Greci e Italici in Magna Grecia
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Greci e Italici in Magna Grecia

Un rapporto difficile

  1. 150 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Greci e Italici in Magna Grecia

Un rapporto difficile

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Lo scontro tra Greci e Italici dalla metà dellVIII alla fine del III secolo a.C.: i modi e i tempi del confronto tra queste due popolazioni messe di fronte al pericolo di un imprevisto e totale annientamento della propria identità nazionale.

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Informazioni

Anno
2012
ISBN
9788858100035
Argomento
History
eBook Laterza
Ettore M. De Juliis
Greci e Italici in Magna Grecia
Un rapporto difficile

© 2004, Gius. Laterza & Figli


Prima edizione digitale novembre 2010
http://www.laterza.it
Proprietà letteraria riservata
Gius. Laterza & Figli Spa, Roma-Bari
Realizzato da Graphiservice s.r.l. - Bari (Italy)
per conto della
Gius. Laterza & Figli Spa
ISBN 9788858100035
È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata

Introduzione

Questo breve studio ha lo scopo di chiarire ed esporre la problematica relativa ai rapporti esistenti tra Greci e Italici durante la loro lunga convivenza nei territori della Magna Grecia, ossia dell’Italia meridionale peninsulare.
Tale convivenza si protrasse per oltre cinque secoli, cioè dalle prime fondazioni greche intorno alla metà dell’VIII secolo alla totale e salda conquista romana della fine del III.
Questo lungo periodo si articola in due fasi cronologiche quasi equivalenti: nella prima, compresa tra la metà dell’VIII e la metà circa del V secolo, si svolge l’occupazione sistematica e progressiva delle coste dell’Italia meridionale da parte dei Greci; nella seconda, tra l’ultimo quarto del V e la fine del III secolo, nasce e si sviluppa la riscossa, quasi inarrestabile per i Greci, da parte delle genti italiche dell’interno, a loro volta sottomesse, infine, dai Romani.
L’interesse per le terre dell’Italia meridionale da parte dei Greci non incomincia, però, con la colonizzazione storica. Durante l’età del Bronzo, dal XVI all’XI secolo, le coste dell’Italia peninsulare, della Sicilia e della Sardegna erano state frequentate da naviganti, mercanti ed artigiani di cultura micenea, provenienti dalla Grecia propriamente detta e dalle grandi isole del Mediterraneo orientale (Rodi, Cipro, Creta). Di questa ampia frequentazione resta l’eco nella tradizione mitologica greca, tramandata oralmente per secoli e sentita come vera e propria storia, prima di essere riportata da poeti e scrittori greci che l’assegnarono ad una lontana età «eroica». In tale ambito si pongono le migrazioni dei Pelasgi dall’Adriatico al Lazio, quella degli Arcadi in Italia meridionale e nel Lazio, le peregrinazioni degli Argonauti, le avventure occidentali di Eracle, la spedizione dei Cretesi in Sicilia, le imprese degli eroi della guerra di Troia: Diomede, Antenore, Filottete, Epeo, Enea, per finire con quelle di Ulisse immortalate nell’Odissea.
Questo patrimonio mitologico e letterario relativo all’età «eroica» ha trovato una conferma documentaria, almeno nella sua sostanza storica, nelle numerose scoperte archeologiche di siti e reperti relativi all’età e alla civiltà micenee. La presenza micenea in Italia è chiamata dagli studiosi, giustamente, «frequentazione», piuttosto che «colonizzazione», termine usato, quest’ultimo, per l’espansione greca di età storica. Nel primo caso, infatti, si trattava di un inserimento pacifico di piccoli gruppi di mercanti con lo scopo di scambiare materie prime e manufatti con le popolazioni del luogo, le quali non solo consentivano tali presenze sul loro territorio, ma, anzi, dovevano essere favorevoli per certi apporti, soprattutto per quelli tecnologici. Ben diversa fu la colonizzazione di età storica: un’occupazione permanente di ampi territori, spesso molto fertili e strategici, sottratti, a parte qualche rarissima eccezione, con la forza o con l’inganno agli indigeni.
Ciò si spiega se consideriamo che la fondazione di una colonia (apoikìa) in contrade lontane e ostili era decisa dalla città-madre dietro la spinta di pressanti esigenze. Essa comportava l’organizzazione di una spedizione guidata dall’ecista, che avrebbe scelto il sito per la fondazione di una nuova città-stato (pòlis), la quale avrebbe dovuto assicurare ai coloni salde basi economiche, politiche, giuridiche e religiose.
L’espansione coloniale greca fu dunque un atto di sopraffazione verso le popolazioni italiche (anche se non vanno dimenticati i numerosi aspetti positivi), così come la riscossa da parte degli Italici dovette apparire agli occhi dei Greci, residenti da secoli nelle loro città, come un’intollerabile e barbara violenza.
Nelle pagine che seguiranno è nostra intenzione esaminare gli aspetti di questa difficile convivenza, considerando nel capitolo iniziale le principali e più significative fondazioni coloniali greche e, successivamente, la progressiva pressione e la riconquista da parte degli Italici dei territori della Magna Grecia.
A questo punto non sarà sfuggita al lettore l’attualità di certi problemi derivanti dal confronto, spesso dallo scontro, tra popoli etnicamente e culturalmente diversi, costretti spesso ad una innaturale convivenza. Nei capitoli seguenti saranno illustrati, perciò, modi e tempi di confronto nell’ambito di una lunga e fondamentale fase della nostra storia e saranno evidenziati le idee, le posizioni, i comportamenti, i pregiudizi di interi popoli o di singole personalità, come Platone, messi di fronte al pericolo di un imprevisto e totale annientamento della propria identità nazionale.
AVVERTENZA
I termini greci, quando non sono riportati in caratteri originali, sono stati traslitterati in caratteri latini, secondo un criterio ampiamente adottato. Gli accenti tonici sono quelli della lingua greca.
Tutte le date, ove non indicate in modo specifico, si intendono avanti Cristo.
Cartina dell'Italia meridionale con le indicazioni della colonizzazione greca

L’occupazione greca

La colonizzazione greca dell’Italia meridionale costituisce un fenomeno storico lungo, complesso e articolato, sia per i tempi dilatati in cui si svolge, sia per gli obiettivi che si proponevano i coloni, sia per la diversità dei coloni stessi, i quali, pur essendo tutti greci, differivano tra loro per zone di provenienza e per caratteristiche culturali.
Al di là delle numerose differenze, però, unico era l’obiettivo dei Greci: occupare i territori migliori e adatti alle proprie esigenze, indipendentemente dalla presenza o meno di preesistenti insediamenti indigeni. A questo punto entrava in gioco, perciò, il peso delle rispettive forze.
I dati storici relativi all’inizio della colonizzazione greca in Occidente ci indicano diversi tipi di approccio tra i coloni greci e i rispettivi territori di insediamento.
Prima, però, di analizzare le diverse forme di occupazione coloniale, va segnalata la deliberata, preliminare rinunzia da parte dei Greci ad indirizzare le proprie spedizioni verso determinate regioni, anche se appetibili. Sembra essere stato questo il caso dell’intera Puglia, eccetto il sito di Taranto, la quale fu esente dall’occupazione coloniale, pur avendo risorse e territori adatti all’insediamento di colonie a vocazione agricola. È probabile, allora, che la rinunzia ad occupare questo grande territorio potenzialmente ricco e più vicino alla madrepatria, intensamente frequentato nella precedente età micenea, fosse dovuta alla presenza in esso di una densa e agguerrita popolazione, quella degli Iàpigi, che tante preoccupazioni darà in seguito alla spartana Taranto. Motivi analoghi avranno tenuto lontani i coloni greci da altre regioni dell’Italia peninsulare, come l’Etruria, verso cui erano sicuramente attratti per la presenza in essa di ricchi giacimenti metalliferi.
Viceversa, nei casi in cui l’occupazione coloniale fu attuata, si possono registrare diversi modi di insediamento, secondo una scala di difficoltà decrescenti.
Il massimo grado di difficoltà è costituito dai casi nei quali si rese necessario usare la forza per liberare il sito della futura colonia, già occupato stabilmente dagli indigeni. È quanto avvenne per le fondazioni di Cuma, di Reggio, di Taranto e di Locri. In quest’ultimo caso la conquista dell’area definitiva per l’impianto della colonia fu preceduta prudentemente dall’occupazione di un sito diverso e provvisorio. Un insediamento in due tempi fu attuato anche dai coloni calcidesi di Cuma, ma in tal caso l’occupazione di Pitecusa, che precede la fondazione di Cuma, non può essere considerata la parte iniziale di un piano, unico e cosciente, avente per scopo l’insediamento sul continente.
Il secondo grado di difficoltà, tanto debole da essere quasi irrilevante, è rappresentato dai casi in cui la conquista del territorio fu agevolata, all’inizio, dall’assenza di abitati indigeni, oppure da una presenza sporadica e quindi facilmente superabile. Si possono ricordare a tal proposito i casi di Poseidonia, di Crotone ed altri meno evidenti. In questo stesso ambito possono essere annoverati i casi in cui il controllo diretto o indiretto di altre colonie greche rendeva pressoché nulla la difficoltà di un nuovo insediamento coloniale nel sito. Appartengono a questa categoria le fondazioni di Neapolis, di Turii, di Eraclea.
Rarissimo e forse unico è, infine, il caso di una fondazione avvenuta con l’assenso degli abitanti del luogo, come quella di Elea-Velia, il cui territorio, appartenente agli Enotri, fu «acquistato» dai Focei.
Passiamo, dunque, ad esaminare più in particolare gli eventi che portarono alla fondazione delle principali colonie greche della Magna Grecia, considerando anche, per quanto è possibile, l’atteggiamento assunto di volta in volta dalle popolazioni italiche.

1. Pitecusa e Cuma

Pitecusa fu colonizzata da Calcidesi ed Eretriesi; ma, dopo che grazie alla fertilità del suolo e alle botteghe di orefici ebbero raggiunto la prosperità, l’abbandonarono, prima in seguito a lotte interne, più tardi scacciati dai terremoti e dalle eruzioni di fuoco misto ad acqua marina e ad acque calde.
Questa di Strabone (V, 4, 9; C 247) è una delle rare testimonianze relative all’occupazione euboica dell’isola di Ischia (Pithekoùssai per i Greci).
La costituzione di un emporio euboico nell’isola di Ischia risale al 770-760 circa e precede, perciò, la fondazione di qualsiasi colonia greca in Occidente. Si tratta, infatti, del più importante scalo «precoloniale» e secondo alcuni studiosi potrebbe essere stato già una vera e propria colonia, non diversa, dunque, dalla vicina Cuma, nel cui territorio essa sarebbe stata in seguito inglobata.
La presenza euboica a Pitecusa non è né casuale, né improvvisata. Infatti l’Eubea, a differenza di gran parte delle regioni della Grecia, aveva risentito pochissimo della crisi del cosiddetto «Medioevo ellenico» e si era andata sviluppando, proprio in quel tempo, come centro primario nella lavorazione dei metalli, oltre che come crocevia degli scambi tra la Grecia e il Mediterraneo orientale. La funzione di produttori e di diffusori di manufatti metallici esercitata dai maggiori centri euboici aveva determinato la creazione di numerosi scali nel Mediterraneo, in concorrenza con i Fenici.
L’urgente bisogno di materie prime, soprattutto il rame e il ferro, deve aver spinto Calcidesi ed Eretriesi a volgersi verso l’Occidente, soprattutto verso le lontane coste dell’Etruria, ricche di ferro e di altri minerali. Proprio per soddisfare questa esigenza sarebbe sorto lo scalo di Pitecusa, diventato presto il polo occidentale dell’asse commerciale euboico, che aveva come polo opposto Al Mina, presso la foce del fiume Oronte, in Siria.
Nel lungo percorso verso occidente gli Eretriesi potevano fruire di una base di appoggio nell’isola di Corfù, occupata già nella prima metà dell’VIII secolo. Una mossa simile era stata portata a termine dai Corinzi (allora rivali degli Eubei), i quali avevano occupato negli stessi anni e per lo stesso scopo l’isola di Itaca. Più tardi, verso il 734, forse approfittando della debolezza di Eretria in conflitto con Calcide (la cosiddetta «guerra lelantina») Corinto, alleata della seconda, potrà occupare anche Corfù, scacciandone gli Eretriesi (Plutarco, Quaest. Graec., XI, 293 b).
Come ogni grande emporio internazionale, Pitecusa era frequentata non solo da Greci, ma anche da Fenici e da Italici. Inoltre, alla funzione propria di ogni emporio, cioè di raccolta e di smistamento di merci, si aggiungeva una fiorente attività artigianale, che andava dalla lavorazione del ferro e del bronzo a quella delle ceramiche e delle oreficerie. Ma l’importanza storica di Pitecusa è consistita soprattutto nella sua funzione di tramite fra la Grecia e l’Italia, in particolare l’Etruria, più pronta a recepirne gli influssi. Questa funzione fondamentale si è realizzata con l’esportazione della più avanzata tecnologia (tèchne) greca (oreficeria; uso del tornio e della decorazione dipinta nella lavorazione dei vasi). Ancora più alto e universalmente riconosciuto è il merito dei Calcidesi di Pitecusa e poi di Cuma, per la trasmissione precoce del proprio alfabeto agli Etruschi e a Roma stessa.
Circa un trentennio dopo la nascita dell’emporio pitecusano, ossia verso il 740, fu fondata sulla costa di fronte ad Ischia la colonia di Cuma. È ancora la «guida» storico-geografica straboniana che ci fornisce le notizie essenziali su questo importante avvenimento, nei termini seguenti:
Successivamente viene Cuma, vetusta colonia dei Calcidesi e dei Cumani: è la più antica fra quelle della Sicilia e dell’Italia. I due che guidavano i coloni, Ippocle di Cuma e Megastene di Calcide, avevano concordato fra loro che la futura città sarebbe stata di un gruppo, ma avrebbe preso il nome dell’altro. E così, la città oggi si chiama Cuma, ma i suoi fondatori vengono ritenuti i Calcidesi (Strabone, V, 4, 4; C 243).
Altri particolari sull’evento, con qualche variazione, sono forniti da scrittori greci e romani; tra tutti, però, solo Livio (VIII, 22, 5) collega strettamente l’antefatto pitecusano con la successiva fondazione di Cuma. Egli ricorda, infatti, che i Calcidesi si stanziarono dapprima ad Aenaria (il nome latino di Ischia) e poi «osarono trasferire la propria sede nel continente».
Cominciò allora la rapida decadenza di Pitecusa, non solo per il passaggio di una parte dei suoi abitanti sul continente, in aggiunta ai nuovi coloni fondatori di Cu...

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