I roghi dei libri
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I roghi dei libri

  1. 60 pagine
  2. Italian
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I roghi dei libri

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Accatastare libri scaraventandoli dagli scaffali di una biblioteca, poi giù in strada per dare loro fuoco, tra le urla scomposte di un entusiasmo delirante. Ma cosa significa davvero bruciare i libri? È solo il gesto violento di una censura o nasconde di più? Testimone diretto del rogo nazista del maggio 1933, Löwenthal traccia in questo saggio, scritto dopo il suo ritorno in Germania alla fine della seconda guerra mondiale, un percorso che dalla Cina del III secolo a.C. arriva fino ai giorni nostri.

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Informazioni

Editore
Treccani
Anno
2020
ISBN
9788812007790
I roghi dei libri
(1984)
«Là dove si danno alle fiamme i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini.»1 La citazione da Heinrich Heine, che può servire da motto per questo colloquio, ha un predecessore in William Shakespeare. Nella seconda scena del terzo atto della Tempesta, quando Calibano, lo schiavo ottuso e irrazionale, spinge il cameriere ubriaco Trinculo e il buffone squattrinato Stefano a uccidere l’umanista Prospero, incalzando per ben tre volte i suoi congiurati a bruciare, prima dell’omicidio, la biblioteca di Prospero, che egli ha salvato nell’esilio.
«Nel pomeriggio come ti dicevo,
ama dormire: allora lo puoi uccidere:
– ma, prima, cerca di levargli i libri –
tu puoi schiacciargli il capo con un ceppo,
oppure aprirgli il ventre con un palo,
o tagliargli la gola col coltello.
Prima, ricorda di levargli i libri:
senza libri, è uno sciocco come me,
e non ha un solo spirito al comando;
[…] Ma brucia i suoi libri.»2
Un terzo testimone, che possiamo coinvolgere nella questione, è Johann Wolfgang Goethe. Nel quarto libro della prima parte di Poesia e verità racconta di quando, da giovane, era stato costretto a essere «testimone di diverse esecuzioni» e così dice: «Merita ricordare che fui presente anche al rogo di un libro. […] Vedere applicare una punizione a un oggetto inanimato aveva veramente in sé qualcosa di terribile».3 Al pari di Heine e Shakespeare, Goethe associa la distruzione di un libro a quella di un uomo. Si tratta spesso di qualcosa di più di una semplice metafora. Nelle guerre di religione fra cattolici e protestanti in Francia, nel 1559, viene bruciato un libraio: accanto a lui c’è una forca a cui sono appese la Bibbia e il Nuovo Testamento, che a loro volta verranno bruciate.4 Durante l’ancien régime sono frequenti i casi in cui il parlamento ordina che un libro messo all’indice venga bruciato pubblicamente da un boia, ovviamente in aggiunta all’esecuzione dell’autore stesso. Un’immagine particolarmente orrenda della simultanea distruzione di un libro e un uomo si trova in una procedura piuttosto diffusa al tempo delle guerre di religione, in cui le pagine di una Bibbia proibita sono spinte a forza dentro la bocca e le piaghe dei protestanti uccisi.5
Il calendario di Calibano ha molte date. Il primo grande rogo di libri nel mondo occidentale risale probabilmente alla distruzione delle biblioteche ebraiche durante la rivolta dei Maccabei nel 168.6 I primi imperatori romani fanno bruciare gli scritti degli esponenti repubblicani insieme con tutti i libri degli oracoli e delle profezie, mentre Diocleziano e Costantino gareggiano nel rogo prima della letteratura cristiana e poi di quella pagana.7 L’orgia di roghi degli scritti ebraici durante il Medioevo non ha eguali. Il 13 maggio 1248, a Parigi, vengono bruciate venti carrettate di libri ebraici. Qualcosa deve essersi salvato, infatti, nel 1309, vengono bruciati altri tre carri pieni di libri.8 Il rituale del carro ricorda i trasporti in autocarro dei libri che nel 1933 furono raccolti e bruciati dagli studenti nazisti. Pensiamo di nuovo agli autodafé di libri sia protestanti sia cattolici del XVI e XVII secolo e al rogo delle opere più importanti della letteratura illuminista di Voltaire, Denis Diderot, Jean-Jacques Rousseau, Claude-Adrien Helvétius, Paul Henri Dietrich d’Holbach nel XVIII secolo. Sarebbe dovuta bruciare anche l’Enciclopedia ma, dal momento che era costata molti soldi, la Chiesa e il governo preferirono richiuderla negli armadi dei veleni.9 Neanche la Rivoluzione francese è libera da queste escursioni nella “pornografia del potere”, come Peter Brown, uno dei miei colleghi a Berkeley, ha chiamato le distruzioni dei libri; il commissario dell’esercito del Basso Reno dispone, nel 1794, che tutti i libri ebraici vengano distrutti in un autodafé.10 Mi accontento di queste poche indicazioni.
Più a lungo mi sono occupato di questo fenomeno, maggiori sono stati gli esempi che ho incontrato. Essi non si limitano solamente al mondo europeo dei tempi antichi. Così, per esempio, il fondatore della dinastia cinese, Shi Huang Ti, nel III secolo a.C. dispone il rogo degli scritti confuciani e di altri testi storici e filosofici.11 Ogni volta che le cosiddette nazioni cristiane sono entrate in conflitto con le altre civiltà, la distruzione dei libri fu all’ordine del giorno. Nel XVI secolo, il primo vescovo del Messico brucia i libri degli aztechi, e una generazione più tardi un delegato di questo vescovo condanna al rogo i testi dei maya.12 Il cardinale Ximénes, l’antagonista del moro Almansor nella tragedia di Heine, da cui è tratta la citazione «là dove si danno alle fiamme i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini», intorno al 1500, dopo la sconfitta degli arabi, ordina il rogo di più di un milione di libri in una pubblica piazza di Vivarramba, nel processo di eliminazione della civiltà moresca.13 L’Inquisizione ha portato avanti periodicamente azioni simili.
A questo punto ci si dovrebbe aspettare che il rogo di libri, ossia il terrore organizzato e tollerato contro la vita dello spirito, costituisca un importante oggetto di ricerca della scienza politica e storica. Scopriamo, invece, con sorpresa, che le cose non stanno così e che mancano indagini storicamente diffuse riguardo a tale questione. Che sia all’opera un meccanismo psicologico di difesa? Sono giunto a questa ipotesi in seguito a un episodio letterario molto eloquente. Il primo presidente nazionalsocialista della Camera degli scrittori, Hans Friedrich Blunck, ancora nel 1952, nelle sue memorie, Tempi impervi, aveva l’impudenza di dire che si sarebbe ben poco indignato riguardo alle “voci” sui ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. DA BRUCIARE? di Giuseppe Montesano
  5. I roghi dei libri
  6. ELIMINAZIONE DELLA STORIA
  7. L’AZIONE DI PULIZIA IGIENICA
  8. LIQUIDAZIONE DEL SOGGETTO
  9. BIBLIOGRAFIA