C'è qualcuno più uguale degli altri?
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C'è qualcuno più uguale degli altri?

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C'è qualcuno più uguale degli altri?

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Uguaglianza di chi e perché uguaglianza? Siamo tutti uguali? Se siamo uguali, in che cosa siamo uguali? Chi è uguale, è anche libero? Qual è la società che garantisce l'uguaglianza ed è giusta tale società?

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788858123065
Argomento
Filosofia

C’è qualcuno più uguale degli altri?

La domanda

Discutere di uguaglianza o di disuguaglianza può sembrare in prima battuta una discussione ovvia, scontata e persino sterile. Chi non è d’accordo che uno dei valori supremi della nostra civiltà sia quello dell’uguaglianza? Se poniamo questo interrogativo ai nostri amici, ai nostri compagni di scuola ben difficilmente troveremo qualcuno disposto ad ammettere che l’uguaglianza non è un valore e un diritto assoluto che va riconosciuto e tutelato sopra ogni altra cosa.
Del resto, la democrazia – la forma di governo che (declinata in forme più o meno simili fra di loro) connota gli Stati occidentali – si fonda proprio sul principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini, che esprimono questo loro diritto innanzitutto attraverso l’esercizio del voto. Una delle prime definizioni che vengono proposte di democrazia è appunto quella di regime fondato sul suffragio universale, cioè sul riconoscimento dell’uguale diritto di tutti a scegliersi durante libere elezioni i propri rappresentanti politici e dell’uguale peso che il voto di ognuno (dal cittadino più povero al cittadino più ricco) ha nella formazione della rappresentanza politica.
Ma il valore dell’uguaglianza nelle nostre società non ha solo un significato politico: il valore dell’uguaglianza è senza dubbio uno dei criteri normativi dei rapporti all’interno della società, dei gruppi che la compongono, privati o pubblici che siano.
Insomma, la domanda sull’uguaglianza nelle società occidentali del XXI secolo può sembrare la domanda più ovvia da porre, a cui non può che seguire una risposta ovvia a favore dell’uguaglianza.
Ma siamo proprio sicuri che interrogarci sull’uguaglianza sia così ovvio?
Pensiamo per un momento a come reagiremmo se, trovandoci a scuola, la professoressa di italiano un giorno entrasse nella nostra aula e, consegnando i compiti in classe corretti, dicesse a Marco: «Ti ho dato un voto in più perché sei biondo». Rimarremmo per un attimo esterrefatti, ma subito dopo seguirebbe senz’altro una furibonda protesta collettiva contro il trattamento diseguale che viene riservato a tutti coloro che non sono biondi, cioè che non sono uguali a Marco. La domanda che rivolgeremmo alla professoressa di italiano sarebbe: «Perché io che non sono biondo, devo prendere un voto in meno di chi è biondo? Perché non sono valutato in modo uguale a chi è biondo? Tutto ciò è ingiusto».
Ma analizziamo con attenzione la protesta che rivolgiamo alla professoressa di italiano. Innanzitutto, ho riconosciuto che non sono uguale a Marco (ho infatti ammesso che non sono biondo), dunque fra me e Marco c’è una disuguaglianza evidente. Però sto anche pretendendo di essere considerato uguale a lui, voglio cioè essere valutato allo stesso modo di chi è biondo; detto in altri termini, sto affermando il mio diritto a essere considerato uguale, anche se di fatto (e io stesso l’ho riconosciuto) non lo sono. Da ultimo, ho affermato che se non vengo valutato con lo stesso criterio con cui è stato valutato Marco, io subisco un’ingiustizia: dunque, la questione dell’uguaglianza rivela di avere stretti rapporti con la giustizia.
Ma perché non si può dare un voto in più a Marco che è biondo? Perché Marco deve essere trattato in modo uguale a tutti i suoi compagni di classe?
Mettiamoci per un momento dalla parte della cattedra e osserviamo la nostra classe: il primo colpo d’occhio ci rivela che siamo tutti disuguali, nessuno di noi ha i capelli e gli occhi dello stesso colore di qualcun altro, abbiamo tutti altezze e pesi diversi, il suono della nostra voce è diverso e ognuno di noi porta un nome e una data di nascita che lo connotano come identico solo a se stesso, abbiamo modi di ragionare, di ridere, piangere e reagire di fronte a ciò che ci accade assolutamente diversi. Insomma, l’osservatorio offerto dalla cattedra mi sta dicendo che siamo tutti diversi. Eppure nessuno di noi accetterebbe che i professori o i nostri genitori o chiunque altro ci trattasse come diversi: vogliamo essere considerati uguali.
Usciamo dalla nostra aula di scuola e guardiamoci intorno, giriamo per le strade della nostra città: l’evidenza della presenza delle disuguaglianze cresce ancora; disuguaglianze ravvisabili non solo dall’aspetto fisico, ma anche dai modi di vita, dalle credenze religiose, dalle condizioni sociali ed economiche.
Dobbiamo concluderne che quotidianamente tutti noi facciamo esperienza dell’esistenza di disuguaglianze. E allora se le disuguaglianze sono un dato di fatto, fino a che soglia siamo disposti ad accettare il fatto che esistono le disuguaglianze?
Rispondere considerando il contesto della nostra classe è facile: non siamo disposti ad accettare la disuguaglianza che produce un criterio non equo nella valutazione dei compiti in classe. Marco deve essere valutato come tutti gli altri, cioè come se non fosse biondo.
In classe siamo tutti uguali, il che significa che abbiamo tutti gli stessi diritti.
Ma fuori?
La risposta sembrerebbe altrettanto semplice: allo stesso modo che nella nostra aula di scuola, deve valere il principio dell’uguaglianza; devono essermi riconosciuti gli stessi diritti civili, politici e sociali che vengono riconosciuti a tutti gli altri individui. Ognuno di noi considera, infatti, l’uguaglianza come un diritto universale dell’uomo e così è stato sancito nella Carta dei diritti dell’uomo emanata dalle Nazioni Unite a S. Francisco nel dicembre del 1948.
Ma è così semplice risolvere la questione dell’uguaglianza?
E come la mettiamo col fatto, che è sotto gli occhi di tutti e da sempre, che alcune persone nascono ricche e altre povere? È giusto questo? Potremmo rispondere che la condizione di nascita sfugge alle nostre responsabilità. Ma allora come accettare le ineguaglianze che non derivano dalla responsabilità degli individui che le subiscono? E che cosa bisogna fare per ovviare a queste ineguaglianze? Bisogna sottrarre d...

Indice dei contenuti

  1. C’è qualcuno più uguale degli altri?
  2. L’autrice