Mussolini contro Lenin
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Mussolini contro Lenin

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Mussolini contro Lenin

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Informazioni sul libro

Gentile ripercorre le strade parallele e diverse che Lenin e Mussolini seguirono all'interno del movimento socialista e rivoluzionario europeo del primo Novecento, il radicalismo che entrambi manifestarono e la divergente biforcazione che produsse tra loro la Prima guerra mondiale.

L'analisi dello sguardo mussoliniano sulla rivoluzione russa e sulla figura di Lenin è un tassello indispensabile per comprendere l'evoluzione del pensiero del futuro Duce. Marcello Flores, "la Lettura - Corriere della Sera"

Emilio Gentile ricostruisce i percorsi verso il potere dei due futuri dittatori. Una lettura originale che riflette sul rapporto tra guerra e rivoluzione e sul ruolo del leader carismatico nella nuova politica di massa Mario Toscano, "La Stampa"

I primi due capi rivoluzionari del ventesimo secolo, artefici dei primi regimi totalitari, l'un contro l'altro armati per imprimere il proprio modello sulla civiltà moderna. Una nuova, radicale, interpretazione di due miti della storia.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788858139035
Argomento
Storia

1.
Due adolescenze
poco parallele

Dal 1904 al 1914 Lenin e Mussolini camminarono su vie parallele, ma non provenivano da parallele esperienze di vita. L’italiano aveva sei anni quando il russo diciannovenne decise di dedicare la sua vita alla rivoluzione socialista. Nessun parallelo è possibile neppure fra i due paesi in cui nacquero, trascorsero l’adolescenza e si formarono assumendo i tratti della personalità che rimasero immutati nel variare delle esperienze, delle condizioni di vita, degli eventi, e delle situazioni in cui vissero. Inoltre, molte erano le differenze per origine sociale, famiglia, educazione scolastica, e persino per l’iniziazione alla militanza rivoluzionaria. Le differenze fra i due erano tali da rendere impossibile un profilo di vite parallele nel periodo precedente il loro probabile incontro, nella Brasserie Handwerk a Ginevra il 18 marzo 1904.

Vladimir, studente modello

Vladimir Il’ič Ul’janov nacque il 22 aprile 1870 a Simbirsk sul Volga. La sua era una famiglia benestante, che nell’albero genealogico aveva un ramo ebreo, uno tedesco, uno svedese, uno mongolo. Il bisnonno paterno era stato un servo della gleba, ma il padre di Vladimir, Il’ja Nikolaevič, aveva compiuto una straordinaria ascesa sociale, diventando professore di matematica e poi ispettore generale dell’istruzione elementare, e meritò per il suo servizio il conferimento della nobiltà ereditaria nel 1874. Da giovane, Vladimir si firmava: “nobile ereditiere”1.
Suo padre, un conservatore illuminato ma devoto allo zar e alla Chiesa ortodossa, cercò di tenere lontani i figli e le figlie dal contagio delle idee rivoluzionarie che allora infiammavano tanti giovani studenti, infervorati dal movimento populista che combatteva l’autocrazia zarista con il terrorismo, per l’emancipazione dei contadini. La madre di Vladimir, Marija Aleksandrovna Blank, era figlia di un medico di madre svedese e di padre ebreo, proprietario terriero e nobile ereditario. Convertitosi alla Chiesa ortodossa, il nonno materno di Vladimir aveva sposato la figlia di un mercante tedesco di religione luterana, che non volle convertirsi alla religione ortodossa. Cresciuta nella religione luterana, ma non praticante, Marija Aleksandrovna conosceva il tedesco e il francese, amava la musica e la insegnò ai figli.
Vladimir, chiamato in famiglia Volodja, imparò dalla madre a suonare il piano e a cantare. Era il terzo di sei figli, tre maschi e tre femmine. Tutti crebbero in un ambiente agiato e tranquillo, col prestigio sociale che la carica conferiva al padre, accuditi da una madre affettuosa ma severa, educati nel rispetto dell’autorità, nel senso del dovere, nella disciplina del carattere, nell’amore per la cultura, nell’impegno per lo studio. E nelle pratiche religiose, ma senza bigotteria.
Volodja, soprannominato da bambino “Botticella” perché basso e grassottello, in famiglia era vivace, dispettoso, turbolento, irritabile, mentre a scuola era uno studente modello per la disciplina e lo studio, sempre il primo della classe in quasi tutte le materie, specialmente in greco e latino. Il direttore del liceo, Fëdor Kerenskij, lo vedeva predestinato ad eccellere negli studi umanistici.
Benché poco socievole, Vladimir “aveva un’indole calma e gioviale”, ma “non aveva veri amici”, come ricordava il suo compagno di banco: era “molto diverso da noi; non partecipava mai ai giochi e alle marachelle dell’infanzia e dell’adolescenza, né nelle prime classi né in seguito. Era sempre occupato a studiare o a redigere qualche lavoro scritto”. Vladimir – raccontò un altro compagno di classe – era “un’enciclopedia ambulante, utilissimo ai compagni”2. Studiare era la sua passione principale, altre non ne aveva, a parte il gioco degli scacchi, congeniale alla sua intelligenza e capacità di concentrazione, e l’attività sportiva, che praticò sempre.
Assiduo lettore di poesie e di romanzi, specialmente russi, mai negli anni scolastici Vladimir fece un gesto di ribellione, salvo un’occasionale monelleria. Non espresse mai una opinione politica. “Per farla breve – affermò la sorella maggiore Anna – non aveva convinzioni politiche”3.
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Vladimir studente liceale.

Il fratello dell’impiccato

L’adesione di Vladimir al marxismo e alla militanza rivoluzionaria avvenne dopo il 1887, quando il fratello maggiore Aleksandr fu impiccato come terrorista per aver organizzato un attentato alla vita dello zar. All’Università di San Pietroburgo, dove studiava scienze naturali, Aleksandr, che in famiglia tenne celate le sue idee politiche, anche al fratello, aderì al movimento rivoluzionario “Narodnaja Volja” (Volontà del popolo). Con un gruppo di studenti terroristi organizzò il complotto contro lo zar, ma furono scoperti prima di attuarlo. Al processo, Aleksandr si assunse con dignità e coraggio tutta la responsabilità. Fu condannato a morte ma rifiutò di chiedere indulgenza allo zar, nonostante le preghiere della madre disperata. Fu impiccato l’8 maggio 1887, aveva ventuno anni.
Quello stesso giorno, Vladimir doveva sostenere una prova per l’esame di maturità. Educato a celare nell’intimo le emozioni, non perse la concentrazione, proseguì l’esame, fu il primo dei promossi, ebbe il massimo dei voti e gli fu conferita la medaglia d’oro. Nessuna emozione Vladimir aveva mostrato neppure l’anno prima, quando il padre era morto per emorragia cerebrale a cinquantaquattro anni. Ma fu allora che Vladimir cessò di credere in Dio.
A così breve distanza di tempo, i due tragici eventi si abbatterono come fulmini sull’esistenza tranquilla degli Ul’janov. La nobiltà e la borghesia locale decretarono l’ostracismo alla famiglia del terrorista e ciò indusse la vedova a trasferirsi con i figli in un’altra città. Da allora, per il regime zarista e per le classi dominanti Vladimir nutrì un odio implacabile, che fu l’impulso principale della sua iniziazione politica. “La mia strada – avrebbe detto anni dopo – è stata tracciata dal mio fratello maggiore”4.
Nonostante fosse fratello di un terrorista giustiziato, gli fu concesso di iscriversi all’Università di Kazan, per studiare legge. Lo favorì una lettera di raccomandazione del direttore Kerenskij, leale amico del padre. “Né a scuola né fuori di scuola si è mai verificato alcun fatto in cui Ulijanov abbia, o con parole o con azioni, fornito occasione di rilievi agli insegnanti o alle autorità scolastiche”, aveva scritto il direttore, assicurando che il giovane era stato educato dai genitori nella religione e nella disciplina, come dimostravano gli eccellenti risultati scolastici5.
Pochi mesi dopo l’iscrizione universitaria, alla fine del 1887, Vladimir, già sorvegliato dalla polizia, fu arrestato per aver partecipato a una manifestazione pacifica degli studenti. Fu espulso dall’università e confinato nella tenuta di campagna del nonno, dove trascorse il tempo nello studio della filosofia, dell’economia politica, della storia e degli autori socialisti.
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Vladimir Ul’janov a 22 anni.

L’iniziazione di un rivoluzionario

Grande e indelebile impressione gli fece allora la lettura del romanzo Che fare?, scritto da Nikolai Černyševskij, un socialista populista che trascorse molti anni nelle prigioni dello zar. Protagonista del romanzo è un giovane rivoluzionario che impegna tutta la sua esistenza, con radicale dedizione, alla realizzazione di una società libera e giusta. Vladimir lo prese a modello di vita, e ammirò sempre Černyševskij, tanto da conservare nel portafoglio una sua fotografia. Altrettanto profonda e indelebile fu l’influenza del Capitale di Marx, che Vladimir stu...

Indice dei contenuti

  1. Prologo. Forse a Ginevra in una birreria
  2. 1. Due adolescenze poco parallele
  3. 2. Su vie parallele con Karl Marx
  4. 3. Santa Russia della rivoluzione
  5. 4. Arriva Lenin!
  6. 5. ...Ed è fischiato
  7. 6. Viva la Russia! Abbasso la Russia! Viva la Russia!
  8. 7. Rivoluzionario di stoppa
  9. 8. Leninisti d’Italia
  10. 9. Ritorna Lenin
  11. 10. Il traditore
  12. 11. Il tiranno
  13. 12. Il reazionario
  14. 13. Il fallito
  15. 14. Eppur fu grande
  16. Epilogo. Il trionfo del rinnegatore
  17. Referenze iconografiche