Benedetta crisi!
Il contagio della fede nella Chiesa che verrà
- 144 pagine
- Italian
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Informazioni sul libro
«Pregate sempre per me perché io abbia il coraggio di rimanere in crisi»: è l'intenzione paradossale espressa da papa Francesco nel Natale 2020 ad aprire la riflessione di Erio Castellucci, che in queste pagine cerca di delineare una "spiritualità della crisi". Difficoltà, scompensi, sconvolgimenti non sono scherzi del destino, ma tappe obbligate di qualsiasi percorso personale e sociale. Sono eventi che scuotono, che fanno perdere l'equilibrio e piombare nell'incertezza, ma non sono solo negativi, non significano rovina e distruzione. Non soltanto la storia in generale, ma proprio la storia biblica è piena di personaggi inquieti, che attraversano fatiche e sofferenze dalle quali nascono strade di salvezza.
Nel nostro tempo alle tante emergenze del mondo globalizzato - guerre, terrorismo, clima, migrazioni - si aggiungono per la Chiesa povertà morali e strutturali: calo della partecipazione, crollo delle vocazioni, secolarizzazione, scandali tra i religiosi, irrilevanza nella società. Un dissesto epocale, che potrebbe portare a un giudizio sconfortato sul valore della stessa fede. Ma sarebbe una conclusione frettolosa. Se osserviamo ciò che è avvenuto nei secoli, vediamo che i periodi più tormentati sono quelli in cui la santità della Chiesa è fiorita, perché la crisi non è solo un fatto, ma una dimensione dei corpi vivi e un sintomo di coraggio e progressione. Se i cristiani si sentono oggi una minoranza, se la fede non costituisce più un presupposto comune, anzi viene emarginata o negata, allora è il momento di riscoprirsi piccolo gregge e di lasciarsi mettere in crisi dal Vangelo.
Un libro che motiva con lucidità e passione la scelta di un cattolicesimo più evangelico, più semplice, più fedele allo stile di Gesù.
Domande frequenti
Informazioni
La crisi della Chiesa come cambiamento epocale
La “crisi” è una condizione normale per la Chiesa, che sa di non essere destinata al trionfo o al controllo della società. Gli storici hanno ridimensionato le costruzioni mitiche dell’“età dell’oro” della cristianità, in gran parte collocate nel passato. Le crisi ci sono sempre state, fin dalle origini. Il grande rischio delle crisi è accontentarsi di sopravvivere […]. La crisi non è il declino. Nel declino, la Chiesa lavora solo alla sopravvivenza. La via, che può sembrare una non soluzione, è vivere evangelicamente nella crisi1.
Siamo, dunque, in uno di quei momenti nei quali i cambiamenti non sono più lineari, bensì epocali; costituiscono delle scelte che trasformano velocemente il modo di vivere, di relazionarsi, di comunicare ed elaborare il pensiero, di rapportarsi tra le generazioni umane e di comprendere e di vivere la fede e la scienza […]. Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata3.
Rivoluzioni scientifiche sono quegli episodi di sviluppo non cumulativi, nei quali un vecchio paradigma è sostituito, completamente o in parte, da uno nuovo incompatibile con quello. Le rivoluzioni politiche sono introdotte da una sensazione sempre più forte, spesso avvertita solo da un settore della società, che le istituzioni esistenti abbiano cessato di costituire una risposta adeguata ai problemi posti da una situazione che esse stesse hanno in parte contribuito a creare. In una maniera più o meno identica, le rivoluzioni scientifiche sono introdotte da una sensazione crescente, anche questa volta avvertita solo da un settore ristretto della comunità scientifica, che un paradigma esistente abbia cessato di funzionare adeguatamente nella esplorazione di un aspetto della natura verso il quale esso aveva precedentemente spianato la strada. Sia nello sviluppo sociale sia in quello scientifico, la sensazione di cattivo funzionamento che può portare a una crisi è un requisito preliminare di ogni rivoluzione5.
La transizione da un paradigma in crisi a uno nuovo, dal quale possa emergere una nuova tradizione di scienza normale, è tutt’altro che un processo cumulativo, che si attui attraverso un’articolazione o un’estensione del vecchio paradigma. È piuttosto una ricostruzione del campo su nuove basi, una ricostruzione che modifica alcune delle più elementari generalizzazioni teoriche del campo, così come molti metodi e applicazioni del paradigma. Durante il periodo di transizione, vi sarà una sovrapposizione abbastanza ampia, ma mai completa, tra i problemi che possono venire risolti col vecchio paradigma e quelli che possono essere risolti col nuovo. Ma vi sarà anche una netta differenza nei rispettivi modi di risolverli. Quando la transizione è compiuta, gli specialisti considereranno in modo diverso il loro campo, e avranno mutato i loro metodi, e i loro scopi7.
1. Il cambio di paradigma del Concilio Vaticano II
Dall’ecclesiologia di comunione all’ecclesiologia di missione
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Introduzione. Il coraggio di rimanere in crisi
- Parte Prima. La crisi della Chiesa come condizione permanente
- Intermezzo. Le crisi mondiali e la Chiesa
- Parte Seconda. La crisi della Chiesa come cambiamento epocale
- Conclusione. Conteggio e contagio, mietitura e spigolatura
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