POESIE SCELTE REQUIESCAT
Cammina lieve! Essa è vicina, sotto la neve. Parla sommesso! Essa può udire spuntar le margherite.
Tutto lo splendore dei suoi capelli d’oro opaco di ruggine. Essa ch’era giovane e bella: crollata in polvere.
Liliale, nivea, sapeva appena di essere donna; con quanta soavità cresceva!
Assi di bara, pietra pesante le premono il seno. Solitario io mi tormento il cuore: essa è in pace.
Pace, pace! Non può udire cetra o sonetto. Qui è sepolta tutta la mia vita. Ammucchiavi sopra della terra.
UDENDO CANTARE IL «DIES IRAE»
NELLA CAPPELLA SISTINA
No, Signore, non così! Bianchi gigli di primavera, mesti uliveti o colombi dal petto argenteo m’insegnano la Tua vita e il Tuo amore, meglio di questi terrori di rosse fiamme e tuoni.
I vigneti dei colli portano di Te care memorie; un uccello che nella sera vola al suo nido mi parla di Uno che quaggiù non ebbe quiete: per Te, io penso, cantano i passeri.
Vieni piuttosto in un meriggio d’autunno, quando le foglie luccicano rosse e brune e pei campi echeggia il coro degli spigolatori.
Vieni quando lo splendido plenilunio dall’alto guarda le file di aurei covoni, e mieti la Tua messe: lunga è stata l’attesa nostra.
E TENEBRIS
Scendi in mio aiuto, o Cristo! Stendimi la tua mano, io sto annegando in un mare più tempestoso che non Simone sul tuo lago di Galilea: il vino di vita è sparso per la sabbia.
Il mio cuore è come una terra desolata dove la carestia abbia distrutto ogni cosa buona, e bene io so che la mia anima dovrebbe scendere all’Inferno se stanotte io fossi davanti al trono di Dio.
«Egli forse dorme, o cavalca in caccia come Baal, quando i suoi profeti urlano quel nome da mattina a sera sulla percossa altura del Carmelo».
No, pace, io contemplerò, innanzi alla notte, i bronzei piedi,
la veste bianca più che fiamma, le mani piagate, lo stanco umano volto.
VITA NUOVA
Io stetti sulla riva dell’invendemmiato mare, finché le onde mi bagnarono di spruzzi capelli e viso, e i lunghi rossi fuochi del giorno moribondo arsero a ponente; mesto fischiava il vento,
e gli striduli gabbiani volavano a terra; allora: «ahimè!, gridai piangendo, la mia vita è una sola pena, e chi mai può cogliere frutti o aurei grani da questi incolti campi in eterno travaglio?».
Le mie reti giacevano stese con molte lacune e strappi, pure le gettai in mare come il mio colpo estremo, e attesi la fine.
Quand’ecco, improvvisa gloria! Dalle nere acque del tormentoso passato vidi ascendere un argenteo splendore di bianche membra.
NELLA CAMERA D’ORO
Le sue mani d’avorio si smarrivano sui tasti d’avorio in un fantasioso motivo, come il raggio d’argento quando i pallidi pioppi stormiscono con languore, o la vagante spuma di un mare inquieto quando le onde mostrano i loro denti nella fuggente brezza.
I suoi capelli d’oro cadevano sulla parete d’oro come gli esili fili delle ragnatele sulla liscia corolla del fiorrancio, o come l’eliotropio rivolto ad incontrare il sole quando è finita l’azzurra ombra della notte e un’aureola cinge la lancia del giglio.
E le sue dolci rosse labbra su queste mie bruciavano come il rubino acceso nell’oscillante lampada di un purpureo sacello, o le sanguinanti ferite della melograna, o il cuore del loto madido di sparso sanguigno vino.
IMPRESSIONI DEL MATTINO
Il Tamigi notturno di azzurro e oro si cangiò in un’armonia di grigio, un barcone di bruno fieno sbucò dal molo, e fresca e gelida
la gialla nebbia venne strisciando giù pei ponti, finché i muri parvero ombre e San Paolo si erse spettrale sulla città.
Allora d’un tratto sorse lo strepito della vita ridesta; le vie furono scosse dai carri campagnuoli: ed un uccello volò sui tetti lucenti e cantò.
Ma una pallida donna tutta sola – il bacio dell’alba sugli scialbi capelli – s’indugiava sotto la luce incerta dei lampioni a gas, con labbra di fiamma e cuore di pietra.
MADDALENA PASSEGGIA
Le nuvolette bianche corrono pel cielo, pei campi è sparso l’oro del fiore di marzo, l’asfodelo spunta sotto i piedi, e il larice adorno di fiocchi s’inchina e dondola quando lo sfiora il tordo veloce.
Le ali della brezza mattutina portano delicato odore di folta umida erba, di bruna terra appena arata; gli uccelli cantano gioiosi Primavera che nasce, saltellando pei rami degli alberi ondeggianti.
E tutti i boschi vivono nel murmure, nel suono di Primavera, e sul rovo rampicante si schiudono rosei bocciuoli, e l’aiuola del croco è una palpitante luna di fuoco, cinta da un cerchio d’ametista.
Il platano sussurra al pino una storia d’amore onde questi stormisce in un riso e scuote il suo manto verde, e nella buia cavità dell’olmo splende l’iride di un argenteo colombo.
Ecco! l’allodola si spicca a volo dal suo nido nel prato, rompendo ragnatele e trame di rugiada, e guizza giù verso il fiume, fiamma azzurrina! L’alcione ferisce l’aria come una freccia.
E il senso della mia vita è soave! Benché io sappia che la fine è vicina: perché presto verranno rovina e pioggia d’inverno, il giglio perderà il suo oro, e il fiore di castagno giacerà sull’erba in onde bianche e rosse.
E da ultimo anche la luce del sole si scolorirà, e le foglie cadranno, e gli uccelli fuggiranno via, ed io resterò nella neve di un giorno senza fiori a ripensare le glorie di Primavera, le gioie di una giovinezza passata lontano.
Pure, taci, o cuore. Non stimare inutile cosa l’aver veduto lo splendore del sole e dell’erba e dei fiori, l’aver vissuto e amato! Perché io credo che una sola ora d’amore sia meglio per uomo e donna che interi cieli di fiorite Primavere.
LA BELLA DONNA DELLA MIA MENTE
Una fiamma mi consuma le membra, ai piedi ho piaghe dal lungo viaggiare; chiamando il nome della mia donna, le mie labbra ora hanno obliato il canto.
O fanello nel cespuglio di eglantina, effondi pel mio Amore la tua melodia; allodola, canta più chiara in nome d’amore: passa la mia donna gentile.
Fiori di mandorlo, curvatevi a toccarle il languido collo; rami attorti, intrecciate una corona di fiori di melo bianchi e vermigli. Essa è troppo bella perché chi la vede contenga il diletto del suo cuore, più bella di regina e cortigiana o di acqua lunare nella notte.
La sua chioma è legata da mirti (verdi foglie sui capelli d’oro). Non sono più belle le verdi erbe tra i gialli covoni del grano autunnale.
Le sue piccole labbra, fatte pei baci più che per pianto amaro di pena, tremano come acque di ruscello o rose dopo la pioggia della sera.
Il suo collo è un bi...