Guida alla lettura di «Myricae» di Pascoli
eBook - ePub

Guida alla lettura di «Myricae» di Pascoli

  1. 208 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Guida alla lettura di «Myricae» di Pascoli

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Grazie all'edizione critica e ai tanti studi sulla raccolta, gli ultimi decenni hanno registrato una profonda e spesso radicale riconsiderazione di Myricae e del profilo complessivo di Giovanni Pascoli. Carla Chiummo fa il punto su questa rilettura e capovolge il luogo comune del vecchio – e pur a suo tempo meritorio – giudizio critico che definiva Pascoli protagonista di una ‘rivoluzione inconsapevole', ricostruendo le ragioni poetiche, tematiche e stilistiche per cui sarebbe molto più opportuno parlare invece di una ‘rivoluzione consapevole'. Il volume prende in esame la lunga composizione, dal 1886 al 1911, dell'opera, la sua struttura, i temi e i personaggi, la lingua e lo stile, e guida lo studente a una lettura aggiornata della più nota raccolta poetica di Giovanni Pascoli.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Guida alla lettura di «Myricae» di Pascoli di Carla Chiummo in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Literatura e Crítica literaria. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858116531

1. L’autore e l’opera

1.1. Un esordio apparentemente tardivo

Nella tua barba percoteva fischiando
De’ miei lepidi motti arguto il vento;
[...]
***
Questo donde ti scrivo alido albergo
(volgarmente caffè del comunale)
Vedrà tra poco, oppur tra molto, il tergo,
Severin, del tuo piccol Giovenale.
[...]
***
Soffriamo! Nei giorni che il popolo langue
è insulto il sorriso, la gioia è viltà!
Sol rida chi ha posto le mani nel sangue,
e il fato che accenna non teme e non sa.
[...]
Chi riconoscerebbe in questi versi, giocosi e infiammati, il poeta che meno di otto anni dopo avrebbe composto il ciclo bucolico dell’“Ultima passeggiata”, primo nucleo delle future Myricae? Eppure il Pascoli degli anni ’70 è questo: l’arguto motteggiatore che scambia versi giocosi e disegni con caricature dei suoi amici, famoso per scherzi salaci e provocatori, ma anche per la sua intensa attività nelle fila anarco-rivoluzionarie che gli ispira poesie come La morte del ricco, Sandor Petöfi e l’Ode a Passannante (vedi box 1). La sua abilità di verseggiatore è presto nota agli amici degli anni universitari a Bologna (1874-82). Ma, sebbene abbia negato questa versione dei fatti, tante sono le testimonianze che confermano la sua ritrosia a farsi conoscere pubblicamente come poeta ‘serio’ ancora negli anni ’80: “Vat a morì d’azident!” avrebbe risposto Giovannino all’amico Ugo Brilli, che gli presentava la proposta di Zanichelli di pubblicare le sue poesie.
Certo, in quel decennio regala ad amici e parenti piccole raccolte delle sue poesie, così come inizia a pubblicarle singolarmente o in gruppi limitati su qualche rivista, in genere semisconosciuta. Ma è solo nel 1891, quando è già quasi quarantenne, che uscirà la prima versione della sua raccolta Myricae: in questa edizione appaiono appena 22 componimenti, che invece nell’edizione definitiva del 1911 arriveranno al considerevole numero di 156.
Effettivamente, al di là di difficoltà e ritrosie caratteriali, Pascoli non è un enfant prodige alla D’Annunzio. Nato a San Mauro di Romagna il 31 dicembre del 1855, frequenterà l’ottimo collegio degli Scolopi di Urbino tra il 1862 e il 1871, frequentando gli ultimi due anni liceali a Rimini e poi a Firenze. Alla fine del 1873 si iscrive, grazie a una borsa di studio, alla Facoltà di Lettere di Bologna, dove si laurea solo nel 1882, dopo nove tumultuosi anni in cui, per il suo scarso zelo negli studi e per il pericoloso impegno politico, per un anno perde la borsa di studio avuta sotto l’egida di Carducci e per circa altri cinque, dal 1875 al 1880, sembra abbandonare del tutto il progetto di laurearsi. È invece un periodo in cui si impegna attivamente nella lotta politica al fianco del compagno di studi Andrea Costa, futuro primo deputato del partito dei lavoratori.
L’infervorato Pascoli, adepto delle fila anarco-rivoluzionarie di matrice bakuniana e poi del socialismo legalitario di Andrea Costa, proviene da un’agiata famiglia romagnola decimata dai lutti. Il primo tragico evento che comporterà difficoltà esistenziali ed economiche è l’assassinio del padre Ruggiero. Amministratore della tenuta dei principi di Torlonia, presso la Torre di San Mauro, il padre sarà ucciso il 10 agosto 1867 per mano di assassini rimasti impuniti, nonostante i forti sospetti della famiglia, e sempre più soprattutto di Giovanni, sul successore del padre presso i principi. Un anno dopo, a questa scomparsa faranno seguito la morte della sorella Margherita e della madre Caterina e poi, tra il 1871 e il 1876, di altri due fratelli: Luigi e Giacomo.
Un altro evento traumatico nella sua vita gli proviene dall’attività politica, che gli causa quasi quattro mesi di prigionia, nel 1879, per aver partecipato alle manifestazioni legate al processo all’attentatore anarchico di re Umberto, Giovanni Passannante. Pascoli sarà prosciolto dopo la testimonianza a suo favore, tra gli altri, del suo maestro a Bologna, Giosue Carducci. Ma dopo questa esperienza, dalla quale uscirà – come scrive nella Prefazione alla prima edizione dei Canti di Castelvecchio – “per sempre indignato”, si concentrerà sugli studi e poi sull’insegnamento. Si laurea infatti a Bologna nel 1882 con una tesi sul poeta greco Alceo, relatore Gaetano Pelliccioni, il quale però non lascia un segno profondo nella sua formazione, come invece accade per il professore di Filosofia antica Francesco Acri, che nonostante la scarsa assiduità di Giovannino ai corsi gli trasmette una duratura passione per il pensiero socratico-platonico, e per Edoardo Brizio, che a Bologna insegna Archeologia classica. Tra il 1882 e il 1884 è professore di greco e latino, e per un anno anche di filosofia, al liceo classico “Duni” di Matera, e tra il 1885 e 1895 insegna greco e latino nei licei di Massa e poi Livorno. Dopo aver partecipato a Roma, tra il 1893 e il 1894, a commissioni ministeriali sull’insegnamento delle materie classiche, nel 1896 approda all’insegnamento di Grammatica greca e latina all’Università di Bologna. Ma già un anno dopo decide di rinunciare alla cattedra per l’arrivo a Bologna del fratello Giuseppe, che inizia una campagna diffamatoria e ricattatoria contro Giovanni. L’anno successivo è comunque già di nuovo in cattedra a Messina come professore di Letteratura latina. Solo nel 1903 riuscirà ad avvicinarsi alla sua Castelvecchio, in Toscana. Qui oramai vive, con la sorella Mariù, nelle pause dagli impegni universitari, nella stessa casa affittata sin dal 1895 dopo l’addio ai due fratelli da parte di Ida che, gettando nello sconforto Giovanni per il ‘nido’ nuovamente distrutto, va sposa a Salvatore Berti, un riminese.
Proprio nel 1903 Pascoli ottiene a Pisa la cattedra di Grammatica greca e latina e riesce ad acquistare la tenuta di Castelvecchio, grazie alle medaglie d’oro conquistate in Olanda con la sua poesia latina. Due anni dopo, alla fine del 1905, ottiene la chiamata a Bologna come professore di Letteratura italiana, sulla prestigiosa cattedra che per decenni era stata del suo maestro, Giosue Carducci. E qui finirà la sua parabola biografica e poetica, con la morte sopraggiunta il 6 aprile del 1912, per un tumore a stomaco e fegato che gli impedisce di portare a termine i tanti progetti letterari. Anzitutto restano incompiuti i Poemi del Risorgimento, appena iniziati, che dovevano chiudere cronologicamente il ciclo storico avviato dai Poemi conviviali (1904), di argomento classico, seguiti dalle Canzoni di re Enzio (1908-09), di argomento medievale, dai Poemi italici (1911), di argomento umanistico-moderno, e da Odi e inni (1906), di argomento contemporaneo. Peraltro sia le Canzoni di re Enzio che i Poemi italici dovevano essere certamente ampliati, secondo i progetti rimasti in abbozzi autografi; così come prevedeva di riordinare insieme tutta la sua poesia in latino. Dopo la sua morte, sarà la sorella Maria, con l’aiuto di filologi e amici del fratello, a portare a termine quest’ultimo progetto, insieme, tra gli altri, a quello della raccolta di Traduzioni e riduzioni (1913), dell’edizione ampliata dei Canti di Castelvecchio, che includerà in appendice il Diario autunnale (1910), delle Poesie varie (1912-13) e degli incompiuti Poemi del Risorgimento, includendovi le traduzioni dello stesso Pascoli delle sue poesie in latino Inno a Roma e Inno a Torino (1913). Gli unici lavori poetici, insieme alle Myricae, che avevano concluso del tutto il loro iter erano i Poemi conviviali (1905) e i Primi poemetti (1907), seguiti dai contigui Nuovi poemetti (1909).
La storia di Myricae si intreccia con l’apprendistato esistenziale e poetico di Pascoli. Un apprendistato che ha i suoi anni decisivi attorno al 1885, quando, ormai trentenne, ricompone con le sorelle il ‘nido’ familiare. Oltre alle precedenti poesie di contenuto prevalentemente politico-ideologico, tra il 1882 e il 1885 Pascoli mette insieme diversi componimenti ispirati al rincontro (dal 1885 convivenza) con le due sorelle Ida e Maria, che avevano trascorso quasi un decennio presso un collegio di suore a Sogliano, vicino Rimini, senza peraltro che per nove anni il fratello sentisse il bisogno di andare a trovarle. Prende forma quel ciclo di poesie che lo studioso Cesare Garboli ha ribattezzato come le sue prime Poesie famigliari, già pubblicate postume, con questo titolo, dalla sorella Maria nella edizione delle Poesie varie.
Ma negli anni da studente presso la Facoltà di Lettere di Bologna – e anche in seguito, lamenterà sempre Pascoli – il maestro Carducci non sembra riconoscere e incoraggiare in lui il futuro poeta quanto piuttosto l’abile classicista, divenuto tra i compagni di studio bolognesi una vera e propria leggenda per la sua competenza nelle lingue classiche, giuntagli dagli ottimi studi presso gli Scolopi del collegio di Urbino. In realtà già da studente universitario rivela un suo classicismo assolutamente moderno, come quando, per niente intimorito dal confronto con il suo maestro, scrive un saggio sul modo di tradurre la Batracomiomachia pseudo-omerica, in cui implicitamente contesta la trasposizione metrica in italiano dei versi classici proposta dal maestro Carducci, sul modello delle sue Odi barbare, perché indifferente a una resa della quantità sillabica della poesia classica che invece per Pascoli è possibile anche nel verso italiano (vedi box 2).
Non solo: la prima vera edizione commerciale di Myricae è quella del 1892, lo stesso anno in cui, ancora poeta sconosciuto ai più, vince la medaglia d’oro al concorso internazionale di poesia latina ad Amsterdam, il Premio Hoeufftiano, di cui sarà vincitore ancora per altre 12 volte, conseguendo anche per 13 volte il riconoscimento della magna laus, ovvero la menzione speciale con possibilità di pubblicazione. Le sue poesie latine, pur ispirandosi a personaggi e ambienti della classicità, si sostanziano di motivi e timbri poetici assolutamente affini e contigui alla sua poesia italiana, anche nella mescolanza di ascendenze indifferentemente classiche e moderne. La stessa poesia che vince ad Amsterdam nel 1892, Veianius, riprendendo un personaggio delle Epistole di Orazio, intreccia motivi e voci cari al Pascoli non solo delle Myricae: il rifugio nella pace della campagna, il poeta contadino, il motivo del sogno e della visione, le voci della natura.
Siamo già molto lontani dai componimenti giovanili della sua poesia italiana, più tradizionalmente classicistici e parnassiani, ovvero alla maniera carducciana o del poeta parnassiano francese Leconte de Lisle, come per es. l’Epitalamio lesbio o il ciclo dei Miti, inclusi poi dalla sorella Maria nelle Poesie varie; e ci avviciniamo invece ormai sensibilmente alla poetica di Myricae. Il classicismo di scuola, e anche quello passato per la sperimentazione carducciana e parnassiana, è ormai confluito in una poetica che si apre gradualmente ad alcune delle istanze simbolistiche europee, in particolare quelle del francese Baudelaire e della sua discendenza poetica, filtrando, come quelle stesse istanze insegnavano, eredità anche romantiche. Tra queste ultime spiccano quelle della poesia di Victor Hugo, Heinrich Heine, Edgar Allan Poe e dei romantici inglesi (soprattutto William Wordsworth, Percy Bysshe Shelley, John Keats), di cui si trova traccia nelle cosiddette “Carte Schinetti” (dal nome del giornalista Pio Schinetti che nel 1912 pubblicò poesie pascoliane risalenti agli anni 1877-79) e nella Prefazione di Pascoli alle Traduzioni da Alfred de Musset, firmate dal suo collega massese Pilade Mascelli: siamo negli anni ’80, in epoca pre-myricea.
Partendo da questo retroterra romantico e protosimbolista, che include però anche poeti italiani a cavallo tra queste due poetiche, come Giovanni Prati, Aleardo Aleardi, lo scapigliato Emilio Praga e il poeta Vittorio Betteloni con il suo realismo antiretorico, Pascoli elabora una personalissima poesia fatta di memorie, visioni, frantumazione introspettiva del tempo e dello spazio. Sono tutti motivi che diventano la cifra poetica dominante di Myricae, proiettandosi anche altrove, in altre raccolte, negli stessi anni ’90, quando questa prima raccolta continua a cambiare forma e contenuti. Ad esempio, all’indomani dell’ancora parziale edizione myricea del 1894, Pascoli sposta il suo sguardo proprio sulla reinvenzione di personaggi e luoghi della classicità, pubblicando sulla rivista estetizzante “Il Convito”, nel 1895, i primi Poemi conviviali, ovvero Solon, Alexandros e Gog e Magog, seguiti, sulla stessa rivista, nel 1896 dalla ‘myrica’ La morte, che invece confluirà nelle Myricae nella quarta edizione (1897) con il titolo Scalpitìo: a conferma della contemporaneità di esperienze poetiche tanto diverse da quelle della prima raccolta, ma anche in parte simili.
Già nel 1894, in un’intervista allo scrittore e giornalista Ugo Ojetti, inclusa nell’inchiesta Alla scoperta dei letterati pubblicata dallo stesso Ojetti l’anno seguente, Pascoli presenta, senza ancora citarlo, il progetto dei Poemetti (di cui c’è traccia nei suoi manoscritti sin dal decennio precedente): “io non credo che il poemetto in forma epica sarebbe disdegnato dall’età nostra; ma bisognerebbe che fosse, secondo me, di soggetto umile, spesso campestre”, e facendo l’esempio di questi poemetti nell’inglese Alfred Tennyson, aggiunge: “bisognerebbe evitare ogni pastorelleria d’arcadia, bisognerebbe essere semplici, sinceri, umili, bisognerebbe adattarsi al soggetto”. È il profilo dei Poemetti, scritti proprio in forma epico-narrativa e di soggetto tutto campestre; la loro prima edizione sarà del 1897, in contemporanea con la quarta edizione myricea che dà un assetto sostanzialmente definitivo a questa raccolta.
Anche i Poemetti, un lungo racconto in terzine sulla vita della famiglia della contadina Rosa nella campagna lucchese, intervallato da poemetti a sfondo puramente speculativo, sembrano lontani dal profilo myriceo. Tuttavia, anche qui lo sguardo ‘simbolistico’ su una natura che segna circolarmente il tempo immutabile ed eterno di vita e morte, di contro alla mortalità ineludibile degli individui, trova nelle contemporanee Myricae un’unità profonda di motivi poetici. Così ...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. 1. L’autore e l’opera
  3. 2. La composizione dell’opera
  4. 3. La struttura dell’opera
  5. 4. Figure e personaggi
  6. 5. I temi e le idee
  7. 6. La lingua e lo stile
  8. 7. Zoom