Il Mostro
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Il Mostro

  1. 512 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
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Informazioni sul libro

Negli anni settanta e ottanta l'Italia intera è scossa dagli omicidi del Mostro di Firenze, un'entità oscura che si muove al buio dei noviluni. Sono gli anni dell'estremismo politico, delle logge segrete, dei colpi di Stato mancati e delle bombe che esplodono, della morte usata come strumento di terrore ovvero come strategia di comunicazione. In quel clima inquieto e inquietante, cos'è stato il Mostro? Chi è stato?Alessandro Ceccherini risponde con gli strumenti della letteratura a questa domanda, iniziando dal 1935 per arrivare al presente. Perché il Mostro non ha neppure un principio e una fine certi. Perché il Mostro è molteplice, il mostro sono i mostri: Pietro Pacciani e i compagni di merende, il giovane medico e i compagni di cene, l'ex legionario, l'agente dei servizi segreti italiani e quello statunitense. Intorno a loro, in questa storia corale fondata su un lungo studio dei documenti, si muovono decine di personaggi, reali e finzionali, carnefici e vittime, testimoni e attori del male al lavoro in ogni piega della società. Spingendosi con l'invenzione narrativa laddove la verità giudiziaria si è arenata, Ceccherini racconta le verità incontestate e anche le crepe tra i fatti emersi dalle indagini. Il risultato è un appassionante e acuminato romanzo che ha il suo cuore crudele nella provincia fiorentina e fa i conti con l'immaginario di un'intera epoca.

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Informazioni

Editore
nottetempo
Anno
2022
ISBN
9788874529865

1. Pietro

1935
Gennaio, Vicchio (FI)
“I’ Pacciano ti cerca!” urla Claudio affacciandosi nella stalla.
Mariano interrompe il lavoro e s’immobilizza col forcone stretto nelle mani, poi lo lascia per toccarsi l’orecchio gonfio coperto dalla fasciatura; i denti di metallo cadono sulla paglia mischiata alla merda, con la punta delle dita segue la benda risalendo fino alla fronte. Claudio l’ha interrotto mentre fingeva di essere un guerriero giapponese: la fasciatura era la bandana di un samurai che aveva visto qualche giorno prima in un disegno sul libro di geografia e il forcone era la spada. “’Icché vòle qui’ pezzo di mòta?”
“Dice che ti vòle insegnare i’ silenzio”.
Mariano è solo: suo babbo, sua mamma e suo fratello più grande sono nei campi. “Ma ’ndó gl’è?”
“E vien qui! Son venuto a corsa apposta pe’ dittelo,” lo informa Claudio che poi si volta a guardare qualcosa fuori, sull’aia. “Eccolo!” gracchia eccitato rinfilando il capo dentro.
Gli ultimi passi della corsa e la frenata annunciano il Cagneschi che si affaccia nella stalla accanto a Claudio, poi si gira verso l’esterno. “L’è qui!” urla spalancando il portone.
Una luce livida penetra la stalla.
“Vèn fòri, Mariano!” gli intima Pietro dal piazzale.
“Icché tu vòi, Pacciani!? Che mi vòi spaccare anche quell’attr’urecchio?”
“Prima voglio capi’ se ti servano!”
Mariano stringe di nuovo il forcone con entrambe le mani, se lo piazza sul petto come una baionetta, attraversa i pietroni della stalla ed esce. Il Cagneschi fa un passo indietro e un filo di bava gli cola da un angolo della bocca aperta. In mezzo all’aia ci sono il Pacciani, il Montini e l’Arriganti, tutti più o meno coetanei di Mariano, sui dieci anni.
Pietro s’abbassa con uno scatto e afferra un sasso, poi si rialza e inclina il capo squadrato in avanti guardando Mariano come quando vuole far paura. “Prima che tu fai un passo t’ho bell’e aperto i’ capo co’ questo, tu l’ha’ visto come lo so tirare!”
“Che vòi da me?”
“Tu se’ andato a dire che so’ stato io a spaccatti l’urecchio e i’ mi’ babbo e me l’ha date”.
“Gl’è vero che tu se’ stato te!”
“Ma te ’un tu dovei anda’ a dillo! T’ha’ fatto la spia! È vero che gl’ha fatto la spia?”
Il Montini e l’Arriganti confermano l’accusa.
Le fronde degli alberi lontani sono quasi nere per il cielo messo a pioggia e c’è un vento forte. Mariano fissa Pietro. “Vattene via sennò tu ne buschi!” urla vibrando il forcone nell’aria.
Pietro tira su il capo come per riflettere, poi con un movimento veloce scaglia la pietra che sfiora la testa di Mariano e finisce nella stalla; il tonfo echeggia nella semioscurità mentre Pietro, per la troppa foga investita nel colpo, mette male un piede, fa due passi in avanti e cade.
Mariano gli corre incontro e gli punta il forcone al petto. “Bada che t’infirzo!”
I sodali si sono allontanati e Pietro tiene gli occhi fissi sul rivale che adesso lo sovrasta minaccioso. Si puntella a terra con le mani e tiene il busto alzato. “O gnamo! E si scherzava!”
“Scherzavi una sega”.
Pietro si muove all’indietro come un granchio e così mette la mano destra su una pietra: la impugna e si ferma. “’Un lo fa’ i’ grullo, gnamo… mi posso rizzare?”
“Se ti sbuzzo tu ti ririzzi male,” minaccia Mariano.
Un fulmine cade lontano e un tuono lo annuncia rombando nell’etere.
Pietro si gira su un lato per alzarsi, ruota repentinamente il busto per colpire ma il movimento viene spezzato dalle punte del forcone che gli infilzano la carne.
“M’ha ’nfirzato! Era un ’omo grosso, tutto vestito di nero, è uscito da i’ bosco e m’ha ’nfirzato co’ un forconcino che teneva ’n mano!”
“Un ’omo nero? E che volea da te? Che gl’avei fatto quarcosa?”
“No mamma, o che gli doveo fa’? Ce l’avea co’ me, co’ me!”
La porta si spalanca e compare Antonio sulla soglia.
Pietro si volta, smette di singhiozzare e con le guance paonazze rigate dalle lacrime guarda il padre: alle sue spalle oscillano i cipressi della strada; il vento attraversa la soglia e sembra parlare una lingua antica.
Il padre chiude la porta facendola sbattere e si avvicina al fuoco. “Che diaccio,” dice, poi stende le mani a intercettare il flusso di calore. “Che t’è successo, Pietro, tu mi pari agitato,” domanda dandogli le spalle.
“È uscito un ’omo… da i’ bosco…”
“Un ’omo gl’ha fatto…”
“Chétati!” urla Antonio a Rosa, poi guarda il figlio negli occhi. “Allora, dimmi, chi è che t’ha inforcato la coscia?”
Pietro fissa il legno grezzo delle gambe del tavolo e capisce che suo padre sa già tutto: qualcuno ha fatto la spia, di nuovo. Stringe i pugni. “Un ’omo, da i’ bosco. Gl’avea un forconcino. E cercava me”.
“Ma falla finita! E me l’hanno bell’e detto, tu sei andato un’antra vorta a da’ noia a i’ Giglioli. E lui stavorta ti c’ha ’nforcato!”
“’Un è vero!” proclama Pietro con tutto il fiato, lottando contro la vergogna e arrossendo.
“Oh Pietrino, fringuellino, ma te tu vòi fare bischero me, i’ babbo?”
“Te ’un tu mi credi e tu credi a lui!”
“Sei più bugiardo della tu’ mamma! E tu gli somigli anche: bada bellini, vu parete gemelli!”
Pietro ringhia. “E glielo fo vede’ io a chi va a di’ certe bischerate su i’ mi’ conto!” urla agitando un pugno nell’aria, poi esce correndo.
Rosa fa due passi per andargli dietro.
“No!” la ferma Antonio. “Lascialo sta’”.
“Ma deve andare da i’ dottore!”
“E ’un s’è fatto nulla, ha’ visto come corre!”
“Ma che tu dici? Vo a ripigliallo”.
“Se tu esci da codesta porta ’un tu ci rientri pe’ dritta! ’Un s’è fatto nulla, te l’ho bell’e detto,” aggiunge calmo, voltandosi verso le fiamme. “Anzi, speriamo gli faccia bene. Intanto domattina lo porto co’ me ni’ campo. Vediamo se lo raddrizzo un po’ questo grullo”.
La madre resta immobile col capo chino mentre il padre scruta le profondità del fuoco. La loro figlia più piccola li guarda seduta su una minuscola sedia di vimini a un angolo del caminetto, il suo volto è illuminato per metà dalle fiamme.
I rami delle querce sfiorano quelli dei pini, dei cipressi e dei faggi, sbattuti da un vento cui si oppongono con tutta la loro linfa. Un bambino passa sopra le loro radici e tra i loro tronchi imprecando e maledicendo, spaccando e sfregiando tutto quanto a misura del coltellino che brandisce finché non trova una radura e allora si ferma. Fissa la lama, poi apre il palmo e si conficca la punta nell’indice sinistro. Il sangue gli riga la mano e gocciola a terra mentre la notte ulula da oltre l’Appennino e il giorno finisce senza che si sia visto il sole.

2. Guido

1951
Marzo, Dicomano (FI)
Guido si addentra tra i rovi del bosco, si acquatta e avanza ruotando sui talloni come un papero. Si ferma, pochi rami lo separano dalla fonte dei gemiti e dei colpi che l’hanno spinto ad avvicinarsi. Poggia il culo sui calcagni senza mettersi in ginocchio e in quel momento gli torna alla mente quando da piccolo aveva sentito dei rintocchi venire dal prato, secchi e brevi come un bambino che gioca con un sasso, e allora si era avvicinato al corso placido della Sieve e aveva scoperto una tartaruga che ne montava un’altra da dietro dandole dei colpi violenti guscio su guscio; allo stesso modo adesso vede quello che riconosce subito come il Tani e un altro inginocchiato di spalle che ha i capelli brizzolati e folti, i pantaloni abbassati e con le mani si aggrappa alla corteccia rossastra di un pino senza fare un fiato mentre il Tani lo monta con vigore, il busto inclinato in avanti, una mano ancorata al costato di quello sotto e l’altra a impugnare come uno scettro la canna del fucile appoggiato col calcio sulle foglie secche.
Guido piega il braccio e lo ruota con un movimento ampio, avvicinandoselo alla faccia così da evitare di impigliarsi nei rami puntuti; raggiunge il tiretto della cerniera lampo con pollice e indice e lentamente lo abbassa, poi tira fuori l’uccello che si allunga nell’aria indicando i due cacciatori. Con pochi movimenti, stringendolo forte, eiacula. Subito dopo sente tutto insieme un dolore gelido ai quadricipiti femorali che sembrano sul punto di strapparsi. Il Tani rallenta un attimo guardando dall’altra parte, allora Guido rimette l’uccello a posto e fa un passo indietro per uscire dal cespuglio e allungare le gambe. Qualcosa gli schiocca sotto i piedi.
“Sst…” sussurra il Tani. “Che gl’era…” aggiunge fissando la fitta rete di rami che scherma l’occulto spettatore, quindi estrae il cazzo dal culo dell’altro che si scosta dal tronco e si volta anch’egli in direzione del rovo lasciandosi riconoscere come il Sarpicanti: baffi alla Vittorio Emanuele e sguardo concentrato come se avesse la doppietta tra le mani.
Guido apre la bocca, riempie i polmoni e resta immobile, consapevole che ogni movimento nel cuore statico di quel fittume verrebbe avvertito da fuori.
Il Tani si abbottona i pantaloni camminando verso il cespuglio.
“Che t’ha’ sentito?”
“Chétati,” comanda al compagno arrivando a ridosso del cespuglio.
Guido ha gli occhi lucidi per il dolore alle gambe.
Il Tani si china e infila le mani a frugare le frasche che apre come una tenda con un movimento fulmineo. “Dio bestia!” esclama trovandosi davanti il muso allampanato e sconvolto del giovane. “Che cazzo… vien qui!” urla afferrandogli la maglia per tirarlo fuori.
Guido evita di scorticarsi la faccia riparandosi con le braccia. “’Un ho fatto nulla!” dichiara ruzzolando ai piedi dell’uomo.
“’Un tu ha’ fatto nulla? E che si spia la gente in codesta maniera? Ti par nulla a te?” gli domanda il cacciatore scuotendolo come un cencio.
“Io… ero a fa’ funghi”.
Il Tani ha quasi cinquant’anni, è più basso di Guido ma ha le braccia che sono tre volte le sue: afferra per il collo il diciannovenne che ha estirpato dal cespuglio come una gramigna e lo schiaccia faccia a terra. “Vien qui, tienilo di pe’ bracci!” ordina al Sarpicanti. “Mi pigliasse un córpo! ’Un tu sei i’ figliolo di’ Bruco, te?” domanda montandogli sopra e slacciandogli i pantaloni.
Guido non risponde.
Poco dopo procede malconcio nel bosco, alto e magro come fil di ferro e con lo sterno in fuori simile a quello di un uccello. Più volte, trascinato da una rabbia ottusa, sente l’istinto di buttarsi in un fosso e lasciarsi ingoiare dalla terra. Sbatte sui tronchi degli alberi e su uno lo fa...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Nota dell’editore
  3. Frontespizio
  4. Colophon
  5. 1. Pietro
  6. 2. Guido
  7. 3. La guerra non è finita
  8. 4. Ferruccio
  9. 5. I’ Vampa
  10. 6. Filiberto
  11. 7. Iniziazioni
  12. 8. Jack
  13. 9. Una cosa di sangue
  14. 10. † La vite
  15. 11. Bravi con la paura
  16. 12. La fine della pietà
  17. 13. Il negromante
  18. 14. Vestito d’amianto
  19. 15. Il dominio sui corpi
  20. 16. Mézzi
  21. 17. Battuta di caccia
  22. 18. C’è tutta una banda
  23. 19. La genesi
  24. 20. † La conca
  25. 21. Un bravo regista
  26. 22. Il summit dei guardoni
  27. 23. Certi cieli
  28. 24. † Il trivio
  29. 25. Nel cognome è il tuo destino
  30. 26. I guardiani dei morti
  31. 27. L’ultima ruota del carro
  32. 28. † Il fosso
  33. 29. Il salvagente
  34. 30. Il mago
  35. 31. Si lascia dire
  36. 32. Una lucidata al fucile
  37. 33. Villa Scarlatta
  38. 34. † Il fallo
  39. 35. Miseria e magia
  40. 36. † Il profeta
  41. 37. La fine della volpe
  42. 38. La Fonte delle Fate
  43. 39. Sogno di fatascienza
  44. 40. Il coltello e la lente
  45. 41. † Il rituale
  46. 42. La notte non finisce mai
  47. 43. Il tramonto più bello del mondo
  48. 44. La lingua del piombo
  49. 45. L’agnelluccio
  50. 46. Non ho più paura
  51. 47. Viene giù tutto
  52. 48. La lettera
  53. 49. Guerra non ortodossa
  54. 50. Il capro
  55. 51. Detto tra noi
  56. 52. Un chiodo gobbo
  57. 53. Katanga
  58. 54. Fiamme
  59. 55. Prima pagina
  60. 56. I giuda
  61. 57. Sentenze
  62. 58. Un’amica
  63. 59. La luna nera
  64. 60. L’edificio traballante
  65. 61. Una barzelletta senza fine
  66. 62. L’ombra
  67. 63. Ognuno ha la sua parte
  68. 64. Le anime dei giusti
  69. 65. Un discorso abbastanza buffo
  70. 66. Il Mostro
  71. Ringraziamenti
  72. Indice