5 cose che tutti dovremmo sapere sull'immigrazione (e una da fare)
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5 cose che tutti dovremmo sapere sull'immigrazione (e una da fare)

Stefano Allievi

  1. 64 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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5 cose che tutti dovremmo sapere sull'immigrazione (e una da fare)

Stefano Allievi

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Perché ci muoviamoPerché si muovono loroPerché arrivano in questo modoPerché proprio qui? E per fare cosa?Perché la diversità ci fa paura. E ci attraeUna cosa da fare (da cui discendono tutte le altre)

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788858134696
Argomento
Economia

1.
Perché ci muoviamo

Ci muoviamo assai più che in passato. Non è strano: siamo dotati di piedi, non di radici, né cresciamo attaccati agli scogli, o agli alberi, o ad altri animali, come certi parassiti – e siamo stati nomadi a lungo. Oltre tutto, dal momento in cui siamo scesi dagli alberi – all’epoca in cui di arti, per muoverci, ne usavamo ancora quattro – abbiamo dovuto cominciare a correre: e anche velocemente, per cacciare le prede e sfuggire ai predatori. Circa 60.000 anni fa i nostri antenati sapiens hanno lasciato l’Africa (da lì veniamo tutti, anche se col passare del tempo ci siamo un po’ scoloriti...), e una migrazione dopo l’altra sono arrivati prima in Medio Oriente e, 20.000 anni dopo, in Europa: dove già 250.000 anni prima troviamo le tracce dei più antichi Neandertal, arrivati anche loro da altrove. Nessun europeo è nativo europeo, se andiamo indietro a sufficienza nella storia!
Oggi, in un certo senso, abbiamo ricominciato ad essere nomadi, e lo siamo in misura maggiore rispetto ai nostri genitori e ai nostri nonni: del resto, è probabile che di questo lungo processo di mobilità, nel nostro DNA, nella nostra memoria profonda, nel nostro inconscio, qualcosa sia rimasto. Anche perché è grazie alla stazione eretta e alla vocazione nomade che la nostra intelligenza si è sviluppata.
Spostarsi è diventato sempre più veloce e comodo, e sempre meno costoso: l’anno scorso ci sono stati oltre un miliardo e duecento milioni di voli transnazionali, e le previsioni di incremento sono stupefacenti.
L’innovazione tecnologica, con l’interconnessione globale e l’invenzione della comunicazione in tempo reale (un qualcosa che fino a pochi decenni fa era immaginabile solo nei libri di fantascienza), non ha reso inutile la mobilità: al contrario, ne ha moltiplicato la necessità, o anche solo il desiderio. Non c’è associazione (che si occupi di cultura, tempo libero, volontariato o sport) che non abbia, oltre il livello locale, quello nazionale e quello transnazionale. C’è un campionato mondiale più o meno di qualunque cosa, e c’è voglia e bisogno di incontrarsi. Le teleconferenze non hanno diminuito le riunioni tra manager globali, la gente di spettacolo si muove sempre più spesso e più lontano, ci sono professionisti che hanno fatto delle sale lounge degli aeroporti il proprio ufficio, gli studenti con l’Erasmus studiano all’estero, e lo smartphone e Skype non hanno sostituito le relazioni personali, semmai hanno permesso il formarsi di più frequenti long distance relationships – di amori a distanza.
Ci si muove per necessità o per desiderio, per paura o per piacere, per insoddisfazione o per irrequietezza, per cercare qualcosa o perché non lo si trova, perché si hanno degli obiettivi precisi o al contrario perché non se ne ha nessuno e non si sa cosa fare, per inseguire una speranza o per sfuggire alla disperazione, per motivi importantissimi o senza un motivo particolare, per passare il tempo o magari anche solo perché non si sa stare fermi. Molte lunghe file in autostrada si spiegano anche così: forse anche le nottate in macchina dei giovani il sabato sera, fino agli esodi vacanzieri. Per non parlare di fiere, festival, mostre, expo, megaconcerti, happening, manifestazioni, pride, eventi sportivi globali. Poi naturalmente c’è il turismo (anche congressuale, accademico, purtroppo pure quello sessuale, in cui gli italiani pare siano ai vertici delle classifiche mondiali), gli affari, l’amore, il divertimento, le riunioni, gli incontri delle organizzazioni professionali, dei dipendenti delle istituzioni transnazionali e di quelli impegnati nella cooperazione e nello sviluppo, i viaggi di cultura, i viaggi della speranza legati alla salute, quelli per imparare lingue straniere, e buoni vecchi motivi per muoversi che non hanno perso il loro peso, come la religione (pellegrinaggi, missioni) e la guerra (ma anche missioni militari di peacekeeping, o di monitoraggio di processi democratici).
Tutto si muove di più e a minor prezzo, non solo le persone: informazioni (sempre più a costo zero), idee, merci (qualsiasi prodotto, ovunque sia, è a sole 24 ore di distanza da noi), denaro (ancor più da quando è digitale). Uomini e donne, però, non tutti. Un po’ perché molti non ne hanno nessuna intenzione. E un po’ perché trovano più ostacoli. Non fisici, e nemmeno solo o soprattutto economici. Ma legislativi, amministrativi, burocratici.
Globalmente, si muovono di più i più ricchi: gli abitanti dei paesi più sviluppati rispetto a quelli dei paesi meno sviluppati, e i più ricchi più dei più poveri dei rispettivi paesi. La mobilità è in se stessa uno status symbol, e viene volentieri esibita: sui social network e nella conversazione quotidiana, per molti semplicemente fa trendy poter dire “sto andando a...”, “sono a...” o “sto tornando da...”.
Tuttavia la mobilità è cambiata. Come tutto, non è più necessariamente per la vita. Ha una forte componente esperienziale, e le esperienze, si sa, sono volubili. È più frequente, ma proprio per questo anche temporanea, e reversibile: ci si mette poco sia a partire che a tornare, volendo. Può caratterizzare quindi anche solo un periodo o una fase della vita, fino a che si sceglie dove mettere radici. Anche l’avere radici diventa in certa misura una scelta, che presuppone una volontà propria, anziché un destino, dettato dalla nascita. E la sensazione è che il mondo si dividerà sempre...

Indice dei contenuti

  1. Nota dell’autore
  2. 1. Perché ci muoviamo
  3. 2. Perché si muovono loro
  4. 3. Perché arrivano in questo modo
  5. 4. Perché proprio qui? E per fare cosa?
  6. 5. Perché la diversità ci fa paura. E ci attrae
  7. Una cosa da fare (da cui discendono tutte le altre)
  8. L’autore
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APA 6 Citation

Allievi, S. (2018). 5 cose che tutti dovremmo sapere sull’immigrazione (e una da fare) ([edition unavailable]). Editori Laterza. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3461912/5-cose-che-tutti-dovremmo-sapere-sullimmigrazione-e-una-da-fare-pdf (Original work published 2018)

Chicago Citation

Allievi, Stefano. (2018) 2018. 5 Cose Che Tutti Dovremmo Sapere Sull’immigrazione (e Una Da Fare). [Edition unavailable]. Editori Laterza. https://www.perlego.com/book/3461912/5-cose-che-tutti-dovremmo-sapere-sullimmigrazione-e-una-da-fare-pdf.

Harvard Citation

Allievi, S. (2018) 5 cose che tutti dovremmo sapere sull’immigrazione (e una da fare). [edition unavailable]. Editori Laterza. Available at: https://www.perlego.com/book/3461912/5-cose-che-tutti-dovremmo-sapere-sullimmigrazione-e-una-da-fare-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Allievi, Stefano. 5 Cose Che Tutti Dovremmo Sapere Sull’immigrazione (e Una Da Fare). [edition unavailable]. Editori Laterza, 2018. Web. 15 Oct. 2022.