L'ultima volta
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Informazioni sul libro

In pochi mesi la routine di Agata, fra Grande Città – alle prese con il marito in crisi di mezz'età e tre adolescenti indomabili – e il Paesello d'origine dei genitori, viene sconvolta: mamma e papà sono deboli, malati, da accudire senza sosta. Tra referti e Tac, minestrine e lambrusco, camere d'ospedale e tramonti sullo skyline cittadino, Agata attinge a tutte le sue risorse per affrontare gli imprevisti. Lei che pensava di riordinare la vita come una casa di design dopo il trasloco. Con ostinazione e humor, la protagonista cerca percorsi di crescita in un tunnel di dolore, per scoprire infine la forza della tenerezza. E del gelato...

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Informazioni

Editore
Ares
Anno
2022
ISBN
9788892982208

Natale, si dorme

Paesello

25 dicembre. Il giorno del concorso del latte.
Così ha detto Pà alle nove del mattino di mercoledì 25 dicembre. Dalla Grande Città, ho chiamato casa dei miei al Paesello, immaginando di sentire la voce di Mamma o di Filippina. Invece ha risposto Pà dal telefono sul comodino della camera. Non volevo dirgli Buon Natale, così per telefono.
Ho detto solo: «Buongiorno, tra poco veniamo a trovarti, così poi...».
«No. Non venite. Capito? Oggi alle nove e mezza c’è il concorso del latte. Informati e non venire». Okay, Pà.
A mezzogiorno eravamo lì, tardi per il concorso, ma puntuali per il pranzo di Natale. Alla fine, ci è parso più sensato festeggiare di giorno che non la sera della Vigilia: dopo le cinque di pomeriggio quel poco di lucidità rimasta nei miei tramonta del tutto.
Cognata aveva apparecchiato nel soggiorno vicino alla camera dei miei perché tutti speravamo che Pà si alzasse e venisse a sedersi per il Pranzo.
Non ne ha voluto sapere. Filippina gli ha preparato la solita crema, con la solita polpa di manzo, o forse di agnello, così per cambiare. Quello, per Pà, poteva essere il giorno di Pasqua, di Natale, del Latte. Per lui e il suo materasso non cambiava nulla. Fosse stato solo per lui... Di là, Mamma all’apparenza era sempre lei, vestita elegante di blu, con un foulard damascato al collo e truccata anche un filo di più perché è Natale, si sa.
«Mà, ti fa gli auguri la tua amica Clara» le ho riferito. «Mi ha chiamata mentre venivamo in macchina. Ti augura buon Natale di cuore. È stata gentile...».
«La Clara? Che calendario segue? Addirittura, Natale? Questa è nuova».
Il polso le tremava come sempre, ma la voce era ferma. Chiunque entrando in quella casa, anche un alieno uscito da un libro di Asimov, avrebbe riconosciuto la festività in corso. Chiunque tranne Mà; lei pareva appena uscita da Piccole donne ed entrata in un giorno qualunque. Di natalizio c’era la tovaglia con i ricami rossi, le palle dorate sull’albero, quell’odore di carne lessa e bianca che dà sapore al brodo. Per i miei era un mercoledì.
Ci siamo messi a tavola senza Pà. La mia family presente e passata, la family di Fratello con tanto di suoceri. Due tavoli da dodici persone in tutto, più Filippina che andava e veniva, per superstizione o discrezione non so. Dopo i cappelletti, Mà se ne è uscita con: «Adesso io devo tornare a casa mia». Si è alzata da tavola. «Mi aspettano. Chi ha le chiavi?».
«Mamma dai, un attimo, prima prendi una fetta d’arrosto...». Mamma si è rimessa seduta al suo posto, ed è andata avanti così, a colpi di assaggi, fino alla fetta di panettone, al caffè, all’ammazzacaffè.
Intanto Pà era di là in camera, quasi sicuramente dormiva. Ma non volevamo che si sentisse solo, o forse ci sentivamo in colpa per non essere riusciti a dargli la forza di venire in sala.
Allora, durante tutto il pranzo siamo andati a turno a trovarlo. Pellegrinaggio stile Re magi. Un nipote è andato dopo le tartine al paté, un altro prima del polpettone con la mostarda, un consuocero tra le patate al forno e l’ananas. Io, dopo il taglio del panettone alla crema gialla.
Mi ha mandato via quasi subito perché voleva dormire. Per due volte gli ho nominato il cantiere per vedere se riuscissi a suscitargli qualche reazione. Ha detto: «Ha tutto in mano Tuofratello. Ci pensa lui». Poi – dopo un colpaccio di tosse – ha aggiunto: «Io no... io... adesso no».
Come quando io offro a Figliodue del latte di soia probiotico. Dove «adesso no» significa «mai». Prova che il tempo si dilata all’infinito quando hai la sensazione di essere vinto o, al contrario, ti senti invincibile.
Poco dopo di là, finito di sparecchiare, ci siamo scambiati i regali. Da tutti e per tutti. Perfino Trilli ha avuto una doppia razione gourmet, da qualche figlio che ha diversamente gradito il cotechino con la verza.
Un’ora più tardi, secondo il famoso copione uguale da anni, i tavoli erano invasi tipo Risiko: cartacce regalo strappate, calzini e guanti in numeri dispari, bagnoschiuma come se non ci si lavasse da anni, mutande – sempre utili – per i più fortunati.
Restava un solo pacchetto ancora integro.
Cognata lo ha preso e ha fatto segno a Mamma di andare di là in camera con lei. Siamo andati tutti, annoiati ficcanaso in processione.
Due giorni prima, Pà aveva chiesto a Cognata di comprare un regalo di Natale per Mamma. Qualunque cosa, lo scegliesse pure lei. Quando Mà ha preso in mano il sacchetto con disegnate le renne, si è commossa.
«È da parte sua» ha scandito bene Cognata, indicando Pà. Lui non diceva nulla, Mà piangeva e con la mano tremante provava ad aprire il nodo fatto con il nastro dorato, ma il Parkinson s’infischiava del Natale e Mà non ci riusciva.
In tre siamo corsi di là a prendere delle forbici perché a tutti scendeva giù la lacrima ma nessuno voleva mostrarla. Poi Mamma ha tirato fuori dal sacchetto un maglioncino scuro con delle paillettes colorate e una sorta di scaldacollo che pareva di pelliccia. Mà non si aspettava il regalo, Pà non si aspettava il tumore.
Io non sapevo più cosa diavolo aspettarmi, a quel punto.
Ha dato un bacio a Pà. Lui, muovendo il più possibile la guancia – un po’ ruvida di barba e stampata dal rossetto color fragola – per prendere fiato, ha detto: «Copritemi, voglio dormire».
Qualcuno ha spento la luce.
Erano le quattro del pomeriggio del suo ottantacinquesimo Natale.

Grande Città

Abbiamo portato a casa due sacche piene d...

Indice dei contenuti

  1. Primavera 2019
  2. Due anni prima
  3. Estate
  4. Autunno
  5. La Tac e le lenzuola
  6. Il cinghiale impallinato
  7. Come tornare a casa e non restarci
  8. A pancia aperta
  9. Piante vere e denti finti
  10. L’arte di viaggiare con Kondo-style
  11. La verità
  12. A letto con uno sconosciuto
  13. Chi vuole i miei tortelli?
  14. Omogeneizzati e carezze
  15. Natale, si dorme
  16. Ti ricordi dell’ultimo scivolo?
  17. Due mesi dopo