Introduzione a Mill
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Introduzione a Mill

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Introduzione a Mill

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John Stuart Mill (1806-1873) è una figura di riferimento per l'etica e la filosofia politica contemporanea. Il suo contributo spazia dalla riflessione sul romanticismo ai grandi lavori sulla logica, l'economia politica, il liberalismo, l'utilitarismo, il governo rappresentativo, la filosofia della psicologia e la religione. Il filo rosso che attraversa e accomuna l'intervento di Mill nei campi più diversi delle scienze umane è l'idea di ripensare il quadro illuminista e utilitarista alla luce dei nuovi temi che il romanticismo aveva messo al centro della scena, in particolare la dimensione della soggettività e dell'interiorità e il ruolo della storia e della cultura.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858118580

Storia della critica

1. Dopo Mill

Bertrand Russell scrisse che Mill intellettualmente «fu sfortunato nella data di nascita. I suoi predecessori furono pionieri in un senso, e i suoi successori in un altro»1. Il suo giudizio si inserisce all’interno di una sottovalutazione del pensiero di Mill caratteristica della filosofia inglese della prima metà del secolo ventesimo, ma coglie un aspetto centrale. John Skorupski ha osservato che «quando Mill morì nel 1873 sembrava già appartenere a un’epoca intellettuale precedente, in tutti i temi sui quali lavorò – la metafisica e la logica, la filosofia morale e politica, l’economia politica»2. Gli ultimi decenni del diciannovesimo secolo, infatti, registrarono una trasformazione radicale che toccò molti ambiti del sapere in cui Mill aveva dato un contributo decisivo. Si ritenne che l’apporto di Mill fosse ormai sorpassato oppure esso fu ripreso con un linguaggio filosofico diverso che ne travestiva i contenuti. Mill, perciò, si trovò incastonato in un’epoca intellettuale che alla sua morte sembrava già superata.
Oltre a ciò pesò anche un distacco che fu forse naturale rispetto a una figura che aveva dominato la cultura britannica per alcuni decenni, in particolare dal 1840 al 1860, e i cui libri, soprattutto il System of Logic e i Principles of Political Economy, erano usati comunemente come manuali nelle università. È indicativo il giudizio che dava Henry Sidgwick, il grande filosofo utilitarista, in una lettera del novembre 1865: «Mill dovrà essere distrutto, dato che sta diventando altrettanto intollerabile di quanto lo fu Aristide, ma una volta che sarà distrutto, dovremo costruirgli un mausoleo grande quanto il tempio presente della sua fama»3. Come ha scritto nel 1966 l’economista Lionel Robbins, Mill «aveva sviluppato ed elaborato un sistema di pensiero così vasto e impressionante che giunse a dominare, forse più di quanto avrebbe dovuto, il pensiero della sua generazione, e non ci si deve sorprendere se alla fine si sia creata una reazione contro di esso, una reazione che ora siamo nella posizione di riconoscere che si spinse troppo in là e corse il rischio di perdere di vista molte cose di valore»4.

2. Logica e filosofia

Il clima filosofico britannico mutò drasticamente negli anni Settanta dell’Ottocento, trasformando il linguaggio filosofico in modo radicale. Mill aveva riletto i progressi della scienza e le conquiste morali e politiche del diciannovesimo secolo attraverso il linguaggio empirista. Anche i suoi oppositori, come la scuola intuizionista, erano interni alla stessa tradizione scozzese da cui Mill aveva tratto i materiali per il suo metodo filosofico. Ma questo linguaggio era destinato a lasciare spazio a una diversa rappresentazione dei problemi e quindi a contese filosofiche differenti. Tra le altre cose, Mill non aveva colto l’importanza rivoluzionaria della teoria evoluzionistica di Darwin. Come scrisse Russell, «[s]embra che Mill abbia accettato la teoria darwiniana, ma senza rendersi conto di ciò che essa implica»5. Fu invece Herbert Spencer che, facendo uso delle teorie evoluzioniste e della biologia, compose una nuova sintesi filosofica che con la fine degli anni Settanta ne fece la nuova autorità che scalzò quella di Mill. Lo riconosceva William L. Courtney, che nel 1879, nel suo lavoro su Mill, ne metteva in luce la vicinanza con l’empirismo di Locke, Berkeley e Hume e la lontananza dal nuovo clima dominato dalla teoria evoluzionista6.
Gli oppositori erano egualmente cambiati. La scuola metafisica tedesca, contro cui Mill aveva combattuto, si era espressa nel linguaggio della filosofia scozzese. Ma i nuovi idealisti, Thomas H. Green e Francis H. Bradley, usavano Kant e Hegel per trasformare il linguaggio filosofico. Mill poteva ancora leggere Kant come uno psicologo della mente e avvicinarlo alla tradizione intuizionista scozzese. Gli idealisti importarono invece la filosofia tedesca per imporre un nuovo linguaggio: la mente non era più la mente individuale e psicologica ma quella trascendentale. La mente individuale si rappresenta solo particolari e contingenze che sono astrazioni dal tutto. Per Green il tutto ha il carattere logico della mente che è sottesa alle relazioni che caratterizzano la realtà eterna e necessaria delle cose; per Bradley, invece, il tutto ha un aspetto ineffabile che rifugge le relazioni. In entrambi i casi il pensiero e il sentimento, in quanto propri della mente individuale, sono inadeguati a cogliere la natura metafisica della realtà. L’esperienza con i suoi metodi, alla cui esposizione Mill aveva dedicato il System, non offriva più lo strumento appropriato di accesso alla realtà del mondo. Il mondo ha un carattere di totalità che elude i processi psicologici individuali. Così Green, nell’esaminare accuratamente il System nelle sue Lectures on Logic, individuava in Mill un tentativo di ricostruzione dell’oggettività della scienza su basi sperimentali, in ciò lontano da Hume, ma destinato a fallire poiché in realtà ancora interno al linguaggio empiristico. Quando Mill prendeva le distanze dal linguaggio delle idee per rivendicare la tesi che la scienza parla delle cose reali, non usciva in realtà dalla relazione lockeana tra il potere nell’oggetto e la sensazione nel soggetto7; e così per la distinzione tra mente e corpo8. La stessa relazione di causalità, anche se non era ricondotta, come faceva Hume, alle aspettative individuali ma era concepita come una relazione tra fenomeni, faceva comunque appello all’esperienza ripetuta. In ciascuno di questi casi, Green leggeva il lavoro di Mill come il tentativo di guadagnare un’oggettività che non poteva che fallire poiché la sua base era l’esperienza. Mill avrebbe dovuto riconoscere invece il carattere relazionale della realtà: soggetto e oggetto si richiamano a vicenda; la realtà di ogni oggetto dipende dalle relazioni causali di cui esso è un effetto, così come la sua conoscibilità dipende dall’intera realtà di cui la conoscenza di tale oggetto è la conseguenza9.
Se gli idealisti avevano potuto scartare il contribuito dell’esperienza per rivendicare la priorità del modo in cui tale esperienza è organizzata dalla mente trascendentale, anche un filosofo lontano dall’idealismo come Sidgwick arrivava a una critica a Mill che finiva con il convergere con la lezione degli idealisti. Anche Sidgwick si proponeva di mostrare l’inconsistenza del richiamo all’esperienza. I dati ultimi dell’esperienza non sono altro che intuizioni esse stesse, e la possibilità di distinguere tra le intuizioni corrette e quelle sbagliate, chiamando in causa il ruolo degli esperti come aveva fatto la scuola di Mill e di Bain, finiva con il ridimensionare il ruolo dell’esperienza immediata10. Per Sidgwick, perciò, non vi è veramente un posto per l’esperienza nel sistema di Mill, ma solo per le credenze. La differenza tra un empirista come Mill e Sidgwick è che secondo il primo le credenze intuitive riguardano cognizioni particolari mentre per Sidgwick sono universali11. La critica di Sidgwick non si limitava perciò a mettere in luce le difficoltà di Mill e dell’empirismo ma finiva con l’imporre una prospettiva del tutto diversa, in cui i dati della filosofia sono le credenze e il metodo è la ragione, sia nella sua capacità di accertarne il carattere autoevidente sia nella sua funzione discorsiva che è quella di mettere le credenze vicendevolmente in relazione12.
Il rifiuto successivo dell’idealismo, da parte di Russell e di Moore, e la nuova trasformazione della scena filosofica non modificarono la ricezione di Mill, poiché il nuovo realismo filosofico derivava dall’idealismo una concezione anti-empiristica e anti-psicologistica che faceva di Mill ancora una volta il bersaglio13. Costituiva anzi al contempo una radicalizzazione e un rovesciamento dell’idealismo. Ne radicalizzava l’anti-psicologismo, vedendo in ogni atto mentale una forma di psicologia. La mente non poteva più costituire alcun luogo intermediario della conoscenza, quindi né in senso empirista ma neppure in un qualche senso trascendentale. La mente, come scriveva Russell, è in contatto diretto con i suoi oggetti14. Questa è l’ontologia che Moore presenta in The Nature of Judgment: le proposizioni e i concetti sono oggetti e fatti con cui la mente è in contatto diretto senza alcuna intermediazione. Ma ciò costituiva anche un rovesciamento dell’idealismo: la realtà assoluta della mente è ora trasformata nella realtà assoluta del mondo. Ciò che va perduto nella trasformazione è l’idea della connessione logica tra i fatti di cui si occupava la mente degli idealisti. Il realismo di Russell e Moore, tra la fine dell’Ottocento e il nuovo secolo, è infatti atomistico. Fu Ludwig Wittgenstein con il Tractatus logico-philosophicus (1922) a riportare in scena l’idea della connessione logica tra i singoli costituenti del mondo e, con essa, l’immagine del mondo stesso come un tutto interconnesso. In questa prospettiva poteva sembrare che Mill rappresentasse invece l’appiattimento della filosofia sull’esperienza. Nei Principia Ethica, Moore prese la prima parte della prova dell’utilitarismo, il passaggio da «desiderato» a «desiderabile», come un esempio lampante di fallacia naturalistica, e cioè di confusione tra due proprietà ontologicamente distinte, la bontà e le proprietà naturali (o anche le proprietà metafisiche)15. Ciò che Moore trovava di sbagliato in Mill era lo stesso che vi aveva trovato Bradley: il presunto psicologismo. Non coglieva invece che Mill non aveva inteso sbarazzarsi di distinzioni fondamentali, come quella tra essere e dover essere, o tra empirico e logico, ma aveva voluto ricostru...

Indice dei contenuti

  1. I. Eclettismo e perfezionismo
  2. II. La logica
  3. III. L’economia politica
  4. IV. La libertà
  5. V. L’utilitarismo
  6. VI. Il governo rappresentativo
  7. VII. Psicologia e metafisica
  8. VIII. Etica e religione
  9. Cronologia della vita e delle opere
  10. Storia della critica
  11. Bibliografia