1
Lentini, Sicilia
Accende la sigaretta e guarda verso il cielo. Studia l’uomo in cima al palazzo. Musulmano, quarant’anni, è grosso: per dirla in siciliano è un arancino cu i peri.
Quando il carabiniere scelto Donatello Moltisanti lo raggiunge sul bordo del terrazzo ha quasi finito la sigaretta. Il musulmano è di schiena, guarda di sotto, i piedi che sporgono dal cornicione.
Il carabiniere schiocca quel che resta della sigaretta: «Bye bye.» La cicca rimbalza sulla spalla dell’algerino, volteggia giù per i sette piani dell’edificio, l’algerino no. È riuscito a riprendersi in tempo e adesso ha la schiena premuta contro il mezzo muretto. Non è questa la sera in cui si arramazza di sotto. Sgrana gli occhi dalla paura. Per dirla in siciliano, occhi ri pruppu.
«Ma che stai facendo?» lo maledice l’algerino: «tu sei fùoddi!»
Donatello poggia i gomiti sul muretto per guardare di sotto. «No, ho solo preso un brutto caffè.» Sua moglie aveva sbagliato la miscela dopo cena e lui aveva dovuto sorbirsi acqua acqua, un’acqua nera come quella dove si cucinano i polipi. Acqua ri pruppu.
«Figlio di bottana!» L’algerino non se la cava male con l’italiano, ma è quello che ha imparato in Sicilia. Le tracce della sigaretta gli brillano sulla spalla come piccoli tizzoni ardenti al soffiare della brezza.
«Volevo vedere se ti spaventavo,» il carabiniere calca il berretto sui capelli scuri tagliati cortissimi. «Adesso buttati se vuoi.» Gira le spalle al suicida.
L’algerino guarda di sotto: si è radunata una piccola folla di curiosi e lampeggianti dei carabinieri. Scuote la testa e ripete: «Tu sei fùoddi!»
Senti chi parla. «Fùoddi sì,» Donatello si avvia verso la chiostrina che immette nelle scale, «ma sempre un carabiniere sono.»
L’algerino deve alzare la voce per farsi sentire: «Vaffanculo. Tu la pazzia non la conosci… La pazzia sta arrivando!»
Il carabiniere si ferma. Questo è il momento in cui vuole essere salvato. Da quando è tornato a prestare servizio per la piccola caserma della piccola Lentini sembra proprio che Donatello non possa conoscere un attimo di pace. Il servizio notturno una volta non era così. «Davvero? Tu sai cosa è la pazzia? Veramente? D’accordo, va bene, ti ascolto.»
«La pazzia ha un nome. Un nome… Si chiama Imhotep!»
Va curcàti, pensa Donatello e sbuffa: «Che spacchio dici?» Imhotep è la Mummia, almeno nei vecchi film.
«Lui è venuto con il barcone… Lui è Satan!»
«Con il barcone dici?» Donatello torna al cornicione: «Nah, non è Satana. È solo un poveraccio.» Accende un’altra sigaretta.
«Imhotep è Colui che vede l’Occhio di Fuoco». Al primo tiro gli occhi leggermente a mandorla di Donatello si fanno più stretti, i due occhi oscuri svaniscono dietro il luccicore rossastro. «Imhotep ha il male dentro. Lui porta la pazzia.»
Moltisanti ha visto abbastanza film americani, sono come quei poliziotti che sanno quando uno sta mentendo. «Ancora con questa storia? Ti dico che è un poveraccio. Il “male” è solo una questione di soldi…»
«No, no…!» L’algerino si tiene parete parete, come si dice in Sicilia dove si raddoppiano tutte le parole. «Il Male è una malattia. Non è una cosa che fai e finisce lì. Ha conseguenze. Il Male è contagioso.»
«Ho capito, Zinédine.» L’uomo si chiama davvero Zinédine, come il calciatore. A Donatello lo ha detto lo psicologo che lo segue in comunità e che ora, come tutti, attende di sotto che ci ripensi e non si butti giù. Non è la prima volta che ci prova. «Se vuoi morire, fai un bel salto.»
Il carabiniere con l’elegante divisa scura se ne va sul serio. Sa che l’algerino non si butterà giù gridando “Geronimo”. Eppure Zinédine continua a urlare: «Aiuto. Non vedi che voglio uccidermi? Aiutami. Sei pazzo?»
Donatello lancia la cicca e imbocca la chiostrina. Pensa che è appena scoccata la mezzanotte ed è il primo lunedì di maggio. In questo giorno gli americani festeggiano i soldati caduti in guerra. È il Memorial Day. Si chiede cosa stia facendo Violet.
2
Naval Air Station - NAS 2, Sigonella
Il mattino del primo lunedì di maggio si tiene la conferenza commemorativa per la USS Indianapolis, l’incrociatore pesante della United States Navy. Durante la Seconda Guerra Mondiale l’USS Indianapolis, dopo avere consegnato le armi atomiche che avrebbero posto fine al conflitto, venne bloccata in mare per cinque giorni, senza soccorsi e con la sola compagnia della sete e degli squali. Nonostante tutto, l’immagine simbolo del Memorial Day rimane la sagoma stilizzata del Vietnam Veterans Memorial di Washington.
Alla Naval Air Station di Sigonella non tutti prendono parte alle celebrazioni. Dopo la regolare corsa mattutina, Violet McBain ha l’imbarazzo della scelta in armeria. Non è tipa da pistola mitragliatrice, da MP-10 a doppia tracolla e neanche da H&K: trova una scocciatura allineare le tacche di mira a diottria al bersaglio quando vuole solo scaricarsi un po’. Sceglie la Beretta calibro 45 e la inserisce nella fondina verde in gore-tex. I poliziotti usano la fondina ascellare, i militari la fondina da fianco, lei, da brava agente ribelle della CIA, porta la fondina appesa alla cintura dei pantaloni.
Un drappello di marines preleva i fucili d’ordinanza dalla rastrelliera sul lunotto posteriore del pick-up sul quale sono arrivati. Mentre quelli regolano la tracolla dei fucili nel padiglione coperto per le sessioni di tiro, l’addetto assegna a Violet un paio di cuffie antirumore. Le indossa schiacciando le chiome dei capelli biondi sulle orecchie. Di un biondo finto, si nota la ricrescita nera, sono tagliati in maniera disuguale sui due lati.
«Bel posto qui, eh?» Il damerino al bancone che tenta di approcciarla è biondo anche lui, i capelli tagliati corti su entrambi i lati. Occhi di ghiaccio e faccia rasata di fresco, porta due orecchini neri sul lobo destro e indossa un tuxedo giallo: non è un marine. «Salve, agente McBain. Lieto di conoscerla,» un sorrisone amichevole illumina il pallore vampiresco delle sue guance gonfie: «Mi chiamo Joel Clarke.» I...