La mente nel sonno
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La mente nel sonno

  1. 184 pagine
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Informazioni sul libro

Un contributo rigoroso e aggiornato al dibattito sui rapporti tra sonno, memoria e sogno dopo la scoperta della fase REM, che tiene conto sia delle ricerche neurofisiologiche, psicologiche e cliniche più recenti, sia della prospettiva storica, attraverso il confronto con altri contesti storico-culturali, in primo luogo la psicoanalisi.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858119211

1. Il sonno: definizioni e caratteristiche

1.1. Che cos’è il sonno

L’esistenza del sonno quale condizione dell’organismo diversa dalla veglia riguarda moltissime specie. Le sue caratteristiche sono abbastanza facilmente identificabili in alcune specie (ad esempio i mammiferi), molto meno in altre (Tobler, 1992).
Si tratta, in effetti, di determinare i criteri che permettono di separare il sonno dalla veglia.
Nei vertebrati, i criteri sono basati su due tipi di indici: comportamentali ed elettrofisiologici. Gli indici comportamentali includono la postura, il luogo in cui l’animale dorme, l’assenza di motilità; a questi si può aggiungere l’elevazione della soglia di «risposta» in seguito alla presenza di eventi esterni. Quanto agli indici elettrofisiologici, essi vengono rilevati attraverso le registrazioni poligrafiche, che prevedono l’acquisizione simultanea di alcuni segnali, indispensabili, come vedremo, anche per identificare il tipo di sonno (Tobler, 1992).
Nell’uomo, le tecniche di rilevazione più comunemente utilizzate sono (Rechtschaffen e Kales, 1968): l’elettroencefalogramma (EEG), che registra l’attività elettrica cerebrale attraverso elettrodi posti sullo scalpo (almeno due derivazioni, relative a due regioni del cervello); l’elettrooculogramma (EOG), che registra i movimenti degli occhi sfruttando la differenza di potenziale corneo-retinico: almeno una componente del movimento, verticale od orizzontale, ma meglio ancora entrambe, è necessaria per stabilire la presenza di attività oculare e le sue caratteristiche basilari; infine, l’elettromiogramma (EMG), in cui il tono della muscolatura dell’asse corporeo viene registrato anch’esso attraverso elettrodi di superficie posti sul mento oppure nella regione supraioidea. Nelle poligrafie sono spesso aggiunte le registrazioni di altre attività fisio­logiche, in particolare quelle relative al sistema neurovegetativo, quali la frequenza cardiaca (elettrocardiogramma: ECG) e quella respiratoria (respirogramma), che, se non fondamentali per l’identificazione del tipo di sonno, forniscono peraltro utili informazioni sulle condizioni generali del funzionamento dell’organismo.
Nei mammiferi, e in particolare nell’uomo, la differenza tra il sonno e la veglia viene definita attraverso entrambi i tipi di indici, comportamentali e fisiologici, anche se, come vedremo, per descrivere la struttura del sonno ci si affida soprattutto alle informazioni che provengono dalle misure elettrofisiologiche.
Le definizioni del sonno che sono state date variano quindi in funzione di criteri e specie alle quali esplicitamente o implicitamente si fa riferimento. Lo psicofisiologo Piéron (1912, p. 3), all’inizio del XX secolo, definisce il sonno «uno stato periodicamente necessario, con ciclicità relativamente indipendente dalle condizioni esterne e caratterizzato dall’interruzione dei complessi rapporti sensoriali e motori che uniscono l’individuo al suo ambiente». Molti anni dopo, Carskadon e Dement (1989) hanno definito il sonno come «uno stato comportamentale reversibile di distacco percettivo e di non responsività all’ambiente». Fagioli e Salzarulo (1995, p. 97) hanno incluso caratteristiche comportamentali osservabili spontaneamente ed in risposta a stimoli, definendo il sonno «uno stato dell’organismo caratterizzato da una ridotta reattività agli stimoli ambientali che comporta la sospensione dell’attività relazionale (rapporti con l’ambiente) e modificazioni della coscienza; esso si instaura spontaneamente e periodicamente, si autolimita nel tempo, ed è reversibile».
La «ridotta reattività all’ambiente» è un parametro importante per definire il sonno, ed è dovuta al fatto che la soglia al di sotto della quale non sono percepiti gli stimoli è più elevata. Quanto alla sospensione dell’attività relazionale, essa non è completa. Tuttavia, la consapevolezza del mondo esterno, che è una componente essenziale della coscienza, è assente nel sonno.
Il termine «periodicamente» indica l’alternanza ritmica tra il sonno e la veglia, mentre il termine «spontaneamente» sottolinea il fatto che il sonno si instaura senza la necessità di interventi esterni.
Infine è importante ricordare che il sonno «si autolimita nel tempo», intendendo con questo che anche il risveglio è un evento spontaneo, non necessariamente generato da eventi esterni. In effetti, quella della reversibilità spontanea del sonno è una caratteristica fondamentale.

1.2. Il sonno come struttura organizzata

Per capire «com’è fatto» il sonno, e per l’utilità che ciò può avere per comprenderne i rapporti con l’attività mentale che descrivere­mo in seguito, è importante tenere presente che esso ha una preci­sa struttura. Il sonno può essere infatti concepito e descritto ­come un fenomeno biologico altamente organizzato secondo tre livelli: lo stato, il ciclo e l’episodio (Salzarulo et al., 1998) (cfr. Fig. 1.1).
Fig. 1.1. Livelli di organizzazione del sonno (Salzarulo e coll., 2003).
Fig. 1.1. Livelli di organizzazione del sonno (Salzarulo e coll., 2003).
1.2.1. Gli stati di sonno nell’uomo Una delle prime definizioni di «stato» risale al lavoro di Prechtl e coll. (1968) sul primo sviluppo: lo stato è «una costellazione di pattern di variabili fisiologiche che sono relativamente stabili e che sembrano ripetersi. Sono prontamente riconoscibili, dato che appaiono ripetutamente non in un solo neonato, ma in tutti i neonati».
Lo «stato» è, quindi, una condizione individuata necessariamente da più indici, ognuno dei quali conserva una determinata caratteristica per una certa durata; il passaggio di stato avviene quando tutte le variabili assumono simultaneamente altre caratteristiche. Tali aspetti sono importanti specialmente nel primo sviluppo e nell’anziano, quando è spesso difficile identificare il sonno e la veglia, in quanto vi è la compresenza di caratteristiche relative a stati differenti («sonno ambiguo» [Salzarulo et al., 1980] o «transizionale» [Lairy e Naquet, 1973]).
Se già i lavori di Loomis e coll. (1937) avevano mostrato che il sonno non è una condizione omogenea, da cinquant’anni a questa parte (Aserinsky e Kleitman, 1953) sappiamo che al suo interno esistono due patterns che rispondono ai requisiti per la definizione di «stato»: il sonno REM e il sonno Non REM (NREM).
L’identificazione degli stati di veglia e di sonno viene comunemente effettuata attraverso l’utilizzazione di criteri ben precisi, di tipo elettrofisiologico e comportamentale.
L’EEG di un soggetto normale, sveglio, presenta un tracciato desincronizzato con una prevalente attività di alta frequenza e bassa ampiezza (ritmo beta, superiore a 16 Hertz). In concomitanza ci sono: tono muscolare elevato, movimenti oculari di vario tipo e significato funzionale (saccadi, movimenti di inseguimento), fluttuazioni del ritmo cardiaco e respiratorio. Inoltre, alla chiusura degli occhi è possibile evidenziare un’attività cerebrale di frequenza compresa tra 8 e 12 Hertz (ritmo alfa) localizzata nelle regioni posteriori.
Il sonno REM è caratterizzato da attività cerebrale (EEG) di elevata frequenza e basso voltaggio, movimenti oculari rapidi, assenza di tono posturale (a carico della muscolatura assiale che svolge funzione antigravitaria), irregolarità della frequenza cardiaca e respiratoria.
Ognuna di queste componenti è stata oggetto di analisi dettagliate e di esperimenti eseguiti negli animali volti ad evidenziare le strutture del Sistema Nervoso Centrale (SNC) che vi sono implicate. È così che l’attività elettrica cerebrale è apparsa come l’«equivalente» di certi tipi di veglia, espressione di elevata attivazione, e che quindi ha fatto proporre l’ipotesi di una somiglianza tra sonno REM e veglia (Jouvet, 1965). Questo tipo di attività è inoltre compatibile con la possibilità di consolidare eventi («tracce mnestiche»), e quindi importante per la discussione dei rapporti fra sonno e memoria, che sarà oggetto del capitolo 4 di questo volume.
L’assenza di tono muscolare in sonno REM rende impossibili i movimenti organizzati: il soggetto è quindi funzionalmente paralizzato. La presenza simultanea di elevata attivazione cerebrale, «veglia-simile», e di atonia muscolare ha indotto Jouvet (1965) a parlare di «sonno paradosso» (altro termine con il quale viene chiamato il sonno REM).
L’attività che ha più attirato l’attenzione degli studiosi, non solo fisiologi, è costituita dai movimenti oculari rapidi (in inglese, Rapid Eye Movements: REMs). Questi hanno una peculiarità tipica solo di questo stato: quella di essere spesso raggruppati in «salve» (chiamate anche REMs bursts o REMs bouffées). Si presentano, cioè, in sequenze di 3-10 movimenti ravvicinati, estremamente rapidi, che si ripetono più volte con intervalli fra 5 e 10 secondi, nel corso di una fase di sonno REM (cfr. Fig. 1.2). In corrispondenza di queste salve, si ha l’accentuazione dell’instabilità neurovegetativa, sia del ritmo cardiaco che respiratorio.
Fig. 1.2. Attività oculare nel corso del sonno REM. E0G: elettrooculogramma (modificata da Mancia, 1996).
Fig. 1.2. Attività oculare nel corso del sonno REM. E0G: elettrooculogramma (modificata da Mancia, 1996).
Un diverso approccio allo studio delle caratteristiche neurofisiologiche del sonno REM consiste nel cercare di «visualizzare» quello che accade «dentro il cervello» durante questo tipo di sonno. Le moderne tecniche di neuroimmagine, tra le quali la tomografia ad emissione di positroni (in lingua inglese Positron Emission Tomography, PET) hanno permesso di «vedere» cosa succede durante il sonno analizzando aree del sistema nervoso della cui attivi­tà con le tecniche precedenti si era riusciti a conoscere poco. Com’è noto, la PET consente di mettere in evidenza il grado di attività di un gruppo neuronale attraverso lo studio del suo metabolismo.
Uno dei primi studi che hanno utilizzato la PET per esplorare diverse aree corticali durante il sonno nell’uomo (Townsend et al., 1973) ha mostrato un aumento del metabolismo cerebrale ­durante il sonno REM rispetto alla veglia rilassata. L’aumento riguarda tutte le aree cerebrali, e in particolare le regioni temporali (che in veglia rilassata presentano il livello più basso di attivazione). Nel 1989 Buchsbaum e coll. hanno confermato questi risultati ed hanno mostrato inoltre che l’unica struttura caratterizzata da una minore attivazione in sonno REM rispetto alla veglia rilassata è il talamo.
Ulteriori approfondite evidenze (Maquet et al., 1996; Braun et al., 1997; Nofzinger et al., 1997), riportate in dettaglio in un recente articolo di rassegna (Maquet, 2000a), sono state ottenute utilizzando versioni sofisticate di PET che permettono di «visualizzare» più in dettaglio l’attivazione delle diverse aree cerebrali nel corso del sonno. La rassegna di Maquet (2000a) mostra che le strutture limbiche, il tegmento pontino, i nuclei talamici e la corteccia posteriore sono più attivi in sonno REM che in veglia. Invece la corteccia frontale e la corteccia parietale sono meno attive in sonno REM che in veglia.
Per quanto riguarda il sonno NREM, oltre che l’assenza dei movimenti oculari rapidi, esso ha anche altre caratteristiche che lo differenziano dal sonno REM. Il tono muscolare è ­abitualmente presente e, in ogni caso, non necessariamente assente come in sonno REM; le frequenze cardiaca e respiratoria sono inferiori a quelle osservate in sonno REM e il loro ritmo è regolare. Infine, l’attività EEG è molto diversa rispetto a quella del sonno REM e soprattutto si differenzia in modo evidente nel corso di una fase. La diversificazione dell’attività EEG ha portato, nell’uomo adulto, alla descrizione di quattro stadi denominati con numerazione crescente da 1 a 4 (cfr. Fig. 1.3), sulla base di variazioni di frequenza e ampiezza de...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. 1. Il sonno: definizioni e caratteristiche
  3. 2. Le risposte del cervello durante il sonno
  4. 3. Il sogno
  5. 4. Sonno e memoria
  6. 5. Il ruolo del sonno per i processi cognitivi della veglia successiva
  7. Bibliografia
  8. Glossario