NOTA: Non ci sono penne…
COMMENTO: Cosa fare? L’insegnante dovrebbe avere qualche penna
di riserva da prestare? Chi le dimentica spesso? Annotare quante
volte succede, e non l’esagerato: «Tu la dimentichi sempre…».
Magari la mattina, prima della prima ora, si potrebbe chiedere chi
ha dimenticato cosa.
NOTA: [Osservazione di cinque minuti durante l’ultimo quarto
d’ora (aritmetica)].
Bolek si gratta il mento con un palmo, si tira un orecchio,
dondola la testa, guarda alla finestra, si agita sulla sedia,
incrocia le braccia, rotea le spalle, misura la lunghezza del banco
con il quaderno, sfoglia le pagine del quaderno, si dondola sulla
sedia, scuote la testa, guarda alla finestra (nevica), si mangia le
unghie, le mani sotto al sedere, si prende una scarpa con le mani,
sventola il quaderno, le mani in tasca, un movimento nervoso del
bacino, sfrega le mani…
«Maestra, maestra, vengo io alla lavagna».
La consegna: Scrivi! Prende la piuma, sferza l’aria, soffia e
colpisce il calamaio con impeto. Qualche veemente movimento del
bacino.
«La prego maestra, iooo… Oi-oi-oi».
Con la mano si colpisce la fronte, saltella. La consegna: fate
332+332. Fa la somma in un baleno, si guarda attorno: «L’hai
fatta?» e a mezza voce: «Forzaaa facciamo veloci, come il ventooo…»
schiocca la lingua e sospira…
COMMENTO: È così che si difende il bambino, così dissipa
l’energia che cresce e non trova vie di sfogo, si sforza così tanto
di non interrompere la lezione, desidererebbe così tanto potersi
muovere, esprime sofferenza, si getta sugli strumenti di lavoro, ed
esprime – con un riferimento poetico – la nostalgia
inconsapevolmente nascosta così: “come il ventooo…”.
Osserva la sofferenza del bambino dinamico, del più attivo che,
per non far arrabbiare l’insegnante, si destreggia diligentemente
rilasciando la sua energia poco a poco, quanto deve patire, prima
di esplodere in qualcosa che gli garantirà il richiamo: «Sta’
buono». Quanto è “fortunato” il bambino apatico, sonnolento!
NOTA: «Silenzio! Quante volte lo devo ripetere in un’ora?»
COMMENTO: Si possono verificare casi diversi:
a) il richiamo al silenzio dell’insegnante è inutile, perché è
la disciplina (leggi: il pugno) che garantisce il silenzio;
b) si può, senza convinzione e senza risultati, ripetere più
volte “silenzio”;
c) si può lasciare che i bambini continuino a fare confusione;
d) si può dialogare con i bambini. Quindi, il silenzio assoluto,
è un silenzio relativo. Cosa rompe il silenzio: una domanda, una
richiesta, un’osservazione, una risposta non richiesta, una risata,
una conversazione con il compagno? Quando e quanto si può
consentire? Dipende dall’umore, o c’è una regola? E se c’è, devi
fare in modo che i bambini la capiscano.
NOTA: Risposte insicure alle domande più semplici, risposte con
riserva.
COMMENTO: È raro che l’insegnante non aggiunga qualcosa perfino
in caso di risposta corretta dell’alunno.
«Più veloce - più piano - alza la voce - ripeti - bene - vai
avanti».
«C’erano due ragazzi».
«Non due ragazzi, una coppia».
Non sempre l’alunno capisce se ha sbagliato a contare o a
esprimersi. Si avverte la sensazione di essere in errore, la
sensazione d’aver dato una risposta sbagliata.
Quanto è insopportabile qualsiasi lavoro, e addirittura
impossibile il lavoro intellettuale, quando qualcuno ci sta con il
fiato sul collo, è fastidioso. Accade a volte così:
Insegnante: «Sai quante libbre gli sono rimaste?»
L’alunno: «Cinque».
L’insegnante: «La frase completa».
L’alunno (tira a indovinare): «Sei».
Ma perché non farlo finire, e poi correggere? Bella domanda.
NOTA: «Le streghe non esistono» – dice l’insegnante.
Zbyszek (silenzioso) dopo una lunga riflessione, sussurra tra sé
e sé: «sì che esistono, le streghe».
COMMENTO: L’autorità della scuola si scontra così spesso con
l’autorità della famiglia! A volte, l’autorità dei grandi dovrebbe
cedere il passo all’autorità di un compagno poco più grande.
NOTA: Quanto aumenta la confusione della ricreazione dopo la
prima, seconda, e terza lezione: numero di risse, di litigate, di
lamentele. Quanto aumenta l’irrequietezza della classe: insieme di
osservazioni sulla classe intera e sui bambini presi singolarmente.
ATTENZIONE: costringere un bambino a stare seduto per 4 ore su
una sedia scomoda, non fatta su misura, è una tortura pari a
costringerli a camminare per altrettante ore in scarpe scomode e
strette.
NOTA: «Aspettate a scrivere». «Presto, fai in fretta, stanno
aspettando!».
COMMENTO: «Veloce – non così veloce». È in questo modo che
l’insegnante spinge la classe a uniformare il livello. Purtroppo! E
i “più veloce” e “più piano” ingannano, demoralizzano i bambini, li
confondono.
NOTA: L’insegnante: «allora, quanto fa?»
L’alunno non lo sa.
La classe suggerisce: «48».
L’insegnante: «allora, quanto fa?».
L’alunno tace.
COMMENTO: situazione alquanto interessante. Perché l’insegnante
pretende una risposta ormai inutile, e perché l’alunno rifiuta il
suggerimento? Alcuni alunni approfittano malvolentieri dei
suggerimenti?
NOTA: L’insegnante: «com’è questo libro?» (vuole degli
aggettivi).
L’alunno: «ha delle immagini».
Cosa farà in questo caso l’insegnante?
NOTA: Tutti stanno già disegnando. Adas´ invece si sta ancora
preparando. La campanella: tutti hanno finito, lui si allontana dal
lavoro a malincuore.
NOTA: Fammi vedere i tuoi disegni. Un sorriso imbarazzato,
indugia, è riluttante.
COMMENTO: È cosa nota che il bambino diventa serio quando
disegna? Si sa quanto intensamente si sforza e quanto dolorosamente
si avvilisce?
«Perché hai disegnato così?»
«Perché così è bello, così mi è venuto in mente».
Janinka ha disegnato qualcosa di simile ad un enorme cactus dove
su ogni spina siede un uccellino.
«Questo cos’è?»
«Da noi in internato una bambina ha disegnato così».
NOTA: Chi siede vicino al balcone ha freddo (c’è corrente).
COMMENTO: Momento di distrazione. Se in classe c’è freddo e i
bambini sono vestiti leggeri: uno sta immobile, inchiodato nella
stessa posizione, un altro si difende dal freddo cambiando spesso
posizione (“si agita”).
NOTA: Ha qualcosa in bocca che gli dà fastidio, muove spesso le
labbra, forse gli dondola un dente.
COMMENTO: Elemento di distrazione.
NOTA: Il tesoro della tasca del bambino: l’astuccio.
COMMENTO: L’insegnante ha già vietato di portare a scuola
palloni, bambole, magneti e lenti di ingrandimento. Ma l’astuccio è
consentito. Anche il contenuto dell’astuccio distoglie
l’attenzione. Ma: non sta attento perché gioca con l’astuccio, o
gioca con l’astuccio perché non è concentrato? Riposatosi nel
gioco, soddisfatta l’esigenza di allontanarsi dall’argomento della
lezione, ritornerà in pari più in fretta, o proseguirà nella
disattenzione? O al contrario: potrebbe, se non avesse l’astuccio,
trastullarsi nell’apatia di un vuoto di pensieri ancora più a
lungo?