Lo sviluppo cognitivo
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Lo sviluppo cognitivo

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Lo sviluppo cognitivo

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Cosa percepiscono i bambini nei primi mesi di vita? Quali sono i loro limiti di memoria e di attenzione? La loro intelligenza è innata o è il risultato delle esperienze? Come acquisiscono i concetti e il linguaggio? A che età imparano a ragionare secondo le regole della logica e della probabilità? Come spiegare lo sviluppo atipico? A queste e molte altre domande danno risposta gli studi sullo sviluppo cognitivo. Questo volume offre al lettore una guida critica e aggiornata per orientarsi nel vasto panorama di ricerche empiriche e spiegazioni teoriche. Gli studi e i dibattiti attualmente in corso sono suddivisi in base ai domini di conoscenza più studiati nei bambini: gli oggetti e l'energia fisica, i numeri naturali e le operazioni aritmetiche, le cause biologiche, i processi vitali e la teoria della mente.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788858116937

1. Introduzione

Poniamoci subito due domande centrali sullo sviluppo cognitivo: qual è l’origine delle conoscenze umane? Cosa significa sostenere che alcuni concetti sono innati, mentre altri vengono appresi o si sviluppano? Sono domande che, prima ancora di appassionare gli psicologi sperimentali e i neuroscienziati, hanno occupato le riflessioni dei grandi filosofi. Il problema dell’origine e dello sviluppo della conoscenza umana ha portato alla formulazione della più influente e articolata teoria dello sviluppo mentale, la teoria proposta da Jean Piaget (1936, 1970). I termini origine, sviluppo e conoscenza sono tutti comunemente usati nel linguaggio quotidiano, ma l’uso quotidiano è spesso ambiguo e caratterizzato da polisemie che possono rendere confuse molte discussioni.
Affermare che lo sviluppo cognitivo è ciò che studiano gli psicologi dello sviluppo cognitivo non è evidentemente una risposta soddisfacente e a tutti piacerebbe conoscere una definizione di sviluppo cognitivo meno circolare e meno legata alle pratiche degli scienziati in un determinato periodo storico.
Possiamo, per ora, proporre che lo sviluppo cognitivo sia, in primo luogo, lo sviluppo delle conoscenze e dei processi che permettono di utilizzarle in modo adattativo. Si noti però che questa definizione, in apparenza semplice, richiede sia una buona teoria evolutiva, che ci dica in cosa consiste lo sviluppo psicologico (Carey, 2009; Leslie, 2002), sia una buona teoria della conoscenza, che chiarisca cosa vuol dire ‘conoscere che...’; Chomsky, 1981; Fodor, 1981; Quine, 1960; Russell, 1948). Una seria analisi di queste domande, in particolare della seconda, ha contribuito, nella psicologia moderna, all’affermarsi della teoria rappresentazionale della mente. In questa prospettiva teorica, la rappresentazione delle conoscenze implica necessariamente il possesso di una competenza concettuale: per sapere che i bambini imparano le prime parole a 12 mesi, una persona deve possedere i concetti di bambino, imparare, parola, 12 e mese. Per questa ragione gli studi sullo sviluppo concettuale occuperanno la gran parte delle pagine che seguono.
Le ricerche sullo sviluppo cognitivo nei bambini cercano di rispondere a molte domande che sono in stretta relazione con i problemi dell’origine e dell’acquisizione dei concetti:
– I bambini piccoli, nei primi mesi di vita, riescono a percepire le forme, i colori, i volti, i movimenti? In che modo bambini di diversa età categorizzano gli oggetti?
– Riescono a ricordare gli eventi passati? Quali sono i loro limiti di memoria?
– Che cosa sanno sul mondo fisico, sociale e biologico?
– La loro intelligenza è innata o è il risultato delle esperienze?
– A che età i bambini iniziano a comprendere i numeri e l’aritmetica?
– Sanno guidare volontariamente la loro attenzione?
Come si sviluppa la capacità di pianificare le azioni complesse ed eseguirle con successo?
– Come imparano la lingua materna?
– I ragionamenti dei bambini dipendono dalla lingua che hanno appreso? Rispettano le regole della logica?

1.1. Il concetto di sviluppo cognitivo

Esistono differenze sostanziali e limiti chiari fra processi di sviluppo e processi di apprendimento? Possiamo distinguere lo sviluppo percettivo o lo sviluppo affettivo dallo sviluppo cognitivo? Già l’uso comune di questi termini suggerisce che il loro significato è solo parzialmente sovrapposto. Solo alcuni dei cambiamenti che osserviamo nel corso della vita di un individuo ci sembrano parte di un processo di sviluppo (S.P. Johnson, 2003). Il concetto di sviluppo del senso comune, sia in senso psicologico sia in senso morfologico, include l’idea di una parziale programmazione interna che invece sembra mancare nel concetto di apprendimento. Di un particolare individuo, ad esempio, possiamo dire che a una certa età ha sviluppato le caratteristiche sessuali secondarie tipiche degli adulti. Suona bizzarro affermare che le abbia apprese, magari imitando i genitori oppure in base a ricompense e punizioni!
Tuttavia, in alcune teorie evolutive, tutto lo sviluppo psicologico è ricondotto ai processi generali di apprendimento. Secondo la prospettiva difesa dai comportamentisti, apprendimento e sviluppo sono la stessa cosa e perciò questi due termini possono essere usati in modo totalmente intercambiabile. Nei capitoli che seguono discuteremo molte ricerche che ci permettono di valutare la forza e le debolezze di questa proposta e di quelle alternative, che invece sostengono la differenza sostanziale fra apprendimento e sviluppo.
Lo studio della conoscenza umana e del suo sviluppo non può essere affrontato in modo soddisfacente senza affrontare anche il problema del significato, di cos’è un concetto, del ruolo della consapevolezza e della coscienza. Ma questi sono tuttora alcuni dei problemi più difficili non solo per la psicologia, ma, in generale, per tutte le scienze cognitive. Alcune ricerche sullo sviluppo cognitivo possono apparire ingenue ad un filosofo del linguaggio o della mente consapevole delle controversie irrisolte che circondano i termini “conoscenza”, “concetto”, “rappresentazione” che gli psicologi utilizzano per spiegare lo sviluppo mentale e comportamentale dei bambini.
Di fronte alla necessità di affrontare questi problemi usando strumenti concettuali spesso confusi e controversi, c’è il rischio di reagire assumendo un atteggiamento scettico che potrebbe essere espresso grossomodo così: su questi argomenti ognuno può dire quel che vuole perché tutto è soggettivo o relativo. Ben diversa è la reazione di un bravo scienziato. Non si può certo aspettare di avere a disposizione termini ben definiti e su cui non vi siano controversie per poter lavorare. Vorrei in proposito ricordare un esempio che mi sembra particolarmente illuminante. Ernst Mayr (1991) spiega con grande eleganza che Darwin (1959), in L’origine delle specie, mostra incertezze e oscillazioni di opinione persino sul concetto di specie animale. A nessuno comunque verrebbe in mente di sostenere che la mancanza di chiarezza sul concetto di specie, ovviamente cruciale per i problemi che Darwin desiderava discutere, abbia impedito all’autore di proporre una grande teoria scientifica, probabilmente la più importante teoria della biologia moderna.
Chi si accinge a studiare seriamente lo sviluppo cognitivo è destinato a lottare per avere definizioni chiare dei concetti che usa, ma non dovrebbe disperarsi se scopre che in molti casi queste definizioni non esistono ancora. Nella letteratura pertinente regna una notevole confusione anche se nei manuali, per non spaventare il principiante, di solito si cerca, per quanto possibile, di nasconderla o metterla in secondo piano.
Perché le domande centrali sullo sviluppo cognitivo hanno appassionato tutti i grandi filosofi e ora impegnano migliaia di scienziati delle discipline più diverse? Certo, dare risposte alle domande che abbiamo elencato all’inizio (p. 4) è sicuramente di grande utilità in ambito educativo e per progettare interventi clinici o riabilitativi. Ma è poco probabile che il problema dello sviluppo delle conoscenze umane abbia occupato Platone, Aristotele, Hume, Darwin, Piaget e Chomsky solo, o principalmente, per le possibili applicazioni in ambito clinico o educativo. Gli studi sull’origine e lo sviluppo delle conoscenze promettono molto di più: contribuiscono a farci capire meglio chi siamo. Chi siamo non in un senso soggettivo e individuale, ma in un senso più universale. Conoscere lo sviluppo cognitivo ci dovrebbe aiutare a comprendere meglio la natura umana.

1.2. Problemi centrali nelle teorie dello sviluppo cognitivo

1.2.1. Descrivere lo sviluppo: differenze qualitative e quantitative

Lo studio dello sviluppo cognitivo è lo studio di come i bambini acquisiscono le conoscenze e dell’ontogenesi del loro sistema cognitivo, cioè di come le informazioni vengono acquisite, immagazzinate e organizzate nella memoria, e di come sono recuperate e utilizzate per comprendere il mondo e agire in modo adattato. È lo studio dei cambiamenti relativamente stabili delle strutture mentali che rendono possibile la codifica di informazioni e la loro elaborazione.
In una prospettiva descrittiva si cerca innanzitutto di individuare le competenze iniziali, presenti alla nascita, di delineare quale sia la competenza adulta e quali le fasi che vengono attraversate per arrivare dalla competenza iniziale a quella adulta. L’attenzione è posta quindi sulle differenze presenti in bambini di diverse età. È importante decidere se queste differenze siano di tipo quantitativo o qualitativo. Nel primo caso si postula uno sviluppo della competenza di tipo continuo, nel secondo caso di tipo discontinuo. Ma come distinguere i cambiamenti qualitativi da quelli quantitativi? Per dare una risposta si può partire da un esempio che riguarda lo sviluppo motorio, un ambito di solito trascurato nei libri sullo sviluppo cognitivo. Il bambino che passa dal gattonare al camminare non compie semplicemente un progresso quantitativo, per esempio raggiungendo una maggiore velocità o distanza degli occhi dal suolo, ma fa un salto qualitativo perché lo schema motorio che guida i movimenti di un tipo è diverso dallo schema che coordina i movimenti dell’altro tipo.
L’attenzione al cambiamento di schemi è stata fondamentale nella teoria piagetiana. Ritornando al tema centrale, relativo all’acquisizione delle conoscenze, è bene sapere che lo sviluppo continuo non prevede differenze riguardo al tipo di rappresentazione utilizzata (Mandler, 2004). Se la teoria di riferimento postula, come nel caso della teoria piagetiana, delle differenze sostanziali fra rappresentazioni percettive e rappresentazioni concettuali e afferma che nel primo anno di vita vi siano le prime, ma non le seconde, abbiamo allora una teoria che ipotizza una radicale discontinuità. Se si ritiene che i bambini, prima degli 8 anni, comprendano i fenomeni biologici utilizzando solo concetti psicologici (pensieri, desideri, intenzioni ecc.), come sostiene ad esempio Susan Carey (1985; v. cap. 7), allora la nostra ipotesi prevede sia processi di accrescimento quantitativo, sia una radicale riorganizzazione del sistema di conoscenze e quindi un salto qualitativo. Quella della continuità-discontinuità è una delle dicotomie più importanti nella descrizione dello sviluppo cognitivo. Nei prossimi capitoli incontreremo molti studi e teorie in cui questa dicotomia è stata presentata in modi diversi ed è stata indagata sperimentalmente.

1.2.2. Spiegare lo sviluppo: meccanismi generali o specifici per dominio

Per spiegare lo sviluppo dobbiamo indicare i fattori che lo influenzano e chiarire i processi responsabili dell’acquisizione delle conoscenze. In questa non facile impresa, una delle scelte più importanti da effettuare è quella fra processi di acquisizione specifici per un particolare dominio di conoscenze e processi generali per dominio, cioè processi responsabili dell’acquisizione di abilità e informazioni in tutte le aree dello sviluppo cognitivo.
Un meccanismo tipicamente considerato di estrema generalità è quello del condizionamento classico. Se un bambino di poche ore di vita viene ripetutamente accarezzato sulla fronte e alle carezze si fa immediatamente seguire la presentazione di un succhiotto nella zona orale, il bambino impara velocemente e automaticamente ad associare le carezze alla stimolazione orale, come è provato dal fatto che ben presto si metterà a succhiare alla sola presentazione delle carezze. Eventi esterni molto diversi possono essere associati nella mente di un bambino grazie alla presentazione ripetuta e in rapida sequenza temporale. Nella terminologia proposta da Piaget, la carezza diviene nella mente del neonato il segnale che preannuncia il verificarsi di un altro evento.
Nella prospettiva cognitivista il fenomeno del condizionamento viene spiegato indagando i meccanismi di elaborazione di informazione che sottostanno a tale effetto. In questa prospettiva non è per nulla scontato che il condizionamento classico sia così generale per dominio come affermano le teorie comportamentiste.
In proposito, è importante ricordare gli esperimenti di Garcia, Kovner e Green (1970) sull’apprendimento alimentare. Garcia e colleghi hanno dimostrato che i ratti non associano gli stimoli avversivi (dolori alla pancia provocati da una sostanza chimica ingerita) agli stimoli ambientali presenti al momento delle sensazioni dolorose, ma li associano al cibo mangiato alcune ore prima, imparando così a evitare cibo potenzialmente pericoloso. Le associazioni quindi non erano guidate, in assenza di vincoli innati, dalla contiguità degli stimoli nello spazio e nel tempo, come previsto dalle classiche leggi di condizionamento. Esisteva invece negli animali una forte predisposizione innata ad associare determinati stimoli o sensazioni interne a determinati eventi (gusti, odori ecc.) esperiti in passato, piuttosto che a stimoli esterni contigui.
I meccanismi di acquisizione specifici per dominio possono essere utilizzati solo per un particolare tipo di informazioni o per formare un particolare tipo di associazioni. L’esempio più noto derivante dalla psicologia animale è quello dell’imprinting (Lorenz, 1973). L’esempio più noto nelle scienze cognitive è quello del meccanismo che, secondo Noam Chomsky, presiede all’acquisizione della sintassi della lingua materna. L’alternativa fra meccanismi generali e meccanismi specifici per dominio è strettamente legata al classico problema di quanto lo sviluppo cognitivo debba al patrimonio biologico ereditario e di quanto invece debba alle esperienze post-natali.
Nella psicologia moderna, quindi, ritroviamo lo scontro fra le spiegazioni di tipo empirista, che favoriscono meccanismi generali per dominio e danno un peso fondamentale all’esperienza (Hume, 1740; Luria, 1976), e le spiegazioni innatiste che invece sottolineano la specificità per dominio dei meccanismi e la ricca base di conoscenze innate (Chomsky, 1981; Fodor, 1992).
Numerose indagini recenti in psicologia animale e psicologia dello sviluppo hanno messo in discussione l’idea che esistano solo meccanismi di apprendimenti generali per dominio (Carey, Spelke, 1994; Gallistel, 1995). Le ricerche sugli animali rivelano veloci processi specie-specifici funzionali all’acquisizione di informazioni utili alla loro sopravvivenza e riproduzione: informazioni sul canto da esibire nei rituali di corteggiamento, sulla direzione di una rotta migratoria in base alla posizione delle costellazioni nel cielo, sulla posizione di un nido o di risorse di cibo precedentemente immagazzinate. Il funzionamento di questi meccanismi è altamente specializzato ed è molto diverso da quello postulato nelle teorie associazioniste.

1.2.3. Le conoscenze innate e il “problema di Platone”

Tutti sono convinti, e a ragione, che moltissime conoscenze sono nella nostra mente perché le abbiamo apprese direttamente, attraverso i sensi, oppure indirettamente, perché ci sono state comunicate. Più controversa è l’esistenza nella nostra mente anche di conoscenze o concetti innati, non appresi dall’esperienza (Elman, Bates, Johnson, Karmiloff-Smith, Parisi, Plumkett, 1996).
In uno dei bellissimi dialoghi platonici, il Menone, Socrate discute con un suo studente l’origine delle conoscenze umane e afferma che conoscere è ricordare cose che si sanno già dalla nascita. Per dimostrare questa tesi che a molti contemporanei doveva apparire rivoluzionaria, e che risulta tale ancor oggi a molti studiosi, Socrate interroga un servetto che non aveva ricevuto alcuna istruzione formale e mostra che e...

Indice dei contenuti

  1. 1. Introduzione
  2. 2. Problemi di metodo e tecniche di ricerca
  3. 3. Attenzione, memoria e funzioni esecutive
  4. 4. Categorizzazione: teorie generali per dominio
  5. 5. Oggetti e forze
  6. 6. Numeri e matematica
  7. 7. Vita
  8. 8. Cognizione sociale
  9. Riferimenti bibliografici