1. Uno sguardo d’orizzonte
1.1. Una prima caratterizzazione
È una prospettiva di linguistica cognitiva, nella quale la lingua è una parte dell’intero sistema cognitivo di cui l’uomo dispone. Ciò significa che la lingua è interattivamente connessa con il modo in cui l’uomo percepisce, costruisce categorie e forma concetti, con la sua capacità di astrarre, di vivere sentimenti e di perseguire intenzioni, e, in generale, con il pensare e il ragionare (Dirven, Verspoor, 1999, xiii).
Recentemente è prevalsa, in particolare nella linguistica cognitiva, una concezione per cui le lingue umane naturali sono sistemi simbolici basati biologicamente, motivati cognitivamente, organizzati in grammatiche, ricchi affettivamente, condivisi socialmente. Se la linguistica in generale, intesa come lo studio scientifico del linguaggio e delle lingue, ha un fine conoscitivo (Graffi, Scalise 20132, 18), la linguistica cognitiva si concentra proprio sui meccanismi cognitivi che stanno alla base della struttura della lingua e del comportamento linguistico, evidenziando i processi di acquisizione, elaborazione, produzione e comprensione della conoscenza, tramite pensiero, esperienza e sensi, in una parola: cognizione (cognition).
Questi processi e azioni mentali, che si sviluppano attraverso il pensiero, la lingua, l’esperienza, i sensi, le emozioni, includono una complessità di aspetti neurofisiologici, psicologici, esperienziali, sociali, che si intrecciano tra loro e che fondano le capacità della mente umana e degli organismi viventi avanzati: attenzione, percezione, produzione e comprensione del linguaggio, apprendimento, astrazione, ragionamento, memoria e processi di decisione.
Data la vastità delle interfacce (con psicologia, psicolinguistica, filosofia, sociologia, antropologia, biologia, neuroscienze; infra 3.1) e le differenti teorie che sono state sviluppate all’interno della linguistica cognitiva, non stupisce che questa sia stata considerata un arcipelago (supra), un’«ampia galassia di studi» (Arduini, Fabbri 2008, 7), un gruppo di teorie più che una singola teoria (Barcelona, Valenzuela 2011, 26).
Questo variegato territorio da esplorare, dai confini non nettamente definiti, è affascinante proprio per la sua dimensione e varietà, per la ricerca e ricchezza di connessioni, relazioni, influenze reciproche a livello disciplinare e interdisciplinare. Di conseguenza, dal punto di vista epistemologico, si richiede la considerazione di una molteplicità di parametri e funzioni e si avverte sempre più l’esigenza di considerare una complessità di fenomeni che influenzano il nostro comportamento, linguistico e no. In altre parole, di tener conto anche della «mano sinistra» (Bruner 1968), cioè del pensiero che non segue un percorso logico e lineare, ma include immaginazione, metafora, interazione, narrativa, fattori culturali in genere (che creano la prevedibilità ma «tesaurizzano» anche le violazioni, Bruner 2002, 17).
Il nuovo atteggiamento epistemologico proposto da Ronald Langacker (http://idiom.ucsd.edu/~rwl), iniziatore e rappresentante centrale della grammatica cognitiva, enfatizza l’immaginazione (infra 2.3.1), la creatività (infra 2.3.1), la flessibilità nel modo in cui categorizziamo e descriviamo il mondo (infra 2.2.2, 2.3.5), includendo aspetti come soggettività ed emozioni nella struttura e nell’uso della lingua, ed esplorando l’organizzazione visuale del significato (Langacker 1990).
Soprattutto, Langacker sostiene quello che, all’interno dei presupposti teorici, può essere considerato l’assunto centrale: la non autonomia del linguaggio, cioè la relazione imprescindibile tra il linguaggio e altri aspetti della cognizione umana. L’ipotesi della non autonomia del linguaggio, fondata sull’esistenza di una relazione indissolubile tra piano linguistico e piano cognitivo, vale, secondo l’approccio della linguistica cognitiva, per ogni livello dell’analisi linguistica e tanto più per la semantica, ambito in cui la relazione tra piano linguistico e piano concettuale è più diretta (infra 2.3). Le caratteristiche fisico-percettive degli esseri umani e i contenuti dell’esperienza pre- ed extra-linguistica (determinata cioè dall’interazione con l’ambiente e con altri esseri umani) non sono elementi accessori ma entrano in gioco per motivare i fatti linguistici:
Lo studio del linguaggio non può essere condotto guardando ai fenomeni linguistici considerati in sé stanti, ma guardando alla relazione tra quei fenomeni e il piano cognitivo – i processi di comprensione, i meccanismi con cui si formano i concetti, il modo in cui si organizzano mentalmente la nostra esperienza della realtà extralinguistica e le nostre conoscenze relative al mondo esterno (Casadei 2003, 37).
Il negare, in opposizione alla grammatica generativa, la modularità (secondo cui la mente è strutturata in moduli autonomi dedicati a facoltà diverse, cfr. Fodor 1988) comporta in generale una maggiore attenzione da parte della linguistica cognitiva all’influenza culturale e contestuale e al nuovo concetto di embodiment. Questo assunto – secondo cui la mente è condizionata sia dalle dimensioni fisiche del cervello, del corpo, delle leggi del mondo circostante (come la legge di gravità), sia dall’esperienza soggettiva e culturale – privilegia l’iconicità linguistica rispetto all’arbitrarietà sostenuta nel quadro strutturalista (infra 1.2.1, 2.1).
Secondo la linguistica cognitiva, il sistema linguistico e la struttura del linguaggio si basano su motivazioni cognitive collegate alla conoscenza ed esperienza del corpo umano, come appare in particolare nelle metafore concettuali (che strutturano, nei termini di conoscenze basate sull’esperienza, concetti altrimenti poco accessibili, cfr. Lakoff, Johnson 1982; infra 2.4.2), o nel caso delle espressioni idiomatiche (infra 2.3.5), come voltare le spalle, in cui il movimento fisico mette in luce, esprimendolo tramite un’immagine fisica, il concetto di allontanamento, rifiuto, abbandono e l’esperienza emotiva correlata.
Salienza, prospettiva e immaginazione (infra, rispettivamente, 3.2.2, 2.3.2, 2.3.2; Langacker 1990; Gibbs 2005) contribuiscono a ‘evocare’ il significato linguistico, postulando una corrispondenza diretta tra elaborazione della conoscenza e la facoltà del linguaggio (infra 2.3). Nella prospettiva della linguistica cognitiva, che ne modifica il trattamento precedente in particolare rispetto alla grammatica generativa (infra 1.2.1, 1.2.2), il significato è parte di un sistema cognitivo che comprende, tra l’altro, percezione, emozioni, memoria, processi di astrazione e ragionamento.
Da questo primo schizzo sommario appare evidente la ricchezza e varietà dell’approccio della linguistica cognitiva, che all’interno comporta continua evoluzione e forte eterogeneità, all’esterno causa una certa difficoltà di orientamento.
Prima di presentare un quadro attuale della linguistica cognitiva, sembra utile accennare alle confluenze iniziali, indicando in particolare le iniziali divergenze e convergenze con la grammatica generativa, e considerare quindi sviluppi e tendenze dell’attuale ricerca in linguistica cognitiva.
1.2. Punti di partenza
1.2.1. Confluenze iniziali
In generale, per quanto riguarda le varie confluenze disciplinari e interdisciplinari sulla nascita della linguistica cognitiva, è interessante notare il carattere aperto di questo nuovo paradigma, nel costituire e articolare dinamicamente un nuovo modo di considerare il linguaggio.
Passiamo ora in rassegna le varie forze in gioco nel panorama linguistico dell’inizio del secolo scorso, non solo per fornire un retroterra generale, ma perché è caratteristica della linguistica cognitiva l’integrazione di (parti di) altre prospettive teoriche.
Nel 1916, con la pubblicazione postuma delle lezioni di linguistica generale del linguista ginevrino Ferdinand de Saussure, nacque lo strutturalismo, che attirò l’attenzione sugli aspetti interni, relazionali e sistemici della lingua. Si considerava la struttura come organizzazione vicendevole dei vari elementi tra di loro e come astrazione, relativa alla forma soggiacente alle varie manifestazioni non solo del linguaggio, in una prospettiva che abbracciava anche biologia, fisica, e scienze sociali (Piaget 1994). Predominava in questa prospettiva (e la ritroveremo in parte anche nella grammatica generativa) una visione sostanzialmente monolitica della lingua.
Soprattutto in Europa lo strutturalismo mantenne a lungo la sua vitalità, anche se con declinazioni differenti a seconda delle diverse scuole. Negli Stati Uniti, in cui era forte l’esigenza di studiare lingue sconosciute come quelle amerindiane, lo strutturalismo prese la forma del distribuzionalismo di Bloomfield (1974), o strutturalismo tassonomico, che ridusse il peso della semantica rispetto allo strutturalismo ‘classico’, spostando l’attenzione sulla posizione degli elementi costituenti.
La nascita e l’espansione della linguistica cognitiva si collocano all’interno di una tendenza funzionalista e pragmatica più ampia, comune a più approcci, che si sviluppa nella linguistica della seconda metà del XX secolo e che:
consiste in uno spostamento di ...