Il motore della mente
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Il motore della mente

Il movimento nella storia delle scienze cognitive

  1. 176 pagine
  2. Italian
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Il motore della mente

Il movimento nella storia delle scienze cognitive

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Il percorso storico e teorico che ha portato ai nuovi modelli della mente: dalle prime concettualizzazioni moderne del nesso sensazione-movimento fino agli sviluppi teorici che sono approdati al 'paradigma motorio', sul quale si basano gli approcci più recenti. Il corpo e il movimento, dunque, come punto di partenza e al tempo stesso di arrivo di più di quattro secoli di studio della mente.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788858141014

1.
Il modello motorio della mente

Il riconoscimento della valenza cognitiva del movimento, e più in generale l’attenzione nei suoi confronti nell’ambito delle scienze della mente, sono legati alla recente affermazione del cosiddetto ‘paradigma motorio’, ovvero un modello di mente che è andato definendosi a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso in chiara contrapposizione con la concezione tradizionale della mente che ha caratterizzato la filosofia moderna e che è stata alla base delle scienze cognitive nel Novecento.
Il termine paradigma, com’è noto, viene dal greco: lo troviamo per esempio nelle opere di Platone e di Aristotele con il significato originario di modello, progetto o esempio. Tuttavia, a partire dalla metà del Novecento esso ha acquisito un’accezione specificamente epistemologica, convenzionalmente legata alle riflessioni del filosofo della scienza Thomas Kuhn espresse nell’opera intitolata La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962).
In quest’accezione, un paradigma scientifico è considerato essenzialmente una concezione del mondo, cioè un insieme di orientamenti teorici, assunzioni metafisiche (vale a dire presupposti sulla realtà) e procedure sperimentali condivisi da una comunità scientifica in un dato momento. In estrema sintesi, e fuori da ogni specialismo esasperato, il paradigma può essere inteso come un quadro di riferimento condiviso dagli studiosi in un determinato momento storico per studiare e spiegare un dato o un insieme di fenomeni.
Alla luce di queste premesse, parlare di paradigma motorio in relazione alla mente implica un modello teorico dello sviluppo e del funzionamento del nostro apparato cognitivo basato su una concezione della mente sostanzialmente radicata nella corporeità e nelle capacità di movimento di un organismo. Di questo legame tra mente e corpo, cognizione e movimento, tuttavia, va decisamente sottolineata la valenza innovativa rispetto alla concezione tradizionale delle funzioni cognitive classicamente basata su un presunto susseguirsi di sensazione, percezione e, punto culminante dell’elaborazione cognitiva, produzione di rappresentazioni mentali per la gestione del movimento e del comportamento in senso lato.
Il paradigma motorio è dunque la cornice teorica di riferimento, il contesto esplicativo, di quella che può essere definita una teoria motoria della mente, una teoria per la quale non c’è una separazione sostanziale tra percezione e azione, tra afferenze sensoriali ed efferenze motorie; una teoria secondo la quale, quindi, il cervello non è un semplice recettore di informazioni e un produttore di risposte in un organismo staccato dall’ambiente, che egli ha il compito di conoscere e con il quale si trova a dover interagire. E il punto fondamentale, il ‘cuore’ di questo nuovo modello della mente basato sull’importanza e sulla valenza cognitiva del movimento, è proprio il riconoscimento, all’interno di una prospettiva teorica biologica e integrata, dunque ecologica e complessa, dell’intimo nesso tra percezione e azione.
Il movimento e le sue relazioni con la percezione e la memoria, infatti, mostrano oggi di avere una grande valenza euristica per lo studio dei meccanismi delle funzioni cognitive. Il cervello umano, inteso come organo sviluppatosi per predire le conseguenze dell’azione, si pone come oggetto di studio interdisciplinare di psicologia, neurofisiologia, neuropsicologia, filosofia e scienze cognitive, modellizzazioni matematiche e scienze del movimento. Ciascuna disciplina contribuisce a descrivere il comportamento a diversi livelli di spiegazione e di complessità applicando strumenti di analisi diversi sia dal punto di vista concettuale che da quello metodologico; tutte però convergono nello spazio teorico, vasto e articolato, costituito da scienze cognitive e neuroscienze sistemiche o olistiche1 per la definizione di una nuova immagine dell’uomo, che ne individui le radici genetiche ben ‘al di sotto’ e ben ‘prima’ della coscienza e della volontà, nelle pulsioni vitali dell’organismo e nella sua interazione con l’ambiente, nella cinestesia (la tensione costante della ricerca verso un al di sotto, e un prima sarà – come si vedrà – il ‘filo rosso’ di tutta la nostra ricostruzione storica ed epistemologica, l’elemento propulsore che ha spinto l’analisi nel corso del tempo nella direzione di un obiettivo convergente: individuare le basi neurobiologiche della mente).
Radicandosi nell’intersezione teorica di discipline diverse, volte allo studio del comportamento, della mente e del sistema nervoso, il nuovo approccio basato sull’azione oggi attribuisce al movimento corporeo un ruolo fondamentale e basilare nello sviluppo della cognizione e della conoscenza. Tramite la reciproca fecondazione euristica di una fenomenologia del comportamento con i modelli dei meccanismi causali ad esso soggiacenti, le neuroscienze cognitive definiscono, infatti, di giorno in giorno in modo sempre più solido – con strumenti sia sperimentali che clinici – una ‘fisiologia dell’azione’ in base alla quale è col corpo (non solo con il cervello) e le sue capacità di movimento e di azione che noi pensiamo e conosciamo.
Naturalmente, è un corpo non più inteso come macchina automatica di derivazione cartesiana (corpo come sistema chiuso, privo della conoscenza di sé e del mondo, i cui movimenti sono funzione solo della disposizione relativa delle sue parti, generatore di risposte motorie a stimoli sensoriali), bensì come macchina biologica, costitutivamente dotato di scopi e in attiva e costruttiva interazione col proprio ambiente (vero e proprio generatore di ipotesi che preseleziona le informazioni sensoriali in funzione degli scopi dell’azione). In questa prospettiva teorica l’azione, piuttosto che come semplice espressione motoria dell’elaborazione sensoriale, è concepita come ‘melodia cinetica’2 attiva e finalizzata, come insieme strutturato di movimenti coordinati in funzione di un fine specifico. Il movimento corporeo assume dunque un ruolo fondamentale e basilare nello sviluppo della cognizione e della conoscenza.
La mente è ‘formata’ dai movimenti e per i movimenti (tradizionalmente invece semplicemente li pianifica); il movimento non è solo la mera esecuzione di comandi dei centri cerebrali superiori (la mente), ma – capovolgendo i termini della relazione – l’attività mentale stessa è concepita in funzione della produzione dell’azione; pensare equivale a decidere quale movimento realizzare successivamente.
Ne emerge una mente incorporata, una filosofia della mente basata sulla natura biologica, dinamica e integrata (temporale, storica) dell’organismo, che ‘inverte’ la concezione tradizionale (logico-astratta) dello sviluppo della mente e del comportamento in base a uno schema non lineare e propone (o meglio, come si vedrà tramite la ricostruzione storica, per molti versi ‘ripropone’) una concezione organicamente integrata nell’interazione globale dell’organismo col suo ambiente.
La mente è intrinsecamente un sistema motorio: il pensiero, la memoria, la conoscenza, la percezione, la coscienza, la motivazione, il significato, tutte le funzioni mentali nel loro complesso, affondano le loro radici in abilità motorie costruttive specie-specifiche.
Contro la concezione tradizionale di derivazione cartesiana si rivendica, in questo modo, la matrice biologica dei fenomeni mentali: contro il soggetto epistemico universale sul quale si è basata la filosofia moderna – un soggetto concepito non biologicamente, dunque separato dalla ‘realtà esterna’ che egli si porrebbe l’obiettivo di conoscere – si produce così una profonda trasformazione concettuale che radica le funzioni cognitive nella biologia e nella storia, nell’esperienza vissuta e condivisa, nella cultura. «Il cervello è concepito sempre più come uno strumento appositamente progettato per creare relazioni sociali, per favorire i rapporti umani e la socialità, letteralmente si ammala nella solitudine e nell’isolamento sociale»3. E «la coscienza è rivolta verso gli altri»4.
‘Nessun uomo è un’isola’, così si suol dire. Il Sé non è isolato, ognuno di noi è in costante contatto con altre persone, altri Sé, che forniscono un riferimento sia per noi sia per i nostri sensi. [...] L’attività neurale stessa è sociale; non c’è dunque una distinzione netta tra i livelli neurali e i livelli sociali; il cervello e le CMS (strutture corticali mediali) sono intrinsecamente, o di default, neurosociali. Neurale o sociale? Questa domanda pone una falsa dicotomia. Il cervello, specialmente le CMS e il loro ruolo nell’esperienza del Sé, ci insegnano che tale dicotomia è un’illusione5.
Ne deriva un modello del vivente, dell’ambiente e della mente che supera le limitazioni del meccanicismo e lo spartiacque metafisico che ha diviso per secoli il corpo dalla mente. E se l’incarnazione della mente (embodiment), basata su una concezione corporea e non proposizionale della rappresentazione, emerge dalle acquisizioni più recenti delle neuroscienze cognitive, fondamentalmente dallo studio del movimento, in questo senso oggi nel modello motorio si può forse individuare una via teorica al superamento della contrapposizione dicotomica fra meccanismo corporeo e rappresentazione mentale, fra soggetto e oggetto, fra mente e mondo.
Presupposto essenziale è una visione sistemica dell’organismo, per cui dal tradizionale approccio acontestuale ...

Indice dei contenuti

  1. 1. Il modello motorio della mente
  2. 2. Il movimento, la percezione, l’azione
  3. 3. Il movimento come fattore cognitivo in una prospettiva storica
  4. 4. Una diversa concezione del motorio: il passaggio da una teoria della conoscenza ad una teoria del comportamento
  5. 5. Alexander Bain e la valenza propulsiva del movimento per lo sviluppo della mente
  6. 6. I limiti della macchina, la specificità dell’organismo
  7. 7. Il riflesso come chiave interpretativa unitaria
  8. 8. Fra Ottocento e Novecento: Sherrington, Luciani e Tamburini
  9. 9. Théodule Ribot: «ci sono elementi di natura motoria in tutte le manifestazioni della coscienza»
  10. 10. Pierre Janet: il pensiero è un «duplicato interiore» dell’azione
  11. 11. Dewey, tra pragmatismo, funzionalismo e biologia darwiniana
  12. 12. Bergson e le «articolazioni dell’intelligenza»
  13. 13. Movimento e mente nelle ricerche sovietiche psicologiche e fisiologiche del primo Novecento
  14. 14. Azione e conoscenza: «Un cervello privo di funzioni motorie non potrebbe pensare»
  15. 15. Il cervello come ‘macchina proattiva’
  16. 16. Embodiment e scienze cognitive post-classiche
  17. 17. Plasticità
  18. 18. Dai neuroni mirror alla ‘conoscenza motoria’
  19. 19. Teoria della mente o simulazione incarnata?
  20. 20. Simulazione incarnata e conoscenza motoria
  21. 21. Linguaggio e conoscenza motoria
  22. 22. Una prospettiva evolutiva sulla coscienza prende corpo
  23. Conclusioni
  24. Bibliografia