The Queen
eBook - ePub

The Queen

Elisabetta, 70 anni da regina

  1. 416 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

The Queen

Elisabetta, 70 anni da regina

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Per anni implorò la madre perché le regalasse un fratellino. Sperava che le venisse risparmiato il destino da futura regina britannica. Il suo sogno era vivere in campagna, circondata da bambini, cani e cavalli. Ma Elisabetta, giovane principessa, non si sottrasse al dovere e giurò davanti al proprio popolo che avrebbe dedicato l'intera vita al servizio del Regno Unito e del Commonwealth. A soli 25 anni, diventando regina dopo la prematura scomparsa del padre, re Giorgio VI, cominciò così il suo percorso da record: il regno più lungo e con il maggior numero di viaggi, strette di mano e discorsi rispetto a quello di qualunque altro monarca della Storia. A Elisabetta la strada per il trono si era aperta sotto l'egida della lettera D. Come Divorzio. Nel 1936 suo zio David, re Edoardo VIII, aveva deciso di sposare una donna americana pluridivorziata, Wallis Simpson, e - trattandosi di una scelta proibita per un sovrano - aveva dovuto abdicare. Dopo quello shock nazionale, la lettera D ha continuato a improntare il regno di Elisabetta che, nel tempo, ha assistito al divorzio della sorella Margaret, di tre dei figli e di un nipote. E ha vissuto abbastanza a lungo per vedere, come in una sorta di ciclo storico, un'altra divorziata americana, Meghan Markle, camminare lungo la navata al braccio di suo nipote Harry. Se il regno di Elisabetta è stato segnato dai divorzi, la sua vita privata è stata forgiata da un marito irascibile, da una madre stravagante, da un erede lamentoso e da un disonorevole secondogenito. Nell'inverno della sua esistenza, la regina ha dovuto fare da mediatrice nella guerra fra i nipoti William e Harry, che in passato erano stati inseparabili. Giunta oggi al Giubileo di Platino, come prima monarca britannica a regnare per settant'anni, durante la pandemia si è dimostrata il volto rassicurante della speranza e dell'ottimismo. La nonna della Nazione.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a The Queen di Andrew Morton in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Storia e Biografie in ambito storico. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2022
ISBN
9788831808316
Capitolo 1

Shirley Temple 2.0

La bambina con la fronte aggrottata e l’espressione assorta era chinata sul libro con rabbia. Voltava le pagine a una a una e poi, individuato il bersaglio, afferrava la penna e copriva di sfregi e scarabocchi le parole offensive.
«Dottor Simpson», sfregio. «Dottor Simpson», scarabocchio. Era soltanto il nome del personaggio di un libro conservato nella stanza dei giochi, ma a quella bambina indispettita di dieci anni non interessava.
Mentre la principessa Elisabetta portava avanti la sua solenne opera di distruzione, la sorella minore Margaret giocava con morsi, briglie e selle dei cavallucci di legno che affollavano la stanza dei giochi. Tutta presa nel suo mondo di fantasia, la piccola era indifferente alla muta rabbia di Elisabetta nei confronti di una certa Mrs Simpson che stava sconvolgendo senza motivo la loro esistenza. E indifferente anche alla folla che ogni giorno premeva e si accalcava nel buio invernale per spiare l’andirivieni di persone al numero 145 di Piccadilly, la residenza londinese del duca e della duchessa di York, i genitori delle due bambine.
Dopo tutto le sorelle si erano sempre divertite a osservare dalla camera da letto all’ultimo piano la gente comune guardare in su, mentre ciascuno degli osservatori si chiedeva cosa stesse facendo l’altro. Era un gioco che avrebbero praticato per tutta la vita.
Stavolta però la folla in strada era molto più numerosa, e l’atmosfera dentro il palazzo con la facciata in pietra tesa e agitata. I campanelli all’ingresso, contrassegnati da due targhette con scritto VISITATORI e CASA, suonavano molto più di frequente del solito e mentre la calca di persone curiose e preoccupate aumentava, era stato chiesto l’intervento della polizia.
Il nome «Simpson» all’inizio fu pronunciato sottovoce dagli adulti, ma cominciò presto a risuonare in discorsi di condanna che s’interrompevano alla comparsa delle due bambine. I genitori facevano di tutto per proteggere Lilibet – il nomignolo della principessa – e sua sorella, ma Elisabetta era sensibile ai cambiamenti di umori e ritmi, specialmente ora che aveva compiuto dieci anni e aveva il privilegio di far colazione con i genitori e a volte con la regina Maria sua nonna. Riusciva a captare frammenti di informazioni che la sorella non sapeva cogliere. Ma non era ancora abbastanza grande per comprendere appieno ciò che stava succedendo.
Capiva soltanto che la causa del problema era una donna di nome Simpson. Le prove erano ovunque. Suo padre aveva un’aria visibilmente infelice; la regina Maria sua nonna, di solito una donna franca e imperiosa, sembrava più vecchia e avvizzita; e anche il contegno brioso abituale di sua madre era sparito. La situazione non era migliorata quando, ai primi di dicembre del 1936, la duchessa si era presa una brutta influenza ed era stata costretta a letto.
Elisabetta cercò d’interrogare le tre donne della sua vita, l’istitutrice Marion Crawford, la cameriera personale Bobo MacDonald e la tata Clara Knight detta Alah. Ma ottenne solo risposte evasive e sprezzanti, e venne portata da Crawfie a lezione di nuoto al Bath Club per distrarla. Quel triumvirato alla buona rappresentava la finestra sul mondo delle due bambine, e plasmava le reazioni di Lilibet e Margaret con osservazioni garbate e misurati pregiudizi. Quando si trattava delle principesse, a casa del duca di York il nome «Wallis Simpson» era tabù. Di conseguenza Elisabetta si diede a sfregiare e scarabocchiare il nome «Simpson» ogni volta che lo incontrava sui libri, nel vano tentativo di cancellare dal mondo la donna che avrebbe cambiato per sempre la sua vita e quella dei suoi genitori.
Elisabetta aveva incontrato brevemente Wallis Simpson nella primavera del 1936, dopo aver compiuto dieci anni. Non che la donna le avesse fatto chissà quale impressione. Era arrivata con lo zio David, il nuovo re Edoardo VIII, per una visita ai suoi genitori al Royal Lodge, la casa in cui trascorrevano i fine settimana tra i curatissimi prati del Windsor Great Park. Lo zio era venuto a esibire le due grandi passioni americane della sua vita: una Buick sports wagon nuova di zecca e una donna divorziata di Baltimora di nome Wallis Simpson. Dopo che se ne furono andati, Elisabetta chiese all’istitutrice Crawfie chi fosse quella signora. Era per causa sua che lo zio David ultimamente si vedeva di rado? Fra tutti i fratelli e le sorelle del padre era stato il frequentatore più assiduo del 145 di Piccadilly, lo zio che dopo il tè prendeva le carte e si metteva a giocare con le bambine a snap, happy families e racing demon. Era molto simpatico, ed Elisabetta ricordava che un giorno aveva portato le bambine e la madre nel giardino di Balmoral e aveva insegnato loro a fare il saluto nazista, tra grandi risate generali.
Anche se aveva risposto in modo evasivo alle domande di Elisabetta su quell’americana chic, in realtà l’istitutrice scozzese ebbe un’ottima impressione di Mrs Simpson e la descrisse in seguito come «una donna elegante e attraente, dotata di quell’immediata affabilità tipica degli americani».1 Non altrettanto si poteva dire dei suoi datori di lavoro. Secondo quanto riferì Wallis, dopo un’ora trascorsa a prendere il tè e a conversare amabilmente di giardinaggio con il nuovo re e la sua spasimante, «mentre il duca di York sembrava convinto della bontà della vettura sportiva americana, la duchessa non sembrava affatto convinta dell’altra passione americana di David».2
Nell’occasione il principale argomento di conversazione fu fornito dalle figlie degli York, non dal contingente americano. «Erano tutt’e due talmente bionde, talmente ben educate, talmente linde e pinte che sarebbero potute uscire dalle pagine di un libro illustrato» ricordò Wallis nel libro di memorie The Heart Has Its Reasons.3 Come succede di frequente ai bambini, Elisabetta e Margaret servivano spesso da equivalente umano dei libri da salotto ed erano utilizzate come diversivo neutrale della conversazione, un metodo per sfuggire ai discorsi imbarazzanti da adulti. All’epoca del primo incontro con Wallis Simpson le due sorelle si erano ormai perfettamente adattate al ruolo di bambine dai modi impeccabili, che venivano presentate agli adulti in visita per aiutare a rompere il ghiaccio.
Accadde la stessa cosa quando in quell’estate fatale raggiunsero la Scozia per soggiornare al Birkhall Lodge, un modesto edificio di epoca Stuart vicino a Balmoral acquistato nel XIX secolo dalla regina Vittoria e ancora oggi simile a com’era in origine. Ospite principale della famiglia York era allora l’arcivescovo di Canterbury Cosmo Lang, che aveva accettato l’invito dopo che il sovrano, che tradizionalmente invitava a Balmoral il prelato anglicano di grado più elevato, lo aveva abbandonato al suo destino. Wallis e il re avevano invece preferito organizzare a Balmoral un allegro ritrovo di aristocratici, ricchi americani e congiunti della famiglia reale tra cui il cugino di secondo grado Louis Mountbatten e il fratello minore, il principe Giorgio, con sua moglie la principessa Marina.
Durante il secondo giorno di visita del prelato, subito dopo il tè, Elisabetta, Margaret e la cugina Margaret Rhodes cantarono alcune canzoncine «deliziose».
L’arcivescovo annotò: «È strano pensare al destino che potrebbe toccare alla piccola Elisabetta, in questo momento seconda nella linea di successione al trono. Lei e la sua esuberante sorellina sono senza dubbio due bambine incantevoli».4
Il re fu molto meno compiaciuto. Quando seppe che il capo della Chiesa d’Inghilterra era ospite degli York, immaginò che il fratello stesse tentando di crearsi una corte alternativa. L’origine del conflitto nasceva dal desiderio del sovrano di sposare Wallis Simpson una volta che questa avesse ottenuto il divorzio dal marito, l’agente marittimo Ernest Simpson. A quei tempi la Chiesa non si limitava semplicemente a biasimare il divorzio, ma lo considerava una vera e propria bestemmia. In qualità di capo secolare della Chiesa d’Inghilterra il re era l’ultimo individuo che poteva permettersi di sposare una divorziata, e meno che meno un’americana divorziata due volte priva di mezzi e di status sociale adeguati. Per parte sua il re aveva minacciato di rinunciare al trono, a meno che non gli fosse concesso di sposare la donna che gli aveva rapito il cuore.
Anche se i media britannici avevano tentato di nascondere l’incipiente storia d’amore (le foto del re e Wallis scattate durante una crociera estiva a bordo dello yacht Nahlin furono pubblicate in tutto il mondo tranne che in Inghilterra), all’inizio di dicembre la potenziale crisi costituzionale diventò di dominio pubblico. Ciò mise in moto una serie di eventi sfortunati che collocarono involontariamente la principessa Elisabetta al centro del dramma.
A quel punto Wallis aveva già ottenuto una sentenza provvisoria di divorzio dal marito, ma doveva ancora attendere sei mesi per ricevere la sentenza definitiva che le permettesse di sposare il re e quindi diventare regina. Nonostante un richiamo minaccioso del primo segretario privato del re Alec Hardinge – sostenuto dal primo ministro Stanley Baldwin – secondo cui se il re avesse continuato per la sua strada avrebbe causato un danno irreparabile alla monarchia e probabilmente provocato nuove elezioni politiche, Edoardo VIII aveva preso la sua decisione. In un incontro carico di tensione che si tenne il 16 novembre informò il primo ministro che intendeva sposare Mrs Simpson non appena fosse stata legalmente libera. Se il governo si opponeva avrebbe semplicemente scelto di abdicare. Più tardi informò della decisione la madre e i fratelli, che rimasero sconvolti, al punto che la regina Maria si rivolse a una santona per supportare la propria convinzione che il figlio maggiore fosse caduto vittima di un’abile incantatrice. Il primo ministro fu meno pessimista, e informò i colleghi del Gabinetto che la scelta degli York poteva rivelarsi la soluzione migliore, visto che il duca di York era molto simile al suo amatissimo padre re Giorgio V.
Non che il principe Albert, noto come Bertie, fosse così contento di accettare. Ma fu lentamente avviluppato da una ragnatela costituzionale che non gli offrì alcuna via di scampo. Una vera situazione da incubo. Per un certo tempo si discusse anche della possibilità che il trono passasse al duca di Kent, il più giovane dei fratelli che aveva già un figlio, ma la volubile mano del destino alla fine puntò l’indice sul secondogenito Bertie, lo sventurato duca di York. Il quale da parte sua aveva sempre pensato che un giorno il fratello maggiore si sarebbe sposato e avrebbe dato alla luce l’erede al trono.
Il duca – un tipo timido, sospettoso e sofferente di balbuzie congenita – rifletté di malavoglia sull’opportunità che gli veniva offerta e pensò immediatamente alla figlia maggiore, la cui posizione dinastica sarebbe di colpo passata da terza in linea di successione a erede al trono, futura regina condannata a un’esistenza fatta di doveri e di solitudine pubblica.
Anche se il duca nutriva seri dubbi su di sé e sulla propria capacità di assumere un incarico di Stato così importante, provava una muta ammirazione per la figlia maggiore. Lei aveva carattere e qualità solide che gli ricordavano la regina Vittoria, come confidò una volta al poeta Osbert Sitwell. Si trattava di un complimento straordinario anche per un padre devoto che, come osservò lo storico reale e amico del nuovo re Dermot Morrah, era «restio a condannare le figlie a un’esistenza di costante servizio al Paese che è inseparabile dalla più alta carica, senza alcuna speranza di ritiro neppure in vecchiaia».5
La figlia in realtà mostrava un atteggiamento molto più pratico e diretto. Quando fu chiaro che il duca di York sarebbe salito al trono e che l’amato zio Edoardo VIII, ora duca di Windsor, se ne sarebbe andato in esilio all’estero, la principessa Margaret chiese: «Vuol dire che un giorno diventerai regina?». La sorella maggiore rispose: «Immagino di sì».6 Non toccò mai più l’argomento, salvo quando il padre menzionò en passant che la figlia doveva imparare a cavalcare all’amazzone in vista del giorno, che si sperava lontano, in cui avrebbe dovuto cavalcare in pubblico al Trooping the Colour, la parata delle guardie a cavallo che si teneva ogni anno in occasione del compleanno del sovrano.
Mentre Elisabetta si rassegnava lentamente all’idea di diventare regina, secondo la cugina Margaret Rhodes pensava che quel momento sarebbe stato «molto lontano».7 Come forma di assicurazione, la principessa aggiunse alle preghiere della sera la fervida richiesta di avere un fratellino, che grazie al suo sesso avrebbe potuto scavalcarla e diventare l’erede designato al trono.
Se la principessa in generale accettò la nuova posizione con l’indifferenza flemmatica della giovinezza, il padre reagì in modo molto diverso. Quando insieme alla regina Maria e all’avvocato reale Walter Monckton ricevette la bozza della Dichiarazione di abdicazione, «perse il controllo di sé e iniziò a singhiozzare come un bambino».8 Venerdì 11 dicembre 1936, l’anno dei tre re, fu annunciata l’abdicazione del re e l’ex monarca si diresse in auto al castello di Windsor, dove tenne il discorso radiofonico in cui pronunciò la celebre frase: «Mi è risultato impossibile sostenere il fardello delle responsabilità e compiere i miei doveri di re come avrei desiderato senza l’appoggio e il sostegno della donna che amo». Dopo una serie di elogi rivolti alle numerose ed eccellenti qualità di leadership civica possedute dal fratello, osservò che «lui ha una fortuna impareggiabile, che molti di voi condividono ma a me non è concessa: una famiglia felice con moglie e bambini».9
La famiglia in questione, in realtà, non era così felice. L’ex duca di York divenuto re definì quel momento solenne un «giorno terribile», mentre la moglie, la nuova regina, si trovava a letto per un brutto attacco di influenza. Il giorno dopo i personaggi di una famiglia prima ignorata ma ormai al centro del dramma salutarono la nuova posizione con un misto di eccitazione e dispetto. Quando la principessa Elisabetta vide una busta indirizzata alla regina perse per un attimo il contegno: «Sarebbe la mamma, giusto?», domandò. Invece la sorella si lamentò del fatto di doversi trasferire a Buckingham Palace. «Vuoi dire per sempre?» chiese. «Ma se ho appena imparato a scrivere “York”.»10
Il 12 dicembre 1936, giorno della proclamazione, le due bambine abbracciarono il padre prima che il nuovo re, vestito nell’uniforme di ammiraglio della Marina, si recasse alla cerimonia. Quando se ne fu andato Crawfie spiegò loro che al suo ritorno sarebbe stato re Giorgio VI, e che da quel momento in poi le figlie avrebbero dovuto fare la riverenza ai genitori, che ora erano il nuovo re e la nuova regina. Le bambine avevano sempre fatto la riverenza al nonno re Giorgio V e alla regina Maria, quindi per loro il fatto non rappresentò una grande novità.
Quando il novello re tornò a casa all’una le bambine si esibirono in due splendide riverenze, e il gesto mise di colpo il padre di fronte alla nuova condizione.
Crawfie ricordò: «Rimase per un attimo commosso e stupito. Quindi si chinò sulle figlie e le baciò con affetto. Poi durante il pranzo ci furono un mucchio di risate».11
Come suo padre, Elisabetta si era trasformata di colpo in un simbolo vivente della monarchia: adesso il suo nome veniva ricordato nelle preghiere, i suoi gesti e i suoi cani erano materia di pettegolezzo per i giornali del mattino, la sua vita apparteneva alla nazione. Insieme a Shirley Temple, la bambina prodigio di Hollywood, Elisabetta era ormai il volto più celebre del mondo, oggetto di meraviglia e adorazione.
La realtà di quell’esistenza da principessa delle favole, però, somigliava più alle storie dei fratelli Grimm che a quelle di Disney. La vita delle due sorelle a Buckingham Palace era una miscela di eccitazione, noia e isolamento in quell’enorme palazzo pieno di echi, finestre minacciose, sorci in fuga, sale funeree e ritratti di personaggi i cui occhi seguivano il visitatore che passando cercava di non farsi notare. Era un luogo che faceva materializzare gli i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. The Queen
  4. Introduzione. In viaggio con Sua Maestà
  5. Capitolo 1. Shirley Temple 2.0
  6. Capitolo 2. Bombe nella notte
  7. Capitolo 3. Passeggiata nella brughiera
  8. Capitolo 4. La principessa scalza
  9. Capitolo 5. Una gloriosa incoronazione
  10. Capitolo 6. Cuori e corone
  11. Capitolo 7. Segreti, scandali e spie
  12. Capitolo 8. Un affare di famiglia
  13. Capitolo 9. E poi arrivò Diana
  14. Capitolo 10. Matrimoni al microscopio
  15. Capitolo 11. L’annus horribilis della regina
  16. Capitolo 12. Fiori, bandiere e forza d’animo
  17. Capitolo 13. Due matrimoni e due funerali
  18. Capitolo 14. Buonasera, Mr Bond
  19. Ringraziamenti
  20. Note
  21. Bibliografia scelta
  22. Crediti fotografici
  23. Inserto fotografico
  24. Copyright