Cent'anni di psicoanalisi
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Cent'anni di psicoanalisi

E il mondo va sempre peggio

  1. 300 pagine
  2. Italian
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Cent'anni di psicoanalisi

E il mondo va sempre peggio

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Perché in cent'anni la psicoanalisi non è riuscita a curare il malessere dell'uomo, non ci ha reso più felici, non ha creato un mondo migliore? A oltre un secolo dalla nascita della terapia psicoanalitica, uno dei grandi filosofi e psicologi del Novecento e uno scrittore dialogano, interrogandosi sugli obiettivi raggiunti da questa disciplina e ne tracciano un bilancio. Sempre più persone infatti vi si rivolgono per contrastare un crescente malessere, eppure nella società occidentale continuano a dilagare nevrosi, paure, infelicità.

La psicoterapia ha dunque fallito? E soprattutto, come si può intervenire oggi perché possa tornare efficace? Forse l'errore è stato concentrarsi esclusivamente sulla mente e sull'anima dell'individuo, sulla sua storia interiore, e perdere di vista il mondo esterno. Se la terapia ha lo scopo di adattare l'individuo a una società malata, infatti, il risultato sarà una moltiplicazione del malessere, nell'individuo e nella società. Ciò che serve, allora, è un radicale, coraggioso cambiamento di paradigma. Quello che Hillman e Ventura propongono in questo saggio, un caposaldo della riflessione psicologica (e non solo) che gli autori stessi auspicavano come «informale, selvaggio, perfino divertente; un libro che rischiasse, che trasgredisse le regole, che passasse col rosso». Una lettura, insomma, capace di aprire la mente.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2022
ISBN
9788835718666
Parte terza

SECONDO DIALOGO: «SE CI SEI RISPONDI»

Ventura si trova a New York City, in Sheridan Square, ospite di un’amica in un appartamento che guarda verso nord – questa volta il vero nord, non il nord della California. È un sabato sera di fine febbraio e il freddo e il vento sembrano spingere i taxi, giù nella larga strada, ad aumentare la velocità. Sembra che il tempo inclemente non abbia trattenuto a casa nessuno. C’è molta gente che va a piedi, curva per il freddo, a testa bassa e con un’aria intenta, preoccupata. Luci di posizione, luci al neon e finestre illuminate a perdita d’occhio; persone che afferrano il cappello mentre le sciarpe svolazzano dietro di loro; queste cose, e il rumore quasi continuo delle sirene e del vento, rendono più netto il limitare della notte, quando Hillman e Ventura si accingono alla seconda parte del loro libro-conversazione.
In contrasto con l’atmosfera gelida e fumosa della strada, quella che si respira nell’appartamento dell’amica di Ventura è un’atmosfera calma. Il tappeto, il mobilio, la tappezzeria, i ninnoli sono scelti con cura e rivelano un gusto al contempo educato e allegro. Le piante appaiono estremamente vitali. Hillman e Ventura sono seduti a un tavolo accanto alla finestra. C’è la strana sensazione del termosifone vicino alla tavola che emana calore, mentre la finestra sembra diffondere freddo.
Per un’ora o giù di lì hanno parlato delle donne nella loro vita, e senza nemmeno accorgersene hanno proseguito con il loro libro.
HILLMAN Così lei si rese conto che l’amore non è che crepacuore. E quando ci accorgiamo che l’amore non è che crepacuore abbiamo ragione. Se invece pensiamo che sia realizzazione, felicità, soddisfazione, unione, allora siamo pronti per un crepacuore ancora maggiore.
VENTURA Certo, l’amore è davvero uno strano posto dove andare a cercare la salvezza.
HILLMAN Un posto molto strano dove andare a cercare la salvezza.
VENTURA Diventi totalmente vulnerabile e infantile nei confronti della persona di cui sei innamorato; sei vulnerabile ai suoi stati d’animo, ai suoi bisogni. E diventi più vulnerabile anche nei confronti di te stesso, dei tuoi stessi bisogni. Una cosa amata tira fuori cose che non pensavi ci fossero in te, compreso il fatto che hai dei bisogni, che probabilmente nessuno può soddisfare.
HILLMAN Il fatto è che due persone in realtà si rivolgono all’amore in cerca di salvezza, salvezza dalla propria vulnerabilità. Tutti e due vogliono essere vulnerabili, ma fintanto che si è aperti e vulnerabili non c’è salvezza. Vogliono la salvezza dalla loro vulnerabilità, ma proprio a causa della loro vulnerabilità non possono essere salvi.
VENTURA Il mio amico George Howard mi ha detto, ad Austin, una cosa davvero inquietante, ovvero «il Sé è ostile all’amore. Non può tollerare a lungo quella preoccupazione».
HILLMAN Ci sono un sacco di altre cose da fare; è questo il fatto.
VENTURA Comunque sia, la ragione per cui stai con una certa persona, con una certa innamorata, non ha a che fare con l’amore, o almeno non ha a che fare con «l’avere un buon rapporto». Stai con questa persona perché la tua anima ha fame di lei e perché la tua anima sta cercando qualcosa con lei o attraverso lei, e insisterà su ciò che vuole. Non gliene importa niente del prezzo che tu devi pagare per tutto questo: il tu spinto dall’Io, ossessionato dall’agenda, non è una priorità per la tua anima. Il bello dell’invecchiare è che s’impara a pagare certi prezzi più di buon grado, ma l’anima non se ne cura. L’anima è assolutamente spietata, nei tuoi confronti e nei confronti di chi ti sta intorno. All’anima non importa un fico secco dei valori umani.
HILLMAN Agli dèi non importa niente. Questa è la vecchia convinzione di fondo dei greci, che agli dèi non importi niente di questo genere di preoccupazioni umane. La nostra felicità o la nostra sicurezza non interessano agli dèi.
VENTURA Dio ha tutta l’eternità con cui trastullarsi, e tutti i mondi, e quindi… non gli importa del prezzo. Noi siamo creature dalle risorse limitate, e quindi penso che non ci si debba biasimare se ci preoccupiamo del prezzo.
HILLMAN Qual è il prezzo dell’amore? Dice T.S. Eliot: «Costare non meno di qualunque cosa». E così, una delle cose di cui cominci ad accorgerti è che in amore ciò che viene sacrificato è proprio l’amore.
VENTURA Ooooooh!
HILLMAN Ooooooh! Crediamo di sacrificare un sacco di cose all’amore, ma il sacrificio richiesto, il sacrificio supremo, è il sacrificio dell’amore stesso. Tutti i nostri concetti dell’amore: è a questo che bisogna rinunciare. La nostra idea di amore, quello che avevamo pensato dell’amore, quello che ci aspettavamo dall’amore, quello a cui ci aggrappavamo, convinti di aggrapparci all’amore: è a questo che rinunciamo. In questo senso, secondo me, i veri amori sono gli amori finiti.
VENTURA Gli amori finiti, eh? In questi ultimi tempi ho pensato che non si è realmente sposati fino a che non si divorzia. Perché al momento del divorzio quel che è fatto è fatto, del matrimonio. Allora vive nella nostra mente come un romanzo o un film, o un ricordo al quale si continua a tornare, senza poter cambiare quello che è successo. E a quel punto si è realmente nel matrimonio, perché non c’è via d’uscita. Si può lasciare una moglie, ma non si può lasciare una ex moglie.
HILLMAN Il filosofo Ortega y Gasset si domandava: «Perché amo questa donna?». Come si comporta lo psicoanalista con una simile domanda? Entraci dentro: somiglia a tua madre, non somiglia a tua madre, è una proiezione della tua anima, ti ricorda il tuo primo amore quando avevi diciassette o sette anni, «lei ha queste incredibili qualità che io non ho», oppure «è incredibile come sia diversa da me», oppure «è proprio come me, andiamo d’accordo come fratello e sorella, è notevole». Scaviamo, scaviamo e scaviamo in cerca del perché. Cosa dice Ortega? Dice: «Ami questa donna perché… perché è questa donna».
VENTURA (come saggiando l’effetto della frase) «Perché è questa donna
HILLMAN E ciò fa di lei l’unica donna. È questo l’importante: l’unicità. Perché è questa donna, non è un’altra. Non ha niente a che fare con alcuna delle qualità razionali. Non è, come avrebbe detto Stendhal, perché lei è un po’ brutta e quindi in lei puoi vedere la bellezza. E non è perché è bella.
VENTURA Non è perché è la tua anima. Non è perché è la tua musa.
HILLMAN Non è perché niente. Non c’è un perché. Il perché è: è questa donna. E questo restituisce l’amore agli dèi. Gli dèi ti colpiscono con la sua freccia, o colpiscono lei con la tua freccia, oppure venite entrambi colpiti, e quella freccia è il perché.
VENTURA Gli dèi degli induisti, dei greci, dei romani, gli dèi del Vudù e della Santeria, hanno tutti una figura, un dio o una dea, che può colpire chiunque, anche il più potente degli immortali, con un’incontrollabile passione.
HILLMAN Questo ha molto a che fare con l’innamoramento, ma riguarda anche l’amore a lungo termine. È proprio questa qualità a far sì che la gente sia incapace di lasciarlo andare. In terapia la chiamiamo ossessione o dipendenza sessuale: non si può lasciare andare l’amore finché l’amore non ci lascia andare.
VENTURA Allora l’amore è una follia. Ci pensi un attimo. «Ama il tuo prossimo», «Amatevi gli uni gli altri», «Dio è amore»: data l’esperienza che ciascuno ha dell’amore, queste diventano affermazioni abbastanza inquietanti.
HILLMAN L’amore è una follia; ma la follia in sé, cosa cerca? Forse di renderci ancora più folli? Forse di farci crescere le ali, come dice Platone? Il problema non è «perché questa donna o questo uomo», ma «cosa cerca la follia?». Cosa vuole la follia? Perché nella follia noi andiamo oltre noi stessi. Andiamo oltre. Ci spinge a scrivere lettere d’amore, ci spinge a telefonare, guidare per tutta la notte, ci spinge a fare cose incredibili, voglio dire che siamo incredibili quando siamo dentro quella follia. Sei un quattordicenne che quattordici volte al giorno passa, con la sua bicicletta, davanti alla casa di lei, ti fai dei tatuaggi, sei completamente folle.
VENTURA Sei disposto a cambiare completamente la tua vita, a ferire persone, a rompere promesse, a buttare tutto all’aria pur di avere questa donna. La follia vuole qualcosa non da questa persona ma attraverso questa persona.
HILLMAN Cos’è che vuole la follia? Questo è il grande problema. Se la terapia potesse capire cosa vuole la follia, allora tratterebbe l’amore in modo molto diverso, invece di ridurlo a una questione di rapporto e di motivi del rapporto. Non accetto nessuna di quelle solite frasi come: «È soltanto una faccenda di sesso», oppure: «Ci capivamo veramente, bastava che lei aprisse bocca e la mia mente sapeva già quello che avrebbe detto», o qualunque altra. Nessuna. C’è una follia, una follia ossessiva. Che cosa vuole? E perché pensiamo che questa follia scompaia, se la sposiamo? Dice san Paolo: «Meglio sposarsi che ardere». Questo ardore non è un ardore sessuale, è la follia. E in questo i cristiani avevano ragione, generalmente il matrimonio doma la follia.
VENTURA E ci dispiace molto quando ciò accade. Il matrimonio doma la follia e noi diciamo: «Oh oh, la follia se ne è andata».
HILL...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Cent’anni di psicoanalisi
  4. Prefazione
  5. Parte prima. PRIMO DIALOGO: UNA CELLULA RIVOLUZIONARIA
  6. Parte seconda. LE LETTERE: LA VITA VISSUTA ALL’INDIETRO, IN AVANTI E IN OBLIQUO
  7. Parte terza. SECONDO DIALOGO: «SE CI SEI RISPONDI»
  8. Copyright