Come funziona la mente
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Come funziona la mente

  1. 146 pagine
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Come funziona la mente

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Un'introduzione ai processi mentali che sono alla base del pensiero umano e, al tempo stesso, un'appassionata difesa delle ragioni della psicologia sperimentale nei confronti di filosofia, intelligenza artificiale e biologia.Michele Di Francesco, "Il Sole 24 Ore"La mente non è tutto il nostro animo. È quella componente essenziale che ci permette di pensare, ragionare, decidere. È un sistema di calcolo naturale, ma non solo: oltre a conoscere emozioni e passioni, svolge compiti speciali che ci consentono l'interazione con gli altri e senza i quali la nostra vita sociale sarebbe ben poca cosa.

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Informazioni

Anno
2011
ISBN
9788858101988

La mente violenta

[...] Una cosa grande io so:
con i più crudeli mali ricambiar chi mi fa male.
Archiloco
Nel dibattito sul tema delle molestie sessuali sembra serpeggiare un equivoco, e cioè che si tratti di un problema di comunicazione, o meglio di codici di comunicazione. La questione viene posta come se non ci si capisse più: una/o pensa di fare una galanteria e questa viene presa per molestia o, viceversa, una/o vorrebbe essere oggetto di attenzione e non lo è (o non lo è nel modo in cui desidererebbe esserlo).
Questa impostazione riflette un fraintendimento di fondo dovuto all’assunzione acritica di un modello di comunicazione che è divenuto oggetto di sapere comune. Si tratta del classico modello di Claude Shannon, che si ispira alla tecnologia delle prime telecomunicazioni. Poniamo di essere un telegrafista che manda un messaggio con il codice Morse: egli batte sui tasti (sorgente del messaggio) seguendo il codice. Il messaggio subisce varie trasformazioni fisiche, diventa un segnale (si trasforma in impulsi elettrici) e giunge a destinazione dove avviene un processo inverso, così che il messaggio – grazie a un codice di trasformazione segnale-messaggio – torna a essere «leggibile» nel formato originale.
La compatibilità con il moderno mondo delle telecomunicazioni ha contribuito a estendere questo paradigma a molti domini, grazie al cosiddetto approccio semiotico alla comunicazione, che si è soliti far risalire a Peirce. Questa semplicistica estensione, basata anche su un uso metaforico e allusivo del modello del codice, ha reso possibile affrontare ogni forma di comunicazione – dalla moda alla pubblicità, dalla televisione ai riti dei primitivi – sostenendo che in tutti questi ambiti era possibile rilevare la presenza di codici. Nel 1986 Dan Sperber e Deirdre Wilson hanno scritto un libro (ed. it. 1993) interamente dedicato a mostrare come la storia recente della semiotica sia quella di un successo istituzionale e di un fallimento intellettuale. Infatti, il lavoro di antropologi come Lévi-Strauss o di teorici della letteratura come Barthes, che hanno affrontato lo studio del simbolismo culturale o artistico con un approccio semiotico, non ha evidenziato
alcun codice soggiacente, nel senso stretto di un sistema di coppie segnale-messaggio in grado di spiegare come i miti e le opere letterarie arrivino a comunicare più del loro senso puramente linguistico e come i riti e i costumi arrivino a comunicare qualunque cosa (Sperber, Wilson 1993, p. 20).
In molti ambiti il modello del codice è fuorviante in quanto la comunicazione sembra descritta più adeguatamente come un processo inferenziale di riconoscimento delle intenzioni del locutore. Noi, cioè, non condividiamo con i nostri interlocutori un mutuo sapere che ci permette di decodificare i loro messaggi, bensì un insieme di regole in base alle quali possiamo inferire, dato un certo contesto, quello che gli altri ci vogliono dire. La capacità euristica di tale approccio, rispetto ­alla infecondità del modello del codice, è stata dimostrata da Sperber e Wilson soprattutto in rapporto agli scambi verbali. Qui si cercherà di estendere tale approccio a una sorta di grammatica del corteggiamento, che si rife­risca al dominio delle proposte formulate con l’intenzione di scambiare piaceri o dispiaceri aventi a che fare con le forme del desiderio innescate dal sesso.
In questo capitolo viene applicata la grammatica delle proposte di contratto, sviluppata in Legrenzi, Girotto, Politzer 1996. In effetti, parte del dibattito sulle molestie sessuali è centrato sul fatto che determinati modi di avanzare offerte e/o proporre scambi non funzionano più perché sono saltati quelli che si è soliti chiamare «codici di comunicazione comuni». Affrontare tale stato di cose con i modelli tradizionali della comunicazione ci induce a vagheggiare un mondo perduto in cui tutti si capivano bene grazie a un codice comune, condiviso e facilmente comprensibile.
È opportuno invece rendersi conto che quello che è andato perduto non è un codice di comunicazione, bensì la capacità di fare inferenze a partire dai presunti desideri altrui. La differenza, come vedremo, non è marginale. Sono i desideri altrui che non sono più trasparenti e direttamente leggibili. Si tratta di una confusione sostanziale che va al di là dei codici di comunicazione. In sintesi non sappiamo quali siano le preferenze altrui in rapporto alle nostre. Non siamo quindi più sicuri se qualcosa che a noi pare piacevole lo sarà anche per gli altri e diviene difficile proporre scambi gradevoli per entrambi i contraenti.
Per esemplificare il rischio di fraintendere la questione adottando, ancora una volta, un approccio basato su una facile estensione del modello del codice, si possono riprendere alcuni passi di un intervento, molto lucido, di Lucetta Scaraffia:
Le molestie sessuali – che in molti casi possono anche essere interpretate come forme di corteggiamento, magari un po’ pesante –, come del resto è ovvio, sono sempre esistite e non sempre hanno significato solo un esercizio di potere degli uomini sulle donne più deboli: questo ha rappresentato al massimo uno soltanto dei tanti significati possibili. È esistito finora nella pratica sociale un ventaglio noto e condiviso di comportamenti – che andavano da aperti segnali di accettazione all’indecisione e al rifiuto – che ne regolavano la risposta. Nelle moderne società occidentali, in cui l’emancipazione femminile e l’allargamento delle donne ai diritti di cittadinanza politica e sociale si stanno realizzando su vasta scala, la caduta dei confini fra gli spazi e fra i comportamenti accettati per i due sessi ha creato un tale disordine da rendere inadeguato il codice, prima condiviso, dei segnali di corteggiamento e di aggressione sessuale (Scaraffia 1994).
Supporre che ci manchi un codice di comunicazione è come immaginare che il problema consista nel fare la corte a una/o straniera/o di cui non conosciamo la lingua ma che presupponiamo abbia gli stessi nostri costumi e gusti. O addirittura – ed è questa la metafora adeguata – possiamo pensare che si tratti di una persona di cui non conosciamo non solo la lingua ma neppure i gusti.
Ovviamente, il termine codice, in questo passo di Scaraffia, può essere stato usato in modo del tutto allusivo, per riferirsi a qualcosa di simile a quella che qui si chiamerà «grammatica del corteggiamento». Tuttavia, se il termine codice è stato utilizzato nel senso tecnico della teoria classica della comunicazione, allora il suo uso si rivela fuorviante, giacché ci induce a pensare che le proposte, implicite o esplicite – di cui è fatta ogni variante del corteggiamento – corrispondano a convenzioni di accettazione/rifiuto, come nel classico esempio di Romeo e Giulietta (Sperber, Wilson 1993, p. 46).

Il modello del codice: Romeo e Giulietta

Romeo e Giulietta convengono che un fazzoletto bianco appeso al balcone voglia dire che Romeo può salire, uno rosso che deve aspettare e uno nero che deve allontanarsi. Quando Romeo vede il fazzoletto bianco utilizza come premessa la conoscenza della convenzione condivisa e inferisce di poter salire sapendo di essere gradito (segnale: bianco; bianco = salire; messaggio: vieni!). Il modello classico del codice estende questa metafora da una coppia di individui alla società nel suo complesso: una volta si usavano dei fazzoletti il cui colore era riconoscibile da tutti e tale colore innescava azioni facilmente interpretabili. Oggi «le risposte non sono più regolate» perché si usano fazzoletti dai colori ignoti e il nostro Romeo non sa più cosa fare.
L’esempio di Giulietta e Romeo e delle loro convenzioni ci permette di capire meglio che cosa è saltato nella situazione odierna. Secondo la teoria del codice la confusione deriva dal fatto che Giulietta introduce colori nuovi (come nel caso dello straniero, cui si deve fare la corte in una lingua sconosciuta). Poniamo che appenda al balcone un fazzoletto verde. Romeo non sa che cosa voglia dire ed è smarrito.
Questo esempio può venire trasformato per indicare un’incertezza più radicale: non solo non capiamo più quello che Giulietta vuol dirci ma non siamo sicuri nemmeno di quello che vuole da noi. Cercherò di mostrare che soltanto questa seconda interpretazione è quella corretta. A questo scopo incominciamo con il considerare ogni forma di corteggiamento come un caso particolare di proposta di contratto. Poniamo che Tizio corteggi Caia (o viceversa, se non siamo tradizionalisti, che Tizia corteggi Caio: il sesso in realtà è irrilevante per l’argomentazione): qual è il presupposto di un corteggiamento che si conclude felicemente? È una implicita o esplicita proposta più o meno di questa natura: «Tu fai una cosa che mi piace (ad esempio, «regalarmi dei fiori») e io faccio una cosa che ti piace (ad esempio, «conversare con te»). Se la proposta viene accettata aumenteranno le utilità di entrambi i contraenti. In parole povere, entrambi staranno meglio di quanto non stessero prima dell’offerta di piaceri reciproci.
Come mai noi pensiamo di sapere quali siano le offerte che l’altro gradisce? Si può supporre che noi abbiamo imparato – grazie a un processo di apprendimento per «prove ed errori» – quali siano i contenuti delle offerte che possiamo fare in un certo c...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. La mente logica
  3. La mente sociale
  4. La mente limitata
  5. La mente creatrice
  6. La mente violenta
  7. La mente nascosta
  8. La mente collettiva
  9. Conclusioni
  10. Bibliografia