Mercato, Europa e libertà
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Mercato, Europa e libertà

Gli interventi alle Assemblee dell'ABI e alle Giornate del risparmio

  1. 216 pagine
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Mercato, Europa e libertà

Gli interventi alle Assemblee dell'ABI e alle Giornate del risparmio

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Questo libro raccoglie gli interventi pronunciati da Guido Carli alle Assemblee dell'Associazione Bancaria Italiana negli anni 1960-1973, in qualità di Governatore della Banca d'Italia, e negli anni 1990-1992, in qualità di Ministro del Tesoro. Negli anni in cui le Assemblee dell'ABI non si sono tenute, gli interventi riguardano le celebrazioni della Giornata del risparmio.Un variegato registro interpretativo, dal momento che diverso è il taglio adottato negli interventi rivolti ai rappresentanti delle banche in occasione delle Assemblee dell'ABI rispetto a quello utilizzato negli interventi indirizzati a tutto il mondo economico e finanziario in occasione della Giornata del risparmio. Questioni di interesse creditizio, nel primo caso, e questioni di politica economica e monetaria, nel secondo.In queste pagine gli interventi del Governatore Carli illustrano a tutto tondo gli anni maturi del boom di un'economia che, dopo aver raggiunto risultati straordinari, supera un primo accenno di difficoltà nel 1964, per poi essere chiamata a fare i conti con la grave recessione provocata dagli accadimenti epocali del Sessantotto. Guido Carli offre poi, da Ministro, l'interpretazione di un triennio che è stato cruciale per la realizzazione della riforma del settore bancario e finanziario nazionale (culminata nel Testo Unico Bancario del 1993) e per la costruzione delle basi dell'adesione italiana all'Unione Europea.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788858135624
Argomento
Economics

Intervento alla Celebrazione
della Giornata mondiale del risparmio
del 1° dicembre 1973

Concludemmo la relazione all’Assemblea annuale dei partecipanti della Banca d’Italia del 30 maggio affermando che le stime per il 1973 mostravano che, sulla base delle relazioni di cambio esistenti fra la lira e le monete comunitarie, i conti con l’estero avrebbero potuto chiudersi in prossimità dell’equilibrio; condizioni necessarie sarebbero state il mantenimento delle spinte inflazionistiche in atto nel nostro Paese in limiti vicini a quelli sperimentati nella maggior parte dei paesi industriali e il contenimento di eventuali disavanzi esterni di parte corrente entro margini nei quali potessero essere finanziati con capitali a lungo termine. Dichiarammo che un saldo negativo avrebbe potuto essere tollerato nella misura nella quale derivasse dall’espansione degli investimenti destinati a rafforzare la struttura produttiva. L’andamento del saldo delle partite correnti avvertiva che il raggiungimento del pieno utilizzo degli impianti si approssimava, tenuto conto delle limitazioni alle possibilità di quell’utilizzo. Tutte le informazioni disponibili indicavano che in ogni regione d’Italia i programmi di investimento erano di notevole portata.
Stime recenti di contabilità nazionale per il 1973 confermavano che la domanda interna tendeva a superare i limiti della capacità di risposta da parte dell’offerta: il disavanzo negli scambi di merci e servizi veniva valutato in circa 1.300 miliardi di lire; deducendo da esso le esportazioni di capitali celate nelle partite correnti, il disavanzo rimaneva di un ordine di grandezza di oltre 800 miliardi di lire. Esso deriva da un aumento delle importazioni di merci superiore in volume a quello delle esportazioni: nel periodo gennaio-settembre le prime sono aumentate all’incirca del 15 per cento e le seconde del 4 per cento, rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente; ma la differenza in termini monetari è maggiore, in seguito al peggioramento della ragione di scambio; per le importazioni si ha infatti un aumento del 41 per cento e per le esportazioni del 16 per cento. Nel periodo gennaio-settembre la bilancia dei pagamenti valutaria ha presentato un disavanzo globale di 228 miliardi di lire, nonostante l’accensione di prestiti esteri per 1.821 miliardi di lire; al 31 ottobre il disavanzo risultava di 335 miliardi di lire.
Il peggioramento della ragione di scambio nascente dall’aumento del prezzo del petrolio grezzo nell’ultimo periodo dell’anno in corso contribuirà ad espandere il disavanzo di parte corrente della bilancia dei pagamenti; riuscirà più arduo effettuare il finanziamento integrale del disavanzo mediante il ricorso ai prestiti esteri; una quota potrà riflettersi sulle nostre riserve valutarie; la variazione negativa nelle riserve espresse in dollari risulterebbe all’incirca compensata quando le riserve costituite da oro e da attività riferite all’oro, attualmente contabilizzate al prezzo di 35 dollari l’oncia, fossero rivalutate sulla base del prezzo di 42,22 dollari l’oncia.
In seguito all’annuncio delle banche centrali partecipanti al «pool dell’oro» di considerare decaduti gli accordi di Washington del 17 marzo 196823, intorno all’oro e alle altre attività espresse in oro contenute nelle nostre riserve sono state formulate valutazioni sulle quali non crediamo di concordare. Secondo quelle valutazioni l’oro dovrebbe essere computato nelle riserve al prezzo di mercato di circa 100 dollari l’oncia e non a quello ufficiale di 42,22.
Invero, secondo lo statuto del Fondo Monetario Internazionale, gli Stati membri hanno facoltà di vendere oro nel libero mercato quando il prezzo sia superiore a quello ufficiale e di acquistarlo quando il prezzo sia inferiore. In seguito alla denuncia dell’accordo di Washington, le banche centrali hanno facoltà di vendere oro nel libero mercato, in quanto il prezzo in esso vigente è superiore a quello ufficiale; ma nessuna banca potrebbe comprare. In queste condizioni le vendite provocherebbero ribassi del prezzo di ampiezza difficilmente calcolabile.
Al fine di restituire mobilità all’oro nel circuito dei regolamenti internazionali o almeno di quelli comunitari, da parte nostra si è proposto e si propone che le banche centrali possano scambiare il metallo fra di loro sulla base di un prezzo correlato a quello del libero mercato; ma questa soluzione deve essere convenuta fra le maggiori banche centrali interessate.
Sul piano logico la nostra soluzione deriva da quella secondo la quale i diritti speciali di prelievo diverrebbero l’unità monetaria alla quale riferire le parità; il prezzo ufficiale dell’oro non avrebbe alcun significato. Nell’attesa di una soluzione concordata non sembra si possa attribuire all’oro compreso nelle riserve il prezzo di mercato, essendo certo che i realizzi del metallo non potrebbero avvenire sulla base di quel prezzo, vigendo per le banche centrali il divieto di acquistare.
In periodo recente è stato riaffermato autorevolmente che non dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità di abbandonare il sostegno del cambio della lira commerciale, consentendone una eventuale maggiore svalutazione.
Questa affermazione conduce a concludere che gli interventi della politica fiscale e monetaria debbono divenire coerenti con il rispetto di quel vincolo. Ciò non esclude che la nostra economia possa divenire durevolmente importatrice netta di capitali. Occorre prima di tutto creare le condizioni affinché i nostri capitali possano venire proficuamente applicati in patria per suscitare nuove attività produttive ed inoltre offrire condizioni idonee ad attrarre capitali esteri privati; ma non sembra che ciò stia accadendo in misura rilevante: nei primi sei mesi dell’anno gli investimenti diretti sono stati, al netto, di circa 100 milioni di dollari. L’apporto di capitali esteri nella forma di prestiti a medio termine promossi dalle Autorità monetarie sarà di circa 5 miliardi di dollari alla fine dell’anno; non credo si possa ammettere che il livello di questa forma di indebitamento esterno non costituisca un vincolo al quale deve sottostare la nostra politica economica e monetaria; i disavanzi della bilancia dei pagamenti potranno ripercuotersi sul livello delle riserve e non ci si può sottrarre alla necessità di considerare la misura entro la quale si crede che esse possano venire intaccate.
Rifiutare politiche di regolazione della domanda interna e pretendere nello stesso tempo di mantenere una relazione di cambio fissa in linea di fatto, fare assegnamento sopra l’apporto di capitali esteri e seguitare a manifestare ostilità verso di essi, sono atteggiamenti non coerenti, sulla base dei quali non può impostarsi una politica economica atta a conquistare credibilità.
Il peggioramento, in atto e in prospettiva, della ragione di scambio nei confronti dei paesi produttori di materie prime, pone ai paesi industriali, e quindi anche al nostro, un problema di aggiustamento. Quando occorra cedere in cambio della medesima quantità di materie prime e di derrate alimentari una maggior quantità di prodotti nazionali, non giova osservare che l’onere sulla bilancia dei pagamenti non deriva da una espansione della domanda interna; l’adeguamento deve compiersi sia cercando di ripristinare l’antica relazione fra materie prime e prodotti innalzando i prezzi di questi, sia restringendo gli impieghi interni delle risorse per liberare la maggior quota da scambiare con l’estero.
L’aumento del prezzo del petrolio grezzo inciderà profondamente sull’equilibrio monetario internazionale e le conseguenti accumulazioni di fondi liquidi da parte dei paesi produttori introdurranno nel sistema un ulteriore fattore di instabilità. Sarà necessario attivare nuovi circuiti di capitali allo scopo di finanziare i maggiori avanzi e disavanzi; potrà derivarne una maggiore necessità di liquidità internazionale a livello sia di gruppi sia di singoli Stati. Nella valutazione della congruità del livello di riserve occorrerà introdurre la considerazione di quest’elemento.
Il nostro inserimento nella Comunità economica europea e la nostra volontà di approfondirlo ci impongono di orientare la politica economica interna in direzioni convergenti con quelle seguite nella generalità degli Stati membri. Nella Comunità si rafforza la convinzione che il perdurare di pressioni inflazionistiche non è compatibile con l’esigenza di promuovere lo sviluppo equilibrato delle nostre economie. L’erosione del potere di acquisto provocata dall’inflazione inceppa i meccanismi economici e monetari e crea distorsioni strutturali sul piano regionale, settoriale e professionale. Nel caso dell’Italia, dove più ampia rispetto al reddito è l’intermediazione finanziaria effettuata con strumenti espressi in moneta, il pericolo di turbare il processo di trasferimento delle risorse finanziarie presenta carattere di maggiore gravità.
Dell’ampiezza dell’intermediazione finanziaria testimonia il rapporto tra l’espansione dei finanziamenti complessivi ai settori pubblico e privato ed il reddito nazionale; tale rapporto raggiungerà nel 1973 il 25 per cento; nella seconda metà degli anni Sessanta, esso si situava sul 15 per cento. Alla crescita ha contribuito in modo rilevante l’aumento del disavanzo del settore pubblico, sia al livello dell’amministrazione centrale, sia al livello delle amministrazioni locali e degli enti mutualistici.
In particolare, nel corso del 1973, il flusso dei finanziamenti a breve e a lungo termine, dall’interno e dall’estero, al settore privato dell’economia dovrebbe raggiungere i 13 mila miliardi di lire, contro circa 10 mila miliardi di lire nel 1972. Il rapporto tra tali finanziamenti e gli investimenti privati lordi dovrebbe toccare l’85 per cento, contro circa l’80 per cento nel 1972.
Alla metà del 1973 le disponibilità delle imprese ammontavano a 37 mila miliardi di lire, di cui 24 mila miliardi di lire costituite da depositi bancari; alla fine dell’anno le disponibilità complessive dovrebbero eccedere i 40 mila miliardi di lire e quelle liquide i 25 mila miliardi di lire.
Da queste indicazioni si trae la conclusione che i flussi finanziari diretti verso l’economia nel suo complesso sono stati di entità tale non solo da contribuire all’alimentazione dell’attività produttiva e di distribuzione dei prodotti, ma altresì da creare un volume ingente di disponibilità finanziarie, che attenua le possibilità di controllo del sistema e preme sul valore interno ed esterno della lira.
La situazione di liquidità dell’economia si è ripercossa sulla relazione fra domanda ed offerta di credito bancario. Nel mese di luglio si è avuta la massima tensione; successivamente il fenomeno si è attenuato, anche in dipendenza dell’immissione di liquidità nel sistema effettuata in settembre dalla Banca centrale attraverso il finanziamento con mezzi monetari del disavanzo del Tesoro. Il limite all’espansione del credito bancario è posto dalla quantità di moneta di base della quale il sistema dispone; attualmente il credito in essere si mantiene sensibilmente al di sotto di quel limite; non sembra quindi appropriato definire la situazione attuale come quella contraddistinta da una «stretta». Ne offrono conferma da un lato la flessione dei tassi attivi praticati alla clientela e dei tassi sui conti interbancari, dall’altro l’agevole collocamento dei buoni ordinari del tesoro offerti in sottoscrizione alle aziende di credito e l’estendersi dell’impiego del cosiddetto «denaro caldo», in forma di depositi effettuati da banche presso imprese non bancarie. Occorre aggiungere che nessuna limitazione è applicabile ai crediti in valuta; il ricorso ad essi provoca l’assunzione di un rischio di cambio, ma nei confronti di questa, in periodo recente, gli operatori economici mostrano minore riluttanza.
Il manifestarsi di una domanda di credito inferiore all’offerta potenziale deriva da comportamenti contrastanti nei singoli settori; diverso è il comportamento del settore pubblico da quello del settore privato. La domanda di credito da parte del primo continua ad espandersi per la spinta dei crescenti disavanzi; la domanda da parte delle imprese mostra invece sintomi di rallentamento, sia perché le grandi imprese hanno potuto estinguere una parte dell’indebitamento verso le banche, mediante il ricavo dei mutui concessi da istituti di credito speciale in contropartita delle emissioni obbligazionarie da questi collocate presso il sistema bancario; sia perché il processo di accumulazione delle scorte è rallentato. Questo comportamento riflette, in parte, aspettative di inflazione meno intensa; in parte, la convinzione che i prezzi delle materie prime avessero toccato il limite massimo; ma gli avvenimenti più recenti stanno modificando questa convinzione. Diverso è il comportamento delle imprese soggette e di quelle non soggette al controllo dei listini; queste ultime hanno ricostituito condizioni più equilibrate dei conti economici e sono divenute meno dipendenti dai finanziamenti esterni. Il contenzioso in essere presso le aziende di credito ha presentato una riduzione notevole.
Nel complesso i provvedimenti di politica creditizia posti in essere nel periodo compreso tra il giugno ed il settembre hanno contribuito al conseguimento dei risultati desiderati. L’obbligo imposto al sistema bancario di sottoscrivere titoli emessi dagli istituti di credito speciale ha permesso il collocamento di circa 1.400 miliardi di lire di obbligazioni nel terzo trimestre dell’anno; nello stesso periodo l’incremento degli impieghi è stato di 1.230 miliardi di lire, ossia di un ammontare assai prossimo a quello della provvista. L’espansione dei crediti concessi da questi istituti nel terzo trimestre si è commisurata al 21 per cento in ragione d’anno, contro il 12 per cento nel primo semestre. Nel quarto trimestre dell’anno le emissioni, al netto dei rimborsi, saranno di 2.400 miliardi di lire; nell’intero anno saranno di circa 5 mila miliardi di lire, contro 2.770 miliardi di lire nell’anno precedente. Si può supporre che i crediti concessi dagli istituti saranno di importo notevolmente superiore a quello calcolato in sede di formulazione delle previsioni sui flussi finanziari per il 1973, essendo una parte di essi costituita da crediti di consolidamento dell’indebitamento bancario delle grandi imprese. L’effetto immediato sugli impieghi delle aziende di credito sarà in senso riduttivo, con conseguente aumento della possibilità dell’espansione del credito alle grandi imprese, nell’osservanza dei limiti posti dai provvedimenti citati. Attualmente non risulta che esistano pressioni per ottenere maggiore credito da parte di tali imprese. Le prime indicazioni disponibili permettono inoltre di prevedere un aumento dei crediti erogati alle imprese medie e piccole più rapido della media. I provvedimenti di fine luglio relativi alla selezione del credito hanno anche contribuito al miglioramento del rapporto di cambio esterno della lira, suscitando aggiustamenti nei termini di pagamento con l’estero e contenendo l’accumulo di scorte a carattere speculativo.
Opportuni adattamenti dei provvedimenti in vigore saranno introdotti nel prossimo futuro, ma con certezza si può affermare che gli obblighi di investimenti in titoli saranno confermati. Questa decisione risponde a due ordini di esigenze: da un lato, proteggere il mercato obbligazionario contro oscillazioni di amp...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. Nota del curatore
  3. Fonti dei testi
  4. Nota biografica
  5. Guido Carli: finanziare gli investimenti di Alfredo Gigliobianco
  6. Parte prima. Interventi di Guido Carli, Governatore della Banca d’Italia
  7. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 9 novembre 1960
  8. Intervento all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana del 27 aprile 1961
  9. Intervento all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana del 14 dicembre 1962
  10. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 31 ottobre 1963
  11. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 31 ottobre 1964
  12. Intervento all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana dell’8 luglio 1965
  13. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 31 ottobre 1966
  14. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 31 ottobre 1967
  15. Intervento all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana del 29 febbraio 1968
  16. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 31 ottobre 1969
  17. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 31 ottobre 1970
  18. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 30 ottobre 1971
  19. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 6 novembre 1972
  20. Intervento alla Celebrazione della Giornata mondiale del risparmio del 1° dicembre 1973
  21. Parte seconda. Interventi di Guido Carli, Ministro del Tesoro
  22. Intervento all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana del 4 luglio 1990
  23. Intervento all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana del 19 luglio 1991
  24. Intervento all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana del 24 giugno 1992