I caratteri elementari della comunicazione
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I caratteri elementari della comunicazione

  1. 192 pagine
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I caratteri elementari della comunicazione

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Informazioni sul libro

Con chiarezza e capacità di sintesi, Graziella Priulla elenca gli elementi di base che consentono di interpretare il ruolo chiave della comunicazione nel mondo contemporaneo e trasferire la natura astratta del termine nella concreta esperienza di ognuno. La qualità del volume è quella di offrire un quadro propedeutico alla conoscenza del tema e prospettare gli ambiti di interesse, i processi e i contesti diversi – dalla politica alla pubblicità, alla moda – che sono coinvolti nel campo complesso della comunicazione.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858115435

1. Per introdurre: alcune definizioni

L’homo sapiens è un essere sociale, e lo è in due sensi: gli è impossibile estraniarsi completamente dal contesto a cui appartiene, e ha un bisogno insopprimibile di relazioni, di solidarietà, di appartenenze. Realizza queste sue vocazioni attraverso la comunicazione, elemento fondamentale della vita umana e delle interazioni, necessità al contempo individuale e sociale.
«Comunicazione: termine che ha un gran numero di accezioni»; così iniziava la voce dell’Encyclopédie, scritta da Denis Diderot nel 1793. Il termine oggi è ancor più usato, eppure paradossalmente ancor più difficile da definire: che cos’è la comunicazione? A partire dal Novecento la domanda ha assunto un peso particolare, per la rilevanza che i mezzi di comunicazione hanno nel nostro mondo.
Una definizione ristretta vuole che comunicazione si realizzi solo quando abbiamo intenzione/volontà di inviare/ricevere un messaggio (altrimenti si parlerebbe di ‘comportamento’); una definizione ampia invece sostiene che ogni azione umana, anche involontaria, abbia aspetti comunicativi.
L’etimologia del termine comunicazione1 è la stessa di ‘comunità’, ‘comunione’, ‘comune’, ‘comunismo’: tutti termini che implicano reciprocità, mettere o avere in comune, fare ed essere partecipe, stare insieme, condividere. Comunicazione equivale allora a generazione, produzione, trasferimento, percezione, costruzione, scambio di senso condiviso.
Diversa dalla comunicazione è la trasmissione, che si verifica ogni volta che una proprietà, o una risorsa, o uno stato passano da un soggetto a un altro, anche inanimato: il calore può essere trasmesso da un radiatore a un ambiente, un fattorino può trasmettere una lettera da un ufficio all’altro. Il ripetitore dei segnali televisivi trasmette, non comunica.
Quando poi si parla di informazione, si mette l’accento preferenziale sul messaggio. L’informazione è emissione di messaggi (che non è detto siano ricevuti, né recepiti, né tantomeno interpretati) destinati a ridurre l’incertezza (ad esempio, prima di aver visto il telegiornale non sapevo il risultato della partita, ora lo so). In proposito diciamo: «mettere al corrente». Un’informazione è ben riuscita quando diminuisce l’incertezza del destinatario. È mal riuscita quando, invece, l’incertezza aumenta.
Concetto ancora diverso è quello di significazione, la condizione potenziale di ricchezza di senso. Si può dare significazione anche in assenza di comunicazione (può darsi perfino che non ci sia l’emittente: attribuiamo forme zoomorfe alle nuvole, parliamo di malocchio ecc.); per contro, ogni processo di comunicazione tra esseri umani presuppone come condizione necessaria un sistema di significazione.
Perché la comunicazione abbia buon esito, emittenti e destinatari devono condividere una porzione di mondo, una serie di conoscenze e competenze, esplicite e implicite, che risultano essenziali ai fini della comprensione.
La comunicazione non è un atto ma un processo, e per giunta ricco e complesso. Per realizzarsi compiutamente postula molte precondizioni, non tutte dipendenti dagli interlocutori:
– motivazioni e disponibilità: altro è parlare a un gruppo di persone che ha scelto di partecipare a una conferenza, altro è cercare di convincere per strada i passanti a fermarsi a sentire;
– competenze, abilità, conoscenze (sia proposizionali che procedurali): altro è parlare a chi sia preparato in una materia e abituato a discutere, altro è farlo con chi ne sia a digiuno e/o non abbia dimestichezza con la dialettica;
– presupposizioni comuni (tutto ciò che viene dato per scontato e non è esplicitato) semantiche, valoriali, pragmatiche: è soprattutto questo piano, ad esempio, che rende impervia la comunicazione interculturale.
Comunicare con qualcuno non significa soltanto disporre dei suoi stessi codici; significa anche offrire indizi al nostro interlocutore e trarre inferenze2 dagli indizi che egli ci offre.
Si può parlare dunque di «strategia comunicativa», organizzazione dell’atto comunicativo attraverso la selezione dei contenuti da manifestare e delle modalità espressive da seguire; scelta dell’azione comunicativa più pertinente in una certa situazione. Essa ha carattere di contingenza, pone a confronto diverse rappresentazioni di situazioni precedenti simili ed equivalenti, adatta alla situazione presente il percorso ritenuto più produttivo e consono.
È un processo necessariamente automatico e veloce, per cui in genere ci fondiamo sul contesto (come a noi appare), ma anche su ciò che sappiamo dell’interlocutore, su ciò che sappiamo (o presumiamo di sapere) delle sue conoscenze, su ciò che pensiamo lui pensi di noi.
Quando un soggetto comunica non può prescindere da elementi esterni e da innumerevoli variabili che incidono sulle forme e sui contenuti della sua comunicazione. Quando un soggetto comunica lo fa inevitabilmente dal proprio punto di vista. La comunicazione può essere vista dunque come il risultato di una negoziazione tra coloro che entrano in relazione, piuttosto che come un lavoro di rispecchiamento della realtà.
L’interazione rappresenta un contatto, fisico o virtuale, che avviene tra due o più individui ed è in grado di modificare il loro stato preesistente. Ciò che la distingue dalla semplice compresenza (in ascensore, sull’autobus) è la visibile apertura dei soggetti alla comunicazione e all’accettazione delle sue regole (diverse per una riunione di lavoro, una tavolata tra conoscenti, una chiacchierata sulla spiaggia). Essa ha confini molto larghi, costituendo il prerequisito di moltissime attività sociali. Ogni comunicazione avviene entro la cornice di un sistema interattivo.
La relazione è un rapporto con l’altro (sia egli parente, amico, compagno, collega) che si sviluppa in una sequenza di interazioni, continuata e duratura nel tempo , in grado di generare un modello sistematico e prevedibile che permette di alimentare credenze, aspettative e vincoli sulle specifiche interazioni in corso o future3.
Non esistono comunicazioni corrette o sbagliate in assoluto, solo comunicazioni efficaci o inefficaci. A definirle non è l’intenzione dell’emittente, bensì il risultato che ottiene: se la risposta della persona che vogliamo informare o intrattenere o convincere o coinvolgere o mobilitare o educare o sedurre è assente oppure è diversa da quella che attendiamo, il senso della nostra operazione è uguale a zero. Siamo in grado di valutare il livello di forza e di efficacia di una comunicazione soltanto a posteriori.
Può accadere che l’emittente invii un messaggio volutamente ambiguo o oscuro, oppure che il ricevente «faccia orecchie da mercante», ossia faccia di tutto per non capire: non saranno comunicazioni efficaci!4
Le migliori (ovvero più utili, apprezzate e produttive) capacità di ogni individuo, nella comunicazione, sono la flessibilità e l’apertura, ossia la disponibilità a orientare il proprio comportamento verso il ricevente e a modularlo secondo il contesto. La capacità di mettersi in gioco, di decentrare lo sguardo.

Note

1 Le radici sono discusse: dal greco koinonía, che richiama la koiné, la comunità; o dal latino communis, cum+munus (obbligazione, dono = comunicazione come arricchimento reciproco) oppure cum+moenia (mura = comunicazione come condivisione di cittadinanza).
2 ‘Inferenza’ è il termine della logica che designa ogni ragionamento – induttivo, deduttivo o abduttivo – attraverso il quale si giunge a conclusioni traendole o integrandole da conoscenze ed esperienze pregresse, anche grazie a ipotesi e congetture.
3 I gruppi sociali entro cui una relazione si inserisce possono avere diversa natura:
• gruppi primari = gruppi piccoli, a ruoli diffusi, con contenuti affettivi e personalizzati
        secondari = gruppi grandi, a ruoli specifici, con rapporti più freddi e spersonalizzati
• gruppi formali = gruppi basati su uno statuto o regolamento esplicito, in vista di certi scopi
        informali = gruppi che si formano in modo spontaneo, senza che siano state fissate regole precise per il loro funzionamento
• gruppi totalitari = impegnano tutti o quasi i ruoli di un individuo
        segmentali = impegnano alcuni o anche uno solo dei ruoli di un individuo.
4 Una risposta non data non è senza conseguenze. Per esempio la mancata risposta a un’ingiunzione dell’ufficio delle imposte può provocare l’arrivo di una multa.

2. Gli elementi e i processi di base

Non solo il linguaggio verbale ma la cultura tutta, e le istituzioni e le norme, e i riti e il costume, sono forme entro cui l’umanità racchiude la propria esperienza per renderla comunicabile. A un livello estremamente generale, si potrebbe definire la comunicazione l’ambiente in cui siamo immersi sin dalla nascita.
La comunicazione umana ha molteplici dimensioni: è sociale; è cognitiva; è emozionale; è connessa con l’azione.
Anche nelle sue forme più semplici passa attraverso un livello di strutturazione sociale. In un processo cumulativo, attraverso la comunicazione gli esseri umani scambiano indicazioni su chi sono e qual è l’ambiente in cui vivono, qual è il comportamento adeguato, quali gli obiettivi desiderabili, come ci si debba relazionare con gli altri e con il mondo materiale. Anche in una conversazione privata, se ad esempio A comunica a B qual è il suo cibo preferito, deve inevitabilmente fare riferimento a categorie collettive (‘alimentazione’, ‘cottura’, ‘contorno’, ‘verdura’ ecc.): si tratta di categorie astratte, di strutturazione cognitiva dell’esperienza, che interfacciano il rapporto con la realtà dell’intera comunità.
Questa riflessione porta a un primo nucleo di problemi, poiché mette in diretto collegamento la capacità umana di comunicare con la capacità di condividere la relazione tra due ordini di cose, almeno uno dei quali non è accessibile attraverso i sensi. La presunta naturalità del processo rende invisibile, ai nostri occhi, il fatto che ogni volta che si comunica accade una specie di piccolo miracolo. I pensieri (invisibili, impalpabili, astratti) che sono ‘contenuti’ nella mente di una persona ‘passano’ nella mente di un’altra.
Come funziona tutto questo?
L’entità minima della comunicazione è il segno (dal greco sémeion): il termine è usato approssimativamente nel linguaggio comune, dove si dice «dar segni d’impazienza», «non dar segni di vita», «è buon segno», «fammi un segno», oppure «è segno di sciagura» ecc. Tutto si presenta a noi come trama di segni.
È segno una parola, ma anche ciascuna delle lettere (o dei suoni) che la compongono; qualunque unità grafica o una nota musicale. Sono segni quelli fatti con la mimica o con la postura; è segno un cartello stradale, lo è un bacio; lo è un messaggio in bottiglia affidato al mare come lo è un sms; sono segni un filo di fumo nel cielo che indica la presenza del fuoco, un agglomerato di nubi che lascia presagire la pioggia, il profumo di un alimento che ne fa pregustare la bontà, un gioiello che sottolinea il fascino di una donna, un annuncio pubblicitario che cerca di persuadere a comprare un prodotto. L’universo dei segni è sterminato.
Per il linguista ginevrino Ferdinand de Saussure (1916), il segno è l’unione di un significante e di un significato, inscindibili come lo sono il recto e il verso di una medaglia, e in rapporto d’interdipendenza reciproca.
Il significante è la forma materiale e concreta (linea, colore, suono, odore, sapore ecc.) che cade sotto i nostri sensi, necessarie porte d’ingresso alla nostra percezione (la società occidentale ...

Indice dei contenuti

  1. 1. Per introdurre: alcune definizioni
  2. 2. Gli elementi e i processi di base
  3. 3. I tipi di segni
  4. 4. I linguaggi
  5. 5. Le immagini parlano?
  6. 6. Immagine/identità: l’abbigliamento
  7. 7 La comunicazione non verbale
  8. 8. Comunicazione come relazione
  9. 9. Comunicazione come azione
  10. 10. La comunicazione implicita: presupposti e sottintesi
  11. 11. Rappresentanza/rappresentazione: la comunicazione politica
  12. 12. Comunicazione come pratica sociale
  13. 13. L’interazione mediata
  14. 14. La comunicazione mediatizzata
  15. 15. Un macro genere: l’informazione
  16. 16. Un discorso seduttivo: la pubblicità
  17. 17. Comunicazione che scandisce il tempo: la narrazione
  18. 18. New media
  19. Bibliografia