Verso un'economia mondiale
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Verso un'economia mondiale

Una storia dei mercati. 1870-1945

  1. 320 pagine
  2. Italian
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Verso un'economia mondiale

Una storia dei mercati. 1870-1945

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Questo saggio offre al lettore uno sguardo inedito sugli scambi commerciali durante la seconda rivoluzione industriale, descrivendo un mondo di materie prime (grano e riso, caffè e tabacco, petrolio e gomma) messe in movimento nell'intero pianeta da una rete di produttori, trasformatori, trasportatori e acquirenti.
Steven C. Topik e Allen Wells ci spiegano in che modo le innovazioni nella produzione industriale e agricola, nei trasporti, nel commercio e nella finanza trasformarono l'economia mondiale dal 1870 al 1945. I due autori tracciano l'evoluzione delle catene globali di materie prime - dagli alimenti di base e gli stimolanti come il tè e il caffè fino ai materiali industriali di importanza strategica - che misero in collegamento le aree agricole e minerarie dell'America Latina, dell'Asia e dell'Africa con gli industriali e i consumatori europei e nordamericani. Le vite di persone che risiedevano a grandi distanze si intrecciarono economicamente, come mai era accaduto prima di allora. Tuttavia, trovandosi agli estremi opposti delle catene delle merci, i lavoratori e i consumatori rimasero l'un l'altro in gran parte invisibili. E man mano che le catene di merci si andavano estendendo in tutto il mondo, i prodotti legati ai mercati portavano benefici soltanto ad alcuni paesi.
Un saggio che chiarisce meccanismi ed eredità dei primi anni dellaglobalizzazione, quando la popolazione mondiale raddoppiò, il commercioquadruplicò, la produzione industriale quintuplicò, e il divariotra regioni ricche e povere crebbe in modo esponenziale.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2022
ISBN
9788858439715
Argomento
Economia
Capitolo terzo

Le filiere di prodotto

Finora abbiamo adottato un approccio piuttosto tradizionale alla storia economica del periodo descrivendo per sommi capi le linee nevralgiche dell’economia mondiale nel periodo 1870-1945, i trasporti, le comunicazioni e i settori energetici, oltre ad analizzare le principali materie prime protagoniste della seconda rivoluzione industriale. Adesso, prendendo le distanze da studi piú eurocentrici, ci occuperemo di alcuni prodotti di base agricoli di primaria importanza, come il frumento e il riso, oltre a sostanze eccitanti come zucchero, tabacco, caffè e tè. Esaminando le filiere associate a questi prodotti illustreremo le peculiarità dei cambiamenti nel tempo, le variazioni internazionali e i diversi effetti all’interno dei paesi produttori e consumatori. Vedremo come i partecipanti a ciascuna filiera sviluppassero una loro logica basata su un ampio ventaglio di condizioni. Inoltre, la natura dei rapporti e gli scambi lungo la filiera in genere si modificavano in funzione di innovazioni tecnologiche e vincoli ecologici.
L’approccio basato sulle filiere di prodotto ci sensibilizza verso il fatto che non c’era un solo mercato mondiale, ma miriadi di mercati spesso segmentati e in continua evoluzione. Ai pionieri sul mercato, i cosiddetti first movers, non sempre era garantito il successo nel tempo; spesso, in un secondo momento, venivano sopraffatti dalla concorrenza. Ai nostri giorni, la perdita della posizione dominante da parte dell’industria automobilistica americana a favore dei produttori giapponesi ed europei è solo un esempio palese del fatto che un vantaggio iniziale non è necessariamente incolmabile. La perdita di vantaggio si è verificata anche nei settori agricolo ed estrattivo. La gomma brasiliana, la iuta indiana, la fibra di henequen messicana, i nitrati cileni, il caffè indonesiano e persino i prodotti tessili britannici sono stati testimoni delle alterne fortune di questa o quell’azienda. Uno storico dell’economia ha correttamente definito «lotteria dei beni primari» questo alternarsi di boom e periodi di crisi, sottolineando il ruolo della casualità oltre a quello della progettazione1.
Inoltre, il potere di mercato – ossia la capacità di controllare il flusso e i prezzi di un bene primario – è stato nelle mani di vari attori lungo la filiera, in epoche e luoghi diversi2. In verità, il medesimo bene primario entrava spesso in numerose filiere con impieghi finali e destinazioni differenti. È questo il caso della foglia di coca peruviana e boliviana che i contadini delle Ande masticavano per sopportare il malessere dovuto alle altitudini elevate oppure bevevano sotto forma di tè e successivamente trasformata in cocaina (e coltivata a Giava) per essere utilizzata come anestetico locale nelle sale operatorie in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone, per aromatizzare la Coca-Cola e in seguito come droga ricreativa nelle città dell’America del Nord e dell’Europa occidentale. A questo si è accompagnata un’evoluzione anche degli atteggiamenti politici e sociali: dalla coca come elemento distintivo dell’identità indigena e aiuto per sopportare la fatica nei lavori piú faticosi a segno di modernità, eroico ritrovato medico di fine Ottocento e pilastro della nascente industria farmaceutica fino all’odierna messa al bando della sostanza a livello internazionale3.
Come già sottolineato, noi non partiamo dall’assunto che le regioni al di fuori dell’Europa occidentale e dell’America del Nord fossero «periferiche» rispetto all’economia mondiale. Di quando in quando, sono stati i paesi latino-americani, e in misura minore quelli asiatici e africani, a stabilire i prezzi e a sviluppare le tecnologie di produzione piú avanzate. Il Sud globale – o almeno alcune enclave al suo interno – è stato a volte dinamico e prospero.
Ci proponiamo di mettere in discussione il divario agricolo-industriale tanto comune nei resoconti tradizionali sulla «modernizzazione» di questo periodo. È un residuo di una visione del mondo orientalista o tropicalista che comporta una netta frattura tra l’«Occidente e il resto». Troppo spesso si è pensato che l’agricoltura richiedesse sudore mentre l’industria necessitava di meccanizzazione e capitali. L’agricoltura è vista come generosità della natura, una dote naturale, una materia prima grezza, mentre l’industria è vista come il riflesso dell’innovazione umana4. L’agricoltura viene quindi considerata come un’attività che cresce in misura incrementale nel tempo applicando semplicemente i metodi tradizionali a estensioni di terreno sempre piú vaste, facendo affidamento sulle piogge e sul sole; l’industria, per contro, si sviluppa apportando sempre qualcosa di nuovo e creativo al processo di produzione.

Tabella 7.
Valore delle merci trasportate via mare (in milioni di sterline; 1860-87).
Fonte: MULHALL 1899, p. 130.
merce valore
Carbone 410
Ferro 480
Legname 660
Granaglie 1050
Zucchero 1130
Petrolio 180
Cotone 180
Sale 18
Vino 510
Caffè 840
Carne 560
Articoli vari 24 982
Totale 31 000
Il divario fra agricoltura e industria era molto meno profondo di quanto non implichi quella dicotomia. Prometeo le ha ispirate entrambe5. La lavorazione dei prodotti agricoli avveniva nei campi e nelle fabbriche. Macchinari a vapore, elettrici e con propulsione a petrolio erano arrivati nelle campagne per trasportare e lavorare i raccolti. Importanti innovazioni botaniche, chimiche e meccaniche interessarono il settore rurale dando vita, in alcuni casi, a processi industriali nei centri urbani.
Per meglio dire, l’agroindustria, che esisteva già da quattrocento anni sotto forma di piantagioni di canna da zucchero, prese saldamente piede in numerose regioni nel mondo dopo il 1870. La produzione di prodotti primari triplicò nel periodo 1880-1913 arrivando a rappresentare quasi due terzi del commercio internazionale allo scoppio della prima guerra mondiale6. Questa maggiore produzione andava a integrare l’industrializzazione poiché l’urbanizzazione dell’Europa occidentale e la crescita della popolazione avevano spinto i paesi del vecchio continente a rivolgersi sempre di piú all’estero per l’acquisto di derrate alimentari e materie prime. Non sorprende, quindi, che nel 1914 sei dei paesi piú ricchi del mondo in termini pro capite fossero principalmente esportatori di prodotti primari: Argentina, Australia, Canada, Nuova Zelanda, Svezia e Stati Uniti7.
All’inizio del periodo, il commercio di lungo raggio consisteva per lo piú in scambi di prodotti esotici che potevano essere coltivati, raccolti o estratti solo in determinate nicchie ecologiche. Per sostenere i costi del trasporto e delle transazioni di mercato, dovevano essere caratterizzati da un rapporto valore/peso elevato. Prima della diffusione delle navi a vapore e della refrigerazione, e certamente prima del trasporto aereo, i beni dovevano essere durevoli e relativamente poco deperibili. Sebbene l’elevata quota di articoli indifferenziati influisca negativamente sull’analisi, la tabella 7 mostra una stima del valore delle merci trasportate via mare. Quelli con un elevato rapporto peso/valore, come il carbone, il ferro, il legname e persino il cotone avevano minori probabilità di viaggiare sulle lunghe distanze. Il mercato mondiale, chiaramente, non si basava solo sull’utilità, altrimenti il valore del carbone, del ferro e del legname avrebbero superato di gran lunga quello dello zucchero e del caffè, e l’acqua pulita sarebbe stata forse il bene piú importante.

Le granaglie.

Il mercato mondiale del grano, bene primario fra i piú importanti e geograficamente assai diffuso alla cui produzione concorrevano alcune delle tecnologie agricole piú avanzate, rappresenta un interessante case study di globalizzazione in questo periodo. La vastità in quanto tale del mercato del grano è pressoché indescrivibile e le enormi quantità del cereale in transito durante questo periodo stimolarono ogni sorta di attività commerciale nell’ambito dei trasporti, dell’immagazzinamento e della commercializzazione. Questa coltura, presente nell’arco dell’intero anno, ha fatto nascere una rete capillare di aziende operative sul fronte dei trasporti e dello stoccaggio; ha dato vita a un sistema standardizzato di classificazione e a un mercato dei futures che avrebbe trasformato le granaglie (e in seguito altre commodities) in astrazioni monetarie; ha portato a innovazioni nella lavorazione, nella commercializzazione e nella pubblicità; e ha stimolato l’attività di molti produttori di fibre dure con cui si legavano i covoni. Ma, soprattutto, il grano, insieme al riso, sfamava le città in tutto il mondo. Tale fu il suo successo che persino consumatori storici di riso come i cinesi e i giapponesi e di cereali minori in Europa orientale e Medio Oriente si rivolsero sempre di piú al grano, spesso importato. Le piú importanti regioni produttrici avevano una caratteristica comune: erano molto vaste e scarsamente popolate. Ma ogni regione gestiva in modo diverso queste risorse, nonostante ciascuna producesse per un mercato nazionale e internazionale sempre piú integrato. Il ruolo centrale del grano nell’economia mondiale ci impone di dedicare a questo prodotto un’attenzione particolare. Il suo contrasto con il riso, l’altro alimento di base, ci induce inoltre ad approfondire lo studio del cereale asiatico.
L’invocazione «dacci oggi il nostro pane quotidiano» assunse un significato del tutto nuovo fra il 1870 e il 1945, grazie alla rivoluzione nel commercio globale delle granaglie. La dieta di milioni di consumatori in tutto il mondo fu profondamente modificata e arricchita grazie al fatto che la diminuzione dei prezzi dei cereali e i progressi della moderna molitura non solo permettevano ai consumatori di scegliere fra un vasto assortimento di farine per panificazione e riso, ma per la prima volta portavano sulle tavole delle classi medio-basse una varietà apparentemente infinita di pasta, cracker, biscotti e cibi pronti per la prima colazione.
L’esatta collocazione temporale dell’inizio del commercio globale dei cereali è oggetto di controversia fra gli studiosi. Alcuni lo collocano già negli anni trenta dell’Ottocento individuando nella diminuzione dei prezzi dei cereali in Europa durante quel decennio la prova che i coltivatori del vecchio continente avevano cominciato a rispondere alle lontane sollecitazioni della concorrenza estera8. Sebbene le esportazioni di cereali dalla Russia attraverso il porto di Odessa sul Mar Nero fossero confluite sui mercati europei per gran parte della prima metà del XIX seco...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Elenco delle mappe
  4. Elenco delle illustrazioni
  5. VERSO UN’ECONOMIA MONDIALE
  6. Introduzione
  7. I. Trasformazioni
  8. II. Le linee nevralgiche del commercio
  9. III. Le filiere di prodotto
  10. IV. Conclusioni
  11. Bibliografia
  12. Elenco dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli
  13. Il libro
  14. Gli autori
  15. Copyright