A tavola con Picasso
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A tavola con Picasso

Ricette e sapori di un genio del Novecento

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A tavola con Picasso

Ricette e sapori di un genio del Novecento

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"Il cuore della casa è la cucina" scrisse Picasso, che sperimentò, nella sua lunga vita, tipologie diverse di cibi: da quelli di Malaga nell'infanzia a quelli catalani dell'adolescenza, e poi i piatti delle cucine francesi (specie di quelle parigina e provenzale) e anche la nostra classica pastasciutta, che una modella italiana preparava per lui e per l'amante Françoise nei tempi duri del Bateau-Lavoir.
Una tavolozza di sapori variegati che rispecchia la poliedrica personalità dell'artista; piatti e ricette che lo accompagnarono nel corso della sua vita e di cui spesso si trova traccia nei suoi dipinti.

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Informazioni

Anno
2022
ISBN
9788865804032
Argomento
Art
Categoria
European Art

La cena per il Doganiere

(La trionfale paella di Fernande)
Rousseau era uno dei pochi pittori parigini che non avevano sofferto la fame, in quanto era un dilettante di pittura, ma aveva un mestiere suo che gli garantiva uno stipendio regolare; era infatti impiegato del Dazio, che gli aveva permesso di vivere dignitosamente. Aveva avuti dei drammi famigliari, essendosi sposato per due volte, e restando vedovo altrettante. Poi era andato in pensione presto, per dedicarsi completamente alla sua passione di pittore naïf, vicino ai fauve, e creatore di mondi esotici e lontani (che narrava agli amici di aver conosciuto in un – forse immaginario – viaggio in Messico); allora gli intellettuali e i critici d’arte di Parigi lo deridevano, mentre oggi è considerato il miglior rappresentante del primitivismo e del realismo magico. Ormai, nel 1908, era conosciuto con il soprannome che Apollinaire gli aveva appioppato ironicamente, quello di “Doganiere”, soprannome che gli è rimasto, perdendo però nel tempo ogni significato canzonatorio. Oggi con quel nome è apprezzato e ammirato dai visitatori del Museo d’Orsay, che ospita una folta collezione delle sue opere.
Era assai più anziano di Picasso; essendo nato nel 1844, aveva compiuto 64 anni, e sarebbe morto due anni dopo. In quell’anno Picasso comprò un suo quadro, come raccontò egli stesso a Florent Fels: “Mi ha ossessionato fin dal primo momento in cui l’ho visto. Stavo camminando in Rue des Martyrs. Un rigattiere aveva davanti al suo negozio una gran quantità di tele da cui sbucava una testa di donna dallo sguardo duro… carico di penetrazione, di chiarezza, di decisione. Una tela immensa. Chiesi il prezzo. “Cinque franchi”, rispose il negoziante, “può servirle per dipingervi sopra”. È uno dei ritratti francesi più rivelatori dal punto di vista psicologico”. Quindi la sua opinione era contrapposta a quella dei molti che deridevano quel vecchietto dalla barba grigia, gioviale e bonario, compreso Apollinaire, che approfittava della buona dose di ingenuità che caratterizzava Rousseau – non solo come pittore ma anche come uomo – come quando gli fece credere che un certo passante, che gli faceva smorfie e boccacce, fosse un fantasma. Sembra proprio che Apollinaire (che pure parteciperà alla festa e comporrà una poesia in onore del pittore), non lo apprezzasse molto come artista, tanto che, per evitare che qualcuno lo vedesse, si era affrettato a nascondere in cantina il quadro in cui il Doganiere lo aveva ritratto insieme alla fidanzata Marie Laurencin e che poi gli aveva regalato (Il poeta e la sua musa, oggi al Museo Puskin di Mosca). Al contrario Picasso apprezzava sinceramente la pittura di Rousseau, al punto che decise di organizzare, nel suo studio del Bateau-Lavoir, un banchetto in suo onore. Voleva che l’artista misconosciuto, il timido vecchietto avesse il suo momento di gloria. Però all’epoca erano veramente pochi che capivano la pittura del Doganiere, e qualcuno pensò addirittura che Picasso volesse fare uno scherzo a quel povero vecchio timido, gentile e ingenuo; Alice Toklas riferisce che Gertrude Stein, che pure con il fratello si era impegnata a presenziare alla cena con il festeggiato, diceva che “il banchetto sarebbe stato molto ridicolo”.
Ma né Fernande né Pablo avevano esperienza di come si organizza un pranzo di gala e l’evento assunse caratteristiche paradossali, anche per il luogo scelto: quello studio, grande, ma sporco, pieno di polvere, privo di un adatto arredamento. Comunque Pablo e Fernande si diedero da fare, ripulendo radicalmente il locale e adattandolo alla nuova funzione. Una serie di lunghi assi appoggiati su cavalletti costituì la tavola alla quale si sarebbero seduti la trentina di invitati; Azon, un ristorante dei pressi, mise a disposizione sedie, vasellame, piatti, bicchieri, posate di stagno. Si acquistarono molte bottiglie di vino e si misero in fila sul pavimento. Il quadro di Rousseau fu posto al centro della parete; si appesero ghirlande alle travi, con lanterne cinesi e uno striscione che portava la scritta: Honneur à Rousseau. Tra gli invitati c’erano gli artisti che abitavano al Bateau-Lavoir, tra i quali Braque, e anche i fratelli Stein con la loro amica da poco giunta dall’America, Alice Toklas, con cui Fernande fece subito amicizia (mentre odiava la fidanzata di Apollinaire). Fernande si era fatta prestare anche una gigantesca padella per preparare una grande paella alla valenziana, che aveva imparato a cucinare nel recente viaggio in Spagna; e fu una fortuna, perché quando andò da Felix Potin a ordinare gli altri piatti, sbagliò la data, indicando il giorno successivo alla festa. Accortosi dall’errore, Picasso mandò gli invitati a fare incetta di cibi nei ristoranti e di torte nelle confetterie della zona. Nell’attesa del festeggiato, che Apollinaire era uscito a cercare, gli invitati alla cena che si erano affollati nel bar di Rue Revignan provocarono qualche trambusto: ubriacarono con gli aperitivi Marie Laurencin che poco dopo, entrata nello studio trasformato in sala da banchetto, improvvisando una danza, cadde sui vassoi di torte e dolci, appoggiati su un divano e, coperta di creme e marmellate, cercava di abbracciare e baciare tutti. Finalmente apparvero il poeta e Rousseau, e il festeggiato fece il suo ingresso, vide con stupore gli addobbi e la scritta in suo onore e, sorridendo felice, raggiunse la sedia posta su un piedestallo a capotavola. Quando i convitati si dedicarono a divorare bramosi il riso alla valenziana che Fernande aveva preparato in gran quantità, Apollinaire recitò una composizione a suo dire improvvisata, che è giunta fino a noi e che inseriamo qui nell’originale francese e nella traduzione italiana:
Tu te souviens, Rousseau, du paysage aztéque,
des forêts où poussaient la mangue et l’ananas
des singes répandant tout le sang des pastèques
et du blond empereur qu’on fusilla là-bas.
Nous sommes réunis, pour célébrer ta gloire.
ces vins qu’en ton honneur nous verse Picasso
buvons nous donc puisque c’est l’heure de le boire
en criant tous en choeur: “Vive! Vive Rousseau!”.
(Ti ricordi, Rousseau, il paesaggio azteco, / le foreste dove crescevano manghi e ananas / le scimmie che versavano sangue dai cocomeri / e il biondo imperatore che laggiù fu fucilato. /
Noi siamo qui riuniti per celebrare la tua gloria / e i vini che in tuo onore Picasso ci versa / orsù beviamoli perché è l’ora di berli / gridando tutti in coro inneggiando: “Evviva! Evviva Rousseau!).
Dopo la parentesi poetica la cena riprese, mentre si consumavano gli altri cibi avventurosamente raccolti, e i bicchieri si vuotavano, e si prolungò festosa, anche se ogni tanto il festeggiato sonnecchiava. Furono eseguite canzoni e, ancora euforica, Marie Laurencin si esibì, e lo stesso Rousseau suonò abilmente un brano con il violino che si era portato dietro. Verso le tre del mattino gli Stein decisero di andarsene e presero con sé anche il festeggiato, entusiasta e frastornato, e lo accompagnarono a casa. La festa divenne famosa nel quartiere, anche perché a quel punto molti conoscenti della zona arrivarono nello studio trasformato in refettorio e si buttarono sui resti del festino e stapparono le ultime bottiglie.
Dopo questo episodio la momentanea socievolezza di Picasso svanì, mentre egli si dedicava con determinazione e vigore alla produzione artistica, sviluppando un più esplicito “cubismo analitico” e avvicinandosi sempre più alle tecniche “geometriche” di Bracque.
Ma intanto con il loro gesto di generosa liberalità Pablo e Fernande avevano raggiunto il loro scopo: far trascorrere a Rousseau il Doganiere la serata più felice della sua vita.
Images

PAELLA ALLA VALENZIANA DI FERNANDE

Ingredienti per 6 persone
330 g di riso
8 gamberoni
200 g di cozze (metà con guscio e metà sgusciate)
1/2 coniglio
1/2 pollo
1 seppia
1 totano
1 calamaro
200 g di fagiolini
1 cipolla
250 g di passata di pomodoro
1 peperone rosso
2 peperoncini dolci verdi
1 bustina di zafferano
1 cucchiaino da tè di pimento dolce
1 cucchiaino da tè di pimento piccante
4 cucchiai da tavola di olio d’oliva
sale q. b.
Scaldare un bel giro di olio extravergine nella grande padella che dà il nome al piatto, cominciate a cucinare i gamberoni, cuocendoli da entrambi i lati, fino a che avranno cambiato colore; poi metteteli da parte. Pulite e affettate la cipolla; disponete nella padella, con il fondo di cottura dei gamberi, i pezzi di carne e fateli rosolare in modo uniforme; mentre la carne rosola, provvedete a pulire e tagliare a striscioline la seppia, il calamaro e il totano. Spostate i pezzi di carne, dopo averli fatti ben rosolare sui bordi della padella e aggiungete al centro la cipolla affettata; fatela soffriggere per poi spostarla verso l’orlo. Ora ponete nel centro i molluschi tagliati a striscioline e fateli rosolare. Tagliate a pezzetti i fagiolini (preventivamente lavati e spuntati) e inseriteli in padella, poi aggiungete la passata di pomodoro, mescolando brevemente. Aggiungete i peperoni e i peperoncini dolci e verdi, dopo averli tagliati a pezzetti; coprite con acqua tiepida tutti gli ingredienti. Mescolandolo, fate cuocere il tutto per circa 30 minuti. Aggiungete ora il riso al centro del padellone, unendovi lo zafferano (che avrete lasciato in infusione per 10 minuti in un bicchiere di acqua tiepida). Se vi piace, aggiungete il pimento dolce e piccante e ancora acqua a coprire gli ingredienti e inserite le cozze precotte e sgusciate. Lasciate cuocere fin quasi all’assorbimento del liquido; salate in modo adeguato. Quasi al termine della cottura (indicata sul contenitore del riso), aggiungete ancora le cozze precotte in guscio e i gamberoni. Terminate la cottura in forno a 180 °C per circa 10 minuti o fino a quando il liquido sarà assorbito e il riso apparirà leggermente dorato.
Nel caso del banchetto in onore di Rousseau, Fernande avrà moltiplicato almeno per cinque volte gli ingredienti qui indicati, abbondando soprattutto con il riso, sapendo bene che, esclusi pochi privilegiati, come i collezionisti americani, gran parte dei commensali erano abituati a tirare la cinghia e quindi aspiravano più alla quantità che alla qualità del cibo.

TORTA SAINT HONORÉ

Ingredienti per 6 persone
1 pasta sfoglia, 150 g di farina
100 g di burro, 60 g di zucchero
4 uova + 1 tuorlo
1,2 l di latte intero
5 dl di crema pasticciera, 2 dl di panna fresca
sale q. b.
Per la pasta bignè
Fate bollire il latte con 1,2 litri di acqua,...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Premessa
  6. Chupa y tira
  7. Els quatre Gats
  8. Il genio e la miseria
  9. Al Bateau-Lavoir
  10. Tre bohémien affamati
  11. Il ritratto “profetico” di Gertrude
  12. La grande svolta
  13. La cena per il Doganiere
  14. Dominae et foeminae
  15. Nascita di un capolavoro: Guernica
  16. La guerra e la pace
  17. Bibliografia essenziale
  18. Indice delle ricette