Capitolo quinto
Dopo pericle: dalla democrazia radicale
alla democrazia moderata?
1. La democrazia ateniese tra il V e il IV secolo: il quadro della «Costituzione» aristotelica
L’immagine che si ha della democrazia, specificamente della democrazia di IV secolo, è di moderazione. Un primo argomento in favore di una valutazione della democrazia di IV secolo, postpericlea, come qualcosa di diverso dalla democrazia periclea viene dalla stessa tradizione antica. Ma il problema va affrontato dal punto di vista istituzionale, dal punto di vista sociologico (come si recluta il personale politico: è dello stesso tipo di quello del V secolo?), dal punto di vista socio-economico (qual è il rapporto tra poveri e ricchi?). Il problema è anche di politica estera, cioè di atteggiamenti egemonici più o meno marcati, secondo un criterio che gli stessi autori antichi seguono, per caratterizzare il regime democratico nel V e nel IV secolo. E c’è ancora un altro profilo, sotto il quale si deve valutare la democrazia del IV secolo in rapporto a quella del V: c’è tutto un ripensamento, in chiave moderata – Platone e Aristotele sono solo i più grandi esponenti di questa tendenza – della storia politica di Atene.
Occorre dunque mettere alla prova la definizione di “democrazia moderata” per la democrazia postpericlea in senso lato (più specificamente, la democrazia che comincia nel 403).
Della paternità aristotelica della Costituzione degli Ateniesi ancora si discute. Le celebrazioni per il centenario della scoperta del papiro che conteneva il testo della Costituzione hanno visto prevalere l’opinione favorevole all’attribuzione tradizionale1. Al di là di sottili – e mai decisive – considerazioni di ordine stilistico, un fortissimo argomento in favore di questa conclusione sta nel senso storico profondo che la pervade, nei dati e nelle indicazioni su personaggi, istituzioni, riforme, vicende politiche, cronologie. Persino i dettagli più eruditi si inquadrano nella concezione di uno “sviluppo” che Aristotele persegue coerentemente, vedendo le cose come un processo, dando quindi un “senso” alla storia. In Aristotele è all’opera una visione organica del processo storico e istituzionale. Ogni cosa nasce, si sviluppa, cresce, arriva alla perfezione e poi declina: ma Aristotele non è il “becchino” della democrazia ateniese; non è Polibio, che nell’ambito della sua speculazione può prevedere persino per Roma il declino costituzionale. Aristotele non denuncia una crisi “irrimediabile” della democrazia. Il suo ideale politico certo non coincide con la democrazia come realizzata ad Atene; egli dà però un senso ai vari momenti e ai vari personaggi storici che si sono succeduti nel tempo fino all’attuale costituzione, he nyˆn katástasis (Cost. degli Ateniesi 42, 1).
Una prima parte dell’operetta aristotelica riguarda la sequenza degli avvenimenti fino al 403; la seconda parte descrive invece gli istituti della democrazia del IV secolo. La sutura tra le due parti è al cap. 41, che rappresenta la storia costituzionale di Atene in undici tappe o metabolaí («trasformazioni»).
Con la restaurazione del 403 «il popolo, divenuto padrone dello Stato, instaurò l’attuale costituzione, sotto l’arcontato di Pitodoro (404/3), sembrando che esso prendesse giustamente il potere per il fatto che il dêmos aveva fatto ritorno con le sue proprie forze». Si tratta di una “autorestaurazione”: l’eroe di questo ritorno è Trasibulo. In 41, 2, poi («Questa fu l’undicesima quanto a numero delle trasformazioni»), Aristotele si riferisce alla costituzione in vigore dopo il 403, che continua ancora, da circa 80 anni, fino al momento in cui Aristotele scrive. È la conclusione di un processo che abbraccia tutti i secoli della storia di Atene.
La parola demokratía appare scandita nelle sue componenti nel corso dello stesso cap. 41: «Di tutto infatti il popolo (dêmos) ha fatto se stesso padrone e tutto viene amministrato con i decreti e con i tribunali, nei quali è il popolo a comandare». Kratôn (41, 2) è affine nel suo significato a kýrios (41, 1). Dunque, il popolo è kýrios, cioè «sovrano», legittimamente sovrano. C’è sicuramente un’allusione a discussioni del IV secolo sulla legittimità di certi poteri. Aristotele qui si rivela storico realista, sempre presente a se stesso: si capisce che il popolo debba essere kýrios della politeía, poiché ha restaurato da sé le condizioni di legittimità interrotte dall’oligarchia dei Trenta tiranni.
Poiché il quadro che Aristotele fornisce della storia delle forme politiche ateniesi è di tipo evolutivo, il modo in cui egli rappresenta le undici metabolaí (trasformazioni, «rivoluzioni» politiche), che si sono per lui succedute ad Atene, è estremamente significativo. Vediamone i momenti cruciali.
1) C’è un preludio alla democrazia, mitico e discusso nella stessa tradizione antica, nella metabolé di Teseo, che realizza già una lieve deviazione dalla basileía verso la demokratía. 2) C’è la stásis, il conflitto per eccellenza, che è quello che precede Solone. 3) C’è una arché, un «inizio» (direi, in termini evoluzionistici, un «embrione») di democrazia con Solone. 4) La costituzione di Clistene rappresenta solo una forma «più popolare» (demotikotéra) di quella di Solone. Aristotele anche sotto questo aspetto sembra vicino, e molti sono i segni in questo senso, alla posizione dei sostenitori della pátrios politeía, una posizione moderata e centrista, che trova ad esempio espressione nell’emendamento di Clitofonte al decreto di Pitodoro che avvia il governo dei Quattrocento, nel 411 a.C.: ricercare il meglio nella stessa democrazia clistenica, in quanto vicina alla forma politica che esprime Solone. L’accostamento Solone-Clistene è tipico di una concezione politica che vuole salvare, della costituzione democratica, i tratti più moderati e conservativi. 5) Il momento della democrazia radicale è contrassegnato dall’abbattimento dell’areopagocrazia, periodo centrale e di equilibrio politico nella concezione aristotelica. L’avvento della democrazia radicale è segnato in Aristotele dalla figura di Efialte, più ancora che da quella di Pericle, se solo si confronta il numero delle volte che è citato Efialte come rappresentante storico della democrazia radicale (462/1). Circa mezzo secolo più tardi (nel 411) si arriva al secondo grande trauma della democrazia, di segno opposto al primo: se il primo, quello di Efialte e Pericle, porta verso il radicalismo democratico, il secondo, con il colpo di Stato oligarchico dei Quattrocento, pone fine al periodo di democrazia radicale. In forme alquanto più aspre si presenta il colpo di Stato dei Trenta tiranni, che da un lato ripete, dall’altro aggrava, in senso negativo, l’esperienza dei Quattrocento.
Con Teseo, autore della seconda metabolé (che è però anche il primo vero ordinamento costituzionale, táxis), siamo addirittura sette secoli prima di Clistene, ma egli è un basileús cui viene attribuito in parte dalla tradizione (non però propriamente da Aristotele) il ruolo di creatore di una prima forma di democrazia, per aver ceduto almeno una parte dei poteri regali al dêmos. Egli diventa però, nella terminologia di IV secolo, il campione di una democrazia moderata e conservatrice: è un personaggio conteso da piú parti. Aristotele, dal canto suo, fa solo deviare «un po’» dalla costituzione regia quella di Teseo, del quale evidentemente non si sente di avallare una rappresentazione puramente democratica. Ma il ruolo equilibristico di Teseo, come simbolo di costituzione, sta a significare che nel IV secolo demokratía attenua la sua distinguibilità dalla monarchia, a livello (in senso lato) “sociale”, come dalla stessa aristocrazia, sotto il profilo politico-istituzionale, che lascia invece sussistere la distinzione, di tipo “binario”, verso la monarchia. Teseo rappresenta dunque un “sincretismo” politico, di coloritura vagamente democratica.
«Dopo questa, la costituzione sotto Draconte, nella quale anche per la prima volta redassero leggi» (41, 2). È il primo caso di nomografia, di redazione scritta di norme ad Atene. Precedentemente, nella situazione storica dell’epoca della migrazione e nella monarchia liberale di Teseo, siamo dunque ancora in un periodo di legislazione orale.
«Terza, la trasformazione seguita alla stásis [la discordia civile che precede le riforme di Solone], quella sotto Solone, da cui cominciò anche la democrazia». Solone (ca. 594/3 o 592/1) è soltanto un’arché, un inizio “evolutivo” nel profilo organicistico di Aristotele. Nell’idea di uno sviluppo progressivo, il sesto momento è il centro rispetto al primo e al secondo “pacchetto”, di cinque metabolaí ciascuno: la sesta forma è come in una posizione di equilibrio, ed è la forma politica sorvegliata dall’Areopago: «Sesta metabolé, quella dopo le guerre persiane, quando a presiedere era la boulé dell’Areopago» (41, 2). Il cuore di Aristotele, in tale costruzione aritmetico-cronologica, sembra battere per questo momento di equilibrio che presto verrà meno2.
Segue quello che nella concezione moderata è il primo grande trauma nella storia della democrazia, nel 462/1, quando si ha la riforma dei poteri dell’Areopago, che viene privato di tutte le sue funzioni politiche e di alta sovranità sulle leggi, mentre il suo potere viene confinato a quello di tribunale per i delitti di sangue: è la democrazia di Efialte, all’orizzonte c’è già Pericle. «Settima e posteriore a questa è quella che Aristide suggerì ed Efialte portò a compimento, avendo abbattuto il consiglio dell’Areopago, una fase nella quale accadde che la città sbagliasse più che mai, a causa dei demagoghi, per il dominio del mare». La polemica è contro la thalassokratía: la politica imperiale, che l’Atene democratica ha perseguito, è uno degli aspetti sui quali più si appunta la polemica moderata nei confronti della democrazia, quello che porta all’impero, a grandi ambizioni, quindi allo sfascio finale.
È un quadro evoluzionistico che costituisce il filo rosso, un metodo di interpretazione degli eventi politici inserito in una serie di fatti particolari, con una gradualità coerente, segno, certamente, di grande capacità di costruzione storica. Troviamo conferma di questo nel cap. 28, che in qualche modo fa il paio con il cap. 41 nel rappresentare gli eventi politici come un “processo” di cui si possono enucleare gradi e fasi, ma anche il senso generale di sviluppo.
Nel cap. 28 si legge: «Finché fu Pericle a capo del popolo, la situazione politica fu migliore; morto Pericle, andò molto peggio». Qui opera ancora una volta l’idea evoluzionistica, che non è solo processo verso l’alto ma conosce anche aspetti involutivi. «Per la prima volta allora, infatti, il popolo prese come suo rappresentante un personaggio che non aveva buona fama presso la gente a modo; nei tempi precedenti alla fine di Pericle, invece, era stato un seguito di capi del popolo appartenenti alle persone per bene». Il quadro del cap. 28 è quello delle “coppie di capi-partito”. Aristotele delinea la storia della lotta politica come frutto della contrapposizione fra le due grandi aree dello schieramento politico: il dêmos da un lato, gli eugheneîs / gnórimoi / epieikeîs dall’altro. Opera un bipolarismo, perseguito con coerenza, che cede a un tripartitismo solo alla fine del V secolo.
Andando a ritroso nel tempo – in perfetta coerenza con quello che si ritrova nel cap. 41 – si risale a Solone (cap. 28, 2).
«Partendo dall’inizio, infatti, fu primo capo del popolo Solone; secondo Pisistrato, tra i nobili e notabili; abbattuta la tirannide, poi, lo fu Clistene, che era della stirpe degli Alcmeonidi, e non ebbe rivali quando furono cacciati quelli della fazione di Isagora. Dopodiché, a capo del popolo fu Santippo e a capo dei notabili Milziade, poi Temistocle e Aristide; poi Efialte fu a capo del popolo, Cimone figlio di Milz...