L'educazione linguistica democratica
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L'educazione linguistica democratica

  1. 296 pagine
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L'educazione linguistica democratica

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«È oggi ancora più forte l'esigenza di una educazione linguistica che arricchisca le nostre capacità comuni di comprensione e intelligenza, di rapporto autentico e attivo con gli altri e col vasto mondo. Una educazione linguistica che dia diffusamente, a tutte e a tutti, quella lingua che, continuiamo a sperarlo e a operare per ciò, ci fa eguali.» La lingua parlata e scritta, il suo valore di emancipazione sociale e la scuola che ne costituisce il principale veicolo, sono stati al centro della ricerca intellettuale e civile di Tullio De Mauro. Questo libro ne raccoglie alcuni dei principali contributi.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788858132159

Parte prima.
Lingua, cultura e democrazia

I.
Educazione linguistica democratica

Passato e futuro
dell’educazione linguistica*

* Intervista a Tullio De Mauro di Silvana Ferreri, in S. Ferreri, A.R. Guerriero (a cura di), Educazione linguistica vent’anni dopo e oltre. Che cosa ne pensano De Mauro, Renzi, Simone, Sobrero, La Nuova Italia, Firenze 1998; poi in Giscel (a cura di), Educazione linguistica democratica. A trent’anni dalle Dieci tesi, FrancoAngeli, Milano 2007 (da cui si cita).
Il manifesto dell’educazione linguistica − le Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica −, nella forma in cui oggi lo conosciamo, porta la data del 1975. I suoi presupposti però rinviano indietro nel tempo: dobbiamo riconoscere debiti, e a chi? ha senso, e che senso, parlare oggi di educazione linguistica considerando che le condizioni sociolinguistiche di oggi sono molto diverse da quelle dei primi anni Settanta?
Vorrei fare alcune piccole precisazioni, relative alla durata e ai debiti. È vero che l’idea di arrivare a una redazione abbastanza lineare, abbastanza concisa, relativa all’educazione linguistica in Italia, è un’idea che matura nei primi anni Settanta. Ma questa idea stilistica, diciamo così, si appoggia su un assai più lungo processo di elaborazione.
Dobbiamo riconoscere debiti che noi tutti abbiamo, ed hanno le Dieci tesi, anzitutto nei confronti di una tradizione ristretta, minoritaria, ma intellettualmente molto importante, che va dalla seconda metà dell’Ottocento al dopoguerra. Una tradizione che, come altre volte più in dettaglio ho cercato di dire, ha come capostipiti anzitutto Ascoli, il Proemio ascoliano all’«Archivio glottologico» e i suoi interventi ai congressi di pedagogisti. Accanto ad Ascoli ci fu la grande sensibilità di Francesco De Sanctis e di alcuni manzoniani, influenzati chiaramente da Ascoli e da De Sanctis, come Morandi, estensore dei programmi di educazione linguistica per gli istituti tecnici durante il ministero De Sanctis.
In che senso questi sono i capostipiti? Qui troviamo diversi elementi interessanti, che sono stati poi centrali nelle Dieci tesi. Il primo elemento non riguarda direttamente la scuola, riguarda piuttosto la ricerca, ed è la convinzione che la ricerca linguistica, la ricerca intorno alla realtà linguistica di un paese, e intorno alla struttura, al funzionamento del linguaggio e in generale di ogni lingua, questa ricerca, per adoperare parole di Ascoli, debba avere delle conseguenze di «pratica utilità», debba avere delle possibili ricadute applicative, anzitutto, evidentemente, sul terreno della pratica educativa. Queste ricadute non devono essere considerate ricadute meccaniche: la lingua è fatta così, dunque domani fai lezione in questo modo, insegni come devi usare il gerundio in questo modo. Quando per ricaduta si intenda un’applicazione meccanica di questo tipo, l’introduzione delle acquisizioni della ricerca teorica in un segmento di pratica educativa, credo che abbia perfettamente ragione Noam Chomsky quando, anche di recente, ricorda che, così, si sono combinati soltanto guai. Ma le ricadute alle quali Ascoli chiaramente pensava e che sembrano interessare De Sanctis nella sua responsabilità di ministro della Pubblica istruzione sono ricadute non meccaniche. Sono ricadute che riguardano anzitutto l’orizzonte conoscitivo dell’insegnante che si trova a operare in una determinata realtà linguistica.
Da De Sanctis e da Graziadio Ascoli a Giuseppe Lombardo Radice. Gli spunti, le riflessioni, le indicazioni sulle possibilità applicative di idee linguistiche teoriche, di idee sulla realtà linguistica, che vengono da Ascoli e da De Sanctis, giungono a maturazione con Giuseppe Lombardo Radice e con i suggerimenti che gli dà, riconosciutamente, Gemma Harasim. Le sue indicazioni su quella che egli già chiama educazione linguistica si condensano nelle ancora oggi istruttive Lezioni di didattica1. In parte, bisog...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Parte prima. Lingua, cultura e democrazia
  3. Parte seconda. Dalla parte degli studenti e dei docenti
  4. Appendice
  5. Fonti dei testi presenti nel volume