Idee per il lavoro
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Idee per il lavoro

  1. 160 pagine
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Idee per il lavoro

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Le 'idee per il lavoro' che, più di altre, hanno caratterizzato l'opera di Gino Giugni, si intrecciano inevitabilmente con i tempi in cui sono state generate, si colorano delle passioni e delle tensioni che attraversano il dibattito pubblico, si calano dentro precise scelte di metodo, destinate ad affinarsi e a divenire funzionali alla realizzazione di progetti riformatori. Il fatto che esse possano essere fruibili nel dibattito contemporaneo dimostra la solidità delle basi teoriche su cui erano state costruite e l'accuratezza dell'analisi storica che le ha conformate.

Dall'Introduzione di Silvana Sciarra

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788858142288
Argomento
Diritto

1.
La nascita del diritto del lavoro

1.1.
Diritto del lavoro (Voce per un’enciclopedia)101

1. La legislazione sociale e il diritto del lavoro

La formazione del diritto del lavoro come area normativa o disciplina speciale è un fenomeno tipico di questo secolo. Le prime leggi protettive, che costituiscono la più immediata risposta alla «questione sociale» e riguardano particolarmente il lavoro delle donne e dei fanciulli o la materia degli infortuni, fanno invero la loro comparsa nel pieno secolo XIX. Il primo Factory Act inglese è del 1833; la prima legge francese sul lavoro dei fanciulli è del 1841. Il più tardivo avvento della legislazione sociale negli altri paesi dipende da vari fattori, riferibili o meno ai tempi di sviluppo del sistema produttivo industriale; in Italia esso è dovuto certamente allo sviluppo industriale tardivo; negli Stati Uniti si spiega con la forte resistenza opposta dalle classi proprietarie in nome dei principi di non intervento e di libertà contrattuale; nella Germania guglielmina, invece, la legislazione sociale nasce nella penultima decade del secolo XIX, ma è coeva con le leggi speciali antisocialiste. Già in questo periodo si delineano un modello liberale d’intervento, di cui è antesignana l’Inghilterra, e uno di tipo autoritario e paternalistico, che caratterizza la Germania imperiale. Il modello liberale corrisponde in genere a condizioni di egemonia politica della borghesia industriale; l’altro, al protrarsi del potere dei ceti agrari e delle caste militari, nonché al parziale perdurare di strutture produttive corporative. L’intervento sociale nell’ambito di regimi autoritari troverà la più coerente espressione nei regimi fascisti.
Questi primi interventi legislativi, pur essendo ricchi di contenuti innovativi di per sé idonei a porre le prime basi per un nuovo diritto, non danno luogo tuttavia a una compiuta elaborazione scientifica fino al nuovo secolo. Essi appaiono in un primo tempo come massi erratici nel gran mare del diritto e in specie del diritto civile. Con singolare sincronia, invece, nei primi dieci anni del secolo XX escono opere sistematiche di alto impegno, dovute ad autori prestigiosi o destinati a diventare tali, che pongono le fondamenta del diritto del lavoro. Rammentiamo in proposito tra i più significativi: Ph. Lotmar e H. Sinzheimer in Germania, P. Pic e (per il diritto dei sindacati) M. Leroy in Francia, L. Barassi e G. Messina in Italia. D’altro lato il famoso Industrial Democracy di S. e B. Webb, studio non ispirato da metodologia giuridica, o l’opera delle scuole istituzionalistiche americane102, influenzate dall’europeo «socialismo della cattedra», svolgono nei rispettivi paesi un ruolo analogo, e cioè quello di porre sotto la lente dell’osservazione scientifica il nuovo tessuto istituzionale che si era venuto formando soprattutto nella seconda metà del secolo XIX: le leghe operaie, i concordati o contratti collettivi, lo sciopero, il contratto o il rapporto di lavoro. Il processo di sviluppo delle istituzioni sarà comunque più accelerato che non il flusso di indagini e la sistemazione teorica, e sarà esso, soprattutto, a porre in crisi il rigoroso impianto individualistico del diritto borghese, e di quello civile in particolare. Notevole sarà fin dagli inizi la circolazione internazionale dell’informazione legislativa, mentre emergerà presto anche una pronunciata tendenza all’internazionalizzazione del problema. Tale tendenza vedrà la sua prima manifestazione nel 1890, con la Conferenza internazionale di Berlino convocata da Guglielmo II, e culminerà nel 1919 a Versailles con la costituzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro, patrocinata dal presidente Wilson.
Profondo sarà infine l’impatto di fattori politici di portata storica, quali l’avvento delle dittature in Germania e in Italia da un lato, e il New Deal statunitense dall’altro; o anche delle esigenze sociali poste in essere dalle due guerre mondiali. Il fascismo e il nazismo, in particolare, ebbero un effetto distruttivo sulle istituzioni come sulle dottrine, ma le prime apparvero più capaci di immediato recupero che non le seconde. Negli Stati Uniti il New Deal rovesciò completamente e durevolmente l’atteggiamento dello Stato federale nei confronti dei rapporti sindacali. L’emergenza bellica indusse molti paesi ad adottare misure di controllo e di protezione, che sopravvissero ad essa. In mezzo a tali sequenze di avvenimenti, mentre l’evoluzione degli istituti legali, della giurisprudenza e dei contratti collettivi mutava il modo di essere di questa importante area di relazioni sociali ed economiche, la dottrina, pur abbondante e, nel complesso, sensibile e originale, avrebbe continuato a vedere nel diritto del lavoro un diritto nuovo o «un diritto enfant che è tenuto per mano dal vegliardo diritto civile»103. La verità è che il diritto del lavoro appariva sempre nuovo perché cambiava e cambia continuamente, con un ritmo dinamico certamente più accentuato di quello di altri rami del diritto (ma non di tutti: si pensi al diritto dell’economia o a quello tributario). Ciò che non veniva percepito adeguatamente era l’insufficienza della metodologia dominante, la cosiddetta dogmatica, ossia la tecnica costruttiva procedente per grandi sistemazioni concettualizzanti, a tenere il passo con il fenomeno del cambiamento.
[...]

3. I contenuti

In un primo tempo (più o meno a cavallo tra i due secoli) il diritto del lavoro ha per oggetto la posizione di una serie di consistenti limiti all’autonomia dei soggetti, diretti a contenere le forme più intense di sfruttamento: restrizioni all’occupazione dei fanciulli e delle donne, durata massima dell’orario di lavoro, riposi settimanali, ecc. Questa sfera del diritto del lavoro viene chiamata legislazione del lavoro o sociale o protettiva. Posto che i vari divieti da essa previsti sono sanzionati penalmente e che, in genere, alla loro osservanza sono preposti servizi ispettivi facenti parte dell’amministrazione dello Stato (factory inspectors in Gran Bretagna, ispettori del lavoro in Francia e in Italia), si riconosce l’appartenenza di questa sfera al diritto pubblico.
Un altro aspetto che viene regolato fin dagli inizi è quello indennitario per gli infortuni e le malattie professionali. Il meccanismo dell’assicurazione obbligatoria, una novità per l’epoca (Germania 1884; Italia 1898), è impiegato per coprire il rischio d’impresa per l’infortunio del lavoratore, un principio che andava affermandosi nella giurisprudenza, ma che non costituiva una soddisfacente protezione del lavoratore soprattutto nei casi di fallimento o di cessazione dell’impresa. Con cadenze molto diverse da paese a paese (primo, la Germania imperiale, ultimi, e tuttora lontani dai livelli degli altri paesi, gli Stati Uniti) si diffondono forme di copertura di altri rischi: vecchiaia, invalidità, disoccupazione, malattie non professionali. Quando la tecnica assicurativa tende a essere sostituita dalla copertura della finanza pubblica, e quando il diritto alle prestazioni non ha più la sua fonte in un rapporto di lavoro ma nella condizione di membro della comunità sociale, si ha il passaggio dal sistema delle assicurazioni sociali a quello della sicurezza sociale, come realizzato in Gran Bretagna nel secondo dopoguerra (Piano Beveridge). In questo caso, la materia dei rischi esce dal campo del diritto del lavoro ed entra in quello dell’intervento pubblico diretto alla soddisfazione dei bisogni sociali.
[...]
Infine, la branca più accidentata, anche perché la più sensibile al mutamento politico e all’interazione dei rapporti e delle forze sociali, è il diritto sindacale. Esso riguarda le condizioni di esistenza giuridica delle organizzazioni costituite dai lavoratori e dai datori di lavoro per il perseguimento dei loro interessi, nonché l’attività delle stesse, con particolare riguardo alla stipulazione e agli effetti dei contratti collettivi; e, infine, le forme dell’autotutela, che del diritto sindacale costituiscono una caratteristica saliente e unica. Questo insieme normativo si forma all’inizio con la rimozione di divieti o di altri impedimenti giuridici alla costituzione e attività delle coalizioni sindacali, o allo svolgimento di talune forme di autotutela, e soprattutto dello sciopero. Più tardi esso si può evolvere in una disciplina di tipo garantistico, che frequentemente viene accolta nel corpo dei principi costituzionali. Un tipo di intervento che compare in Svezia e negli Stati Uniti negli anni Trenta e si diffonde altrove soprattutto negli anni Settanta è quello di promozione dell’attività sindacale.
La linea di spartiacque tra i vari sistemi è comunque il riconoscimento e l’effettività del principio di libertà sindacale. Da esso, che è carattere proprio e distintivo di regime, dipendono caratteristiche differenziali pressoché totali, quali non si riscontrano negli altri rami del diritto del lavoro, dove è anzi in atto una tendenza a marcate uniformità, anche tra regimi sociopolitici diversi.
Al di là di queste ripartizioni, poi, si può affermare che il diritto del lavoro percorre in senso orizzontale quasi tutte le divisioni tradizionali della scienza giuridica, configurando così un diritto internazionale del lavoro, pubblico e privato, un diritto penale, un diritto processuale del lavoro. Il diritto processuale merita una specialissima menzione, perché esso appare quasi sempre costruito su normative speciali o addirittura su giurisdizioni speciali, con partecipazione sindacale (corti del lavoro, probiviri), oppure su sistemi arbitrali regolati dalla contrattazione collettiva. L’importanza del meccanismo processuale è dovuta non soltanto alla funzione d...

Indice dei contenuti

  1. Nota della Curatrice
  2. Introduzione. Cronologia di un pensiero riformatore
  3. 1. La nascita del diritto del lavoro
  4. 1.1. Diritto del lavoro (Voce per un’enciclopedia)
  5. 1.2. Esperienze corporative e post-corporative nei rapporti collettivi di lavoro in Italia
  6. 2. La tutela della professionalità
  7. 2.1. Mansioni e qualifica
  8. 3. L’organizzazione sindacale è libera
  9. 3.1. Commento all’art. 39 della Costituzione
  10. 4. La scoperta della contrattazione aziendale
  11. 4.1. Critica e rovesciamento dell’assetto contrattuale
  12. 4.2. Il modello fantasma
  13. 5. Ideologie sindacali
  14. 5.1. Sindacato: anni Settanta
  15. 5.2. Concertazione sociale e sistema politico in Italia
  16. 5.3. Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali: problemi di diritto transitorio