Immortali a Mosca
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Immortali a Mosca

  1. 152 pagine
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Romanzo-avventura. La famiglia Užov si è contagiata con l'immortalità. Comincia un'epidemia. Ognuno riceve secondo i meriti...

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9781667428444
Argomento
Arte
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Elena Černikova

IMMORTALI A MOSCA

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ROMANZO
La gloria di colui, che tutto move,
Per l'universo penetra e risplende
In una parte più, e meno altrove.
Nel ciel che più della sua luce prende
Fu' io; e vidi cose che ridire
Né sa né può qual di là su discende;
Perché, appressando sé al suo disire,
Nostro intelletto si profonda tanto
Che retro la memoria non può ire.
Dante, «Divina Commedia»,
«Paradiso», Canto I
La nostra patria è la Russia.
Per questa ragione tutto è derivato.
Ascoltate.
In questa strana storia non ci sono colpevoli, né giusti. È accaduta solo a causa della venuta del terzo millennio dalla Nascita di Cristo.
Fatto sta che, quando per l'umanità giunse il ventunesimo secolo, sulla Terra si cominciò a fare qualcosa di spaventoso. Ascoltare le notizie era diventato terribile; tutti pian piano si erano abituati a bollettini di catastrofi, elenchi di vittime, preventivi per il ristabilimento dell'irrimediabile e altre porcherie. Dove non si bruciava, si affogava; chi non si schiantava, veniva schiacciato. La maggior parte dei poeti scriveva prosa. La musica era divenuta irraggiungibilmente astratta, l'arte dei guaritori genetica, le confessioni mondiali confuse e inconciliabili. Il numero di riviste erotiche patinate aveva superato la concentrazione limite accettabile, il loro introito totale era divenuto paragonabile al profitto del commercio di pistole: le acquirenti si immergevano in fantasie piccanti. Tra gli uomini benestanti infuriava la sindrome del manager[1], tra i non benestanti un fiacco atteggiamento da politicanti insieme ad una triste e regolare sindrome da post intossicazione.
I bambini nelle scuole ponevano agli insegnanti una domanda assolutamente quotidiana: «Dica, per favore: se Dio c'è ed è buono, allora perché si fanno queste cose?» Gli insegnanti temevano di rispondere dicendo la verità, che tutto è secondo i meriti e che ognuno sceglie per conto suo.
Con particolare fiducia nelle proprie forze lavoravano solo gli storici, in particolare gli egittologi. I libri con titoli senza appello tipo «I segreti delle piramidi si sono svelati» si vendevano a tonnellate tanto in traduzione, quanto senza. Gli ingegneri, che una volta servivano lo spazio vicino e lontano, oziavano e compravano libri di egittologia, costruivano sulla base di essi piccole piramidi domestiche, mummificavano i gatti morti e affilavano i rasoi. Tutte le para-scienze promettevano la venuta di nuove energie, soprattutto spirituali. La fisica teorica aveva preso un time-out per la comprensione delle nuovissime scoperte della mistica pratica. Gli imprenditori agricoli inglesi erano stati obbligati sotto il terrore di multe colossali a fornire giocattoli ai maialini perché i cuccioli si sviluppassero adeguatamente per una porcheria concorrenziale. Il campione del mondo di scacchi aveva perso contro un super-computer, ma in un'intervista aveva promesso ai telegiornalisti che lo scacchismo proteico avrebbe ancora detto la sua.
— Papà, ma cos'è lo scacchismo proteico? — chiese il figlio decenne Vasilij al professore di Linguistica Užov, guardando il teleschermo.
— Parla di sé, caro, — ridacchiò amaramente il padre, pure scosso dal discorso del campione. — Prima gli scacchisti erano persone, ma adesso, vedi, sono delle proteiche... capre.
Il professore disse l'ultima parola molto piano, ma il bambino indagatore sentì.
— E quest'anno è della Capra! — passò delicatamente a un altro tema il figlio. — E della Pecora.
— In una parola, il gregge, fratellino, non sonnecchia, — reagì incomprensibilmente il padre.
* * *
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Giunse dal lavoro la mamma, dottoressa in Genetica, spense il televisore e invitò i familiari a cenare. Sedettero in cucina.
— Da noi è maturato qualcosa di sensazionale, — comunicò agli Užovy, padre e figlio, osservando cupamente le cotolette di vitello naturali, che rilasciavano un aroma di pacifica carne di pascolo senza aggiunta di progresso.
— Da noi nel paese o da voi nell'istituto? — precisò il linguista.
— Sulla Terra, — rispose la donna con voce infelice e con disperato godimento inghiottì un pezzetto di cotoletta che odorava teneramente di aglio.
— E... — si tranquillizzò il marito. — Succede.
— Mamma, ma cos'è una cosa sensazionale e come matura? — si interessò il figlio. Era abituato a porre domande ai genitori, gli piaceva. Entrambi erano molto istruiti, non c'era bisogno di alcuna Internet. Qualunque cosa avessi chiesto, a casa ti avrebbero raccontato tutto. Gratis.
— Questo, figliolo, è una forma di pubblicità molto costosa. Qualcuno grande e famoso, mettiamo, sa precisamente per tutta la sua vita che, per esempio, due per due fa quattro. Qualcun altro, pure molto noto, al contrario, si è da tempo rifornito di prove inconfutabili che due per due fa cinque. Una volta a loro finiscono i soldi, beh, li hanno sperperati, beh, succede. Si mettono d'accordo e intervengono con un'assordante conferenza stampa congiunta sul tema che ognuno separatamente, per la sua strada, è giunto ai risultati parziali dell'oppositore e adesso devono cercare la verità insieme. E appena la troveranno, la annunceranno subito davanti al mondo intero. Aspettate. E non credete a nessuno tranne noi. E al contempo nasce una nuova scienza, la sinergistica. Capito? — La madre finì di mangiare la cotoletta, bevve il tè e andò a lavare i piatti.
— Sì-ì, — disse cantilenando il bambino. — Oggi è una giornata molto interessante. Dammi un piccolo mandarino, per favore.
La madre gliene dette un chilo.
— Figliolo, ma tu cosa sarai, quando crescerai? — chiese Užov-senior, guardando curiosamente la moglie, il cui stato d'animo oggi si era sciupato, schiacciato e distrutto. Egli era un marito totalmente normale, cioè del tutto in sé, ma oggi aveva notato che sua moglie non era in sé.
Di solito luminosa, era il solicello e la gioia di tutti quelli che dialogavano con lei. Oggi era estranea e lacerata.
— Cosa sarò? Probabilmente, dapprima un adulto, — suppose coraggiosamente Užov-junior, sbucciando l'agrume rosso vivido. — Poi maturo, poi vecchio e alla fine morto.
— Bravo! — fece una risata il padre. — E io già temevo che...
— Ecco che avevi ragione di temere! — gridò la moglie e fece fuori sul pavimento tutti i piatti appena lavati.
I frammenti bianchi volarono via per le piastrelle blu: risultò molto bello. Come stelline in cielo.
Il più giovane si tirò fuori prudentemente da dietro il tavolo e in punta di piedi si diresse in corridoio per prendere una scopa, sforzandosi di non camminare sugli espressivi frammenti di porcellana. Il più vecchio si grattò la nuca, finì di bere il suo tè e andò in bagno a prendere uno straccio. La madre, strizzando gli occhi, alzò i pugni verso il soffitto e gridò:
— Tutto sarà diverso! Sentite? Assolutamente tutto.
...Ripulirono il pavimento dalle stelle casuali, mangiarono i mandarini, asciugarono le lacrime femminili, rafforzarono i nervi del professore con un po' di vodka e soddisfecero la curiosità infantile con una sentenza tipo la vita continua, — ecco che allora si rivelò il segreto che turbava l'anima della dottoressa Užova oggi.
— ...Capisci, Ivan, — singhiozzò la moglie, aggrappandosi alla forte spalla del marito, — è una vera catastrofe.
I coniugi sedevano sull'ottomana in camera da letto. Ai loro piedi, sullo spesso tappeto color crema, sedeva il figlio. Con la mano destra si teneva alla caviglia destra della madre, con la mano sinistra alla caviglia sinistra del padre. La famiglia si intrecciò. La terribile notizia portata dalla madre dal lavoro li unì con nuovi legami, li strinse in un pugno, come una gigantessa una noce.
La dottoressa in Scienze Genetiche Užova, sospirando, si concentrò e raccontò l'essenziale. Per ordine.
Si da il caso che l'istituto da lei diretto fino ad oggi avesse al suo interno un laboratorio segreto, i cui collaboratori erano stati scelti molto tempo fa, ancora dalla dirigenza precedente, sulla base di due caratteristiche fondamentale: in primo luogo, per la magnifica conoscenza dell'argomento, cioè della genetica, dell'ingegneria genica, della biologia molecolare e dintorni e in secondo luogo per l'assenza di famiglia, proprietà privata e rispetto per lo Stato.
Circondati di comfort e di segreti, questi scienziati vivevano come volevano. Qualsiasi apparecchio, reagente, materiale stampato — prego. Dietro la triplice porta della totale indifferenza per il mondo essi creavano un qualche vaccino ordinato dalla dirigenza. Nessuno — così diceva Užova nell'istituto — era a conoscenza della loro tematica. Non c'erano neanche amicizie personali, in quanto i membri del collettivo segreto conversavano solo tra loro pure alla mensa.
Quando Užova diventò direttrice, le sussurrarono semplicemente che c'era qualche elaborato fan di qualcosa di misterioso con un finanziamento garantito da quasi cento anni e che così fosse.
Che fosse. Užova era andata a far conoscenza con questo collettivo garantito, ma per via era inciampata per la scala, si era distorta una gamba ed era finita nel pronto soccorso dell'istituto con un grave stiramento del tendine d'Achille. Per caso nell'unità medica quel giorno era di turno un vecchissimo collaboratore, l'esperto Esculapio[i] Ivanov, sui settant'anni. Osservata la gamba, sospirò e disse che escludeva Užova dal processo lavorativo per circa due settimane. Ma:
— Sa, caruccia, che oggi mi hanno telefonato i ragazzetti del posto segreto?
— Quelli da cui stavo andando... a parlare? — piagnucolò Užova tenendosi la gamba.
— Loro, cari. Dicono che hanno inventato una medicina non male: il dolore — come il suo — passa subito e i tendini stirati — come i suoi — vanno a norma in qualche minuto. Le ossa, se qualcuno ne ha bisogno, si saldano. Il sangue si purifica e così via. Il farmaco, dicono, è sicuro, ma ancora non è brevettato. Sono in corso esperimenti supplementari. Volete che li chiami? Farà conoscenza e guarirà, eh?
— Cercano la panacea da migliaia di anni, — sospirò Marija Ionovna. — Sono sani di mente? Con solida memoria?[ii]
— Capisco, — annuì Ivanov, — ma mi hanno detto che su tutte le bestiole il farmaco è stato sperimentato. Tutto è andato bene. Più avanti ci sono le persone. Ha paura?
Cosa guidasse in quel momento la direttrice dell'istituto Marija Užova è difficile dire. Le venne voglia di diventare una cavia? La divorò la curiosità? Il piede le faceva troppo male?
In una parola, senza troppo esaminare le sue corde mentali e professionali, permise al dottore di telefonare al laboratorio segreto e cinque minuti dopo nell'unità medica comparve un simpaticissimo giovane sui quarant'anni, arrossato, vestito di bianco, allegro e con gli occhi blu. Aggiustata la cravatta di seta bianca, si inchinò alla nuova direttrice e disse che era felice della possibilità di mostrare sé stesso e tutto il laboratorio in attività anche immediatamente.
Soffrendo fortemente per il dolore al piede danneggiato, Marija Ionovna salutò il nuovo sottoposto con un sorriso un po' curvo e gli permise di agire.
Aggiustatosi la cravatta ancora una volta, lo scienziato dissigillò una siringa, in cui per qualche motivo era già contenuta la medicina e l'ago e l'involucro argenteo trasparente erano un tutt'uno, si sedette vicino alla gamba dirigenziale, si attaccò e iniettò. Direttamente attraverso la calza.
Il dolore cessò all'istante. Užova un po' stupita girò il piede in qua e in là e si alzò. L'“Esculapio” di turno Ivanov prese ad applaudire. Užova saltò sulla gamba distorta e si illuminò.
— Ah, che bravo che è! — lo ammirò spensieratamente. — Faccia sapere a tutti i suoi colleghi che a giorni passerò per un tè! Grazie! E allora mi racconterete tutto. Buono?
— Buono! — concordò brillando l'arrossato dagli occhi blu e sparì.
— Ohi, che bello! — disse rapidamente la direttrice del serio istituto di ricerca scientifica, che non aveva notato alcuna particolarità nel comportamento del collega, né nel metodo di vaccinazione — attraverso la calza, senza uso di alcool, senza conoscerla per nome. Neanche la siringa ermetica la stupì. Un offuscamento.
Saltellando si portò nel suo ufficio, continuò la guida dell'istituto e quasi dimenticò questo piccolo incidente.
Circa tre mesi dopo il figlio degli Užovy in casa ruppe involontariamente il suo amato caleidoscopio. La madre, aiutando il figlio a raccogliere i frammenti, si tagliò un dito. Il figlio, aiutando la madre a fermare l'emorragia, leccò dalla sua mano una piccola stria di sangue. Užov-senior, borbottando «che razza di porfiria* da strapazzo...», prese dello iodio e un cerotto, portò ordine nella mano della moglie, dette un colpo leggerino al figlio, baciò entrambi e notò di non sapere cosa portasse la rottura dei caleidoscopi.
  • *Porfiria: malattia molto rara, solitamente chiamata vampirismo. Gli affetti non sopportano la luce solare. Per la fortissima disidratazione le mucose si seccano tanto che i denti si scoprono. Da qui il ritratto standard per il cinema, ben noto a tutti. Ivan Ivanovič, non incline alla mistica, usò il termine scientifico in luogo di quello corrente e non scientifico.
— Le stoviglie, è chiaro, portano felicità. Ma questo? Il mutamento della rotazione della Terra? Rompi dei bei giocattoli! Hai tagliato la mamma! Beh, certo, indirettamente. — E accarezzò il bambino sulla testa in modo tranquillizzante. —...

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