattori centrali nell’insorgenza di problemi di ansia. Mantenere il controllo sul mondo esterno e sugli stati interni è infatti un bisogno umano fondamentale. Quando tale bisogno non è soddisfatto, si sperimentano sentimenti di paura e ansia (Bandura 1977; Deci, Ryan 1985).

Dalla mancanza di controllo al desiderio di controllo

Una possibile critica al modello dell’ansia centrato sul controllo potrebbe essere che tale teoria si focalizza solo sul senso di una mancanza di controllo. Infatti, la mancanza di controllo percepita può condurre a condotte di evitamento, come nel caso di alcuni disturbi d’ansia. L’ansia si lega a credenze che etichettano gli eventi e le situazioni come incontrollabili. Tuttavia gli individui possono reagire differentemente quando avvertono una perdita di controllo. È anche vero, però, che un giudizio di controllo insufficiente può generare non già l’evitamento ma un desiderio di accrescere il controllo o una compulsione ossessiva a riguadagnarlo.
D’altro canto alcuni individui possono aggiungere a questa percezione ansiosa un elevato impegno a essere responsabili di ogni situazione in cui si trovano coinvolti. Questo atteggiamento può generare l’esatto opposto dell’evitamento e della fuga, vale a dire una ricerca di controllo assoluto e la credenza che un tipo di controllo assoluto e totale possa essere conseguito. Tali individui possono credere che il proprio livello di controllo sia insufficiente ma anche ritenere che il controllo sia possibile, conseguibile e necessario. Non si tratta, dunque, soltanto di un senso ansioso di controllo insufficiente ma anche di un desiderio di controllo. Tale credenza può essere ricondotta a una compulsione al controllo (Sassaroli, Ruggiero 2002); essa è tanto distorta quanto la credenza ansiosa che il controllo sia totalmente assente, e corrisponde al «desiderio di controllo» o alla «desiderabilità di controllo» (Burger, Cooper 1979). In effetti, in genere il desiderio di controllo è correlato positivamente alla percezione di controllo (Burger 1992). Tuttavia, vi sono prove teoriche ed empiriche del fatto che quando il livello di controllo percepito da un individuo non raggiunge quello che egli desidera, questi può sperimentare conseguenze psicologiche negative (Burger 1992; Conway, Vickers, French 1992; Garant, Alain 1995; Wilkinson, Camove 1992). A nostro giudizio, questo desiderio di controllo genera non soltanto ansia ma anche condotte compulsive finalizzate al recupero del controllo. Pertanto la nostra ipotesi è che il desiderio di controllo sia correlato non solo con l’ansia, ma anche con l’ossessività.
Moulding e Kyrios (2006) sono gli studiosi che hanno accertato l’esistenza di una correlazione significativa tra desiderio di controllo, sintomatologia ossessiva e relative credenze ossessive, quali ad esempio il senso di responsabilità. Inoltre, la manipolazione sperimentale del senso di responsabilità aumenta il livello di desiderio di controllo. Questi risultati inducono a ipotizzare un possibile ruolo etiologico svolto dal desiderio di controllo nella genesi di credenze e condotte ossessive. La percezione di controllo può costituire un fattore determinante nella motivazione a mettere in atto compulsioni e ad alimentare un senso ossessivo di responsabilità personale; ed è maggiormente probabile che individui che tentano di controllare una situazione si ritengano responsabili delle conseguenze delle loro azioni (Moulding, Kyrios, Doron 2007).
Questo desiderio di controllo sembra essere una variabile unidimensionale. È vero che inizialmente Burger e Cooper (1979) suddivisero il desiderio di controllo in tre sottodomini: il desiderio di prendere le proprie decisioni, il desiderio di compiere azioni preventive atte a garantire che le situazioni non sfuggano di mano, il desiderio di evitare situazioni in cui altri abbiano il controllo. Di conseguenza essi costruirono una scala per valutare questa variabile cognitiva – uno strumento psicometrico denominato «scala di desiderabilità di controllo» – in grado di replicare questa struttura a tre dimensioni. Tuttavia successivi studi di analisi fattoriale non hanno confermato tali sottodomini. Di conseguenza Burger (1992) è giunto alla conclusione che sia legittimo considerare il desiderio di controllo come un costrutto unidimensionale.
Nel 2002 Gebhardt e Brosschot hanno nuovamente tentato di proporre una definizione a tre dimensioni, e hanno effettivamente identificato una struttura a tre fattori nello strumento di Burger e Cooper. Le tre dimensioni erano: a) il «controllo degli altri», che misura il desiderio di dirigere e controllare gli altri e pone in rilievo aspetti quali dominanza, coping attivo1 e adattamento psicologico; b) il «controllo di se stessi», che misura il desiderio di controllare la propria vita ed è principalmente correlata con l’autosufficienza e l’indipendenza; c) la «rinuncia al controllo», che misura il desiderio di delegare ad altri il controllo ed è associato a coping passivo e scarso adattamento psicologico. «Controllo degli altri» e «controllo di se stessi» sono risultate ambedue correlate negativamente con strategie d’evitamento e schemi di reazione depressiva. Invece, la «rinuncia al controllo» è risultata positivamente correlata con strategie d’evitamento e uno schema di reazione depressivo. In conclusione, le tre dimensioni del desiderio di controllo di Gebhardt e Brosschot completano la definizione di desiderio di controllo. Ma in termini di rilevanza clinica la definizione unidimensionale appare ancora utile. Il punteggio totale ottenuto dallo strumento di Gebhardt e Brosschot fornisce infatti risultati non dissimili da quelli delle tre sottoscale.

Il controllo nei disturbi alimentari

Da un punto di vista cognitivo la sintomatologia dei disturbi alimentari può essere ridotta a...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Capitolo 1. Bisogno di controllo, compulsione al controllo e tendenza al rimuginio nei disturbi del comportamento alimentare
  3. Capitolo 2. Il controllo nei disturbi alimentari secondo la teoria dei costrutti personali
  4. Capitolo 3. Il trattamento dei disturbi alimentari centrato su controllo e rimuginio
  5. Capitolo 4. Patogenesi dei disturbi da alimentazione incontrollata: perdita di controllo, impulsività e intolleranza alle emozioni
  6. Capitolo 5. Criticismo genitoriale, responsabilità e umiliazione nei disturbi alimentari
  7. Capitolo 6. L’ipotesi della coerenza centrale debole nell’anoressia nervosa
  8. Capitolo 7. L’impulsività nei disturbi alimentari
  9. Capitolo 8. Terapia cognitivo-comportamentale di gruppo in adolescenti ospedalizzate per disturbi del comportamento alimentare
  10. Capitolo 9. Approccio eclettico cognitivo e psicodinamico per gruppi di genitori di pazienti con disturbi alimentari
  11. Capitolo 10. Un approccio integrato al trattamento della bulimia nervosa: la terapia cognitivo-comportamentale con un approccio dinamico
  12. Capitolo 11. Il trattamento farmacologico dei disturbi alimentari
  13. Gli autori