Il passero coraggioso
eBook - ePub

Il passero coraggioso

Cipì, Mario Lodi e la scuola democratica

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il passero coraggioso

Cipì, Mario Lodi e la scuola democratica

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Generazioni di lettori di tutte le età si sono innamorate della storia di Cipì, il passero coraggioso inventato negli anni Cinquanta da Mario Lodi e i suoi bambini. Pochi però ne conoscono la storia. Nel centenario della nascita di Mario Lodi, ripartiamo da Cipì per ricostruire la grande avventura della didattica democratica, una pratica che ha cambiato il nostro Paese.

C'è un passero coraggioso, che fin dal primo giorno di vita vuole scoprire il mondo che lo circonda, scappa dal nido, si perde, prova e sbaglia, sbaglia e prova e, a un certo punto, si scopre una vocazione inaspettata: quella di aiutare i suoi compagni ad affrontare quanto di brutto incontrano nel corso della loro vita.Un passero chiamato Cipì, protagonista di una storia scritta da Mario Lodi e i suoi bambini della scuola elementare di Vho di Piadena, alla fine degli anni Cinquanta. Un testo che inaspettatamente diventerà uno dei classici più letti nella storia della letteratura italiana per l'infanzia. Un piccolo libro che per la prima volta dà forma alla voce di chi non è mai stato ascoltato da nessuno, cioè i bambini, dentro la scuola. Un atto politico che fa da modello, tra gli altri, a don Milani.Dietro Cipì c'è la riflessione di una generazione di maestri su Antonio Gramsci e John Dewey, ma anche su Giovanni Gentile e la tradizione idealistica, c'è il lavoro culturale di Gianni Bosio e la sua convinzione che debba essere annullato il distacco fra chi produce la cultura e chi la 'consuma'.Cipìracconta la storia di una pratica che ha cambiato dall'interno la scuola italiana, prima del Sessantotto, più delle riforme: quella della didattica democratica.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Il passero coraggioso di Vanessa Roghi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Social Sciences e Popular Culture. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788858149034

1. I piccoli maestri
1945

antifascista agg. [comp. di anti- e fascista]. – colui o colei che si oppone al fascismo, sia come ideologia sia come regime. In senso storico, coloro che hanno reagito moralmente e politicamente, di partiti e gruppi alla dottrina e alla prassi del fascismo al potere
«Se ogni maestro, che si accinge ad insegnare, rievocasse la sua vita di scolaro e sapesse leggere nel suo passato vissuto, forse il rinnovamento della scuola e dei metodi sarebbe più rapido e più diffuso».
Giorgio Gabrielli
La mattina che diventai maestro concise con la mattina in cui sentimmo il discorso del Duce che annunciava l’entrata dell’Italia in guerra. [...] Subito dopo ci furono i richiami al servizio dei maestri giovani e quindi il richiamo dei neoabilitati per supplire all’assenza di quelli che erano andati a fare il militare. Così ci furono le prime esperienze di assenza da casa, perché non c’erano treni per tornare, l’impossibilità di fare scuola e di capire il rapporto con i bambini in situazioni fortemente disagiate in cui nessuno ci aveva insegnato “che cos’è un bambino”1.
Mario Lodi ha raccontato come è diventato maestro in più di un’occasione, così come ha ricordato quanto, in realtà, non avesse alcuna vocazione ad insegnare in quella scuola delle camicie nere che aveva frequentato da bambino, sebbene le idee dei suoi genitori al riguardo fossero molto precise: «giocavo sulla sabbia, nel giardino, mentre la maestra di prima elementare e i miei genitori decidevano per me che avrei dovuto frequentare l’istituto magistrale»2. Lodi ricorda lo schiaffo dell’insegnante di Religione per una domanda difficile, imbarazzante, ma anche, alla scuola magistrale, il professore di Scienze, attento a cogliere l’occasione di un calabrone entrato in classe dalla finestra per spiegare la vita degli insetti3. Ricorda il rimprovero di una maestra per un suo tema troppo conformista sulle camicie nere, il giudizio duro come un pugno in faccia: «si ricordi per tutta la vita di non fare mai il leccapiedi». E una lettura, che nessun professore gli suggerisce ma che incontra per caso, sfogliando il libro, e che gli rimane impressa: La scuola di Jasnaja Poljana di Tolstoj, una scuola per i figli dei contadini che «venivano quando volevano e parlavano con lui delle cose vere e delle cose fantastiche del mondo»4.
Con queste idee confuse e modelli contraddittori, Lodi, come da predestinazione, entra nella sua prima classe in tempo di guerra: è il gennaio 1941 e ha una supplenza, al posto di un insegnante al fronte. «Mi ero preparato su riviste didattiche, avevo scelto un dettato, una poesia, un problema. Ma quando sono entrato in quella classe col pavimento di legno, la stufa, i bambini con gli zoccoli, ho pensato alla scuola di Tolstoj»5. I bambini, però, resistono al suo tentativo di parlare di loro, vogliono fare “scuola”. Dettato, problema, libro e basta6.
Lodi si sente fuori posto, pensa subito di cambiare mestiere. Ma non riesce a mollare perché una zia fornaia, preoccupata dei grilli per la testa del nipote, lo dice all’ispettrice scolastica, che convoca il giovane maestro immediatamente e lo obbliga a restare. «Ho provato ancora. Un’altra delusione. Dovevo andare a scuola con la camicia nera e dovevo tenere anche due corsi per le massaie rurali: uno di puericultura e uno di pollicultura»7.
La guerra è per Lodi un momento di verifica importante; ragionando su Ada Marchesini Gobetti, dirà: «io partigiano non sono potuto essere. Antifascista, disertore dall’esercito fascista, ho vissuto alla macchia qui nella nostra campagna, ma non ho trovato agganci con delle formazioni partigiane, cui altrimenti mi sarei subito unito insieme ad altri che si trovavano nella mia stessa condizione»8.
Alla fine della guerra Lodi decide di cercare un altro lavoro e ne trova uno presso una ditta di foulard di seta, poi si mette in proprio9. Dipinge stoffe a Cremona, capoluogo di una zona ricca di attività che richiedono una manodopera specializzata. Un mondo descritto in modo nitido da Danilo Montaldi nel suo Autobiografie della leggera10. Piccoli artigiani, manifatture, e intorno una grande campagna dove l’agricoltura e il contrabbando hanno sempre convissuto. Un contrabbando antico, frutto delle misere condizioni di vita di salariati e braccianti, che portava la Valle Padana a essere uno dei focolari rivoluzionari più colpiti dall’avvento del fascismo e dalla reazione dei proprietari terrieri per cui lo stesso padre Ferruccio Lodi, socialista, dalla metà degli anni Trenta è costretto a mettere da parte la bandiera rossa e a normalizzare la vita sua e dei figli iscrivendoli, come la maggior parte degli italiani, all’Opera nazionale Balilla. Una scelta necessaria per sopravvivere11.
Io sono nato nell’anno che è andato al potere il fascismo. Ho fatto tutta la scuola del fascismo, ho vissuto il dramma dei vecchi socialisti, che erano dei vinti e non volevano accettare la sconfitta pur essendo impotenti di fronte al regime che si era ormai consolidato. Ma questo io non lo sapevo12.
Lodi ricorderà come negli anni Trenta passassero da casa sua vecchi compagni del padre, sempre con una scusa: ce n’era uno, per esempio, Angelo Toninelli, detto “èl Cium”, che si presentava sempre con un paio di scarpe in mano perché, facendo il calzolaio, aveva pensato così di sfuggire ai sospetti delle forze dell’ordine, che continuavano a tenere sotto controllo i vecchi antifascisti. Mario Lodi, bambino, aveva partecipato a questo mondo, coltivando un socialismo di tipo umanitario che mai abbandonerà13.
Con la fine della guerra, Lodi inizia la sua vita politica. «Il mio rifiuto della scuola aveva coinciso con l’inizio dell’esperienza politica»14. In una nota autobiografica allegata alla prima edizione di C’è speranza se questo accade al Vho, racconta della sua militanza nel PSI dal 194515. Anche per questo motivo, oltre che per una contiguità geografica, entra in contatto, presto, con Gianni Bosio.
Iscritto al Partito socialista dal 1943, Bosio ha preso parte alla Resistenza lombarda ed è stato funzionario del PSIUP a Mantova. Vicino a Lelio Basso e alla rivista «Quarto Stato», dal 1947 collabora alla terza pagina dell’«Avanti!» di Milano16. Nel 1949 diventa il direttore di «Movimento operaio». Il suo programma, che avrà un peso determinante nelle scelte di Mario Lodi maestro, consiste nel recupero delle fonti della storia del movimento operaio in una prospettiva filologica. Per costruire una storiografia «non risolvibile solo accumulando monografie, ma nel promuovere la costituzione di un centro capace di accogliere quella documentazione prodotta dal movimento operaio nel corso della sua lunga storia»17. Come ha scritto Mariamargherita Scotti: «Bosio credeva fermamente nell’autonomia della classe operaia, nella sua capacità di esprimere a pieno una propria storia e una propria cultura, antagonista ma non per questo subalterna»18, per questo la sua voce andava raccolta con cura.
Questo, per Bosio, il più importante compito dell’intellettuale: quello di stare in ascolto, raccogliendo l’altrui esperienza. Un intellettuale rovesciato «non per fare il suo meccanico contrario, ossia il non-pensante. L’intellettuale si rovescia non perché nega i processi intellettuali, ma perché rovescia il punto di vista da cui guarda il mondo: non considera più sé stesso (ossia l’intellettuale di professione e di casta) come il centro dell’universo e il gestore esclusivo dei processi di pensiero, e invece intende che quei processi oggi possono continuare fruttuosamente solo nella collegialità di classe del loro possesso, della loro fruizione»19.
Con i vecchi compagni del padre, Mario Lodi partecipa alla costruzione della Biblioteca popolare di Piadena: «Augusto Dellabassa [...] ci portò la chiave del dopolavoro fascista. Ci disse: “Questa è la chiave della biblioteca fascista. Andate dentro, guardate i libri che si possono salvare. I libri fascisti li bruciamo tutti. Se c’è qualche libro che vale la pena salvare lo teniamo per la nuova biblioteca. Ricorda che senza cultura non si può fare la rivoluzione”»20. La rivoluzione sembra arrivare nel 1948, quando la Bassa padana è attraversata da un’imponente stagione di scioperi contadini. I giovani militanti sostengono le lotte bracciantili e iniziano anche loro a raccogliere storie del movimento operaio. Facendo interviste, registrandole, addirittura filmandole con una cinepresa a passo ridotto che compra nel 1948, Mario Lodi scopre quella che definisce la “competenza contadina”, qualcosa che chi ha vissuto accanto a persone cresciute sulla terra sa bene cosa sia: riconoscere l’uccello dal guscio che cade giù dal nido, la pianta dal fiore, l’animale dalle tracce. Sapere quando un seme va piantato, quando un campo va trebbiato. Una competenza, dice Lodi, che mette in luce quanto insufficiente sia la “cultura”, così come comunemente intesa quella appresa all’istituto magistrale, ora, nel dialogo con i contadin...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Prologo
  3. 1. I piccoli maestri 1945
  4. 2. Il problema della democrazia1951
  5. 3. Una fonte. Un’ora di tirocinio 19541
  6. 4. Il congresso 1955
  7. 5. La striscia di sole che abbiamo per scaldarci 1956
  8. 6. Un giorno come un seme 1961
  9. 7. Salire a Barbiana 1963
  10. 8. Un angolino del vasto universo 1966
  11. 9. La struttura delle materie 1967
  12. 10. L’istituzione negata 1968
  13. 11. Il paese sbagliato 1970
  14. 12. I pampini bugiardi 1972
  15. 13. Insieme 1974
  16. 14. C’è ancora speranza (nel paese sbagliato)
  17. Epilogo
  18. Ringraziamenti