Diario 1922
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Diario 1922

Le camicie nere alla conquista del potere

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Diario 1922

Le camicie nere alla conquista del potere

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"Dobbiamo commettere delle illegalità, in forma quasi sistematica, per fare rispettare la legalità". Così Italo Balbo, giunto quasi al culmine del suo vertiginoso 1922: un'ammissione sorprendente della illiceità che fece da filo conduttore al suo agire quotidiano durante quell'anno e che riaffiora nelle pagine di questo documento bruciante. La prosa di Balbo procede per annotazioni scarne e appunti affilati che ci consentono di rileggere gli eventi epocali del 1922, di cui egli fu protagonista di primissimo piano nella veste di quadrumviro. Dalla lettura del suo diario – concepito alla stregua di un vero e proprio memoriale bellico – emergono quindi tutti i retroscena dell'operazione ordita da Mussolini – artefice e al contempo spettatore della marcia – e i suoi: le dinamiche interne al movimento, le scelte politiche, le motivazioni strategiche e le valutazioni di opportunità che mossero i fascisti all'azione. La rigorosa curatela di Mimmo Franzinelli conferisce all'operazione di riscoperta storiografica del Diario 1922 il rilievo di un evento editoriale.

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788861029248
Argomento
History

DIARIO 1922

1 gennaio 1922.

Ho chiuso l’anno vecchio, questa notte, con un discorso di propaganda: ho iniziato il nuovo con un altro discorso.
Così si saldano le date. Non vi è distacco che sul calendario. Se guardo al ’21 vedo lo sviluppo incalzante della rivoluzione. Crescendo irresistibile. Conquista in larghezza e profondità. Qui in provincia due grandi organizzazioni: quella dei Fasci saldamente uniti nella Federazione, e quella sindacale, che è la prima del genere in Italia: dopo la precipitosa rovina politica delle leghe rosse non potevamo lasciare gli operai alla mercè degli egoismi padronali. Delicato congegno è questa organizzazione: la mano d’opera nel ferrarese è esuberante, e solo la disciplina sindacale assicura a tutti il lavoro e il pane. Poi, sarebbe possibile un movimento rivoluzionario che vuole il dominio integrale dell’Italia, senza tener conto degli operai? Su quaranta milioni di italiani, quanti sono i prestatori d’opera? La grande Proletaria! Debbo dire che il popolo ci comprende più degli altri. Noi non usciamo dalle classi privilegiate. La gran massa dei combattenti fascisti: gioventù che vuol lavorare: piccola borghesia già proletarizzata dalla tragica situazione della guerra e del dopoguerra, forse più disagiata dell’operaio. La solidarietà con le classi povere è in atto. Il Fascismo, se vuol vincere, non deve creare privilegi, anzi abbattere gli antichi.
Si tratta di rovesciare la vecchia formula dell’uguaglianza dei diritti: instaurare l’uguaglianza dei doveri. Non solo produrre per vivere, ma vivere per produrre.
Diffondiamo questi principî sul nostro settimanale: altra attività del ’21. È un bollettino di battaglia, questo Balilla: vorrei diventasse un seminatore d’idee. L’idea senza la forza è un non senso: destino ridicolo dei profeti disarmati: caricature viventi i liberali odierni: ombre che combattono per un’ombra. Ma anche la forza senza una idea è una mostruosità. Da questo punto di vista, io che ho il culto dell’azione, non dimentico Mazzini.
Sono lieto di aver chiamato nel maggio scorso a Ferrara, per dirigere l’organizzazione sindacale, Edmondo Rossoni. Sono andato a Roma per parlargli e non ho fatto davvero fatica a convincerlo a trasportare le sue tende a Ferrara fascista. Ha portato con sé Casalini. Rossoni è ferrarese. Ha il dono della simpatia, la parola calda, una grande esperienza di problemi operai, insomma è un capo: ed è eternamente giovane. I lavoratori debbono sentire la spontaneità del nostro richiamo. Rossoni è il simbolo della cordialità. Ora l’organizzazione sindacale marcia da sola. Non ci dà preoccupazioni.
Anche la Federazione dei Fasci funziona attraverso i suoi organi ed i suoi capi: così il Fascismo ferrarese non assorbe tutta l’opera mia. Posso occuparmi di questioni generali. Ogni mese, spesso ogni quindici giorni, sono da Mussolini a Milano. Incontri indimenticabili. Il Capo chiarisce e semplifica i problemi più complicati: grande virtú di chi comanda. Inoltre è sempre affettuosissimo. Non mi lascia partire senza un abbraccio. La sua fiducia è il mio viatico. Non si può combattere senza averne la certezza assoluta. Mi dice che sono uno dei migliori. Orgoglio della lode. Ambizione di sorprenderlo, facendo più di quanto si aspetta. Ho la certezza che aveva ragione allorché contro le esitazioni di tanti, e anche mie, ha trasformato il Fascismo in Partito. Ora lo constato di persona. Qualcuno ha rifiutato la tessera: erano i più tiepidi. Con gli incerti non si fa una rivoluzione. Il Partito ci dà l’omogeneità, la disciplina, la snellezza dei quadri. Impossibile ubbidire a più padroni. Essere fascista e iscritto a un altro partito è impossibile. Ormai non è più sufficiente l’azione antisocialista. Del resto come conciliare la teoria della violenza con i principî liberali? E soprattutto come praticare la violenza e predicare il rispetto di tutte le opinioni? La verità è una sola. Chi crede di possederla deve difenderla con la vita. E chi non crede di possedere in se stesso la verità, assoluta e unica, non può essere fascista, cioè sfidare la morte.
Sono così sicuro di essere nella verità che non so come potrei non essere fascista. Quando parlo al pubblico non faccio sforzo alcuno. È come se parlassi con me stesso. Ormai non conto più i discorsi. La propaganda è il bisogno istintivo di chi è convinto. Mi pare assurdo che gli altri non pensino come me. Mi assale qualche volta il dubbio di essere diventato una specie di macchina da discorsi. Ma non me ne preoccupo. Il tono è tutto. Chi mi ascolta sente che non parlo per parlare, ma per combattere una battaglia. Non esiste il pericolo di diventare stereotipato per chi lotta parlando.
La mia giornata continua ad essere di diciotto ore: dalle otto del mattino alle due di notte. E mi sembra sempre troppo corta. Sento la necessità di stare a contatto continuo coi fascisti. E ritengo che i fascisti debbano sentire in permanenza lo spirito del capo prossimo al loro. Hanno bisogno di essere esaltati. Lo spirito di battaglia vive sotto pressione. Il capo ne ha la responsabilità. Guai abbandonarli a se stessi!
Mi chiedo che cosa ci porterà l’anno nuovo. Apparentemente gran parte del compito sembra assolto. Siamo padroni della situazione. Non solo abbiamo fiaccata la resistenza degli avversari, ma gli organi pubblici sono sotto il nostro controllo. Il Prefetto deve subire la volontà che io gli impongo a nome dei fascisti. Le Amministrazioni della intera provincia, sono rette da commissari regi. L’ordine fascista è garantito dalle nostre squadre. Eppure è impossibile arrestare qui la nostra azione. Il Fascismo non è un partito statico. Le situazioni locali non contano se tutta la vita della nazione non muta. Anzi è un paradosso la provincia fascista con un Governo centrale antifascista. È il regno della illegalità permanente. Andremo dunque più avanti e più lontano. E tra non molto. Le provincie fasciste non debbono essere compartimenti stagni, ognuna affidata a se stessa. Il movimento nostro è unitario. Paesano ma nazionale. Bisogna conquistare la Nazione e farne un corpo solo: un solo Fascismo al comando di un solo capo.
Questo sarà il compito del ’22. Intanto lavoro a trasformare le squadre in milizia. Vi riuscirò. La milizia sarà l’esercito della rivoluzione: e quale esercito! Quello di guerra, senza la mortificazione dell’estenuante trincea. Un esercito di arditi comandato da arditi.
2 gennaio.
Leggo sull’Avanti! di Capodanno il testo dell’interrogazione dell’on. Zirardini alla Camera, sulla occupazione fascista della Casa del Popolo di Ferrara. Il nostro ex-segretario della Camera del Lavoro domanda al Governo “se esista in Italia una legge protettiva della proprietà”. La domanda in bocca a un socialista, che ha sempre sostenuto il principio che la proprietà è un furto, è così amena che ringrazio l’Avanti! del quarto d’ora di buon umore che mi ha regalato come dono dell’anno nuovo. Che tempre di rivoluzionari, questi socialisti! Non hanno altri argomenti che i Reali Carabinieri per difendersi. E ricorrono al Diavolo per dimostrare l’esistenza di Dio! Ma sì. Il Ministro degli Interni li aiuterà a scoprire il sole dell’avvenire: nemici della proprietà, unitevi per la difesa della proprietà!
Però i fascisti resteranno alla Casa del Popolo. Essa fu costruita con i danari degli organizzati, che oggi son tutti con noi. Questi non fanno che godere quanto loro compete di diritto e di fatto.
3 gennaio.
Cinquanta fascisti si sono recati stamane al ponte della Bastia fra Lavezzola e Argenta per impedire agli operai rossi di passare oltre Reno a lavorare nella Bonifica Renana. Così è servito il Commissario governativo della Bonifica, che pretende di riconoscere soltanto gli uffici di collocamento socialisti e rifiuta il lavoro degli operai fascisti. Alle 7 di stamane ero anch’io sul Ponte. I carabinieri hanno tentato di sgombrarlo. Ma noi eravamo in numero dieci volte superiore e bene armati, meglio forse di loro. Hanno capito che non era il caso. Si è evitato un grosso conflitto e i nostri organizzati avranno il lavoro che loro spetta se non si vuole che i lavori dei rossi siano sospesi. Sono le soluzioni energiche quelle che costano meno. Con lo stillicidio di una polemica a lungo metraggio non sarebbero mancati i cavilli e... uno spreco di inchiostro per i giornali. Il fatto compiuto è sempre un bell’argomento. Poi, siamo i più forti perché più decisi. E i più forti hanno sempre ragione.
5 gennaio.
Si annuncia che Lenin verrà in Italia per la Conferenza di Genova. È vero? Leggo la notizia anche sul Popolo d’Italia, che si appella alla disciplina dei fascisti affinché il dittatore rosso percorra indisturbato la penisola. Ho scritto a Mussolini assicurandolo per quanto riguarda la mia provincia. Lenin come comunista e fondatore del bolscevismo è nemico nostro. Ma la Russia è un paese col quale l’Italia può aver interesse ad intendersi sul terreno della politica estera. Lenin viene in Italia come Capo dello Stato russo? Il saluto delle armi a Lenin! I fascisti, per l’occasione, canteranno ritornelli antileninisti solo nelle sedi dei Fasci...
8 gennaio.
Da tre giorni sono a Oneglia dal generale Gandolfo assieme a Dino Perrone Compagni. Abbiamo buttate le basi dell’organizzazione delle squadre in “Milizia Fascista”, Domani parto per presentare il lavoro a Mussolini e alla Direzione del Partito.
13 gennaio.
La Confederazione del Lavoro desidera collaborare col Governo alla restaurazione economica del paese purché il Governo sia forte. Così dicono i Confederali in una intervista col Corriere della Sera. È la teoria di Zirardini che trionfa. La rivoluzione socialista col benevolo aiuto dei carabinieri. Lo “Stato forte”, infatti, significa Governo antifascista. È una teoria comoda, anche se grottesca. È mutata la musica dal tempo della occupazione delle fabbriche! Una farsa che si potrebbe intitolare: “miracoli della paura”. Ma una volta fatto il servizio, il carabiniere non farebbe la fine della giraffa che levò l’osso dalla gola del leone? Senza l’osso fascista le mandibole socialiste funzionerebbero a meraviglia.
17 gennaio.
Hanno assassinato Florio a Prato! Non posso pensare, senza acuto dolore, allo scempio del mio povero amico. Era un ragazzo ancora, uno spirito gentile. Quante tombe che si spalancano ai nostri piedi! Come al tempo della guerra! Scompaiono i migliori. Si spezzano bruscamente le amicizie più affettuose. Florio era andato in guerra volontario a 15 anni. Tutto fiamma, fede certa. Lo ha ucciso un anarchico disertore: l’opposto umano di Florio. Un reietto, traditore della Patria, in guerra e in pace. Un cinico. Un distruttore. Un bruto. Il destino ha dato dunque ragione alla bestialità dell’istinto selvaggio contro la purezza dello spirito? Alla viltà contro il coraggio? Alle tenebre contro la luce? Florio era qui da me, a Ferrara, qualche tempo fa: era venuto a prendere bombe per la difesa della Toscana e aveva portato via gli ultimi rimasugli del deposito di Santa Lucia di Tolmino dove avevo abbondantemente attinto nel 1920. Era partito col suo bottino, pazzo di gioia. Ma il volontario di guerra, il combattente eroico, l’impetuoso fascista, nulla potevano contro l’insidia di un assassino. Non bisogna cedere al dolore. Reagire. Vendicarlo. Faremo, insieme, con l’opera nostra, anche la sua. Questa è certo la voce del destino. È morto per far noi più risoluti.
21 gennaio.
Mussolini commenta il presunto collaborazionismo dei Confederali. Articolo incisivo, al cromo, tutto scatti e nervi, scarnificatore: bellissimo.
Questi confederali son messi sulla corda e ballano come burattini. Sotto, guarda e ride l’Italia. Quando un movimento come quello socialista, illegale per natura e per definizione, è costretto a chiedere aiuto ai custodi della legge, non rappresenta più che un elemento di farsa. D’Aragona, Rigola, Buozzi, possono domandare, per finire degnamente la loro carriera, un posto di fiducia nei ruoli della Pubblica Sicurezza. Da demagogo a confidente della Questura il passo è breve. Il demagogo è sempre doublè di una spia. Il socialismo italiano darebbe qualunque somma per la gioia di comandare per un’ora un plotone di guardie regie.
24 gennaio.
Ieri i carabinieri hanno sparato a Formignana contro i fascisti che volevano occupare quella Camera del Lavoro, l’ultima del Ferrarese, che resiste solo perché mette in pratica i principî dei Confederali collaborazionisti, cioè collabora... con i moschetti della prossima caserma. Ma è un giuoco pericoloso. I carabinieri ubbidiscono agli ordini del Vicerè Mori, Prefetto di Bologna? I fascisti possono ubbidire alla esasperazione di cui per miracolo non hanno dato ieri la prova. Ho fatto sapere al Prefetto che i fascisti armati della mia provincia son diecimila e i carabinieri qualche centinaio. Che succederebbe se non riuscissi a trattenere le squadre nel loro desiderio di rappresaglia? I più avviliti per l’incidente sono gli ufficiali dei carabinieri, in eterno conflitto fra la consegna e il loro sentimento.
26 gennaio.
Abbiamo ieri costituito a Bologna le Corporazioni Sindacali fasciste. L’ordine del giorno votato era mio. Un grande principio entra così trionfalmente nella realtà fascista: il Fascismo difenderà tutti i diritti che i lavoratori hanno conquistato in trenta anni di lotta. Non importa se il popolo fu deviato da falsi profeti verso ideali bugiardi. Noi non prometteremo il sole dell’avvenire, ma il pane del presente. L’essenziale era sfatare la leggenda che noi fossimo i lanzi dell’egoismo sfruttatore dei ceti privilegiati. Il Fascismo è un movimento che abbraccia tutto il popolo italiano nel quale sono da raffigurare non già due sole classi in conflitto, ma tutte le classi. Non cederemo un palmo di terreno all’ingordigia di destra, con lo stesso spirito con cui rintuzziamo implacabilmente la prepotenza di sinistra. È stata per me una grande rivincita. Nel febbraio scorso quan do fondai nel Ferrarese i primi sindacati fascisti, suscitammo diffidenza. Qualcuno mi accusò di demagogia. Come sempre, il più sincero e il più incisivo è Mussolini. Quando venne a Ferrara nella primavera scorsa e si incontrò per la prima volta con un vero esercito di lavoratori, rimase muto e pensoso. Lo dice oggi in un articolo drammatico. Pensava: “Sono sinceri? Durerà? È possibile?” Sì, è possibile, anzi è certo. È la imponente realtà presente che tradotta in cifre dà una forza di mezzo milione di organizzati al sindacalismo fascista. Tutti ora comprendono che un regime nuovo non si crea senza approfondire e risolvere il problema economico del popolo italiano. Ho perduto Rossoni, che rimane alla testa della organizzazione nazionale dei sindacati. Ne provo dispiacere ed orgoglio. Dispiacere per la provincia di Ferrara, orgoglio per averlo noi prescelto come capo dei sindacati e designato capo del sindacalismo nazionale. Mi ha promesso che manterrà la segreteria della nostra camera sindacale e lascerà a Ferrara Casalini.
27 gennaio.
Leggo sul Corriere della Sera un curioso discorso dell’on. Bevione a Torino, che mette sullo stesso piano, di fronte al Governo, socialisti e fascisti. La teoria del quasi-socialista Bonomi codificata dal quasi-nazionalista Bevione. Una pilateria. Laviamoci dunque le mani nel catino di Ponzio Pilato e lasciamo ai posteri la fatica di cercare da qual parte stia la verità, onorevole Bevione! Ma attenti! Preferiamo chi dice pane al pane e risponde con ferro al ferro.

2 febbraio.

Ecco una notizia che mi mette di buon umore. Capanni si è dimesso dal partito liberale. Chi avrebbe detto che il nostro grande e grosso ...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione, di Mimmo Franzinelli
  2. Premessa al Diario
  3. Diario 1922
  4. Itinerario iconografico